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PDL 1523

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1523



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SPINI, ATTILI, BENZONI, CANCRINI, CIALENTE, CODURELLI, FRANCI, LAGANÀ FORTUGNO, LONGHI, LULLI, MIGLIORI

Modifiche alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, recante indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati

Presentata il 31 luglio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Con la legge 25 febbraio 1992, n. 210, recante «Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni, trasfusioni e somministrazione di emoderivati», il Parlamento, ammettendo una responsabilità pubblica, ha riconosciuto un sostegno economico a quei cittadini resi fisicamente o psichicamente menomati.
      Anche la Corte costituzionale, con sentenza «additiva» n. 476 del 2002, nel riconoscere il diritto di adire alle procedure di indennizzo previste dalla citata legge n. 210 del 1992 anche agli operatori che durante il servizio hanno contratto un danno irreversibile a seguito di contatto con sangue o suoi derivati provenienti da soggetti affetti da epatiti virali, ha compiuto un scelta giuridica di civiltà, alla quale, purtroppo, il Parlamento, a distanza di quattro anni, non ha ancora dato attuazione.
      Purtroppo, questa volontà del legislatore è stata parzialmente compromessa e la presente proposta di legge si pone dunque l'obiettivo di intervenire sulla materia, apportando quelle modificazioni indispensabili affinché lo strumento legislativo si mantenga all'altezza sia delle mutate esigenze assistenziali che di quelle giuridiche più volte ridisegnate dalla giurisprudenza.
      In particolare, l'articolo 1 della presente proposta di legge prevede l'abolizione dei termini per presentare le domande, per i cittadini danneggiati da vaccini, da emotrasfusioni e per gli operatori
 

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sanitari che non hanno potuto presentare la domanda nei ristretti termini triennali previsti dalla legge n. 210 del 1992, perché non adeguatamente informati della facoltà di richiedere l'indennizzo, come riconosciuto dallo stesso legislatore che ha previsto specifiche forme di pubblicità con la legge n. 238 del 1997, peraltro ampiamente disattese in tutte le regioni.
      Occorre tenere presente che per gli operatori sanitari che hanno preso conoscenza dell'infezione da HBV e da HCV (epatite B ed epatite C) prima del 26 novembre 2002 tale termine è scaduto il 25 novembre 2005 in forza della sentenza della citata Corte costituzionale n. 476 del 2002.
      A ciò deve ulteriormente aggiungersi la considerazione che l'articolo 3 della legge n. 210 del 1992 contiene, di per sé, una evidente disparità di trattamento tra le diverse categorie di soggetti tutelati (termine triennale per le epatiti post-trasfusionali e termine decennale per le infezioni da HIV). Infatti, il lungo intervallo di tempo che, spesso, intercorre tra l'evento trasfusionale e il manifestarsi delle alterazioni bioumorali di entrambe le citate patologie è compatibile e sovrapponibile sia con quello delle infezioni da HIV che con quello dell'infezione da HCV (anche oltre due decenni, secondo la consolidata letteratura, per l'infezione da HCV e fra i 15-20 anni per l'infezione da HIV), anche in considerazione delle caratteristiche delle malattie indotte da due diversi agenti virali, i cui decorsi sul piano clinico possono non essere accompagnati da sintomi specifici tali da indurre il soggetto affetto a sottoporsi ad esami approfonditi, oltre a quelli di routine, mirati, appunto alla dimostrazione della causa.
      Oltretutto, la legge n. 210 del 1992 prevede ulteriormente un termine di prescrizione decennale per le domande di richiesta della cosiddetta «una tantum», nella misura del 30 per cento dell'indennizzo dovuto ai soggetti danneggiati da vaccinazione (articolo 2, comma 2) e per le domande di richiesta di una tantum o di assegno di reversibilità della durata di quindici anni per gli eredi in caso di decesso dell'avente diritto (articolo 2, commi 1 e 3).
      È utile ricordare che la legge n. 210 del 1992 ha introdotto nell'ordinamento regole proprie di un sistema di sicurezza sociale. Tali regole sono andate a integrare o a correggere i princìpi gia esistenti nel sistema della responsabilità civile, nel quale, infatti, vige un termine prescrizionale ordinario di dieci anni (articolo 2946 del codice civile), ovvero termini più brevi, come nel caso del diritto al risarcimento del danno da atto illecito (articolo 2047 del codice civile) che si prescrive in cinque anni.
      La fissazione del termine triennale per la presentazione della domanda di indennizzo, stabilito, per i danni causati da vaccinazione dalla legge n. 210 del 1992 e dal decreto-legge n. 548 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 641 del 1996, per i danni correlati a trasfusioni di sangue ed emoderivati, oltre a costituire un grave ostacolo all'ottenimento del diritto stesso, si pone in contrasto con la Costituzione laddove, nello stabilire che la domanda debba essere presentata nel termine perentorio di tre anni, prevede un'ipotesi attenuata di tutela del diritto primario alla salute.
      Quest'ultimo, in quanto ritenuto fondamentale per l'individuo e, come tale, costituzionalmente garantito, richiede, semmai, una tutela rafforzata rispetto ad altri diritti - regolati dalle norme civilistiche - che, pur non essendo, a volte, dello stesso rango, non sono soggetti ad accertamenti amministrativi condizionati e sono, comunque, salve specifiche eccezioni, azionabili in un termine più lungo.
      All'articolo 1 della presente proposta di legge è stata prevista la modifica dell'articolo 3, comma 3, della legge 14 ottobre 1999, n. 362, che stabiliva per i soggetti danneggiati da vaccinazione antipoliomelitica non obbligatoria effettuata nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959, n. 695, il limite di quattro anni dalla data di entrata in vigore della stessa legge n. 362 del 1999, per la presentazione della domanda ai fini dell'indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992.
 

