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PDL 1743

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1743



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

ADENTI, LI CAUSI

Norme a tutela dei diritti costituzionali dei professori incaricati esterni

Presentata il 29 settembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende sanare il vuoto legislativo presente nella normativa riguardante le funzioni ed il trattamento economico della docenza universitaria che, omettendo di menzionare tra il personale docente coloro che rivestono la qualifica di professori incaricati esterni, circa sessanta persone attualmente in servizio con una anzianità media di trenta anni, determina nei loro confronti una situazione insanabilmente in contrasto con i princìpi solennemente affermati a livello costituzionale con particolare riferimento agli articoli 2, 3 e soprattutto 36 della Costituzione.
      La drammatica situazione attuale dei professori incaricati esterni deriva dal più grave caso di discriminazione e di violazione delle norme del diritto del lavoro e degli stessi princìpi costituzionali che una categoria di lavoratori pubblici abbia mai subìto nella storia della Repubblica italiana.
      Il risultato di questa opera di discriminazione che, per limitare i danni ed annullare provvedimenti illegittimi di licenziamento o di allontanamento dalla funzione docente, ha reso indispensabile il reiterato ricorso ai tribunali amministrativi regionali, è costituito dal fatto che i professori incaricati esterni si trovano attualmente in servizio come titolari del loro insegnamento, con funzioni del tutto analoghe a quelle dei professori associati, ma senza il riconoscimento di un ruolo e con un trattamento economico che, dopo l'entrata in vigore del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 319 del 1990, che già penalizzava la categoria nei confronti sia degli altri docenti, sia degli assistenti e dei ricercatori,
 

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non è più stato definito da alcuna norma di legge.
      Con la finalità di colmare questo vuoto legislativo, ben sei proposte di legge sono state presentate nella precedente legislatura (atti Camera n. 980, 1542, 3626, 3742, 3815 e 4260), sostanzialmente identiche pur essendo presentate da esponenti di gruppi parlamentari diversi, le quali però non sono state minimamente prese in considerazione nella stesura del testo della legge 4 novembre 2005, n. 230, recante nuove disposizioni per i professori e i ricercatori universitari. L'ordine del giorno 9/4735-B/3 Rodeghiero, Emerenzio Barbieri, Mario Pepe, Maggi presentato il 25 ottobre 2005 alla Camera dei deputati, in sede di approvazione del disegno di legge delega (atto Camera n. 4735 poi divenuto la legge n. 230 del 2005), che ha impegnato il Governo a reperire le risorse finanziarie per adeguare il trattamento economico dei professori incaricati stabilizzati a quello dei ricercatori confermati che svolgono un incarico di insegnamento, è stato accolto dal Ministro Letizia Moratti, ma non ha avuto alcun seguito, in quanto - si sostiene - è necessario uno specifico provvedimento legislativo.
      Tutte le sentenze dei TAR fino ad ora emesse (TAR Calabria, Catanzaro, n. 847 del 2000 e n. 392 del 2003; TAR Lazio n. 4710 del 2004) hanno unanimemente riconosciuto che l'attuale trattamento economico dei professori incaricati stabilizzati esterni è insanabilmente in contrasto con i princìpi già affermati a livello costituzionale e che risultano esplicitamente richiamati dalle leggi sul pubblico impiego.
      In una situazione divenuta ormai giuridicamente insostenibile per le pubbliche amministrazioni interessate che, in assenza di un preciso riferimento legislativo, non sono comunque in grado di definire la corretta retribuzione dei professori incaricati, qualcuno ha pensato di ovviare alla persistente carenza legislativa obbligando l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) a inserire l'articolo 31 (Docenti incaricati) nel contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del comparto del personale delle università firmato il 27 gennaio 2005, relativo al quadriennio normativo 2002-2005 e al biennio economico 2002-2003, che si applica a tutto il personale delle università tranne che ai professori e ai ricercatori.
      L'articolo 31 del CCNL 2002-2005 è palesemente assurdo in quanto:

          inserisce in un contratto collettivo di lavoro i professori incaricati nonostante che le leggi e la stessa premessa del contratto escludano il personale docente dalla contrattazione collettiva;

          non integra, come sarebbe doveroso, tutti i CCNL precedenti;

          aggiorna solo una voce del trattamento retributivo dei professori incaricati esterni, quella prevista dall'articolo 15 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 319 del 1990, con decorrenza 1o gennaio 2003, mentre prevede, con decorrenza 1o gennaio 2002, l'aggiornamento di tutte le voci della retribuzione per tutto il personale non docente.

