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PDL 1677

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1677



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GIBELLI, LUSSANA, ALESSANDRI, BODEGA, BRIGANDÌ, CAPARINI, DOZZO, FAVA, FUGATTI, GARAVAGLIA, GOISIS, GRIMOLDI, MONTANI, PINI

Disposizioni in materia di accesso alla scuola degli studenti stranieri

Presentata il 21 settembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si prefigge di fornire un modello di organizzazione del sistema scolastico che tenga conto delle problematiche emerse negli ultimi anni a seguito del fenomeno dell'immigrazione.
      Il crescente numero degli immigrati nella società e, soprattutto, nella scuola è questione centrale che richiede l'adozione di adeguate politiche al fine di garantire che il sistema scolastico sia efficiente e di qualità, sia per gli alunni italiani che per quelli stranieri.
      L'elevata presenza di alunni stranieri nelle classi scolastiche determina infatti difficoltà oggettive di insegnamento per i docenti e di apprendimento per gli studenti. Le difficoltà, evidenti, nell'uso della lingua italiana risultano in primis un ostacolo per gli studenti stranieri che devono affrontare lo studio degli insegnamenti previsti nei programmi scolastici, e per gli alunni italiani che assistono a una riduzione dell'offerta didattica.
      Lo studente straniero, nella quasi totalità dei casi, ha bisogno di specifici corsi di apprendimento della lingua italiana, altrimenti l'impatto con la classe può risultare ostico e il lavoro che in essa viene svolto eccessivamente ridotto e penalizzante per gli studenti italiani.
      Lo studente italiano non può risultare penalizzato dai rallentamenti degli insegnamenti dovuti alle specifiche esigenze di apprendimento degli studenti stranieri che non hanno ancora raggiunto un adeguato grado di alfabetizzazione linguistica.
 

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      Tale situazione è ancora più evidente nelle classi che vedono la presenza di studenti provenienti da diversi Paesi: le specifiche esigenze personali in tali casi sono anche caratterizzate dalle diversità culturali del Paese di origine.
      Risulta quindi opportuno istituire delle classi di inserimento temporaneo per gli studenti stranieri al fine di rendere il loro primo ingresso nella scuola italiana adeguatamente organizzato per rispondere alle specifiche esigenze di apprendimento della lingua e degli insegnamenti fondamentali del programma scolastico previsto per la loro classe di età.
      Il sistema di accesso alla scuola primaria vigente in Germania è condizionato dal superamento di prove e di test. Il loro mancato superamento implica l'obbligo di frequenza di una classe preparatoria (vorklasse) propedeutico all'ingresso scolare: nel 2003 il 24 per cento dei bambini stranieri (1/4) frequentava una vorklasse.
      La crescita del fenomeno migratorio che ha interessato il nostro Paese negli ultimi decenni si riflette anche sull'incidenza degli alunni stranieri sulla popolazione scolastica.
      Per avviare alcune considerazioni su questo tema risultano certamente utili i numeri sulla presenza degli alunni stranieri contenuti nell'indagine predisposta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dal titolo «Alunni con cittadinanza non italiana. Scuole statali e non statali - anno scolastico 2003/2004 - settembre 2004».
      Tra i dati maggiormente significativi merita segnalare l'evoluzione storica della presenza di alunni stranieri dall'anno scolastico 1983/1984 all'anno scolastico 2003/2004: la crescita degli alunni stranieri, in valore assoluto, è stata pari a 276.579 unità, con una netta accelerazione negli ultimi anni (l'incremento registrato nei primi quindici anni risultava infatti più che raddoppiato negli anni dal 1999 al 2004: 79.418 alunni dall'anno scolastico 1983/1984 all'anno scolastico 1998/1999 contro i 197.161 alunni dall'anno scolastico 1998/1999 all'anno scolastico 2003/2004).
      Rispetto all'anno scolastico 2003/2004 i dati forniti dal Ministero riportavano che gli alunni stranieri erano 282.683 e rappresentavano una percentuale del 3,5 per cento sul totale della popolazione scolastica. Nell'anno scolastico 1992/1993 erano circa 30.000; ma anche rispetto all'anno scolastico precedente (2002/2003) l'aumento è stato significativo, ammontando a 50.000 unità.
      Rispetto alle nazionalità di provenienza di questi studenti, si confermavano ai primi posti anche nell'anno 2004 quest'anno i gruppi provenienti da Albania, Marocco, ex Jugoslavia, con la progressione notevole della Romania e dell'Ecuador.
      Significativi sono anche i dati relativi al rapporto tra la frequenza delle scuole statali e non statali e la loro suddivisione tra i diversi gradi della scuola. Il 90,5 per cento di alunni stranieri si trovava, infatti, in scuole statali, mentre il restante 9,5 per cento era iscritto in istituzioni scolastiche non statali.
      La più elevata consistenza di alunni stranieri (40 per cento) si trovava nella scuola primaria. L'area geografica del Paese con la percentuale più alta di alunni stranieri, rispetto alla popolazione scolastica di riferimento, si confermava anche nell'anno 2004 il nord-est, con un'incidenza del 6,1 per cento e un picco massimo dell'8,5 per cento nel primo anno di scuola primaria.
      La regione con l'incidenza più alta era ancora l'Emilia-Romagna con il 7 per cento. Tra i comuni capoluogo era Milano ad avere l'incidenza più alta con il 10,2 per cento.
      I Paesi di provenienza degli alunni stranieri, su 194 censiti dall'Istituto nazionale di statistica, erano ben 191. Erano quasi 6.000 gli alunni non italiani provenienti dai nuovi Stati entrati a far parte dell'Unione europea il 1o maggio 2004.
      Il confronto con i dati europei porta a considerare che i quasi 300.000 alunni stranieri in Italia non avevano ancora raggiunto le percentuali molto più alte di alunni stranieri presenti nelle scuole di altri Paesi europei come Francia (5 per cento
 