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      Inoltre, dopo il comma 4 dell'articolo 3 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, è stato inserito un nuovo comma che prevede la possibilità di presentare la domanda per l'indennizzo, previa attestazione medica, anche a coloro la cui documentazione sanitaria (cartelle cliniche, registri operatori, cartelle anestesiologiche, schede vaccinali, registri di carico e scarico delle unità di sangue e suoi derivati) è stata smarrita dall'azienda sanitaria locale od ospedaliera competente. È ovvio che non si può far gravare sul cittadino lo smarrimento o la mancata conservazione di tale documentazione. Così operando, oltretutto, si eviterebbe di adottare in sede amministrativa valutazioni assai più punitive di quelle assunte in ambito civilistico, ove le più recenti sentenze della Cassazione, nel qualificare la responsabilità professionale del sanitario e della struttura sanitaria come «contrattuale», hanno voluto favorire la parte più debole del procedimento per «l'inversione dell'onere della prova» che governa la responsabilità da inadempimento.
      In tale senso, si torna a ribadire come la stessa previsione normativa con legge speciale costituisca concettualmente espressione della volontà del legislatore del 1992 di superare gli schemi dell'articolo 2043 del codice civile, che poteva altrimenti essere applicato senza bisogno di una legge ad hoc.
      L'articolo 2 della proposta di legge, prevede l'adeguamento rivalutativo dell'indennizzo sulla base della variazione percentuale annuale dell'indice ISTAT del costo della vita.
      Come è noto l'indennizzo consiste in un assegno mensile, reversibile per quindici anni, determinato nella misura di cui alla tabella B allegata alla legge 29 aprile 1976, n. 177, come modificata dall'articolo 8 della legge 2 maggio 1984, n. 111, rivalutato annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato e integrato da una somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale di cui alla legge n. 324 del 1959, e successive modificazioni.
      La stessa misura dell'indennizzo, rimasta pressoché invariata in quattordici anni, non è adeguata alla gravità dei danni subiti dai cittadini sempre conseguenti a trattamenti sanitari obbligatori o comunque resisi necessari a seguito di gravi patologie. A conferma della esiguità dell'adeguamento mensile, legato al costo della vita, si riporta la differenza erogata sulla 8a categoria (che riguarda il maggior numero di cittadini): l'aumento dell'anno 2006, rispetto al 2005 ammonta a 0,57 euro e, nel complesso, l'aumento effettivamente pagato dal 1992 ad oggi ammonta a 6,20 euro mensili.
      La Corte costituzionale, con sentenze n. 118 del 1996, e n. 38 del 2002 ha ribadito che i criteri di determinazione dell'indennizzo previsti dal legislatore nel 1992 non sono più congrui e con sentenza n. 423 del 2000 ha invitato il Parlamento a considerarne l'opportunità di rivedere l'istituto dell'indennizzo.
      A tale proposito si ricorda che numerosi giudici di merito e la stessa Corte di cassazione (sentenza n. 15894 del 28 luglio 2005) hanno riconosciuto il diritto all'estensione della rivalutazione, secondo gli indici ISTAT, anche alla quota afferente l'indennità integrativa speciale che rappresenta la parte economica più rilevante delle due voci che compongono l'indennizzo. Risultano essere numerose le diffide in materia già pervenute al Ministero della salute.
      Con la modifica introdotta dalla presente proposta di legge si prevede che l'importo dell'indennizzo e quello dell'indennità integrativa speciale di cui al comma 2 dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, siano rivalutati annualmente sulla base della variazione percentuale dell'indice ISTAT del costo della vita, da calcolare tenendo conto di tutti gli adeguamenti che, annualmente, avrebbero dovuti essere applicati alle tabelle di riferimento dalla data di entrata in vigore della stessa legge n. 210 del 1992, con esclusione degli interessi legali e della rivalutazione monetaria.
      Sempre con l'articolo 2 si prevede di correggere alcuni aspetti del procedimento
 

