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PDL 301

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 301


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BUONTEMPO

Nuove norme sulla prostituzione

Presentata il 29 aprile 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge concerne la posizione che l'ordinamento giuridico deve finalmente assumere rispetto al fenomeno della prostituzione; una posizione confusa e incoerente che la pubblica opinione chiede ormai di sanare con urgenza. Il fenomeno è cresciuto nell'ipocrisia generale, tra misure di ritocco che, nello scollamento tra legislazione e società, lasciavano intatto il problema di un comportamento, diventato costume, fortemente criminogeno. Sin dal 1992 abbiamo cercato di prospettare delle valide soluzioni, ma solo dopo dieci anni il Parlamento è mosso nell'iter legislativo fino a vedere la proposizione di un testo base (atto Camera n. 3826 - XIV legislatura) che non ha portato a nulla se non a fare un po' di esercizio ideologico a beneficio dei benpensanti di tutti gli schieramenti. Si è sostenuto che il carattere endemico raggiunto dalla prostituzione, assurta addirittura ad uno dei parametri della moderna società, non sia stato conseguenza della legge 20 febbraio 1958, n. 75, nota come «legge Merlin», bensì della mutata morale sessuale, ovvero della liberalizzazione del sesso. In realtà, l'effetto della liberalizzazione è esattamente contrario, in quanto annulla quasi del tutto le necessità dei giovani celibi di ricorrere alla prostituzione. Altrettanto dicasi per la liberalizzazione e la diffusione di contraccettivi. Si deve piuttosto pensare - a nostro avviso - che ai dannosi effetti della legge n. 75 del 1958, si sia aggiunta come rilevante concausa l'altro deplorevole permissivismo relativo alla pornografia. In questo senso nella passata legislatura siamo riusciti a sanare la scandalosa idiosincrasia dell'articolo 600-bis del codice penale - che nei fatti chiudeva un
 

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occhio sulla prostituzione minorile - inserendone la modifica nella legge che contrasta la pedopornografia (legge n. 38 del 2006).
      La «legge Merlin» ha mostrato tutti i suoi limiti e si è dimostrata incapace di servire al mutamento dei tempi e allo svilupparsi del fenomeno. Le sue previsioni, ora obsolete, impediscono di affrontare adeguatamente il problema della prostituzione schiavizzata straniera e di tutelare i diritti fondamentali delle prostitute. Mentre la legge vieta di «invitare al libertinaggio in luogo pubblico», nelle nostre città sono ormai tradizionalmente noti i viali dove è possibile procurarsi le prestazioni da «libertine» spesso scandalose e soprattutto sfruttate e schiavizzate, quando non sorgono case chiuse clandestine che rispuntano tanto in fretta quanto la polizia le fa chiudere. Lo sfruttamento della prostituzione - nonostante le sanzioni penali previste - è passato da modesta attività artigianale a quello di grande industria, con «fatturato» di milioni e milioni di euro; le malattie veneree si sono moltiplicate come diffusione e ad esse si è aggiunta la minaccia dell'AIDS; il numero dei soggetti, uomini e donne, dediti alla prostituzione si è moltiplicato a dismisura (con rilevante apporto di soggetti extracomunitari); la concorrenza selvaggia ha determinato e sempre più incrementato per tali soggetti la necessità di garantirsi una «protezione», soggiacendo però alle relative forme di sfruttamento; infine, lo svolgersi di simile attività sottopone chi pratica il meretricio a sofferenze fisiche e psichiche non indifferenti. La prostituzione come fenomeno sociale va combattuta, avendo presente che, anche tra coloro che la praticano, la grande maggioranza ne è una vittima.
      Un provvedimento è dunque tanto più necessario per i livelli allarmanti di disagio grave che si registrano nel Paese derivati dalla situazione ormai fuori controllo delle piazze d'Italia, neanche più regolate da una legge sempre mal applicata e ideata in un'Italia, quella del 1958, in cui appunto non esistevano come fenomeni diffusi l'immigrazione al fine di esercitare il lavoro sessuale e, assai più gravi, la prostituzione minorile, la schiavitù, le malattie inguaribili sessualmente trasmissibili.
      Anche quando disapproviamo moralmente la scelta di chi voglia guadagnarsi da vivere con la vendita della propria sessualità, come legislatori dobbiamo stabilire delle regole, fornire una risposta al bisogno del nostro Paese di una legge che sia moderna e in linea con i bisogni della società; oggi, in molti civili e grandi Paesi la prostituzione è un lavoro riconosciuto legalmente, tassato, regolamentato - certamente, e ribadiamo che deve esserlo in modo serio e stretto - per difendere gli interessi della società.
      Uno di questi interessi è la sicurezza sanitaria della collettività e la presente proposta di legge prevede l'obbligo di controlli per i lavoratori sessuali, controlli che sarebbero più difficili sugli esercenti delle cosiddette «zone a luci rosse». Questa soluzione, già in via di sperimentazione in violazione della legge vigente in alcuni comuni, rappresenta un modo ipocrita di allontanare il fenomeno dall'occhio del benpensante e dalle strade più trafficate, quasi si trattasse di un problema di circolazione stradale! Così non vi è alcuna risposta ai problemi che pone la prostituzione nei luoghi pubblici: essa va impedita - per preservare i cittadini minorenni e le famiglie - quindi si deve limitare la sessualità mercenaria al mondo degli adulti e di coloro che intenzionalmente vi si rivolgono, come prestazioni rese da un lavoratore autonomo.
      Qualcosa ci sembra necessario aggiungere per confutare l'argomento principe che si è contrapposto a qualsiasi controllo sanitario: quello della dignità umana di chi si prostituisce.
      La dignità umana non è una astrazione ideologica. L'interpretazione esageratamente estensiva del primo comma dell'articolo 3 della Costituzione porterebbe invero ad assurdità inammissibili. È chiaro che la dignità di un cittadino può essere tutelata solo nei limiti in cui essa sussista e quando egli stesso non vi abbia volontariamente rinunziato. La
 

