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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 1867 |
- l'ammontare del reddito familiare a cui applicare il quoziente familiare;
- la definizione dello stesso reddito familiare;
- l'ammontare dei coefficienti;
- eventuali clausole di salvaguardia.
La nostra proposta è per una legge delega che fissi gli obiettivi da raggiungere, rimandando la verifica delle risorse alle leggi finanziarie.
Devono concorrere, a nostro parere, al reddito familiare tutti i redditi da lavoro dipendente o autonomo, di impresa o da attività finanziaria, dei coniugi, dei figli fino alla maggiore età (elevata secondo le norme vigenti), dei familiari perennemente inabili al lavoro, delle altre persone indicate nell'articolo 433 del codice civile purché conviventi e a condizione che non posseggano redditi propri di importo superiore all'assegno sociale. Sono quindi esclusi i figli maggiorenni che rimangono nel nucleo originario oltre la maggiore età, calcolata con i criteri ricordati; perché non si deve penalizzare la famiglia, ma non si deve neppure dare un vantaggio a coloro che, per vocazione o convenienza, rinunciano alla formazione di una coppia.
Concorrono in ogni caso alla determinazione del reddito familiare tutti i cespiti che sono inseriti nella tassazione a base individuale.
Il quoziente familiare si applica al reddito familiare fino al triplo della media dei redditi dichiarati nell'ultimo anno, rispettivamente dai lavoratori dipendenti e dai lavoratori autonomi. La scelta di arrivare fino a tre volte il reddito medio è tesa a non realizzare un eccessivo appiattimento e a non penalizzare la tensione a migliorare la propria condizione. Proponiamo di raggiungere il livello delle tre volte il reddito medio di cui sopra in maniera progressiva, compatibilmente con le risorse disponibili, nell'arco di una legislatura. Nulla impedisce naturalmente che in futuro il limite di reddito possa essere elevato.
Sono state fatte molte proiezioni sugli effetti prodotti dalla tassazione a base familiare, combinata con deduzioni e detrazioni; e si sono anche indicate alcune possibili contraddizioni marginali. Proponiamo che sia prevista una clausola di salvaguardia, una norma transitoria, che permetta agli interessati di rimanere ancorati ad una tassazione a base individuale ed alla amministrazione di fare i necessari aggiustamenti.
Infine quali coefficienti applicare? Li abbiamo già indicati, qui possiamo accennare anche a un'altra opzione possibile, nella considerazione che coefficienti e tempi di attuazione sono legati. Atteso che noi facciamo nostra la scala di equivalenza di cui all'allegato n. 1, potremmo anche considerare la proposta di un abbassamento dei coefficienti per tener conto delle difficoltà finanziarie. Noi preferiamo agire non sui coefficienti, ma sui livello di reddito familiare interessato dal nuovo trattamento fiscale, livello da innalzare gradualmente fino al limite già indicato.
Dobbiamo ricordare che c'è una vasta letteratura sulla materia, quasi tutta convergente sui valori che noi abbiamo fatti nostri. Si discute ancora sul valore del coefficiente da attribuire al coniuge, assai meno se fissare il coefficiente 1 a cominciare dal secondo o dal terzo figlio.
Cominciamo dal coefficiente da attribuire ai figli, perché queste norme sono anche correlate alla volontà di sostenere il tasso di natalità nel nostro Paese; avvertiti sempre, tuttavia, che la scelta di maternità e paternità è prima di tutto una vocazione, un atto di donazione. Considerato che il tasso di natalità nel nostro Paese è oggi di 1,23 per donna fertile, riteniamo di fissare il coefficiente 1 fin dal secondo figlio, 1 per il terzo, 0,5 per i successivi e gli altri
Allegato 1
Stime della povertà e scale di equivalenza. Il costo di mantenimento di un bambino.
F. Perali. Stime della povertà e scale di equivalenza. Il costo di mantenimento di un bambino, Paper presentato al convegno della Commissione di indagine sull'esclusione sociale «Misure della povertà e politiche per l'inclusione sociale», Milano, 19-20 novembre 2004.
Le scale di equivalenza rispondono al quesito «qual è il livello di reddito aggiuntivo di cui una famiglia composta da due adulti ed un bambino ha bisogno rispetto ad una famiglia senza bambini, al fine di godere dello stesso livello di benessere economico».
La stima delle scale di equivalenza assume una rilevanza particolare nei sistemi fiscali in cui l'unità impositiva dell'imposta personale sul reddito è la famiglia e la tassazione del reddito familiare viene effettuata per parti attraverso il calcolo del quoziente. L'aliquota viene calcolata sul reddito equivalente che è il reddito familiare diviso per la scala di equivalenza familiare. Questo metodo incorpora il criterio di equità orizzontale che riconosce, a parità di reddito, che la famiglia più numerosa è relativamente più povera e corregge la distorsione implicita nei regimi a tassazione separata che penalizza i contribuenti con familiari a carico e le famiglie monoreddito.