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che in questi anni hanno determinato incongruenze e difficoltà applicative.
      Il primo è quello che riguarda la previsione di un termine più ampio degli attuali trenta giorni per poter ricorrere avverso il giudizio negativo espresso dalle commissioni medico-ospedaliere, tenuto conto che il Ministero della salute impiega più di due anni per decidere sul ricorso amministrativo. Tale termine infatti, sopratutto nel periodo estivo, non è spesso sufficiente affinché i cittadini possano reperire associazioni, avvocati e medici legali per approntare un valido ricorso.
      La seconda modifica riguarda la fissazione di un termine più ampio per adire le vie legali. La legge n. 210 del 1992 prevede la facoltà di «esperire l'azione dinanzi al giudice ordinario (con il rito del processo del lavoro trattandosi di materia assistenziale) entro un anno dalla comunicazione della decisione sul ricorso o, in difetto, dalla scadenza del termine previsto per la comunicazione» - tre mesi più trenta giorni - (articolo 5, commi 2 e 3).
      Ne consegue che il termine da tenere presente è sempre quello di un anno più tre mesi più trenta giorni, tenuto conto che il Ministero della salute impiega, in media, oltre ventiquattro mesi per la decisione sul ricorso amministrativo.
      Ciò nasconde una grave insidia per i cittadini che rischiano di attivarsi a termine già scaduto e quindi di vedersi opporre la decadenza. Infatti il giudice, nella fase delle questioni di rito, rilevate d'ufficio e preliminari all'esame di merito, decorso tale termine, potrebbe emettere una sentenza di irricevibilità fondata su una interpretazione restrittiva dell'articolo 5, comma 3, della legge n. 210 del 1992.
      Ulteriore incertezza è stata alimentata dal regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 18 novembre 1998, n. 514, il quale, avendo ampliato i termini (da tre mesi più trenta giorni a 390 giorni) per la conclusione del procedimento riguardante la decisione sul ricorso gerarchico, potrebbe, secondo una non unanime dottrina giuridica, aver «spostato in avanti» i termini temporali per esperire le azioni giudiziarie. Comunque anche tale termine è pur sempre inferiore ai tempi impiegati dal Ministero per comunicare le risposte sui ricorsi amministrativi.
      Si rende pertanto opportuno riformulare l'articolo 5 della legge n. 210 del 1992 in modo da dare sicurezza al cittadino dell'invio della decisione del Ministro della salute contenente la risposta al ricorso amministrativo, in tempi congrui e certi anche al fine di limitare al massimo i ricorsi giudiziali.
      Con la presente proposta di legge si intendono dare quelle minimali, ma indispensabili, risposte a questi sfortunati cittadini, secondo princìpi di equità e di giustizia.
      Occorre anche precisare che trattasi comunque di problematiche in via di esaurimento, in quanto la sempre più elevata sicurezza delle pratiche vaccinali ed emotrasfusionali, soprattutto dopo che molte regioni hanno già reso obbligatorio su tutti gli emocomponenti donati i test di ricerca di costituenti virali di infezioni da HBV, da HCV e da HIV mediante una tecnica di amplificazione del genoma del virus con metodologia NAT (Nucleic Acid Amplification Testing), con il conseguente abbassamento dei rischi connessi alla cosiddetta «fase finestra» farà sì che le infezioni trasfusionali da epatiti B e C, nonché da HIV saranno sempre più rare.
      Per quanto attiene ai termini per la presentazione delle domande è bene ricordare che numerosi casi sono stati «sanati» dalle sentenze della Corte di cassazione n. 6130 del 2002 e n. 6500 del 2003, estese dal Ministero della salute con proprio parere, il quale ha stabilito che «con riferimento alle epatiti post trasfusionali, il termine perentorio triennale per la presentazione della domanda diretta ad ottenere l'indennizzo è stato introdotto dal decreto-legge n. 548 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 641 del 1996 e meglio precisato nel testo dalla legge 25 luglio 1997, n. 238, il cui articolo 1, comma 9, ha modificato la precedente formulazione dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992 in quanto quest'ultima non prevedeva alcun termine perentorio»; conseguentemente sono state
 

