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PDL 912

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 912



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

PRESTIGIACOMO, BERLUSCONI, GIANFRANCO FINI, ARMOSINO, BONIVER, RAVETTO, BONGIORNO, GERMONTANI, GARNERO SANTANCHÈ, ANGELI, ARACU, BOCCIARDO, BRUNO, CASTIELLO, CECCACCI RUBINO, COLUCCI, COSENZA, DE CORATO, LAMORTE, LENNA, PELINO, REINA, RICEVUTO, ROMAGNOLI, SIMEONI, ULIVI

Disposizioni in materia di pari opportunità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive

Presentata il 25 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presenza delle donne nei luoghi decisionali della politica è diventata da alcuni anni a questa parte un tema centrale del dibattito fra gli schieramenti, all'interno dei partiti e nel Paese. Finalmente, dopo decenni in cui la questione era stata relegata al margine della politica, oggetto di convegni e di accorati trafiletti sui giornali ad ogni rinnovo del Parlamento, il nodo del riequilibrio della rappresentanza ha assunto forza, legittimazione culturale e il riconoscimento quale tema che non riguarda solo le donne, ma coinvolge la rappresentatività del nostro sistema democratico nel suo complesso.
      Lo scarso numero delle parlamentari era stato, s'intende, sempre biasimato, ma nulla di concreto era stato fatto per andare oltre la riprovazione retorica. Molti disegni di legge erano stati presentati, ma nessuno era mai arrivato all'approvazione e la presenza femminile nelle due Camere galleggiava da sempre attorno al 10 per cento.
      Negli ultimi cinque anni il Governo Berlusconi ha impresso però alla materia una accelerazione significativa proponendo e conducendo all'approvazione provvedimenti fondamentali per creare nel nostro sistema normativo un quadro di leggi che incentivasse e promuovesse il riequilibrio della rappresentanza. Con la modifica dell'articolo 51 della Costituzione è stata data copertura costituzionale alle azioni positive per l'attuazione delle pari
 

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opportunità nell'accesso alle cariche elettive. Con l'intervento sulla normativa elettorale per le elezioni europee sono state introdotte quote del 33 per cento nelle liste per il sesso meno rappresentato. Una normativa questa, attuata nelle elezioni del 2004, che ha consentito quasi di raddoppiare percentualmente la presenza femminile italiana a Strasburgo. Questo percorso, fatto di atti politici concreti e provvedimenti legislativi, doveva e deve essere completato con una analoga normativa per le elezioni del Parlamento nazionale e per le assemblee degli enti locali.
      Tali interventi sono stati accompagnati nelle aule parlamentari, nei mass-media, nel Paese da un dibattito, da un confronto, anche aspro, che ha mobilitato tutti i partiti, gli schieramenti, i leader politici e opinion leader tra i più autorevoli della pubblicistica nazionale.
      La patologia del nostro sistema rappresentativo - che ci pone, anche dopo il rilevante incremento registrato in occasione delle elezioni del 9 e 10 aprile 2006, al cinquantasettesimo posto al mondo quanto a donne in Parlamento, a pari merito con Tagikistan e Uzbekistan - è diventato oggetto di riflessione nel Paese e tema della campagna elettorale. È cambiato, insomma, il clima culturale attorno alla questione. Non più «problema delle donne», ma problema della democrazia italiana.
      Di questa sensibilità, di questa emancipazione della politica italiana rispetto al problema del riequilibrio della rappresentanza, rivendichiamo una parte del merito per le nostre proposte legislative e per la capacità che esse hanno avuto di indurre una crescita complessiva dell'attenzione del Paese su questo tema.
      Prova di tale attenzione è la importante crescita della rappresentanza femminile, anche in assenza di una legge sulle quote, che abbiamo registrato nelle recenti elezioni, che hanno visto salire del 60 per cento il numero delle donne elette al Senato della Repubblica e del 35 per cento quello delle elette alla Camera dei deputati, dove è stata superata la soglia delle 100 deputate.
      Ma il percorso legislativo avviato nella passata legislatura è stato interrotto dallo scioglimento delle Camere e deve essere proseguito con un intervento che introduca le quote nel Parlamento, nel massimo luogo di rappresentanza democratica della nostra Repubblica.
      Il presente provvedimento ricalca, nelle linee essenziali, il contenuto del disegno di legge atto Senato n. 3660, da me promosso in qualità di Ministro per le pari opportunità nella scorsa legislatura, e approvato dall'Assemblea del Senato della Repubblica l'8 febbraio di quest'anno.
      Il testo prevedeva l'inserimento, nella formazione delle liste, di una percentuale massima di rappresentanza di ciascun sesso - le cosiddette «quote» - e una successione, nell'ordine di lista per la prima elezione, di non più di tre candidati consecutivi dello stesso sesso, e per la seconda di non più di due. In caso di violazione di tali norme, per la prima elezione si prevedevano sanzioni pecuniarie, per la seconda l'inammissibilità della lista.
      Se quel disegno di legge fosse oggi nuovamente presentato al Senato, beneficerebbe per il suo esame e la sua approvazione della procedura abbreviata cui fa riferimento l'articolo 81 del Regolamento.
      Mi auguro che la nuova maggioranza non voglia perdere questa opportunità.
      In ogni caso, ritengo di dovere presentare nel ramo del Parlamento di cui faccio parte una proposta di legge che affronta il problema e indica soluzioni.
      Non si può ignorare che, oggi, il riferimento alle prossime due legislature, contenuto nel citato disegno di legge e nella presente proposta, rischia di spostare troppo in avanti i tempi di più incisive azioni di riequilibrio della rappresentanza.
      È per questo motivo che la presente proposta prevede regole più stringenti, più efficaci di quelle ipotizzate nel citato disegno di legge approvato dal Senato nella precedente legislatura.
      Pur prevedendo, nella formazione delle liste, una percentuale di rappresentanza di
 