      Considerando la figura del professore incaricato stabilizzato equiparabile a quella del personale tecnico-amministrativo che svolge la funzione più affine a quella della docenza universitaria, si sarebbe dovuto attribuire ai professori incaricati almeno il medesimo incremento complessivo della retribuzione, sia per quanto riguarda il trattamento fondamentale, sia per il trattamento accessorio, e comprendere gli aumenti retributivi derivanti dall'istituzione delle indennità di ateneo, di posizione e di risultato.
      Secondo l'ARAN questo non è possibile perché sia la normativa sia la struttura retributiva dei professori incaricati, analoga a quella di tutti i docenti, è radicalmente diversa da quella del personale non docente regolata dai contratti collettivi di lavoro.
      Applicando semplicemente l'articolo 31 del nuovo CCNL, come stanno facendo la maggior parte delle università, si deve ritenere che l'incremento complessivo

 

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della retribuzione di un docente a tempo pieno con una maturità professionale coltivata in trenta anni di servizio sia del tutto equiparabile a quella che compete alla figura professionale di un bidello assunto a tempo determinato.
      Risulta evidente che i professori incaricati stabilizzati continuano ad essere pesantemente discriminati e che continua a permanere una situazione che contrasta insanabilmente con i princìpi di buon andamento, parità di trattamento e giusta retribuzione, affermati solennemente a livello costituzionale e richiamati in particolare dal comma 2 dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 165 del 2001, secondo il quale «Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi».
      L'articolo 36 della Costituzione testualmente recita: «II lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa».
      Il trattamento economico attualmente corrisposto ai professori incaricati stabilizzati esterni offende non solo la dignità delle persone in quanto lavoratori, ma anche la dignità della stessa funzione docente che viene ad essere gravemente compromessa.
      Risulta evidente che una situazione di questo genere non è più a lungo procrastinabile e che si rende necessario pertanto restituire anche ai professori incaricati quella dignità, riconosciuta a tutti gli altri docenti universitari, che la Costituzione, in particolare tramite gli articoli 2, 3 e 36, garantisce a tutti i cittadini italiani.
      Per comprendere come si sia potuti giungere alla situazione attuale è necessario richiamare, sia pur sinteticamente, tutto il contesto legislativo in cui la vicenda si inquadra.
      La figura del professore incaricato a tempo indeterminato venne istituita come «stabilizzato» con l'articolo 4 del decreto-legge 1o ottobre 1973, n. 580, recante misure urgenti per l'università, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1973, n. 766.
      Il professore incaricato veniva dunque stabilizzato sull'insegnamento del quale era titolare dopo che per tre anni aveva avuto assegnato per pubblico concorso, dalla stessa università o da università diverse, un incarico di insegnamento. Il consiglio di facoltà interessato procedeva alla nomina del vincitore dopo aver valutato i risultati di un'istruttoria svolta da una apposita commissione, che effettuava un giudizio comparativo e motivato dei titoli dei candidati, presentando una graduatoria finale.
      L'incarico a tempo indeterminato veniva quindi attribuito a chi per ben tre volte era risultato vincitore di un regolare concorso pubblico.
      I professori incaricati erano titolari di un corso di insegnamento, ed i loro doveri ed obblighi erano stabiliti dall'articolo 2 del regio decreto legislativo 27 maggio 1946, n. 534, nei seguenti termini: «hanno l'obbligo di dedicare al proprio insegnamento, sotto forma sia di lezioni cattedratiche sia di esercitazioni, tante ore settimanali quante la natura e l'estensione dell'insegnamento stesso richiedono, e in ogni modo almeno sei ore fra lezioni ed esercitazioni; di osservare l'orario scolastico prestabilito; di attendere alla direzione dei gabinetti, istituti, cliniche, laboratori e simili annessi alle loro cattedre; di partecipare alle commissioni per gli esami di profitto e di laurea, nonché alle funzioni accademiche e a quelle ad esse connesse, cui siano chiamati».
      Dal punto di vista economico, il trattamento dei professori di ruolo, dei professori incaricati stabilizzati e degli assistenti di ruolo veniva sempre determinato in un medesimo articolo di legge nell'ambito delle disposizioni riguardanti il personale del comparto università.
      Gli attuali professori incaricati stabilizzati, ancorché considerati non di ruolo, sono stati dunque assunti come docenti ad alto livello a tutti gli effetti, con prerogative simili a quelle del professore ordinario, salva naturalmente la possibilità di
 