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ritenute valide le domande presentate fino al 1o luglio 1999.
      Oltretutto i lunghi tempi necessari per l'istruttoria tecnico-amministrativa e per l'esame dei ricorsi di fatto «spostano» il peso finanziario sugli esercizi futuri.
      Onorevoli colleghi, il presente provvedimento, oltre a rendere giustizia a questi cittadini, ha l'intento di ridurre il già notevole contenzioso giudiziale sulla materia.
      La spesa prevista sarebbe comunque inferiore a quella che lo Stato potrebbe essere costretto a sopportare nel caso in cui altri numerosi cittadini decidessero di adire le vie legali.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il comma 3 dell'articolo 1 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, è sostituito dal seguente:

      «3. I benefìci di cui alla presente legge spettano altresì a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali, nonché agli operatori sanitari che, in occasione e durante il servizio, abbiano riportato danni permanenti all'integrità psico-fisica conseguenti a infezione contratta a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da epatiti».

      2. Il comma 1 dell'articolo 3 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «1. I soggetti interessati ad ottenere l'indennizzo di cui all'articolo 1, comma 1, presentano all'azienda sanitaria locale competente le relative domande, indirizzate al presidente della regione del territorio di appartenenza dell'azienda medesima. L'azienda sanitaria locale provvede, entro tre mesi dalla data di presentazione delle domande, all'istruttoria delle stesse e all'acquisizione del giudizio di cui all'articolo 4, in attuazione dei compiti spettanti alle regioni ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000, pubblica nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell'11 ottobre 2000, sulla base di direttive del Ministero della salute, che garantiscono il diritto alla riservatezza anche mediante opportune modalità organizzative».

      3. Il comma 3 dell'articolo 3 della legge 14 ottobre 1999, n. 362, è sostituito dal seguente:

      «3. L'indennizzo di cui al comma 1 dell'articolo 1 della legge 25 febbraio 1992,

 

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n. 210, spetta, alle condizioni ivi stabilite, anche a coloro che si siano sottoposti a vaccinazione antipoliomelitica non obbligatoria nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959, n. 695. I soggetti danneggiati presentano la domanda con le modalità di cui all'articolo 3 della citata legge n. 210 del 1992, e successive modificazioni».

      4. Dopo il comma 4 dell'articolo 3 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, è inserito il seguente:

      «4-bis. Nei casi in cui la documentazione sanitaria relativa ai trattamenti emotrasfusionali o vaccinali prevista dal comma 4 sia stata smarrita dall'azienda sanitaria locale od ospedaliera, ai fini di cui al medesimo comma 4, è ammessa la presentazione di certificazioni redatte dai medici della stessa azienda».

      5. Il comma 7 dell'articolo 3 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, è abrogato, anche con effetto sulle decisioni non impugnate.

Art. 2.

      1. Il comma 1 dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, è sostituito dal seguente:

      «1. L'indennizzo di cui all'articolo 1, comma 1, consiste in un assegno, reversibile per quindici anni, determinato nella misura di cui alla tabella B allegata alla legge 29 aprile 1976, n. 177, come modificata dall'articolo 8 della legge 2 maggio 1984, n. 111. L'indennizzo è cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito. L'importo dell'indennizzo e quello dell'indennità integrativa speciale di cui al comma 2 sono rivalutati annualmente sulla base della variazione percentuale dell'indice ISTAT del costo della vita, da calcolare tenendo conto di tutti gli adeguamenti che, annualmente, avrebbero dovuti essere applicati alle tabelle di riferimento dalla data di entrata in vigore della presente legge, con esclusione degli interessi legali e della rivalutazione monetaria».

 

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      2. L'articolo 5 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 è sostituito dal seguente:

      «Art. 5. - 1. Avverso il giudizio della commissione di cui all'articolo 4 è ammesso ricorso al Ministro della salute. Il ricorso è inoltrato entro tre mesi dalla formale notifica del giudizio stesso.
      2. Entro dodici mesi, il Ministro della salute, sentito l'ufficio medico legale, decide sul ricorso di cui al comma 1 con atto che è sempre notificato al ricorrente entro un mese dalla decisione.
      3. È facoltà del ricorrente esperire l'azione davanti al giudice ordinario competente entro un anno dalla comunicazione della decisione sul ricorso o comunque antecedentemente alla comunicazione della decisione».

Art. 3.

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 3.434.250 euro per l'anno 2006, in 77.211.000 euro per l'anno 2007 e in 47.211.000 euro a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell'attuazione del presente articolo, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della medesima legge n. 468 del 1978.


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