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PDL 1460

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1460



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BELLOTTI

Disposizioni in materia di acquacoltura biologica

Presentata il 25 luglio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Per acquacoltura si intende l'allevamento o la coltivazione di organismi acquatici animali o vegetali, in acque dolci, salmastre o marine. Questa attività ha origini molto antiche e già nel V secolo avanti Cristo in Cina si ha notizia di un primo trattato di piscicoltura, nel quale sono riportate alcune nozioni relative all'allevamento della carpa.
      Reperti archeologici testimoniano come pratiche di allevamento di organismi acquatici fossero già conosciute dagli antichi egiziani e dai romani. La pratica di allevamento in vasche d'acqua dotate di ricambio idrico era praticata frequentemente nella Roma antica, specie per murene e anguille. Nel medioevo si diffuse la pratica di peschiere, soprattutto per merito delle comunità monastiche. In molte ville rinascimentali sono tuttora visibili le «peschiere», vasche di grandi dimensioni nelle quali venivano praticate forme di allevamento di specie di pesce d'acqua dolce, tra le quali lo storione.
      La moderna piscicoltura trae origine dalla fecondazione artificiale della trota, eseguita in Germania attorno al 1740, tecnica poi riscoperta circa cento anni dopo in Francia per merito di un componente del Collegio di Francia.
      L'importanza dell'Italia nella storia dell'acquacoltura va considerata in relazione alle forme di allevamento estensivo di specie ittiche praticato da alcune centinaia d'anni nelle lagune nord adriatiche. In particolare, il modello di gestione idraulico-ambientale praticato sin dalla Repubblica della Serenissima è valso a dare al nostro Paese il primato per quanto riguarda l'acquacoltura in ambienti acquatici salmastri.
      Nel secolo scorso, i progressi compiuti soprattutto per quanto riguarda la fecondazione artificiale della trota hanno consentito la nascita della piscicoltura moderna, fino ad arrivare ai giorni nostri, nei quali sono circa 200 gli organismi acquatici per i quali vi sono adeguate conoscenze atte a forme di allevamento su vasta scala.
 

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      L'acquacoltura consente di ottenere pregiate proteine, utili all'organismo umano, in modo pressoché uniforme a livello mondiale, e ciò permette di consentire un'autosufficienza alimentare e uno sviluppo economico anche nelle aree del mondo svantaggiate. Secondo l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura - FAO, nel 2001 la quota di pertinenza dell'allevamento sul totale della produzione ittica mondiale si è approssimata ormai al 30 per cento, con un tasso di crescita medio del 10 per cento annuo dal 1990 ad oggi, mentre la pesca manifesta la tendenza a una sostanziale stabilità nonostante l'incremento delle capacità e delle tecnologie, segno evidente del raggiungimento, e a volte del superamento, dei limiti sostenibili di cattura.
      L'interesse per il comparto dell'allevamento ittico è confermato dal fatto che la FAO ha costituito nel 2001 un apposito Sottocomitato per l'acquacoltura, orientato ad assicurare condizioni per uno sviluppo «sostenibile, responsabile ed equo» dell'attività, da cui derivi un prodotto nutriente, economico, sicuro dal punto di vista qualitativo e nel pieno rispetto delle condizioni ambientali locali.
      Le produzioni dell'acquacoltura nell'Unione europea risultano di poco inferiori a 1,3 milioni di tonnellate, fortemente incentrate su alcune specie quali la trota, la spigola, l'orata, i mitili e l'anguilla.
      Nell'ambito della riforma della politica comunitaria della pesca, la Commissione europea ha ritenuto opportuno dedicare alla materia un apposito documento, denominato «Una strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea» (COM(2002) 511 def.), su cui Consiglio e Parlamento hanno espresso il loro accordo, nel quale si individua con chiarezza la necessità di garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti, limitare gli impatti negativi sull'ambiente e promuovere procedure in grado di migliorare il benessere degli animali.
      In Italia la moderna acquacoltura si sviluppa a partire dagli anni settanta con una presenza particolarmente radicata nelle lagune e nelle valli del delta padano e nella fascia pedemontana delle Alpi e degli Appennini. Oggi, con circa 260.000 tonnellate di produzione, pari ad una produzione lorda vendibile - PLV superiore ai 500 milioni di euro, l'acquacoltura nazionale ricopre un ruolo importante per fronteggiare parzialmente il pesante deficit della bilancia ittica, con una importazione ormai attestata attorno al 50 per cento dei consumi interni.
      La struttura produttiva del settore presenta elementi di forza e di maturità nella elevata professionalità e contenuto tecnologico degli allevamenti e in un sistema di controlli che consente di pervenire a produzioni di elevato contenuto qualitativo, ma anche fattori di debolezza consistenti, in particolare, nella struttura dei costi, che espone le imprese nazionali alla agguerrita concorrenza di altri Paesi del bacino mediterraneo e del nord Europa.
      Negli ultimi anni il forte calo dei prezzi al consumo delle specie marine da un lato, e la forte aggressività dei competitori europei per le trote dall'altro, hanno provocato una significativa riduzione dei margini di redditività per le imprese nazionali che devono attrezzarsi per competere sempre più sul fronte della qualità, offrendo al consumatore un prodotto diversificato e con la massima garanzia di salubrità, in linea con la tendenza italiana verso un comparto agro-alimentare di eccellenza.
      L'agricoltura e la zootecnia biologiche, disciplinate da una regolamentazione europea, hanno avuto un grande sviluppo nel nostro Paese, oggi primo in Europa per numero di aziende ed ettari dedicati, e incontrano un interesse crescente dei consumatori anche grazie a una rete distributiva in costante sviluppo. Questo comparto fonda l'originalità della proposta commerciale sulla garanzia certificata di metodi di produzione inseriti armonicamente nei cicli dell'ecosistema, senza utilizzo di additivi e farmaci di sintesi chimica e, nel caso della zootecnia, vietando il ricorso a quelle forme di allevamento rivolte a forzare i ritmi naturali di accrescimento degli animali. È evidente che l'esistenza di un mercato già affermato di
 