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ciascun sesso non inferiore a un terzo - come stabilito nella versione originaria dell'atto Senato n. 3660 - la presente proposta di legge introduce un criterio di successione più severo, stabilendo che, per la prima legislatura, ogni sesso non può essere rappresentato in una successione superiore a due e, per l'elezione successiva, in una successione superiore a uno.
      Anche il meccanismo sanzionatorio viene inasprito con l'aumento al 20 per cento della decurtazione minima del rimborso delle spese elettorali da applicare ai partiti e movimenti politici che non abbiano rispettato le regole.
      Prima di passare a una descrizione più accurata dell'iniziativa legislativa, appare utile dare conto del mutato orientamento della giurisprudenza costituzionale, anche alla luce della riforma dell'articolo 51 della Costituzione che, come è noto, impegna la Repubblica a promuovere le pari opportunità nell'accesso alle cariche elettive.
      Con la decisione n. 49 del 13 febbraio 2003, la Corte costituzionale ha operato una netta inversione di tendenza rispetto a quanto espresso nella precedente sentenza n. 422 del 12 settembre 1995.
      In quest'ultima decisione, infatti, la Corte aveva manifestato perplessità sul sistema delle riserve minime per le candidature femminili, giungendo ad affermare che ogni differenziazione in ragione del sesso non può che ritenersi discriminatoria, diminuendo per taluni cittadini il contenuto di un diritto fondamentale (elettorato passivo) in favore di altri, appartenenti a un gruppo che si ritiene svantaggiato.
      Con la decisione assunta nel 2003 il problema riceve un'impostazione completamente diversa. Nel rigettare la questione di illegittimità costituzionale della legge regionale della Valle d'Aosta, la quale aveva previsto la presenza obbligatoria nelle liste di «candidati di entrambi i sessi», la Corte chiarisce che tale previsione è da considerare non già come un vincolo al diritto di elettorato passivo o un limite ai requisiti di eleggibilità, ma piuttosto come un limite «alla formazione delle libere scelte dei partiti e dei gruppi che formano e presentano liste elettorali».
      Le misure legislative per il riequilibrio della rappresentanza politica non introducono alcuna differenziazione o trattamento giuridico diverso in relazione al sesso dei candidati o degli aspiranti alla candidatura, qualora il legislatore faccia indifferentemente riferimento a candidati dell'uno o dell'altro sesso.
      Da questa nuova impostazione della Corte consegue che il vincolo che la presente proposta di legge vuole introdurre alla libertà dei partiti o dei gruppi, al momento della formazione delle liste, deve essere considerato come uno strumento per dare concreta attuazione al principio sancito dall'articolo 51 della Costituzione.
      Svolgendo un esame di diritto comparato, si osserva che la presente proposta di legge si ispira alle esperienze francese e belga.
      Il parallelismo con tali realtà risulta ben evidente qualora si consideri che sia in Francia che in Belgio si è proceduto, rispettivamente nel 1999 e nel 2000, a una revisione della Carta costituzionale che ha sancito la parità di accesso tra uomini e donne alle funzioni elettive e, successivamente, all'approvazione di leggi ordinarie che prevedono una rappresentanza pressoché paritaria di entrambi i sessi nella formazione delle liste elettorali, con regole diverse a seconda del tipo di elezione.
      Tali leggi, approvate in Francia in data 6 giugno 2000 e in Belgio in data 17 giugno e 18 luglio 2002, sono altresì corredate da un sistema sanzionatorio che si articola in un meccanismo di riduzione del finanziamento pubblico ai partiti o di invalidità ed esclusione delle liste.
      A pochi anni dalla loro entrata in vigore, il sistema sta già dando buoni risultati. In Francia, nelle elezioni amministrative del 2001 si è registrato un incremento percentuale rilevante sia delle consigliere municipali (dal 25 al 47 per cento), sia delle donne sindaco (dal 7,5 al 10,9 per cento). In Belgio si è passati, nella Chambre des Représentant, da una percentuale di rappresentanza femminile del 12 per cento nel 1995 a una percentuale del 35,3 per cento nel 2003. Questi dati testimoniano
 

