Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 1792

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1792



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BALDUCCI e BOATO

Norme in materia di indulto e di applicazione della pena su richiesta delle parti ovvero di accordo tra le parti in sede di giudizio di impugnazione

Presentata il 9 ottobre 2006


      

torna su
Onorevoli Colleghi! - Il recente provvedimento di indulto di cui alla legge 31 luglio 2006, n. 241, ha comportato sicuramente una importante e significativa risposta al problema del sovraffollamento delle carceri portando alla liberazione di un rilevante numero di detenuti, essenzialmente di persone che hanno riportato condanna definitiva. L'indulto, per sua natura, non dà invece una risposta al problema del rilevante numero di processi pendenti e non contribuisce alla deflazione delle cause.
      Sembra, da recenti articoli giornalistici, che il possibile effetto del condono sul processo sia quello dell'abbandono di fatto, da parte di non pochi pubblici ministeri, delle investigazioni e delle indagini in tutti i casi in cui il risultato finale potrebbe essere quello di una pena contenuta nei tre anni di reclusione e quindi da non scontare effettivamente. Sul quotidiano Il Giornale, in un articolo a firma di Stefano Zurlo, apparso il 20 agosto 2006, vengono riportate le opinioni di diversi procuratori della Repubblica, concordi nel propugnare la tesi di una archiviazione di fatto, o meglio della «posposizione» nella scala delle priorità dei fascicoli da trattare con solerzia, di tutti i casi in cui l'indulto porterebbe ad una vanificazione della condanna. Sotto il profilo pragmatico, la tesi secondo la quale vanno trattati solo i casi in cui alla condanna può seguire una effettiva sanzione, con la deterrenza e gli effetti di prevenzione speciale e generale ai quali l'esecuzione della pena può condurre, merita una certa adesione. Tuttavia, sotto il profilo sia della serietà di tutto l'apparato giudiziario e dell'ordinamento, sia della tutela degli interessi delle vittime e dei danneggiati, la
 

Pag. 2

soluzione di «lasciare negli armadi», di archiviare di fatto i processi, non ci può trovare consenzienti. È il potere giudiziario che deve, nell'ambito della sua responsabilità, dosare (senza «abusarne») quella forma di oggettiva discrezionalità dell'azione penale che è la scelta dei fascicoli da trattare prioritariamente (e la scelta dei fascicoli da «posporre»); ma il legislatore, nell'ambito della sua «sovranità» può sicuramente dare indirizzi in materia e (o meglio contemporaneamente e soprattutto) introdurre quelle norme anche temporanee e (impropriamente) transitorie che, da un lato, aiutino a trovare giusta soluzione al problema del sovraccarico dei processi e, dall'altro, individuino una soluzione giuridicamente corretta ed ineccepibile rispetto alla necessità di chiudere rapidamente, senza abbandonarli, tutti i procedimenti e i processi nei quali l'indagato/imputato non avrà in concreto la pena da espiare in virtù appunto del condono.
      Non sembra necessario stimolare con norme ad hoc il ricorso al patteggiamento nella fase delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare (o nella prima udienza dibattimentale, quando non vi è stata appunto udienza preliminare, ma si procede con la cosiddetta citazione diretta) che rappresenta oggi il termine ultimo per richiedere e far luogo alla applicazione della pena su richiesta delle parti.
      Invece, un intervento legislativo che «rimetta in termini» per il patteggiamento gli imputati, la cui causa è già in fase dibattimentale, sembra assai utile.
      Infatti, pur in mancanza di dati precisi, è più che ragionevole ipotizzare l'esistenza di una non modesta quota di imputati che non hanno formulato tempestiva richiesta di patteggiamento, e che possono avere oggi interesse a ricorrere al rito previsto dagli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale, in relazione alla possibilità nascente dal condono di non dover scontare in concreto la pena nel limite dei tre anni (o anche, oltre questo, ove vi sia stata una precedente custodia cautelare o, ancora, quando per la pena residua si potrebbe domandare, per esempio, l'affidamento in prova ai servizi sociali).
      Dunque, si propone una riapertura della possibilità di ricorrere al patteggiamento in tutti i processi in cui è in corso il giudizio di primo grado e non sia stata ancora pronunciata la sentenza del tribunale.
      Per quanto riguarda il giudizio di appello, sembra opportuno prevedere che, nei dibattimenti di secondo grado in corso, l'imputato possa procedere al patteggiamento in appello sinché i giudici non si ritirano in camera di consiglio, o comunque abbia, come previsto anche per il dibattimento di primo grado, un congruo spatium deliberandi.
      L'effetto deflattivo si otterrà con il meccanismo del cosiddetto «patteggiamento in appello», e cioè dell'accordo tra accusa e difesa sulla rinuncia ad alcuni motivi del gravame e sull'accoglimento delle richieste di riduzione della sanzione. Evidentemente la possibilità di evitare il carcere, in virtù del condono, può, di per sé, condurre l'imputato, fino al momento della camera di consiglio, a negoziare con il procuratore generale la parziale rinuncia all'impugnazione con, appunto, rideterminazione della pena e (evidentemente) contenimento della stessa nei limiti del provvedimento di clemenza.
      Ancora, sulla falsa riga di quanto a suo tempo previsto dall'articolo 3 della legge 19 gennaio 1999, n. 14, si propone di consentire anche il patteggiamento sui motivi di impugnazione davanti la Suprema Corte, secondo quanto previsto dall'articolo 599 del codice di procedura penale.
 

