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PDL 247

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 247



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ZANELLA

Modifica alla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di aliquota IVA sugli alimenti per animali domestici

Presentata il 28 aprile 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Pochi sanno che il nostro Paese è un importante produttore europeo di cibo per animali da compagnia. Accanto ad imprese multinazionali, con impianti produttivi in Italia, esistono anche numerose aziende italiane di medie e piccole dimensioni.
      Il mercato italiano del cosiddetto «pet food» ha raggiunto 983 milioni di euro in termini di fatturato al netto dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) (dati Euromonitor 2002).
      Ad oggi, tale fatturato è coperto per il 50 per cento da produzione interna e per il 50 per cento da produzione importata. Nonostante questo, il mercato dei prodotti destinati all'alimentazione animale resta un mercato ancora immaturo e con ampi margini di crescita come, ad esempio, nel settore dei cani e dei gatti, la cui popolazione ha raggiunto i 15 milioni.
      Dal punto di vista sociale, il possesso di un animale domestico rappresenta un fenomeno ormai diffusissimo: l'invecchiamento della popolazione e una mutata sensibilità sociale hanno portato, soprattutto negli ultimi anni, sempre più nuclei familiari a possedere animali domestici.
      Non solo la valenza affettiva, ma anche l'importanza «terapeutica» dell'animale da compagnia sono ormai universalmente riconosciute. Il 6 febbraio 2003, il Ministero della salute ha stipulato un accordo con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, recante «Disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy» (di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
 

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28 febbraio 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 4 marzo 2003), teso proprio a fornire alcune indicazioni sia sulla cura e il benessere dell'animale da compagnia che in merito agli incentivi per l'individuazione di programmi terapeutici che prevedono l'utilizzo degli animali domestici. Nella scorsa legislatura, poi, la Commissione Affari sociali della Camera aveva anche avviato l'esame di alcuni progetti di legge tesi proprio a favorire tale pratica.
      Nonostante ciò, inspiegabilmente, in Italia viene applicata al pet food un'aliquota IVA del 20 per cento, equiparandolo a beni di lusso quali il caviale o il salmone. Una aliquota che ha portato il nostro Paese ad andare in una direzione opposta alla normativa europea, che prevede invece aliquote ridotte. Non è un caso che sia la Spagna che la Germania dimostrano come il passaggio ad un'aliquota ridotta (7 per cento) abbia consentito un significativo e correlato sviluppo del mercato.
      La proposta di legge che sottoponiamo alla vostra attenzione si propone da un lato di portare l'aliquota IVA sul cibo per animali domestici al 10 per cento, come previsto dalla normativa europea, dall'altro di uniformare i diversi regimi IVA ai quali sono attualmente sottoposti gli alimenti per animali domestici, a seconda che questi alimenti siano destinati al consumo al dettaglio o all'ingrosso e a seconda della composizione degli stessi.
      La «schizofrenia» riguardo alle aliquote IVA applicate al cibo per gli animali domestici è infatti evidente soprattutto se consideriamo che neanche i prodotti destinati agli allevatori sono sottoposti ad un chiaro e unico regime.
      Sono diversi i casi nei quali aziende, confezionando cibo specializzato, si sono trovate nella necessità di dover chiedere chiarimenti all'Agenzia delle entrate circa la corretta aliquota IVA da applicare, essendoci in pratica una differenza non solo di prodotto, ma anche di mero confezionamento.
      La stessa Agenzia delle entrate in occasione della formulazione di un parere (espresso con risoluzione n. 106/E del 13 maggio 2003) ha precisato che i prodotti destinati all'allevamento di animali domestici possono fruire di un'aliquota IVA agevolata soltanto qualora non siano condizionati per la vendita al minuto, e chiarendo che attualmente viene applicata un'aliquota del 20 per cento per gli alimenti per cani o per gatti destinati alla vendita al minuto, un'aliquota del 10 per cento se questi alimenti sono destinati alla vendita all'ingrosso, e un'aliquota del 4 per cento se questi alimenti, sempre destinati alla vendita all'ingrosso, sono di origine vegetale. Insomma, tre differenti aliquote.
      Naturalmente, appare evidente che simili doppi o tripli regimi creano un'estrema incertezza e confusione sia nei singoli produttori che nello stesso erario, oltre che vere e proprie distorsioni sul mercato la cui logica ancora oggi sfugge ai più.
      Va ricordato inoltre che è stata di recente adottata la direttiva 2006/18/CE, finalizzata a migliorare il funzionamento del mercato interno attraverso una revisione dell'attuale struttura delle aliquote IVA ridotte, al fine di razionalizzare le numerose deroghe ed evitare distorsioni della concorrenza. Tale proposta di direttiva ribadisce l'applicazione di un'aliquota IVA ridotta al 10 per cento per l'intero settore alimentare dei prodotti destinati sia al consumo umano che animale, senza distinzione alcuna.
      Infine, sotto l'aspetto degli effetti per l'erario di una modifica del regime IVA su questi prodotti, vogliamo evidenziare che alcune aziende del settore hanno dato mandato all'università degli studi dell'Insubria di Varese di verificare mediante un modello econometrico gli effetti sul mercato e sulle entrate dello Stato a seguito di un'armonizzazione dell'aliquota IVA al 10 per cento.
      Il modello dimostra inequivocabilmente come tale unificazione sia tendenzialmente positiva sul gettito dell'IVA, che diventa certo già nel breve periodo (secondo anno), ma che ha anche un effetto positivo immediato in termini di maggiore produzione e di nuova occupazione.
 

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      La presente proposta di legge si prefigge quindi di armonizzare le aliquote IVA sugli alimenti per animali domestici, fissandole al 10 per cento, come previsto dalla normativa europea.
      Sulla base del modello e dell'attuale sviluppo di mercato è indicato anche il livello di copertura per il primo anno derivante dalla diminuzione dell'aliquota IVA, che è quantificato in 15 milioni di euro.
      Una cifra modesta nell'ambito di un bilancio pubblico che tuttavia apporterebbe un significativo effetto positivo sui prezzi finali di questi prodotti e, allo stesso tempo, un forte stimolo sia alla produzione che ai consumi.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge modifica il numero 91) della parte III della tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante «Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto». L'articolo 2 individua la necessaria copertura conseguente alle minori entrate derivanti dalla riduzione dell'aliquota IVA.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifica alla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633).

      1. Il numero 91) della parte III della tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «91) foraggi melassati o zuccherati; altre preparazioni del genere di quelle utilizzate nell'alimentazione degli animali; alimenti confezionati per animali domestici».

Art. 2.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 15 milioni di euro a decorrere dall'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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