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stessa «legge Merlin» ci sembra che violi gravemente la dignità dei lenoni, che sono cittadini anche essi. Si consideri inoltre che tutta la legislazione italiana, anche penale, pullula di norme tendenti a porre freno, dettando precise limitazioni, alle attività pericolose, anche se legittime e precedute da autorizzazioni e controlli. Orbene, ci sembra che il più triste aspetto della prostituzione sia proprio quello della rinuncia da parte di chi la esercita alla propria dignità ed al proprio pudore in cambio di denaro. I primi nemici della dignità personale di chi si prostituisce sono loro stessi. Non può essere sostenuto da alcuno che offrire il proprio corpo in luoghi aperti al pubblico e sotto gli occhi di tutti sia più dignitoso di una esibizione riservata ed in presenza dei soli «clienti». Nessuno dubita del diritto di ciascuno a disporre della propria persona ma occorre farlo senza ledere l'integrità altrui, e la salute dei clienti - e di chi esercita la prostituzione - non può essere preservata se non con dei controlli, rispettosi della persona e dell'identità, ma necessari - tanto più conoscendo l'ignoranza diffusa nella popolazione sulle malattie sessuali, la tendenza dei clienti a non voler fare uso di mezzi di prevenzione e delle prostitute più povere a offrire il bonus del rapporto non protetto.
      Le finalità della presente proposta di legge sono quelle di limitare la prostituzione in luoghi non aperti o esposti al pubblico, a cui si possa fare una pubblicità la più limitata possibile.
      Si prevedono delle pene per l'esercizio della prostituzione in luoghi aperti al pubblico o esposti al pubblico, per la pubblicità che vada oltre i ben noti annunci «A.A.A.» e pene, che non saranno mai sufficientemente severe, per chi coinvolge nella prostituzione minori di anni diciotto.
      Si ritiene lo stesso che la prostituzione, la vendita del proprio corpo, sia indice di una sofferenza sociale dell'individuo che la pratica, dunque impegniamo lo Stato a combattere i fattori che la causano e a facilitarne l'abbandono da parte di chi la pratica.
      Le autorità si devono preoccupare di sottoporre a controlli chi esercita la prostituzione senza le certificazioni sanitarie e devono prestare il dovuto sostegno e opportunità per abbandonare la professione da parte di chi ne faccia richiesta nonché ai minori che vi siano coinvolti.
      Sappiamo bene come la prostituzione, come altre attività (quali il gioco d'azzardo, le scommesse e il consumo di sostanze che alterano lo stato di coscienza), rappresenta un fattore disorganizzante per la società e suscita l'interesse delle organizzazioni criminali. Se non è possibile non prevedere una pena per chi esercita l'amore mercenario nei luoghi pubblici, molto di più si deve instaurare un regime di norme che puniscano chi cerca di approfittare della eventuale debolezza dei lavoratori sessuali e dei loro clienti: gli articoli della presente proposta di legge puniscono perciò l'induzione alla prostituzione, il pubblico lenocinio e l'esercente del pubblico esercizio che tolleri la prostituzione ivi praticata.
      Tra coloro che più profittano della debolezza della situazione legislativa in questo campo e della moralità di molti nostri concittadini ci sono i trafficanti di schiavi, coloro che portano sul mercato nazionale gli schiavi del sesso, donne e uomini, spessissimo stranieri, che in violazione delle norme - e anche dei più basilari princìpi della nostra Repubblica - vengono costretti a vendersi alla domanda rampante di sesso a pagamento: non sarà mai possibile regolamentare alcunché in questo campo se non si sarà combattuta questa piaga e ciò non è pensabile se non si sanziona il comportamento di chi compra prestazioni sessuali senza curarsi dello stato di libertà di chi è costretto a darle per un prezzo irrisorio.
      Si delega infine al Governo l'adozione, in tempi brevi, dei regolamenti sanitari, previdenziali e assicurativi relativi al responsabile esercizio del lavoro sessuale, nonché delle norme fiscali affinché chi scelga di essere lavoratore sessuale paghi le tasse su
 