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occupare cariche accademiche. Si deve anche segnalare che il professore incaricato stabilizzato resta in servizio fino all'età di settanta anni e ha diritto al trattamento di liquidazione e pensionistico come qualsiasi dipendente dello Stato.
      Per questa ragione, assistenti di ruolo con incarico di insegnamento stabilizzato, in passato, hanno spesso optato per lo stato giuridico di professori incaricati stabilizzati, ritenendone la posizione e la funzione più qualificante ed economicamente più conveniente.
      Con il decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, viene definito un nuovo assetto della docenza universitaria che, nell'unitarietà della funzione docente, prevede l'inquadramento dei professori di ruolo in due fasce di carattere funzionale, con uguale garanzia di libertà didattica e di ricerca:

          a) professori straordinari e ordinari;

          b) professori associati.

      L'articolo 50 del medesimo decreto (inquadramento nella fascia dei professori associati) prevede, nella prima applicazione, che i professori incaricati aventi i requisiti stabiliti al medesimo articolo, numero 1) (stabilizzati o che stanno per maturare la stabilizzazione) possono essere inquadrati, a domanda, nel ruolo dei professori associati.
      L'articolo 51 (Giudizio di idoneità), ai commi quarto, quinto e sesto, testualmente recita: «Esso è basato sulla valutazione dei titoli scientifici presentati dal candidato e dell'attività didattica da lui svolta. Nella valutazione saranno tenuti in considerazione i giudizi formulati dalle facoltà sull'attività didattica e sulle funzioni svolte dai candidati. Sui singoli candidati vengono formulate motivate relazioni scritte attestanti l'attività scientifica e didattica da loro svolta».
      Il decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 presenta comunque una lacuna da cui deriveranno in seguito tutti i problemi che hanno colpito la categoria dei professori incaricati.
      Infatti, mentre per le altre categorie di personale universitario (assistenti, tecnici laureati, astronomi e ricercatori degli osservatori astronomici, curatori degli orti botanici, conservatori dei musei) l'articolo 119 conferma esplicitamente la permanenza in un ruolo ad esaurimento nel caso che non superino o non intendano sottoporsi al giudizio di idoneità richiesto per il passaggio alle figure previste dal nuovo ordinamento, per i professori incaricati manca una analoga norma di inquadramento in un ruolo ad esaurimento ed il rapporto a tempo indeterminato che intrattengono con l'università viene tutelato soltanto dall'articolo 117 che testualmente recita: «Fino alla cessazione degli incarichi la posizione giuridica ed il trattamento economico dei professori incaricati restano disciplinati, per quanto non espressamente previsto dal presente decreto, dalle vigenti norme. Qualora un professore di ruolo venga chiamato a ricoprire l'insegnamento di un incaricato stabilizzato o stabilizzando, a quest'ultimo viene assegnato un insegnamento giudicato affine dal consiglio di facoltà; in mancanza il corso viene diviso per numero di studenti tra i due docenti [...]».
      Inoltre, per tutte le figure previste dal vecchio ordinamento che non avessero ottenuto un giudizio positivo o che non intendessero sottoporsi al giudizio, il decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, tramite l'articolo 120, offriva la possibilità di chiedere il trasferimento ad altre amministrazioni pubbliche, eccetto gli enti pubblici di ricerca, da individuare secondo un criterio di coerenza con la professionalità acquisita nell'università.
      Le modalità di trasferimento indicate dall'articolo 120 sono state successivamente integrate dall'articolo 17 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, che, nella doverosa osservanza delle più elementari norme del diritto del lavoro, aggiunge all'articolo 120 gli ultimi due commi, che prevedono che fino all'espletamento delle procedure di passaggio ad altra amministrazione «gli interessati sono mantenuti in servizio nella qualifica e nella sede di