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di alunni stranieri sul totale della popolazione scolastica), Inghilterra (14,3 per cento), Germania (9,8 per cento) e Svizzera (22,3 per cento), ma anche di recente immigrazione come Spagna (4,4 per cento) e Portogallo (5,5 per cento).
      Vi sono tuttavia alcune considerazioni che è opportuno fare, in quanto caratterizzano la situazione italiana, e hanno rilevanza sulle strategie educative da adottare e anche sulla percezione che di questo fenomeno hanno gli insegnanti e l'opinione pubblica in generale.
      Innanzitutto la presenza di alunni stranieri nel nostro Paese è tuttora molto disomogenea e differenziata sul territorio nazionale. La concentrazione di alunni stranieri nel 2004 e ancora oggi è molto più elevata nelle aree del nord-est del Paese. I dati che si riportano, relativi sempre all'anno 2004, denotano che la percentuale più elevata è al nord-est con il 6,1 per cento; al nord-ovest è del 5,7 per cento, al centro è del 4,8 per cento, a sud dello 0,9 per cento e nelle isole dello 0,7 per cento. Ai primi posti si trovava le province di Mantova (9,3 per cento), Prato (9,1 per cento), Reggio-Emilia (8,7 per cento), Piacenza (8,3 per cento) e Modena (8,1 per cento).
      Un'altra considerazione, messa in evidenza dall'indagine citata, attiene alle caratteristiche del modello italiano in cui il cambiamento è stato rapidissimo: se si prendono in considerazione i dati di piccole città, emerge che fino a poco più di dieci anni fa non avevano mai avuto numeri significativi di alunni stranieri.
      L'indagine propone il confronto con uno Stato a noi vicino, la Francia, che è Paese di immigrazione da più di 150 anni e che per tutto il novecento ha mantenuto una media di presenza straniera del 6-7 per cento. Da noi, invece, è emerso che nelle scuole di Cuneo, di Treviso, di Macerata e di Siena c'era una percentuale più alta di alunni stranieri che non nelle scuole delle province di Venezia, di Bari, di Napoli e di Palermo, in cui ci si sarebbero aspettate percentuali superiori.
      Va considerato inoltre che, al fine della scelta delle strategie didattiche, fondamentale risulta anche la provenienza degli alunni stranieri. La presenza nel nostro Paese è infatti caratterizzata da tanti e diversissimi Paesi di provenienza degli alunni: sono presenti oltre 190 diverse cittadinanze nelle scuole italiane.
      Nelle scuole della provincia di Bergamo, ad esempio, sempre nel 2004, erano rappresentate 118 cittadinanze, a Perugia 109, a Pesaro 90, a Siena 80, a Latina 78. Questo aspetto di frammentazione caratterizzata da una varietà di provenienze genera un elemento di complessità nella proposta didattica con conseguenze sul piano pedagogico del tutto evidenti.
      Anche l'esito scolastico degli alunni stranieri è un aspetto di non secondaria importanza. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca aveva avviato, sempre nel 2004, una ricerca sugli esiti scolastici degli alunni stranieri; dall'osservazione sull'esito scolastico degli alunni italiani a confronto con quello degli alunni stranieri si è rilevato come fosse costante il minore successo scolastico degli allievi stranieri nei diversi ordini di scuola.
      La citata indagine ha evidenziato, inoltre, che il divario fra i tassi di promozione degli allievi stranieri e di quelli italiani era del -3,36 nella scuola primaria, -7,06 nella secondaria di primo grado, -12,56 nella secondaria di secondo grado, in cui più di un alunno straniero su quattro non conseguiva la promozione.
      Le regioni con esiti migliori da parte degli allievi stranieri erano quelle del centro-nord.
      Dove erano presenti alunni con cittadinanza non italiana si riscontrava una maggiore selezione nei loro riguardi che finiva per incidere sui livelli generali di promozione.
      La stessa indagine affermava: «Nella fascia dell'obbligo la prevalenza di più elevati tassi di promozione nelle scuole che ospitano anche alunni stranieri potrebbe essere conseguenza del fatto che la tipologia di scuola, proprio per la sua natura di istituzione dell'obbligo, porti ad una maggiore attenzione agli aspetti formativi piuttosto che a quelli incentrati sulle discipline, inducendo valutazioni
 