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un'attività che, se pur moralmente criticabile, non può essere vietata in uno Stato che si dica laico e democratico, con il solo limite della difesa dell'interesse della collettività. Interesse che non è certo salvaguardato dalla situazione attuale, dal disinteresse del legislatore, come non lo sarebbe da politiche ipocrite o proibizioniste.
      Si tratta di arginare al meglio un fenomeno che purtroppo non è possibile sradicare e a questo fine si propone la proposta di legge, avendo presente la sua emendabilità e sperando che rappresenti una traccia di lavoro per la ricerca di quella chiara e utile posizione legislativa occorrente.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. La prostituzione può essere esercitata solo come prestazione resa da un lavoratore autonomo e ne è vietato lo sfruttamento sotto qualsiasi forma.

Art. 2.

      1. La prostituzione è consentita soltanto in luoghi non aperti al pubblico e non esposti al pubblico, nonché in analoghi luoghi appositamente preposti ai fini del relativo esercizio dalla competente autorità locale.
      2. La prostituzione esercitata in luogo aperto al pubblico o esposto al pubblico è vietata.

Art. 3.

      1. La prostituzione può essere esercitata soltanto nei luoghi di cui all'articolo 2, comma 1, previa richiesta di registrazione presso la competente autorità locale.

Art. 4.

      1. La registrazione di cui all'articolo 3 si ottiene dopo aver assolto ai seguenti obblighi:

          a) presentazione di denuncia alla competente autorità locale;

          b) presentazione della certificazione di idoneità igienico-sanitaria dei locali, rilasciata dall'azienda sanitaria locale competente previa ispezione, ai sensi del regolamento di cui all'articolo 21;

 

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          c) comunicazione delle generalità delle persone che vi esercitano la prostituzione nei locali di cui alla lettera b).

      2. Tutte le variazioni delle notizie relative alla lettera c) del comma 1 devono essere comunicate alla competente autorità locale entro tre giorni.

Art. 5.

      1. Ogni persona che esercita professionalmente l'attività di prostituzione deve essere registrata con l'annotazione delle generalità complete, dell'ubicazione e delle variazioni del luogo di esercizio, nonché delle informazioni sanitarie previste dal regolamento di cui all'articolo 21, presso la competente autorità locale, con garanzia del diritto alla riservatezza dell'interessato.
      2. In caso di denunziata cessazione di attività i documenti relativi alla registrazione di cui al comma 1 devono essere distrutti dopo che sia decorso un anno dalla cessazione.

Art. 6.

