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PDL 1444

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1444



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CAPARINI

Disposizioni in materia di abolizione del canone di abbonamento alle radioaudizioni e alla televisione

Presentata il 21 luglio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende abrogare le norme che impongono il pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni e alla televisione, nonché della relativa tassa di concessione governativa. La normativa vigente, emanata nel lontano 1938 (regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, e successive modificazioni), con l'approvazione del codice postale e delle telecomunicazioni nel 1936 (regio decreto 27 febbraio 1936, n. 645), includeva il servizio radiotelevisivo nei servizi di esclusiva competenza dello Stato. Dimensione ribadita nel successivo testo unico in materia postale del 1973 (decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156). La Corte costituzionale con sentenza n. 225 del 1974 dichiarava l'incostituzionalità del vigente regime di monopolio pubblico.
      Il canone di abbonamento alla RAI, istituito nel lontano 1938, è diventato una vera e propria tassa di possesso sulla televisione, presupponendo il dominio dell'etere da parte dello Stato. Si tratta di un balzello antiquato e iniquo, che non ha alcun motivo di esistere anche in virtù del maggiore pluralismo indotto dall'ingresso sul mercato di nuovi editori e dall'apporto delle nuove tecnologie (DTT, DDT, DVbh, TV satellitare, ADSL, WI-FI, cavo e analogico). L'Istituto nazionale di statistica stima che in Italia sono cinque milioni le famiglie che non pagano l'abbonamento della RAI: si tratta di un quarto degli utenti. Il canone è quindi un'imposta ingiusta, territorialmente e socialmente. Territorialmente, perché mentre nel nord del Paese l'evasione raggiunge punte del 5 per cento, nel meridione il mancato pagamento oscilla tra il 30 per cento e il 50 per cento. È un'imposta socialmente ingiustificata
 

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perché colpisce indiscriminatamente, indipendentemente dal reddito, dall'età e dall'utilizzo, e in particolar modo le fasce più deboli della popolazione.
      Il pagamento del canone di abbonamento è stato istituito dal citato regio decreto-legge n. 246 del 1938 quando ancora non esisteva la televisione. Esso è ora dovuto per la semplice detenzione di uno o più apparecchi televisivi, indipendentemente dai programmi ricevuti. La Corte costituzionale, nel 2002, ha riconosciuto la sua natura sostanziale d'imposta, per cui la legittimità dell'imposizione è fondata sul presupposto della capacità contributiva e non sulla possibilità dell'utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo al cui finanziamento il canone è destinato. Quindi il canone di abbonamento è da riconoscere in forza della mera detenzione di un apparecchio televisivo indipendentemente dall'utilizzo che ne sia fatto o delle trasmissioni seguite o dal fatto che, per motivi orografici, non sia possibile ricevere uno o più canali della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.
      Per l'abbonato che non intenda o non possa, per qualsiasi ragione, ricevere il segnale, ma continui a detenere l'apparecchio televisivo, il Comando generale della guardia di finanza ha evidenziato che: 1) l'attività di suggellamento dei congegni televisivi è una misura finalizzata ad esentare i soggetti tenuti al pagamento del canone. Si tratta, quindi, di una particolare procedura che è adottata su formale richiesta degli utenti che non intendono più corrispondere il canone di abbonamento, pur continuando a detenere l'apparecchio radiotelevisivo, però senza utilizzarlo. In tali casi, la disdetta dell'abbonamento è comunicata «all'Agenzia delle entrate - Ufficio Torino 1 - SAT Sportello Abbonamenti TV - Casella postale 22 - 10121 Torino», specificando che l'utente intende far suggellare il proprio televisore ed allegando a tale fine una ricevuta di versamento di 5,16 euro a titolo di rimborso spese; 2) l'Amministrazione finanziaria, qualora non vi provveda direttamente, può interessare i reparti del Corpo della guardia di finanza che procedono materialmente ad eseguire le operazioni presso i soggetti interessati. Ne deriva che, in forza di legge, coloro che hanno esercitato il diritto di regolare disdetta del canone nei confronti dello Stato contraggono un solo obbligo: mettere a disposizione dei funzionari del citato Corpo l'apparecchio televisivo per l'operazione di suggellamento. Purtroppo, la realtà dei fatti e dei comportamenti del concessionario pubblico è ben diversa e profondamente lesiva dei diritti del cittadino-utente. La RAI, per la riscossione, la gestione del canone e il recupero della morosità, ha sottoscritto una convenzione con l'Amministrazione finanziaria e, in particolare, con la ricordata Agenzia delle entrate SAT.
      A sua volta l'Agenzia subappalta tali compiti a una concessionaria. A coloro che hanno cambiato residenza o domicilio o che non hanno mai sottoscritto un abbonamento alla RAI o che hanno effettuato regolare disdetta del canone può capitare di imbattersi in falsi «ispettori» della RAI che, in modo subdolo e disonesto, tentano di far firmare un impegno alla sottoscrizione di un nuovo abbonamento alla RAI.
      Infatti, sono numerose le segnalazioni di comportamenti illegittimi da parte dei cosiddetti «ispettori» incaricati dalla RAI alla mera consegna dei bollettini postali per nuovi abbonamenti. Questa sorta di venditori «porta a porta» si sono dimostrati disponibili ad utilizzare qualsiasi inganno pur di incassare qualche abbonamento in più, come testimoniato da numerose interrogazioni presentate alla Camera nella XIV legislatura. Si tratta di atti di grave inciviltà, di vero e proprio raggiro dei cittadini. In proposito, la RAI ha ufficialmente dichiarato che: «sia in sede di istruzione e formazione, sia in sede contrattuale, la RAI vincola gli "ispettori" (si tratta di incaricati con contratto di agenzia) a tenere un comportamento irreprensibile in particolare per quanto riguarda la corretta esposizione della normativa di legge relativa agli abbonamenti televisivi. La RAI attraverso le sue strutture, sia centrali che regionali, vigila costantemente
 

