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PDL 1785

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1785



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CONSOLO

Disposizioni in materia di reati ministeriali

Presentata il 5 ottobre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è diretta a sanare un grave vulnus al principio costituzionale secondo il quale spetta esclusivamente agli organi parlamentari la competenza a decidere in ordine alla concreta applicabilità delle prerogative che, in materia di tutela giurisdizionale, la Costituzione riconosce ad alcuni soggetti politico-istituzionali. Si tratta di un principio desumibile dagli articoli 68, 90 e 96 della Costituzione, che attribuiscono rispettivamente ai membri del Parlamento, al Presidente della Repubblica nonché al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Ministri una particolare tutela giudiziaria in deroga ai princìpi generali in materia.
      I membri del Parlamento, infatti, ai sensi dell'articolo 68 della Costituzione, non rispondono delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni, spettando alla Camera di appartenenza la valutazione sulla riferibilità del fatto alle funzioni parlamentari.
      Il Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 90 della Costituzione, non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione, nel qual caso spetta al Parlamento in seduta comune il compito di svolgere le funzioni di giudice. Per i membri del Governo, l'articolo 96 della Costituzione stabilisce che i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni (cosiddetti reati ministeriali) sono di competenza della giurisdizione ordinaria, ma previa autorizzazione della Camera o del Senato e secondo quanto previsto con legge costituzionale. La legge costituzionale n. 1 del 1989 ha individuato i princìpi del procedimento relativo ai reati ministeriali, i quali sono stati attuati in maniera dettagliata dalla legge ordinaria n. 219 del 1989.
      Sia pure con compiti diversi, in tutte e tre le predette ipotesi la Costituzione attribuisce quindi ad organi parlamentari il compito di verificare se il fatto di reato
 

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per il quale si proceda sia riconducibile all'esercizio delle funzioni istituzionali. Nel caso dei membri del Parlamento, dalla valutazione deriva la sottoposizione o meno a giudizio; nel caso del Presidente della Repubblica, la valutazione coincide con il giudizio di responsabilità del fatto; nel caso di membri del Governo, dalla valutazione consegue, secondo quanto stabilito dalla legge costituzionale n. 1 del 1989, la competenza del cosiddetto «tribunale dei Ministri» sul fatto qualificato come reato ministeriale.
      Con la proposta in esame si intende riaffermare il predetto principio costituzionale in ordine ai reati ministeriali.
      Come si è visto, l'articolo 96 della Costituzione rinvia alla legge costituzionale l'individuazione delle modalità con le quali la giurisdizione ordinaria possa avere conoscenza dei cosiddetti reati ministeriali. L'articolo 96, inoltre, richiede la previa autorizzazione della Camera o del Senato. La legge costituzionale n. 1 del 1989 ha individuato i princìpi del procedimento relativo ai reati ministeriali. Questo procedimento è stato poi disciplinato in maniera dettagliata dalla legge ordinaria n. 219 del 1989, attuativa della citata legge costituzionale n. 1 del 1989.
      In particolare, la legge costituzionale n. 1 del 1989, sulla base del principio stabilito dalla legge medesima in relazione all'articolo 96 della Costituzione, delinea un procedimento nel quale spetta all'organo parlamentare il compito di valutare la natura ministeriale del fatto, escludendo che tale valutazione possa essere effettuata in maniera esclusiva dal giudice ordinario.
      Nel rispetto di quanto sancito dall'articolo 96 della Costituzione e dei princìpi desumibili dagli articoli 68 e 90 della Costituzione, il procedimento è disciplinato in maniera tale da attribuire agli organi parlamentari, ed esclusivamente ad essi, la competenza di decidere in ordine alle prerogative di tutela di soggetti istituzionali. L'articolo 8 della legge costituzionale n. 1 del 1989 prevede, infatti, che «se non si ritiene che si debba disporre l'archiviazione il collegio [il tribunale dei Ministri] trasmette gli atti con relazione motivata al procuratore della Repubblica per la loro immediata rimessione al Presidente della Camera competente ai sensi dell'articolo 5». Il provvedimento di archiviazione, che il tribunale dei Ministri adotta non ritenendo che sussista la natura ministeriale del fatto, non deve essere considerato come conclusivo del procedimento, bensì come una fase interlocutoria dello stesso, alla quale segue la valutazione della natura ministeriale del fatto da parte dell'organo parlamentare. A tale proposito, si rileva che il giudizio sulla ministerialità del reato effettuato dall'organo parlamentare successivo a quello della magistratura ordinaria non significa che l'organo parlamentare sia libero di valutare anche strumentalmente la natura ministeriale del reato. Secondo i princìpi generali, la valutazione della Camera o del Senato può essere sottoposta infatti al giudizio della Corte costituzionale attraverso lo strumento del conflitto di attribuzione, che può essere sollevato dall'autorità giudiziaria quando ritenga che l'organo parlamentare abbia abusato dei propri poteri nel riconoscere la natura ministeriale del fatto.
      La legge di attuazione n. 219 del 1989 non può essere considerata conforme ai princìpi costituzionali sopra descritti, in quanto attribuisce al giudice ordinario il compito di valutare in maniera definitiva la natura ministeriale del fatto. L'articolo 2 di tale legge, infatti, prevede che il tribunale dei Ministri, ove ritenga che il fatto non integri un reato ministeriale, deve disporre l'archiviazione e allo stesso tempo la trasmissione degli atti, non alla Camera o al Senato, bensì all'autorità giudiziaria competente a conoscere il reato. Secondo tale procedimento, è l'autorità giudiziaria, anzichè la Camera o il Senato, a valutare in via definitiva la natura ministeriale del reato. Con la proposta di legge in esame si modifica l'articolo 2 della legge n. 219 del 1989, conferendo al Parlamento il ruolo che le norme costituzionali gli riconoscono nel giudizio di valutazione della natura dei reati commessi dai Ministri nell'esercizio delle loro funzioni.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al comma 1 dell'articolo 2 della legge 5 giugno 1989, n. 219, le parole: «in tale ultima ipotesi dispone altresì la trasmissione degli atti all'autorità giudiziaria competente a conoscere del diverso reato» sono sostituite dalle seguenti: «in tale ultima ipotesi il collegio trasmette gli atti con relazione motivata al procuratore della Repubblica per la loro immediata rimessione al Presidente della Camera competente ai sensi dell'articolo 5 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1; a tale Camera è riservata la valutazione circa la riconducibilità dei reati a quelli indicati nell'articolo 96 della Costituzione».


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