 

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appartenenza» e che «Fino al momento dell'effettivo inquadramento nella amministrazione pubblica interessata continuerà ad essere corrisposto il trattamento economico in godimento».
      Questo è il contesto legislativo che riguarda i professori incaricati. Si deve tenere presente che i professori incaricati delle università per stranieri di Perugia e di Siena non hanno potuto concorrere ai giudizi di idoneità perché entrati in servizio dopo l'ultima tornata di tali giudizi. Solo per essi la legge 17 febbraio 1992, n. 204, prevede il mantenimento in servizio sine die.
      I passaggi ad altra amministrazione non sono stati effettuati entro il termine di nove mesi posto dall'articolo 9 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, e neppure in tutti gli anni successivi.
      Si ritiene che i passaggi non verranno mai effettuati essendo in palese contrasto con l'articolo 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, riguardante la disciplina delle mansioni dei pubblici dipendenti, che recepisce integralmente l'articolo 2103 del codice civile e l'articolo 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), nei seguenti termini: «Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito delle classificazioni professionali previste dai contratti collettivi di lavoro ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive».
      D'altra parte non è mai accaduto che chi non supera un concorso per progredire nella propria carriera sia dichiarato inidoneo a svolgere le funzioni per le quali, invece, (conferimento dell'incarico per più anni con preferenza rispetto ad altri candidati) abbia più volte superato il concorso.
      Risulta pertanto del tutto ingiustificata ed illegale la pretesa di coloro che intendevano attribuire ai professori incaricati mansioni di livello inferiore all'incarico di insegnamento universitario.
      Dal punto di vista giuridico, i professori incaricati mantengono quindi il loro incarico di docenti e lo stato giuridico previsto dalle norme precedentemente in vigore (articoli 117 e 120 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980), ma manca fino ad ora un provvedimento legislativo che ne definisca il loro inquadramento in ruolo, nonostante essi esercitino la loro funzione con merito ormai da almeno ventotto anni (quindici anni per i professori incaricati delle università per stranieri di Perugia e di Siena).
      Dal punto di vista economico, l'articolo 17 della legge n. 705 del 1985, che ha integrato l'articolo 120 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, è stato interpretato come la cristallizzazione del trattamento economico a quel tempo in godimento e ha costituito il pretesto in base al quale non adeguare la retribuzione alla dinamica prevista dalle più elementari norme del diritto del lavoro.
      In precedenza, il trattamento economico dei professori di ruolo, dei professori incaricati e degli assistenti di ruolo veniva sempre determinato in un medesimo articolo di legge. Analogamente avveniva con il decreto del Presidente della Repubblica n. 270 del 1981, mentre con il decreto del Presidente della Repubblica n. 57 del 1984, valido per il triennio 1982-1984, lo stipendio dei professori incaricati veniva equiparato a quello dei ricercatori confermati e degli assistenti del ruolo ad esaurimento.
      Successivamente sono stati approvati provvedimenti legislativi che contengono elementi discriminatori nei confronti dei professori incaricati.
      Il decreto-legge 2 marzo 1987, n. 57, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 1987, n. 158, prevede, a partire dal 1o novembre 1987, l'aggancio del trattamento economico dei ricercatori confermati e degli assistenti del ruolo ad esaurimento, qualifiche che non hanno titolo a svolgere funzioni didattiche se non di supporto al docente, a quello dei professori di seconda fascia, mentre nessuna menzione viene fatta per quanto riguarda
 