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sul loro operato, adottando, ogni qual volta ne venga a conoscenza e sia necessario, tutti i provvedimenti idonei a prevenire e reprimere comportamenti non conformi ai princìpi sopra richiamati». Purtroppo, quella della RAI è una vigilanza solo di facciata, poiché ufficialmente ha dichiarato che: «in particolare, per quanto riguarda i presunti accertamenti nei confronti di utenti che hanno dato regolare disdetta per suggellamento, le linee guida della RAI non prevedono alcun accertamento nei confronti di coloro che hanno dato comunicazione della suddetta disdetta. Potrebbe essersi verificato in alcuni casi - ma il comportamento è del tutto legittimo - che da parte di alcuni incaricati sia stato rivolto l'invito all'utente a stipulare un nuovo abbonamento rinunciando al suggellamento: in ogni caso mai a copertura del periodo compreso tra la richiesta di suggellamento medesima e la visita effettuata». Quindi chi ha fatto regolare disdetta non avrebbe nulla da temere.
      Invece, sono migliaia le segnalazioni di cittadini che lamentano continue angherie, intimidazioni, violazioni della privacy ed in alcuni casi vere e proprie persecuzioni da parte dell'Ufficio registro abbonamento radio e TV (URAR-TV), subite per mezzo di lettere minacciose da coloro che non sono possessori del televisore o che l'hanno dismesso segnalandolo alla RAI o che hanno fatto regolare disdetta. Sono missive che non hanno alcun valore e come tali possono essere cestinate con disinvoltura. Al riguardo l'Agenzia delle entrate ha fatto presente che «ha provveduto più volte a sensibilizzare le competenti strutture RAI circa la necessità di utilizzare nelle comunicazioni indirizzate ai cittadini un linguaggio conforme a standards di civiltà giuridica». A quanto pare non c'è ancora riuscita. Tra coloro che hanno correttamente disdetto il canone qualcuno ha ricevuto dall'Agenzia delle entrate di Torino una lettera in cui si sostiene che: 1) la disdetta è inefficace per la chiusura dell'abbonamento fino a che l'utente non rinvia alla RAI un questionario; 2) con il questionario l'Agenzia delle entrate di Torino obbliga, sotto diretta responsabilità dell'utente, a dichiarare il numero dei televisori da suggellare, le residenze e le dimore del nucleo familiare anagraficamente inteso; 3) l'utente autorizza il Corpo della guardia di finanza e non meglio citati organi competenti ad accedere alle residenze e alle dimore per procedere alle operazioni di controllo e di sugellamento, non essendo specificato se si tratti di un controllo successivo per la verifica dell'integrità dei sigilli o di una vera e propria ispezione «autorizzata» di dubbia legittimità. L'Agenzia delle entrate, in modo del tutto infondato e arbitrario, sostiene che le risposte devono pervenire entro quindici giorni dal ricevimento altrimenti le disdette vengono considerate inefficaci.
      Altro aspetto delicato è la continua violazione della legge sul trattamento dei dati personali con la pratica della delazione da parte dei rivenditori di apparecchi televisivi, incentivati dalla RAI, violazione recentemente rilevata da una sentenza dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali. A seguito delle numerose denunce, l'Agenzia delle entrate ha assicurato che la RAI ha comunicato di aver richiamato tutto il personale interessato a svolgere l'attività con modalità rigorosamente conformi alle istruzioni impartite, nel pieno rispetto delle norme di legge e della correttezza professionale. L'Agenzia delle entrate nel 2004 ha stipulato un nuovo accordo con la RAI in cui si legge che: «Le parti convengono sull'opportunità (..) di assicurare che il livello di comunicazione con i cittadini-contribuenti sia costantemente allineato ad adeguati standards di correttezza istituzionale e di rispetto delle garanzie di legge». Anche in questo caso, al di là delle parole, i soprusi ai danni dei cittadini rimangono.
      Oltre che dalla costante negazione dei diritti dei cittadini, la presente proposta di legge trae ulteriore forza e legittimazione dall'esito di quesiti referendari riguardanti il servizio pubblico radiotelevisivo che palesavano la volontà di eliminare una grave anomalia nel mercato delle telecomunicazioni obbligando la RAI-Radiotelevisione italiana Spa a confrontarsi con le regole
 