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meno rigorose sui livelli di competenza acquisiti dagli alunni».
      Tuttavia è condivisibile la posizione che ritiene come tale considerazione non sia sufficiente a giustificare uno scarto a favore del tasso di promozione nelle scuole con alunni stranieri.
      Soprattutto nella scuola di base la presenza di alunni stranieri incide in modo rilevante sui livelli generali di insegnamento e di conseguente apprendimento, determinando un abbassamento del livello medio di richiesta da parte degli insegnanti sul conseguimento degli obiettivi formativi da parte degli studenti. Questo determina la situazione sopra rilevata di più elevati tassi di promozione nelle scuole con presenza di alunni stranieri, in quanto lo studente italiano risulta «privilegiato» nel raggiungimento di risultati positivi a scuola, stante il fatto che l'offerta didattica è ridotta per la presenza di un elevato numero di alunni stranieri che hanno altre e diverse esigenze di apprendimento.
      Significativa al riguardo è anche la riflessione che la stessa indagine ha aperto sostenendo «l'ipotesi che nella fascia dell'obbligo vi sia una maggiore tolleranza, disponibilità e apertura verso gli alunni con cittadinanza non italiana con conseguente abbassamento dei livelli di prestazione a loro richiesti».
      L'indagine del Ministero ha cercato di chiarire in che modo la dimensione della scuola, la quantità di stranieri rispetto alla popolazione scolastica e la quantità di cittadinanze concorrano al successo o all'insuccesso scolastico. Dai dati allora emersi si può rilevare che per i diversi ordini di scuola gli alunni stranieri sembrano ottenere maggiori risultati quando sono in numero ridotto. La densità della presenza sembra non favorire livelli elevati di esiti positivi. Anche l'elemento della presenza di molte diverse cittadinanze nelle scuole sembra non coincidere necessariamente con esiti negativi finali degli alunni stranieri, ma certamente è un fattore condizionante del complessivo sistema educativo e formativo che influenza l'intera classe. Le misure di accoglienza, accompagnamento e integrazione adottate dalle scuole risultano infatti determinate sia dal numero degli studenti stranieri, sia dalle diverse nazionalità presenti nella stessa classe o scuola e dalle conseguenti differenti situazioni culturali e sociali che generano molteplici esigenze cui dare risposta.
      Interessante appare poi il capitolo dell'indagine sugli «Esiti in relazione alla complessità della presenza straniera nella scuola»: gli esiti scolastici sono stati infatti analizzati tenendo conto che essi si riferiscono a categorie di alunni per i quali l'obiettivo, oltre a quello degli apprendimenti, è anche quello dell'integrazione nel sistema scolastico e nel sistema sociale.
      Per questa tipologia di alunni con cittadinanza non italiana l'indagine ha ritenuto opportuno considerare, ai fini di una più compiuta valutazione dei loro esiti scolastici, il livello di conoscenza della lingua italiana, la dimensione temporale di scolarizzazione nel nostro Paese, le misure di accompagnamento per la loro integrazione all'interno e all'esterno dell'ambito scolastico, al fine di disporre di un compiuto quadro di osservazione e di analisi.
      È emerso quindi che il tasso di promozione di alunni stranieri nelle scuole primarie e secondarie di primo grado era inversamente proporzionale alla dimensione della loro presenza nella scuola, al punto che, ad esempio nelle piccole scuole (fino a 100 alunni complessivamente presenti), la presenza di pochi alunni (da 1 a 5) permetteva di raggiungere un tasso di promozione del 98,99 per cento, gradualmente decrescente fino ad attestarsi al 95,50 per cento quando il gruppo di alunni stranieri in queste piccole scuole oscillava tra le 31 e le 50 unità.
      Il più elevato successo coincide dunque con la ridotta presenza di alunni stranieri rispetto al complesso della popolazione scolastica presente: si rilevava, pertanto, come vi fosse un loro più elevato tasso di promozione quando erano in quantità ridotta e si trovavano in scuole molto popolate. Per contro, il minore successo si registrava per gruppi numerosi di alunni
 