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i professori incaricati, che sono titolari di incarico di insegnamento con doveri analoghi di quelli dei professori associati.
      Il decreto del Presidente della Repubblica n. 567 del 1987, di recepimento dell'accordo triennale 1985-1987 sul trattamento economico del personale delle università, prevede per i professori incaricati aumenti retributivi sensibilmente inferiori a quelli previsti per ricercatori ed assistenti, ancora prima del loro aggancio alla retribuzione dei professori associati. La discriminazione effettuata nei confronti dei professori incaricati si può riscontrare anche paragonando lo stipendio base con quello del personale non docente inquadrato nella nona qualifica funzionale dell'area amministrativo-contabile.
      Infine, il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 319 del 1990, di recepimento del contratto collettivo del personale non docente delle università, all'articolo 15, disciplina il trattamento economico dei professori incaricati, equiparando gli aumenti retributivi per il triennio 1988-1990 a quello del personale tecnico-economico di IX e I qualifica dei ruoli speciali transitori.
      Successivamente, fino al 27 gennaio 2005, per il personale non docente sono stati siglati altri contratti collettivi, ma in essi i professori incaricati giustamente non sono stati inclusi, perché, secondo l'ARAN (lettera al Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, protocollo 2192 del 31 marzo 1999, che cita il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 593 del 1993, di definizione dei comparti, e l'accordo di comparto stipulato in data 2 giugno 1998 con le confederazioni sindacali rappresentative) «l'ambito d'applicazione del contratto [...] ricomprende [...] tutto il personale dipendente dalle università, ad eccezione dei professori e ricercatori».
      Questa esclusione è avvenuta, sempre secondo la citata lettera dell'ARAN, in virtù dell'equiparazione dei docenti universitari alla dirigenza dello Stato, come affermato dalla Corte costituzionale.
      Tuttavia, nessuno si è curato finora di fissare il livello di stipendio dei professori incaricati in base a tale equiparazione, e da parte degli uffici ministeriali e delle amministrazioni delle varie università si è sostenuto che è corretto continuare a corrispondere il trattamento economico in vigore nel 1990, da ritenersi congelato per effetto dell'articolo 17 della legge n. 705 del 1985.
      Risulta evidente l'assurdità di questa presa di posizione, che arreca con il passare del tempo danni sempre più gravi dal punto di vista sia economico che morale, violando ogni più elementare norma del diritto del lavoro fino a ledere la stessa dignità del cittadino lavoratore.
      La soluzione di congelare totalmente o parzialmente la retribuzione risulta in contrasto, con specifico riferimento al settore del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, con il già citato comma 2 dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il quale prevede che le amministrazioni garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale e, comunque, trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti colletti; ma, soprattutto, contrasta insanabilmente, come sopra accennato, con i princìpi di buon andamento, parità di trattamento e giusta retribuzione che sono affermati solennemente a livello costituzionale, in particolare dagli articoli 2, 3 e 36 che testualmente recita: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa».
      Da quanto sopra esposto, risulta evidente, al di là di ogni ragionevole dubbio, che i professori incaricati sono stati e sono attualmente oggetto di una incredibile discriminazione derivata da: omissione di atti di ufficio; falsa interpretazione di legge, violazione di legge e dei princìpi costituzionali; abuso di potere. Risulta, pertanto, necessario e doveroso assumere con la massima urgenza quei provvedimenti amministrativi e legislativi atti a ristabilire la legalità, riconoscendo ai professori incaricati i loro diritti ed il giusto indennizzo per i danni subiti.
 