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l'efficacia delle misure legislative adottate in entrambi i Paesi.
      Illustrando ora gli elementi caratterizzanti l'iniziativa legislativa in esame, occorre premettere che si è intervenuti con una apposita proposta di legge, composta da un unico articolo suddiviso in cinque commi. Le disposizioni ivi contenute hanno efficacia per la prima e per la seconda elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successive alla data di entrata in vigore della legge.
      Con il comma 1 si introduce il criterio della soglia di rappresentatività di ciascuno dei sessi in misura non superiore ai due terzi dei candidati, sia per ogni lista di candidati, sia nel caso in cui la presentazione delle candidature avvenga per gruppi di candidati.
      Il comma 2, nel disciplinare l'ipotesi della lista composta da un elenco di candidati presentati secondo un determinato ordine, distingue tra la prima e la seconda elezione delle Camere successive all'entrata in vigore della legge. Infatti, per la prima elezione successiva all'entrata in vigore della legge si prevede che ogni sesso non possa essere rappresentato in una successione superiore a due; per la seconda elezione, invece, si prevede che ogni sesso non possa essere rappresentato in una successione superiore a uno.
      I commi 3 e 4 sanzionano l'inosservanza delle summenzionate disposizioni da parte dei movimenti e dei partiti politici presentatori di liste e di gruppi di candidati. Si prevede un differente regime sanzionatorio per la prima e per la seconda elezione successive all'entrata in vigore della legge.
      Al comma 3, per la prima elezione successiva all'entrata in vigore della legge, nel caso di violazione del criterio della proporzione di cui al comma 1 o nel caso di violazione del criterio della successione di cui al comma 2, lettera a), per ogni candidato in più rispetto alla proporzione o alla successione massima consentite, si incorre nella riduzione del rimborso per le spese elettorali di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, da un minimo del 20 per cento a un massimo del 50 per cento, in misura direttamente proporzionale al numero totale dei candidati del complesso delle liste o dei gruppi di candidati.
      Al comma 4, per la seconda elezione successiva all'entrata in vigore della legge, si incorre nell'inammissibilità delle liste o gruppi di candidati che non rispettino i criteri di proporzione di cui al comma 1 e di successione di cui al comma 2, lettera b). Tale disposizione non si applica nel caso in cui i criteri di proporzione o successione non vengano rispettati per decesso di un candidato. Qualora le stesse violazioni avvengano per ricusazione o cancellazione di una candidatura, ovvero di rinuncia alla candidatura, si applica la riduzione del rimborso per le spese elettorali di cui al comma 3, ma in misura doppia.
      Il comma 5 attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro da lui delegato il compito di riferire, entro tre mesi dalla prima e dalla seconda elezione delle Camere successive all'entrata in vigore della legge, in merito alla sua attuazione e ad eventuali ulteriori misure necessarie per promuovere le pari opportunità nell'accesso alle cariche elettive.
      La proposta di legge non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Per la prima e la seconda elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successive alla data di entrata in vigore della presente legge, in ciascuna lista di candidati ogni sesso non può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati della lista medesima. In caso di quoziente frazionario si procede all'arrotondamento all'unità prossima. Nel caso in cui la presentazione delle candidature debba avere luogo per gruppi di candidati, la medesima proporzione deve essere rispettata da ciascun gruppo di candidati.
      2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, qualora ciascuna lista debba essere composta da un elenco di candidati presentati secondo un determinato ordine:

          a) per la prima elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, ogni sesso non può essere rappresentato in una successione superiore a due;

          b) per la seconda elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, ogni sesso non può essere rappresentato in una successione superiore a uno.

      3. Per la prima elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, per i movimenti e i partiti politici presentatori di liste ovvero di gruppi di candidati che non abbiano rispettato la proporzione di cui al comma 1 o la successione di cui al comma 2, lettera a), l'importo del rimborso per le spese elettorali di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, e successive modificazioni, è

 

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ridotto, per ogni candidato in più rispetto alla proporzione o alla successione massima consentite, da un minimo del 20 per cento a un massimo del 50 per cento in misura direttamente proporzionale al numero totale dei candidati del complesso delle liste o dei gruppi di candidati.
      4. Per la seconda elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, non sono ammesse le liste o i gruppi di candidati che non abbiano rispettato la proporzione di cui al comma 1 o la successione di cui al comma 2, lettera b). La disposizione di cui al primo periodo non si applica nel caso in cui la proporzione o la successione non risultino rispettate a seguito di decesso di un candidato. Nel caso in cui la proporzione o la successione non risultino rispettate a seguito di ricusazione o cancellazione di una candidatura, ovvero di rinuncia alla candidatura, si applica in misura doppia la riduzione dell'importo del rimborso per le spese elettorali di cui al comma 3.
      5. Entro tre mesi dalle date di svolgimento dalla prima e dalla seconda elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successive alla data di entrata in vigore della presente legge, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero il Ministro da lui delegato, riferisce alle Camere in ordine all'attuazione della presente legge e alle misure necessarie per promuovere ulteriormente le pari opportunità nell'accesso alle cariche elettive.


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