Il calcolo del costo del bambino si riferisce in genere al solo costo di mantenimento deducibile dalle spese per beni necessari quali le spese per l'alimentazione, la casa, i vestiti. È però importante riconoscere che il costo di mantenimento di un bambino è molto diverso dal costo contabile associato all'accrescimento del bambino o costo di produzione. Questo tiene conto anche del valore del tempo investito dai genitori, dell'investimento sulla qualità dei figli e di altri costi relativi a spese non necessarie per i figli. Per questo motivo è naturale pensare che il costo di accrescimento di un figlio vari significativamente al variare del reddito. Mentre le stime del costo di mantenimento del bambino servono per operare confronti interpersonali e correggere stime di povertà ed ineguaglianza, le stime del costo di produzione del bambino possono essere impiegate per spiegare le scelte di fertilità.
La ricerca - che si propone di dare un contributo all'aggiornamento della stima del costo di mantenimento dei figli attualmente adottata nella costruzione dell'Indicatore delle condizioni socio-economiche che risale al 1985 - utilizza un concetto esteso di scale di equivalenza in quanto la sua misurazione tiene conto della grande eterogeneità tra famiglie in termini anche di stili di vita, delle diverse tecnologie familiari adottate per catturare le economie di scala e, almeno in linea teorica, delle diverse modalità di allocazione delle risorse all'interno della famiglia.
Le scale in uso non riconoscono un peso diverso, in termini di necessità, alle diverse componenti familiari come, per esempio, la differenza in età dei bambini; un secondo limite sta nell'assunzione di una divisione equa delle risorse familiari monetarie e di tempo tra i membri. Questo implica che i livelli di benessere, e conseguentemente della povertà, siano gli stessi per ogni componente. I livelli di
Allegato 2
L'applicazione del quoziente familiare ha lo scopo di ristabilire una equità orizzontale attraverso il riconoscimento e la non imponibilità delle spese sostenute dalla famiglia per il mantenimento del coniuge e dei figli, dando attuazione al precetto costituzionale di riconoscimento della famiglia.
Il rapporto della Commissione di indagine sull'esclusione sociale riporta, tra i contributi presentati al convegno del 19-20 novembre 2004 (F. Perali, Stime della povertà e scale di equivalenza: il costo di mantenimento di un bambino), le scale di equivalenza con il metodo di Engel allo scopo di rendere i livelli di reddito comparabili proponendo, con una elaborazione che riguarda i bilanci familiari ISTAT 2002, la prima tabella (partendo dalla coppia senza figli posta al parametro 2,00) e considerando il numero dei figli, proponendo risultati coerenti con le evidenze empiriche e con le esperienze di altri paesi.
N. figli minori Quoziente di equivalenza
0 2,00
1 2,499
2 3,122
3 3,902
Noi nella nostra elaborazione calcoliamo il coniuge pari a 0,65, e quindi la tabella di equivalenza andrebbe rideterminata con i seguenti valori.
N. figli minori Quoziente di equivalenza
0 1,65
1 2,149
2 2,772
3 3,552
L'applicazione delle scale di equivalenza porterebbe ad una riduzione rilevante del gettito e quindi si pone il problema della sua messa a regime nel periodo medio. Nell'articolato abbiamo scelto di demandare al decreto delegato l'individuazione della necessaria gradualità. Si può operare partendo da limiti di reddito più bassi per raggiungere il limite massimo individuato nel medio periodo; si privilegerebbe cioè una estensione graduale iniziando dai redditi minori. O rifacendosi alla proposta Acli-Campiglio.
Questa proposta, sempre in considerazione del costo della riforma, punta a dare in una prima fase un peso ridotto ai quozienti familiari: 0,5 per il coniuge (e non 0,65), 0,25 per il figlio a carico (in luogo di 0,5-1). In questo caso sarebbero immediatamente interessate tutte le famiglie che rientrano nei limiti di reddito familiare, e la messa a regime sarebbe affidata all'innalzamento graduale dei coefficienti.
1. Il Governo è delegato ad adottare, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche per la famiglia, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo concernente la revisione del trattamento tributario del reddito della famiglia, secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui alla presente legge.
1. Il reddito familiare, determinato secondo il metodo del quoziente familiare, è ottenuto sommando i redditi prodotti dai coniugi, non legalmente o effettivamente separati, dai figli legittimi o legittimati, naturali riconosciuti, adottivi, affiliati ed affidati, minori di età o perennemente invalidi al lavoro, e quelli di età non superiore a ventisei anni dediti agli studi o a tirocinio gratuito, nonché delle altre persone indicate nell'articolo 433 del codice civile purché conviventi e a condizione che non posseggano redditi propri di importo superiore a quello dell'assegno sociale vigente nell'anno di produzione del reddito. Non si considerano i redditi esclusi nella valutazione del diritto all'assegno sociale.
