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PDL 1737

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1737



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

TESSITORE, TESTA, GHIZZONI, OSSORIO, BURGIO

Abrogazione della legge 2 agosto 1999, n. 264, in materia di accesso agli studi universitari

Presentata il 28 settembre 2006

      

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Onorevoli Colleghi! - Nel momento nel quale una rinnovata attenzione viene portata alla questione universitaria, in virtù della ormai diffusa convinzione della rilevanza della scuola e dell'università nella configurazione del quadro istituzionale del Paese, appare sempre più obbligatoria una rigorosa riconsiderazione della questione studentesca, anche in relazione alla delicata e complessa condizione giovanile dei nostri anni. Non è, infatti, revocabile in dubbio il ruolo che la formazione universitaria ha assunto nei processi di modernizzazione e sviluppo del Paese, sia da parte di chi crede nell'irrevocabile conquista rappresentata dal passaggio dall'università per pochi all'università per tutti, sia da parte di chi, più o meno surrettiziamente, contesta questa convinzione, impropriamente utilizzando il diverso problema della qualità degli studi e della selezione dei giovani. Questo va affrontato e risolto per ciò che attiene alla sua specifica destinazione (ossia l'elevamento del livello della preparazione universitaria) e non può essere utilizzato come strumento discriminatorio in nome di una antiquata visione elitistica, ormai condannata dalla storia, quali che possano essere gli strabismi contingenti dei profeti del passato.
      In tale contesto appare dei tutto incongrua l'attuale situazione normativa degli accessi all'università italiana. Infatti nessun criterio razionale può essere individuato nella situazione prevista dalla legge 2 agosto 1999, n. 264, che riguarda solo alcuni corsi di laurea di alcune facoltà.
      Appare evidente, al contrario, la pura occasionalità dell'appena citata normativa, che attraversa trasversalmente l'ambito di alcuni corsi di laurea scientifico-tecnologici. Va altresì rilevato il carattere non sistematico della situazione sopra descritta
 

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per accenni ed anzi le gravi conseguenze distorcenti il sistema, giacché appare del tutto chiaro il riflesso negativo della limitazione degli accessi ai corsi di laurea in medicina e chirurgia su quelli affini, per i quali non è previsto il cosiddetto numero programmato. A titolo di esemplificazione, basti rilevare il «rigonfiamento» improprio delle immatricolazioni ai corsi di laurea in biologia delle facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali, utilizzati come aree di parcheggio «attivo» in attesa di ritentare la prova di accesso alle facoltà mediche, con il successivo riconoscimento degli esami identici o affini sostenuti.
      Ciò comporta, inoltre, un'ulteriore lesione della organizzazione degli studi medici, i quali vanno evidentemente strutturati in ragione della loro funzione, ossia per il conseguimento della laurea in medicina e chirurgia e non in biologia. Si deve, purtroppo, aggiungere - con riferimento agli studi medici - che la rilevata occasionalità e non sistematicità della regolamentazione degli accessi alle facoltà di medicina (ottenuta con un colpo di mano, quando fu riformata la tabella XVIII dell'ordinamento didattico nazionale) copre la difesa di interessi corporativi, di ordini professionali potenti, come quelli dei medici e degli odontoiatri. Di ciò è inequivocabile conferma la scandalosa questione dei cosiddetti «studenti ricorsisti», ossia i giovani che, non avendo superato la prova di selezione per la immatricolazione alle facoltà di medicina, avanzano ricorso al tribunale amministrativo regionale (TAR), per le più varie ragioni, talvolta ottenendo provvedimenti sospensivi, i quali, a loro volta, determinano una insostenibile confusione per i diversi atteggiamenti assunti dalle diverse sedi universitarie, a loro volta utilizzati per chiedere ed ottenere sanatorie legislative. Ciò senza considerare la disparità di condizione determinata tra i giovani che hanno la possibilità economica di adire i tribunali amministrativi e frapporre appelli e contro-appelli e quelli che non hanno tale possibilità, ovvero sono rispettosi della legge ed accettano il risultato negativo delle prove selettive di accesso.
      Alle suddette considerazioni di ordine contingente, vanno aggiunte quelle ben più rilevanti che concernono la sostanziale e formale incostituzionalità delle norme oggi regolanti il cosiddetto numero programmato o limitato per alcune facoltà universitarie e corsi di laurea, norme, non a caso, affidate, nella migliore delle ipotesi, alla legge ordinaria.
      Appare inequivocabile, quali che siano le capziose e talvolta imbarazzate argomentazioni di alcune decisioni della giustizia amministrativa, il significato dell'articolo 34 della Costituzione e specialmente dei commi primo e terzo di questo articolo. Essi recitano: - ed è bene che siano ripetuti, considerata la scarsa memoria manifestatasi in materia - «La scuola è aperta a tutti», «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi» (ossia quelli universitari).
      Orbene tali norme non consentono la previsione di alcuna limitazione degli accessi alla scuola e all'università, in quanto non configurano alcun effetto prescrittivo a carico dei cittadini, i quali non possono trovare alcuna limitazione all'esercizio di un diritto fondamentale, quale è quello all'istruzione e alla formazione culturale e professionale, del resto sancito, in termini inequivocabili, dall'articolo 3, primo comma, della Costituzione, che recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Ancor più importante il secondo comma, che dice: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
      L'articolo 3 della Costituzione pone una prescrizione a carico dello Stato, che non può, a sua volta, essere scaricata su altri soggetti e meno che mai sui cittadini, e ciò anche in ragione dell'articolo 4 della Costituzione, il quale mira a garantire a tutti
 