Pag. 3


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. In tutti i casi in cui la pena applicata risulta in tutto o in parte estinta in virtù dell'indulto concesso ai sensi della legge 31 luglio 2006, n. 241, l'imputato può formulare, nei casi e con i limiti previsti all'articolo 444 del codice di procedura penale, richiesta di applicazione della pena sull'accordo delle parti, anche quando sono trascorsi i termini previsti dagli articoli 446, comma 1, e 555, comma 2, del medesimo codice.
      2. La richiesta di applicazione della pena sull'accordo delle parti deve essere proposta, a pena di decadenza, entro la prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della presente legge. Se tale udienza risulta fissata entro il trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, l'udienza medesima, su richiesta dell'imputato, è rinviata per consentire all'imputato stesso di formulare la richiesta di applicazione della pena sull'accordo delle parti.
      3. La richiesta di applicazione della pena sull'accordo delle parti può essere formulata altresì in tutti i casi in cui l'imputato abbia richiesto il giudizio abbreviato o il medesimo sia già in corso.

Art. 2.

      1. In caso di appello, l'imputato e il pubblico ministero possono richiedere l'applicazione del patteggiamento in appello anche se il dibattimento è già in corso quando al medesimo consegue una rideterminazione della pena con applicazione alla medesima dell'indulto di cui all'articolo 1. Tale richiesta deve essere formulata entro la prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della

 

Pag. 4

presente legge. Se tale udienza risulta fissata entro il trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, l'udienza medesima, su richiesta dell'imputato, è rinviata per consentire all'imputato stesso di concordare con il procuratore generale la rinuncia a taluni motivi di appello e l'accoglimento di altri con rideterminazione della pena.

Art. 3.

      1. In caso di ricorso per cassazione, l'imputato e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possono concordare, secondo quanto disposto dall'articolo 599 del codice di procedura penale, la rinuncia a taluni motivi di ricorso con accoglimento di quelli che portano a una rideterminazione della pena cui deve essere applicato in tutto o in parte l'indulto di cui all'articolo 1. Tale richiesta deve essere formulata entro la prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della presente legge. Se tale udienza risulta fissata entro il trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, l'udienza medesima, su richiesta dell'imputato, è rinviata per consentire all'imputato stesso di concordare con il Procuratore generale presso la Corte di cassazione la rinuncia a taluni motivi di ricorso e l'accoglimento di altri con rideterminazione della pena.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su