1. Il reddito familiare, determinato ai sensi dell'articolo 2, è diviso per la somma dei coefficienti attribuiti ai componenti della famiglia nelle seguenti misure:
a) 1 per il primo percettore di reddito;
b) 0,65 per il coniuge;
c) 0,5 per il primo figlio;
d) 1 per il secondo e il terzo figlio;
e) 0,5 per i figli seguenti e per le altre persone di cui all'articolo 433 del codice civile.
2. L'imposta familiare è calcolata applicando, al reddito determinato in base al comma 1, le aliquote vigenti, comprese le detrazioni, e moltiplicando l'importo ottenuto per la somma dei coefficienti attribuiti ai componenti della famiglia.
1. Il trattamento fiscale determinato secondo il modello del quoziente familiare si applica a tutti i redditi familiari fino a un ammontare pari a tre volte il reddito medio complessivo, rispettivamente dei lavoratori dipendenti e dei lavoratori autonomi. Oltre tale importo si applicano le modalità della tassazione su base individuale.
1. I contribuenti hanno facoltà di optare, per ogni dichiarazione dei redditi, per la tassazione a base individuale, purché entrambi i coniugi vi consentano. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1 può stabilire un limite temporale per esercizio della predetta facoltà.
2. I lavoratori dipendenti che intendono avvalersi della tassazione a base familiare, i cui redditi sono tassati invece tramite ritenuta alla fonte, da parte del datore di lavoro, su base individuale, recuperano le somme a credito in sede di dichiarazione dei redditi.
1. La completa attuazione della disciplina relativa al trattamento tributario sulla base del quoziente familiare deve essere portata a compimento in un arco
1. Il reddito familiare, determinato ai sensi dell'articolo 2, è preso a riferimento per la determinazione delle tariffe dei servizi dalle amministrazioni pubbliche. A questo reddito possono aggiungersi le valutazioni sul patrimonio. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1 provvede all'armonizzazione delle norme di cui alla presente legge con quelle del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109.
1. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1 reca le disposizioni necessarie per il coordinamento con la disciplina degli oneri deducibili e delle detrazioni di imposta, nonché per il coordinamento delle norme in vigore relative all'accreditamento, alla riscossione, alle sanzioni, al contenzioso e ad ogni altro adempimento connesso all'introduzione dell'imposizione secondo il metodo del quoziente familiare sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) dal reddito complessivo di ciascun componente della famiglia si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, gli oneri di cui all'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ad eccezione di quanto indicato nel comma 2, terzo periodo, del medesimo articolo;
b) dall'imposta lorda complessiva della famiglia si detrae un importo pari al 19 per cento degli oneri sostenuti dalla stessa, come previsti dall'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, se non deducibili nella determinazione dei singoli
2. L'articolo 4, comma 1, lettera c), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 è soppresso.
3. All'articolo 10, comma 2, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, le parole: «fiscalmente a carico» sono sostituite dalle seguenti: «appartenenti al nucleo familiare».
1. Con il decreto legislativo di cui all'articolo 1 si provvede a introdurre le seguenti nuove tipologie di detrazioni:
a) per l'acquisto dei libri di testo per gli alunni delle scuole medie, nei limiti della spesa indicata dal Ministro della pubblica istruzione;
b) per le spese documentate sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido, per una detrazione complessiva non superiore a 632 euro annui per ogni figlio ospitato negli stessi asili nido.
1. Con il decreto legislativo di cui all'articolo 1 si provvede a introdurre specifiche modalità di attribuzione ai nuclei familiari numerosi di crediti in relazione alla partecipazione al nucleo familiare dei seguenti soggetti, per i quali non deve sussistere il possesso di redditi di importo superiore a quello dell'assegno sociale:
a) coniuge;
b) figli, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati e gli affiliati;
c) ogni altra persona indicata nell'articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.
1. Nel caso in cui i crediti e le detrazioni complessivamente spettanti alla famiglia siano superiori all'imposta lorda calcolata in base alle disposizioni del decreto legislativo di cui all'articolo 1, alla famiglia è riconosciuto un credito pari al massimo dell'importo relativo ai crediti per carichi familiari e altri eventuali crediti spettanti. Alla corresponsione dei crediti si provvede in sede di dichiarazione dei redditi.
1. Il Governo trasmette, per il parere, lo schema di decreto legislativo di cui all'articolo 1 alla Commissione parlamentare di cui all'articolo 17, terzo comma, della legge 9 ottobre 1971, n. 825, nella composizione stabilita dall'articolo 1, comma 4, della legge 29 dicembre 1987, n. 550. La Commissione esprime il proprio parere entro due mesi dalla ricezione dello schema, indicando specificatamente le eventuali disposizioni che non ritiene rispondenti ai princìpi e ai criteri direttivi della presente legge. Il Governo, nel mese successivo, esaminato il parere, trasmette nuovamente, con le osservazioni e le eventuali modificazioni, lo schema alla Commissione per il parere definitivo, che deve essere espresso entro un mese.
2. Le disposizioni del decreto legislativo hanno effetto a decorrere dal 1o gennaio 2008.
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