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con cittadinanza non italiana in piccole scuole.
      Nelle scuole secondarie di secondo grado il decremento degli esiti in rapporto alla maggiore consistenza di alunni stranieri era ancora più accentuato: negli istituti di piccole dimensioni il tasso di promozione degli alunni stranieri scendeva dal 93,29 per cento dove vi erano gruppi minimi di studenti non italiani (da 1 a 5) fino al 78,64 per cento dove vi erano consistenti gruppi di alunni stranieri (da 11 a 30). Negli istituti di medie dimensioni (da 101 a 300 alunni complessivi) si passava dal 91,79 per cento al 78,46 per cento; negli istituti maggiormente dimensionati si passava dall'89,87 per cento all'80,26 per cento.
      L'indagine concludeva che: «sembra plausibile, quindi, ritenere che nelle piccole scuole del settore primario l'elevata presenza di alunni stranieri incida sensibilmente sul loro stesso successo scolastico. Ciò potrebbe far ritenere come queste piccole unità scolastiche, a causa della loro ridotta dimensione, siano più esposte a condizioni di criticità in presenza di significative variazioni organizzative (elevata presenza di alunni stranieri)».
      La stessa rilevazione degli esiti finali può essere effettuata nei riguardi di alunni italiani frequentanti scuole di diversa dimensione con presenza crescente di alunni di cittadinanza non italiana.
      Se si analizzano gli esiti rispetto alla presenza straniera nelle scuole e al numero di cittadinanze diverse, oltre al dato quantitativo (quindi anche a quello qualitativo), emerge che nella scuola primaria la più elevata presenza di cittadinanze straniere coincide con più elevati tassi di promozione degli alunni non italiani.
      Altro elemento importante di cui tenere conto è il divario nei tassi di promozione tra gli studenti stranieri senza precedente scolarizzazione in Italia e quelli con scolarizzazione di almeno due anni.
      Le misure di accoglienza, accompagnamento e integrazione adottate dalle singole scuole consistono in figure per l'integrazione (mediatori culturali e facilitatori linguistici) e nell'utilizzo di spazi dotati di strumenti appositamente dedicati.
      Le scuole poi hanno avuto la necessità di dare vita a una pluralità di progetti mirati, riconducibili in gran parte a obiettivi di insegnamento e di rafforzamento della lingua italiana.
      La misura denominata «spazi dotati di strumenti appositamente dedicati» richiama i laboratori di facilitazione linguistica o di alfabetizzazione che sono stati organizzati in alcuni istituti, ma anche i tentativi di adattamento dei contenuti e di semplificazione dei testi e l'adozione di strumenti e materiali specifici (dizionari nelle diverse lingue, libri di testo facilitati, CD-ROM e video multilingui). Nella gran parte dei casi lo studente straniero appena arrivato ha bisogno di seguire un percorso specifico di alfabetizzazione linguistica, di durata variabile in contesti, di spazi e con strumenti mirati.
      Le normative sull'immigrazione del 1998 e del 2002 (testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 e legge n. 189 del 2002) contengono indicazioni utili sulla funzione e sull'uso di questa risorsa, ma demandano l'iniziativa e la responsabilità alle scuole e agli enti locali.
      In considerazione delle esigenze rilevate, la presente proposta di legge, composta da un unico articolo, prevede l'istituzione delle classi di inserimento temporaneo, che accolgono gli studenti stranieri all'atto del primo ingresso nella scuola italiana dell'obbligo, al fine di fare loro frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana che favoriscano il loro inserimento nella scuola.
      Il comma 1 riconosce alle regioni, nel rispetto del riparto di competenze di cui all'articolo 117 della Costituzione, il compito di disciplinare lo svolgimento di test e di prove al fine di valutare, all'atto del primo ingresso degli studenti stranieri nelle scuole del Paese, la conoscenza della lingua italiana e dei principali fondamenti delle discipline proposte.
      Durante la frequenza dei predetti corsi, della durata di due anni, gli alunni apprendono anche gli insegnamenti che
 