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prodotti biologici può costituire una opportunità interessante per le imprese italiane dell'acquacoltura per qualificare un segmento di punta della produzione e offrire una possibilità innovativa a consumatori sempre più attenti alla qualità e alla sostenibilità ambientale degli acquisti.
      Fermo restando che l'acquacoltura convenzionale italiana opera nel rispetto dell'ambiente, del pesce allevato e a tutela del consumatore, l'estensione delle pratiche e della zootecnia biologica all'allevamento ittico, tenuto conto delle ineludibili peculiarità delle produzioni acquatiche, presenta possibilità di sviluppo di indubbio interesse, connesse alla possibilità di incidere sui possibili fattori di impatto ambientale degli impianti di acquacoltura, con particolare riferimento a quelli intensivi, e di ridurre i fattori di stress del pesce. Riduzione del contenuto di ossigeno delle acque e innesco di fenomeni di eutrofizzazione, alterazione della struttura e del popolamento dei sedimenti, uso di antibiotici e formazione di ceppi batterici resistenti, alterazioni genetiche delle popolazioni selvatiche, sono questi i potenziali fenomeni impattanti sui quali incidere, anche con una diversa impostazione dell'allevamento. Ma anche ulteriori garanzie per l'uso di mangimi, di sistemi di disinfezione e metodi di cura che non inseriscano nella catena alimentare sostanze nocive per l'uomo e l'ambiente circostante. È comunque auspicabile che l'allevamento biologico non si limiti a fornire un prodotto di qualità ma sia anche un utile strumento di sperimentazione e di ricerca con ricadute sull'allevamento convenzionale.
      Attualmente il regolamento comunitario per la zootecnia biologica (regolamento (CE) n. 1804/1999 del Consiglio, del 19 luglio 1999) non prevede la sua applicazione alle produzioni acquatiche, ma il dibattito e le sperimentazioni su questo tema sono da tempo stati avviati in diversi Paesi dell'Unione e in vari organismi internazionali. La FAO ha istituito un gruppo di lavoro sulla piscicoltura biologica, l'IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements), organismo internazionale di riferimento per le produzioni biologiche, ha approvato un protocollo-guida per l'acquacoltura biologica, esperienze volontarie di certificazione di prodotti sono già state avviate in Gran Bretagna, Germania, Svezia, Norvegia, Austria, Irlanda, Stati Uniti e Canada, mentre in Italia quattro enti di certificazione per l'agricoltura biologica hanno disciplinari volontari sull'acquacoltura già approvati o in fase di perfezionamento.
      Infine, il già citato documento della Commissione europea «Una strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea» individua l'acquacoltura biologica ed ecocompatibile come direzione da percorrere.
      Nelle more della definizione di una regolamentazione comunitaria in materia di acquacoltura biologica, con la presente proposta di legge si intende proporre il nostro Paese, primo in Europa per produzioni biologiche agricole, come battistrada per lo sviluppo dell'acquacoltura biologica. L'approvazione di un disciplinare nazionale ufficialmente riconosciuto, di un marchio e di una denominazione univoci e di un sistema di enti di certificazione e norme di controllo può rappresentare un punto di riferimento per ogni futura evoluzione del quadro normativo comunitario e fornire un'importante opportunità per le imprese italiane del settore che potranno proporre sul mercato interno e internazionale il primo prodotto biologico da allevamento ittico garantito da una legge dello Stato.
      La proposta di legge è composta da quattro articoli. L'articolo 1 definisce l'acquacoltura biologica e prevede il disciplinare di produzione. L'articolo 2 definisce il marchio relativo e la denominazione ufficiale, da utilizzare univocamente per l'immissione in commercio dei prodotti. L'articolo 3 definisce il regime dei controlli, demandando al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali l'approvazione dei criteri per il riconoscimento degli organismi abilitati alla certificazione. L'articolo 4 introduce alcuni importanti incentivi finanziari necessari al decollo dell'acquacoltura biologica, rivolti
 