      1. La persona che si prostituisce deve esibire, a richiesta, l'ultima certificazione sanitaria ottenuta, ovvero deve dichiarare di non essersi sottoposta ai relativi controlli.
      2. L'osservanza di quanto previsto al comma 1 esonera dalla responsabilità civile prevista dagli articoli 2043 e 2050 del codice civile per i danni derivanti da un eventuale contagio.

Art. 7.

      1. Ogni persona che esercita la prostituzione cura la tenuta della propria scheda sanitaria, con le annotazioni dei controlli sanitari effettuati, dell'esito degli stessi e degli eventuali periodi di inattività prescritti dai sanitari.

 

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      2. I controlli sanitari periodici, con le cadenze previste dal regolamento di cui all'articolo 21, possono, a richiesta, essere effettuati presso il luogo ove si svolge l'attività di prostituzione.
      3. Ai fini di cui al comma 2 l'interessato deve approntare locali ed arredi fissi idonei, con le caratteristiche stabilite dal regolamento di cui all'articolo 21.

Art. 8.

      1. In nessun caso può essere imposto a chi esercita la prostituzione un numero minimo di prestazioni o di ore di lavoro, né può essere imposto alcun condizionamento alla libertà di cessare tale attività.

Art. 9.

      1. Chiunque esercita la prostituzione è tenuto al pagamento degli oneri sanitari, degli oneri previdenziali e delle imposte sul reddito prodotto nell'esercizio di detta attività.

Art. 10.

      1. Chiunque intraprende o prosegue o svolge l'esercizio di una attività di prostituzione senza la registrazione di cui all'articolo 3 è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 2.000 euro a 20.000 euro, salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 240 del codice penale.
      2. Se il responsabile del reato di cui al comma 1 è un cittadino straniero, egli incorre, in caso di recidiva, anche nella revoca del premesso di soggiorno, ovvero, qualora non ne sia in possesso, è espulso dal territorio dello Stato.

Art. 11.

      1. Chiunque intraprende o prosegue o svolge l'esercizio di una attività di prostituzione senza la certificazione sanitaria di

 

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cui all'articolo 21 è punito con la reclusione da tre a cinque anni e con la multa da 10.000 euro a 100.000 euro, salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 240 del codice penale.

Art. 12.

      1. Il contravventore di cui agli articoli 10 e 11 deve essere prontamente accompagnato presso l'azienda sanitaria locale territorialmente competente per essere sottoposto agli accertamenti sanitari obbligatori, ai sensi dell'articolo 33 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
      2. Quando il soggetto fermato risulti essere affetto da malattia sessualmente trasmissibile, nei suoi confronti è disposto il trattamento sanitario obbligatorio, ai sensi dell'articolo 33 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. In caso di rifiuto di sottoporsi al suddetto trattamento, si applica la pena dell'arresto fino a sei anni.

Art. 13.

      1. È fatto divieto di qualsiasi forma di pubblicità a favore della prostituzione, di persone che la esercitano o di luoghi ove si esercita la prostituzione.

Art. 14.

      1. Chiunque omette di denunziare alla competente autorità locale la variazione del luogo in cui esercita la prostituzione è punito con l'ammenda da 500 euro a 5000 euro.
      2. Chiunque viola le disposizioni di cui all'articolo 8 della presente legge, è punito con l'ammenda da 500 euro a 2.500 euro.
      3. Nei casi di recidiva o di particolare gravità può essere disposta dal questore la revoca della registrazione di cui all'articolo 5 e si applica la reclusione da sei mesi a due anni. Nessuna sanzione è applicabile se l'omissione riguarda soltanto la cessazione di attività.

 

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Art. 15.

      1. È punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 200 euro a 5000 euro, salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 240 del codice penale:

          a) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto ad un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo da ballo o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all'interno del locale stesso, esercitano la prostituzione;

          b) chiunque recluta una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne organizza, sfrutta o agevola la prostituzione, anche mediante pubblicità;

          c) chiunque induce alla prostituzione una donna di età maggiore, o compie atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;

          d) chiunque impedisce o tenta di impedire a persona che esercita la prostituzione di desistere da tale attività;

          e) chiunque induce una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque in luogo diverso da quello della sua abituale residenza, al fine di esercitare la prostituzione ovvero si adopera per agevolarne la partenza;

          f) chiunque svolge un'attività in associazioni ed organizzazioni nazionali od estere dedite al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione od allo sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevola o favorisce l'azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni.