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del mercato e della corretta gestione aziendale.
      In tale quadro si segnala un ulteriore elemento distorsivo del mercato, ovvero l'articolo 42 della legge n. 448 del 1998, che ha previsto per il concessionario pubblico radiotelevisivo un minore onere, pari a 120 miliardi di lire dell'epoca, nella corresponsione del canone di concessione. Non vi è alcuna ragione perché nell'ordinamento sopravviva una norma palesemente incompatibile con le direttive dell'Unione europea sulle agevolazioni per le emittenti televisive e in palese contrasto con i princìpi della concorrenza.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge, al comma 1, prevede l'abolizione del canone di abbonamento alle radioaudizioni e alla televisione nonché della relativa tassa di concessione governativa inerente al libretto di iscrizione alle radiodiffusioni per la detenzione di apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni o delle diffusioni televisive.
      Il comma 2 abroga l'articolo 17 della legge 14 aprile 1975, n. 103, l'articolo 18 della legge 3 maggio 2004, n. 112, e l'articolo 47 del testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, che disciplinano il finanziamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo.
      Il comma 3 prevede l'emanazione di un regolamento in cui si provvede a coordinare le norme della legge con la normativa che regola il settore, anche in relazione alla copertura del fabbisogno finanziario dei servizi di radiodiffusione, al fine di un'efficiente ed economica gestione dei servizi stessi.
      Con l'articolo 2 della proposta di legge si abroga il citato articolo 42 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che dispone una diminuzione dell'onere per la concessione pubblica radiotelevisiva pari a 120 miliardi delle vecchie lire.
      L'articolo 3 reca la data di entrata in vigore della legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. A decorrere dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, il canone di abbonamento alle radioaudizioni e alla televisione di cui al regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, e successive modificazioni, nonché la tassa di concessione governativa prevista dall'articolo 17 della tariffa delle tasse sulle concessioni governative, di cui al decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, e successive modificazioni, sono aboliti.
      2. L'articolo 17 della legge 14 aprile 1975, n. 103, l'articolo 18 della legge 3 maggio 2004, n. 112, e l'articolo 47 del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, sono abrogati.
      3. Con regolamento da emanare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, si provvede al coordinamento della normativa vigente in materia con le disposizioni della presente legge, anche in relazione alla copertura del fabbisogno finanziario dei servizi di radiodiffusione, ai fini di una efficiente ed economica gestione dei medesimi servizi. Il regolamento di cui al presente comma elenca le norme abrogate con decorrenza dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

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Art. 2.

      1. L'articolo 42 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è abrogato.

Art. 3.

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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