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fanno parte dei programmi ministeriali di insegnamento (comma 4).
      Il comma 2 regola i tempi dell'insegnamento e il comma 5 lo svolgimento delle singole discipline e attività, stabilendo che esse avvengono nell'esercizio dell'autonomia didattica, disciplinata dal regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, in base al quale le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune (articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività; definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l'unità oraria della lezione e utilizzazione, nell'ambito del curricolo obbligatorio di cui all'articolo 8 del medesimo regolamento, degli spazi orari residui; attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio generale dell'integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo; articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso; aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari).
      Il comma 6 stabilisce che la frequenza delle classi di inserimento temporaneo costituisce obbligo scolastico: conseguentemente si applicano le disposizioni contenute nel testo unico sull'istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e nel decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, in materia di vigilanza sull'adempimento del diritto-dovere all'istruzione, in base al quale rispondono dell'adempimento dell'obbligo i genitori dell'obbligato o coloro che a qualsiasi titolo ne facciano le veci.
      Il comma 7, infine, prevede che l'eventuale maggiore fabbisogno di personale docente da assegnare a tali classi sia inserito nel programma triennale delle assunzioni di personale docente disciplinato dal decreto-legge n. 97 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 143 del 2004, alla cui copertura finanziaria si provvede mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'accesso di studenti stranieri alle istituzioni scolastiche e formative in cui si realizza il diritto-dovere all'istruzione di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, è subordinato al superamento di test e di prove, disciplinati dalle regioni nell'esercizio della propria potestà legislativa di cui al terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, finalizzati a valutare la conoscenza della lingua italiana e dei principali fondamenti delle discipline proposte.
      2. Gli studenti stranieri che non superano i test e le prove previsti dal comma 1 all'atto del primo ingresso nella scuola italiana sono affidati alle classi di inserimento temporaneo, istituite ai sensi del comma 3, con l'obbligo di frequenza per almeno due anni.
      3. Le classi di inserimento temporaneo sono istituite in tutte le istituzioni scolastiche e formative in cui si realizza il diritto-dovere all'istruzione di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76.
      4. Durante la frequenza delle classi di inserimento temporaneo sono impartiti corsi per l'apprendimento della lingua italiana e gli insegnamenti di base previsti dai vigenti programmi scolastici.
      5. Lo svolgimento e l'articolazione dei corsi e degli insegnamenti di cui al comma 4 tiene conto delle diverse situazioni soggettive degli studenti, in conformità alla disciplina in materia di autonomia riconosciuta alle istituzioni scolastiche dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e successive modificazioni.
      6. Si applicano le disposizioni in materia di diritto-dovere all'istruzione e di obbligo scolastico stabilite dal decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, e dal

 

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testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni.
      7. L'eventuale maggiore fabbisogno di personale docente è inserito nel piano pluriennale di assunzioni a tempo indeterminato previsto dall'articolo 1-bis del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143.


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