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alle imprese per la fase di conversione degli impianti. Infine, nell'allegato I è contenuto il disciplinare di produzione, frutto del lavoro di elaborazione in precedenza descritto e articolato in sette capitoli (princìpi generali, sistema di gestione ambientale dell'azienda ittica biologica, conversione, origine degli animali, alimentazione, profilassi e cure veterinarie, metodi di gestione degli allevamenti biologici) i cui contenuti salienti si possono sintetizzare nei seguenti punti:

          definizione dei princìpi generali dell'acquacoltura biologica e delle specie a cui si applica il disciplinare;

          obbligo di promuovere preliminarmente uno studio di compatibilità ambientale finalizzato a minimizzare l'impatto dell'attività sull'ecosistema e un monitoraggio permanente dei principali parametri ambientali;

          conversione al metodo biologico mediante un piano dettagliato controllato dall'ente di certificazione;

          origine degli animali scelta nel rispetto del Codice di condotta FAO per la pesca responsabile e provenienti da unità di produzione gestite con metodo biologico;

          alimentazione esclusivamente composta da risorse naturali certificate e componenti biologiche, con divieto di utilizzare antibiotici, stimolanti della crescita e altri agenti potenzialmente tossici;

          preferenza per i metodi preventivi di cura del pesce, fondati sulle pratiche di prevenzione e uso di prodotti di sintesi solo per evitare sofferenze agli animali, con esclusione dalla certificazione in caso di impiego ripetuto, e raddoppio dei tempi di sospensione;

          salvaguardia del benessere delle specie allevate;

          definizione di limiti massimi di densità per ogni specie allevata, al fine di minimizzare i fattori di stress del pesce e prevenire patologie;

          definizione di limiti minimi di dimensione per i moduli di allevamento, allo scopo di favorire il benessere e il comportamento naturale del pesce;

          obbligo di marcatura e di identificazione per ogni pesce commercializzato ottenuto con metodo biologico e per le parti eventualmente derivate a seguito di lavorazione.

      Per quanto attiene infine alla competenza istituzionale relativamente alla materia, alla luce della vigente riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, si ritiene di poter ascrivere la proposta di legge alla prevalente materia dell'alimentazione, in ordine alla quale permangono i poteri di indirizzo dello Stato, ferme restando le competenze delle regioni e delle province autonome, la cui consultazione è prevista dall'articolato proposto nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la definizione di tutti i provvedimenti attuativi necessari.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Acquacoltura biologica)

      1. Si definisce «acquacoltura biologica» il metodo di allevamento biologico delle produzioni dell'acquacoltura, allevate esclusivamente sul territorio nazionale, praticato dalle aziende di acquacoltura nel rispetto del disciplinare previsto dall'allegato I annesso alla presente legge.