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      Il presente provvedimento consente di colmare il vuoto legislativo prodottosi a seguito delle carenze e della pratica inattuabilità di alcune norme presenti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, razionalizza gli incarichi eliminando l'incarico interno e chiude definitivamente una fase transitoria derivata dalla precedente riforma della docenza universitaria.
      La proposta di legge è costituita da un solo articolo.
      Con il comma 1 si colma il vuoto legislativo lasciato dal decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, inquadrando i professori incaricati esterni in un ruolo come figure ad esaurimento fino all'età pensionabile di settanta anni prevista dalla normativa in vigore.
      Con il comma 2 si fa chiarezza su quali sono i diritti e i doveri dei professori incaricati, eliminando i dubbi interpretativi che sono insorti in questi anni per il fatto che la legge 19 novembre 1990, n. 241, non menziona esplicitamente i professori incaricati. Sempre con il comma 2, i professori incaricati che partecipano a concorsi per posti di professore universitario sono esonerati dal sostenere una prova didattica, in considerazione del fatto che stanno già svolgendo un incarico di docenza universitaria da non meno di ventotto anni (almeno quindici per quanto riguarda i professori delle università per stranieri di Perugia e di Siena).
      Il comma 3 definisce il trattamento economico dei professori incaricati, agganciandolo al 90 per cento di quello spettante al professore universitario di ruolo di seconda fascia di pari anzianità nell'incarico, con un meccanismo del tutto analogo a quello con cui gli articoli 2 e 2-ter del citato decreto-legge 2 marzo 1987, n. 57, hanno determinato l'aggancio ai docenti di ruolo per altre figure di qualifica inferiore, come i ricercatori o gli assistenti del ruolo ad esaurimento, dimenticando che, nell'ambito della docenza universitaria, esisteva ed esiste anche la figura del professore incaricato, a cui compete una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro, come sancito inequivocabilmente dall'articolo 36 della Costituzione.
      Il comma 4 stabilisce che gli eventuali maggiori oneri non devono gravare sul bilancio dello Stato, ma rimangono a carico del bilancio delle università in cui è presente la figura del professore incaricato. La norma non introduce una nuova spesa, colma semplicemente un vuoto legislativo definendo il corretto trattamento economico dei professori incaricati nella misura minima consentita dal rispetto del dettato costituzionale.
      Il provvedimento che si propone sanerà completamente la situazione dei professori incaricati esterni, una categoria che ha sempre fornito un prezioso contributo, in qualche caso oggi indispensabile, alle facoltà di appartenenza, sempre bisognose di docenti altamente qualificati da utilizzare nelle più svariate forme, soprattutto dopo l'istituzione dei dottorati di ricerca e dei nuovi corsi di laurea «3+2». Con questo provvedimento si potrà dar loro anche un segnale di riconoscimento per il lavoro svolto in questi anni con grande senso del dovere e alto spirito di sacrificio nonostante la drammatica situazione in cui il vuoto legislativo li ha costretti ad operare.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. I professori incaricati esterni rimasti in servizio ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e successive modificazioni, o che rientrano nel campo di applicazione della legge 17 febbraio 1992, n. 204, sono inquadrati nel ruolo dei professori incaricati come figura ad esaurimento fino al raggiungimento dell'età pensionabile di settanta anni.
      2. I professori incaricati esterni, per tutto quanto non diversamente previsto nella normativa relativa alla docenza universitaria, sono soggetti agli stessi doveri e godono degli stessi diritti dei professori associati di ruolo e si applicano ad essi in particolare le disposizioni della legge 19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni. I professori incaricati che partecipano a concorsi per posti di professore universitario sono esonerati dal sostenere prove didattiche.
      3. Il trattamento economico dei professori incaricati esterni è pari al 90 per cento di quello spettante ai professori associati di ruolo con pari anzianità nell'incarico, ivi compreso l'assegno aggiuntivo per coloro che optano per il regime a tempo pieno previsto dal quarto comma dell'articolo 12 del decreto-legge 1o ottobre 1973, n. 580, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1973, n. 766, come sostituito dall'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382. L'anzianità di servizio si calcola a decorrere dall'inizio dell'anno accademico in cui è stato conferito il primo incarico. Ai fini del trattamento economico, ai professori incaricati esterni è riconosciuta, a decorrere dal 1o gennaio 1994, l'eventuale differenza tra la retribuzione spettante ai sensi del primo periodo

 

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del presente comma e quella effettivamente percepita.
      4. Gli oneri derivanti dall'attuazione del comma 3 sono posti a carico dei bilanci delle università interessate, nei limiti degli stanziamenti di bilancio previsti dalla legislazione vigente.


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