      2. In tutti i casi previsti alla lettera a) del comma 1, oltre alle pene previste al medesimo comma 1, è revocata l'eventuale licenza di esercizio; può essere ordinata, altresì, la chiusura definitiva dell'esercizio.

 

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      3. I delitti previsti dalle lettere b) e c) del comma 1, se commessi da un cittadino italiano in territorio estero, sono punibili quando le convenzioni internazionali lo prevedono.

Art. 16.

      1. La pena prevista per i delitti di cui all'articolo 15 è raddoppiata:

          a) se il fatto è commesso con violenza, minaccia, inganno;

          b) se il fatto è commesso ai danni di persona minore degli anni diciotto o di persona in stato di infermità o minorazione psichica, naturale o provocata;

          c) se il colpevole è un ascendente, un affine in linea retta ascendente, il marito, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, il tutore;

          d) se al colpevole la persona è stata affidata per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza, di custodia;

          e) se il fatto è commesso ai danni di persone aventi rapporti di servizio o di impiego;

          f) se il fatto è commesso da pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni;

          g) se il fatto è commesso ai danni di più persone;

          h) se il fatto è commesso ai danni di una persona tossicodipendente.

Art. 17.

      1. Il minore coinvolto in atti di prostituzione è affidato, per un programma di recupero e di reinserimento, ai servizi sociali istituiti dai competenti enti locali, in base al regolamento di cui all'articolo 21.

Art. 18.

      1. Ai colpevoli di uno dei delitti previsti dall'articolo 15, siano essi consumati o soltanto tentati, si applica l'interdizione dai pubblici uffici, di cui all'articolo 28 del

 

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codice penale, e dall'esercizio della tutela e della curatela per un periodo da un minimo di due anni a un massimo di venti anni.

Art. 19.

      1. Chiunque fornisce prestazioni di intermediazione in pattuizioni volte a favorire il meretricio, fatta eccezione per la mera comunicazione di un indirizzo o di un numero telefonico, è punito con l'ammenda fino a 1.000 euro.
      2. In caso di recidiva, nei confronti dell'esercente di unità alberghiera o di un pubblico locale di refezione, ristoro o trattenimento che viola le disposizioni di cui al comma 1 può essere disposta anche la sospensione e, nei casi più gravi, la revoca della licenza.

Art. 20.

      1. Chiunque essendone a conoscenza compie atti sessuali con persona ridotta in condizione di schiavitù è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
      2. La pena è diminuita se i fatti sono di particolare tenuità.

Art. 21.

      1. Il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della salute, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta il relativo regolamento di attuazione, in cui sono indicate le modalità per l'ottenimento della certificazione sanitaria da parte di chi esercita la prostituzione e per l'espletamento dei controlli sanitari periodici nonché le misure di prevenzione e lotta alle malattie legate all'esercizio della prostituzione.

      2. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta, con proprio regolamento le norme previdenziali e assicurative relative a coloro che esercitano la prostituzione.

 

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      3. La Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso il Dipartimento per le pari opportunità promuove, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, una campagna informativa al fine di rendere edotti i cittadini sulle nuove norme in materia di lotta alla prostituzione illegale, alla prostituzione coatta, alla prostituzione minorile e sulle conseguenze che derivano da tali reati.

Art. 22.

      1. La Repubblica promuove ogni iniziativa diretta a rimuovere le cause di ordine economico, sociale, culturale e psicologico che favoriscono la pratica della prostituzione.
      2. Con legge regionale, da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono programmati i seguenti interventi diretti alle persone che esercitano la prostituzione:

          a) di formazione;

          b) di inserimento in altro lavoro;

          c) di sostegno economico, sociale e psicologico;

          d) di recupero sociale in alternativa alle misure di detenzione.

      3. Sono promosse dal competente ente locale attività di studio, di conoscenza, di comunicazione e di sostegno economico idonee alla prevenzione dell'esercizio della prostituzione.
      4. Il ricavato delle sanzioni di cui alla presente legge è impiegato per finanziare le iniziative di prevenzione e quelle di recupero delle persone che esercitano la prostituzione.

Art. 23.

      1. La legge 20 febbraio 1958, n. 75, e successive modificazioni, è abrogata.


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