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il conseguimento della parità di condizioni per svolgere, secondo «la propria scelta», attività e funzioni che concorrono «al progresso materiale o spirituale della società». E non è dubbio che tra gli elementi in grado di assicurare le condizioni di cui alla prima parte dell'articolo 3 della Costituzione va vista, in primo luogo, l'università, in ossequio, dei resto, ad un'altra prescrizione costituzionale, quella affidata all'articolo 9: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica». Infine, l'articolo 34 sopra ricordato impone allo Stato di determinare le condizioni per cui tutti i cittadini conseguano il diritto all'istruzione e alla formazione culturale e professionale, giacché anche la limitazione ai «capaci e meritevoli» (di cui al terzo comma) riguarda una selezione non preventiva, ma accertata in base ai risultati conseguiti o non conseguiti.
      Per tutte le ragioni fin qui succintamente richiamate, la proposta di legge qui presentata prevede all'articolo 1 la soppressione delle norme limitative degli accessi, al fine di conseguire una effettiva e non formale eguaglianza del punto di partenza di tutti i nostri giovani.
      Gli articoli 2 e 3 definiscono le conseguenze della caducazione previste dall'articolo 1, mentre gli articoli 4 e 5 danno alcune prime indicazioni in merito all'obbligo dello Stato di garantire le condizioni strutturali per l'esplicazione dei diritto allo studio.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. In attesa della riforma organica delle norme sul diritto allo studio universitario e sullo statuto degli studenti, la legge 2 agosto 1999, n. 264, e successive modificazioni, è abrogata.

Art. 2.

      1. In conseguenza di quanto disposto dall'articolo 1, possono iscriversi ai corsi universitari gli studenti in possesso dei requisiti stabiliti dalle leggi vigenti.

Art. 3.

      1. Sono fatti salvi i provvedimenti e gli atti adottati in attuazione della legge 2 agosto 1999, n. 264, e successive modificazioni, per quanto già applicati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 4.

      1. In attesa della riforma di cui all'articolo 1, lo Stato assicura gli strumenti essenziali affinché le università provvedano a garantire a tutti i cittadini l'esercizio effettivo del diritto allo studio. A tale fine sono previste obbligatoriamente, anche al fine di ottenere un quadro preciso della situazione, prove di accertamento delle disposizioni dei giovani al fine della scelta degli indirizzi di studio. Tali prove, organizzate dagli atenei nei mesi di settembre di ogni anno, hanno carattere orientativo e non costituiscono, in alcun modo, divieto di immatricolazione o di iscrizione. Le università, in coordinamento

 

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con la Conferenza dei rettori delle università italiane, d'intesa con il Ministero dell'università e della ricerca, provvedono, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, a delineare un quadro ricognitivo della condizione studentesca per quanto attiene agli accessi alle università, ai fine di consentire al Ministero dell'università e della ricerca di formulare un progetto per la soluzione sistematica della questione degli accessi.

Art. 5.

      1. Il Ministero dell'università e della ricerca provvede, mediante propri atti di indirizzo, a coordinare con le disposizioni della presente legge le modalità della «formazione regolamentata», di cui alle direttive 93/16/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, e successive modificazioni, e 2001/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2001, al fine di garantire il reciproco riconoscimento dei titoli all'interno degli Stati membri sulla base di criteri uniformi per la formazione specifica del medico generico e del medico specialista, nonché dei medici veterinari, degli odontoiatri e degli architetti.    
    


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