Art. 2.
(Denominazione e marchio nazionale dell'acquacoltura. Registri delle aziende di acquacoltura biologica).

      1. Con regolamento del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono approvati la denominazione e il marchio di riconoscimento che contraddistinguono univocamente, per l'etichettatura, l'immissione in commercio e la pubblicità, i prodotti di cui all'articolo 1.
      2. L'utilizzazione non autorizzata o impropria della denominazione e del marchio di cui al comma 1 comporta l'applicazione delle sanzioni previste dalla normativa vigente, con le modalità stabilite dal regolamento di cui al medesimo comma 1.
      3. Presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è istituito il registro nazionale delle aziende di acquacoltura biologica. Le regioni e le province autonome competenti per territorio istituiscono un apposito registro delle aziende di acquacoltura biologica su base regionale o provinciale.

Art. 3.
(Sistema di controllo dell'acquacoltura biologica).

      1. La certificazione di prodotto di acquacoltura biologica è rilasciata da un

 

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organismo di controllo e certificazione autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ai sensi della normativa vigente in materia di applicazione degli articoli 8 e 9 del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, e successive modificazioni.
      2. Per poter esercitare la loro attività anche ai fini di cui alla presente legge, gli organismi di controllo e certificazione di cui al comma 1 devono sottoporre all'autorità nazionale competente in materia di agricoltura biologica un apposito piano di controllo, comprensivo dell'indicazione del personale e delle strutture qualificate destinati alle attività in esso previste. Fatto salvo il parere contrario e motivato da parte del Comitato di valutazione degli organismi di controllo istituito ai sensi degli articoli 8 e 9 del citato regolamento (CEE) n. 2092/91, e successive modificazioni, da comunicare entro due mesi dalla data di ricevimento della documentazione, i medesimi organismi sono autorizzati ad operare.
      3. Gli operatori e gli organismi di controllo autorizzati sono sottoposti al sistema sanzionatorio previsto dalla normativa di cui ai commi 1 e 2.
      4. Gli allevatori ittici che per le loro produzioni di acquacoltura intendono avvalersi della denominazione e del marchio di cui all'articolo 2, devono obbligatoriamente assoggettarsi al regime di controlli disciplinato con il regolamento di cui al medesimo articolo 2.
      5. La vigilanza sugli organismi di controllo e certificazione autorizzati è esercitata in conformità a quanto stabilito dalla normativa di cui ai commi 1 e 2.

Art. 4.
(Incentivi finanziari alla riconversione).

      1. Al fine di favorire la riconversione al metodo biologico degli impianti di allevamento ittico esistenti e la promozione di attività didattiche, ricreative e sportive ad essi connesse, la dotazione del fondo di cui all'articolo 46 della legge 28 dicembre

 

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2001, n. 448, e successive modificazioni, di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, è incrementata di 2 milioni di euro per gli anni 2006, 2007 e 2008.
      2. Le modalità per la concessione alle imprese del settore dei finanziamenti di cui al comma 1 sono definite con apposito decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      3. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole e forestali. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
      4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono assegnare, nell'ambito degli strumenti finanziari regionali e provinciali di orientamento della pesca, ulteriori priorità nell'accesso ai finanziamenti ai progetti presentati da operatori dell'acquacoltura che intendono riconvertire al metodo biologico impianti esistenti.

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Allegato I
(articolo 1, comma 1)

DISCIPLINARE RELATIVO ALL'ACQUACOLTURA CON METODO BIOLOGICO

Princìpi generali.

        1. L'acquacoltura biologica si propone di orientare le produzioni ittiche alla protezione degli equilibri ambientali, al risparmio e alla valorizzazione della risorsa idrica, nonché al benessere degli organismi allevati, a beneficio dell'ecosistema e nell'interesse dei consumatori. A tale scopo l'acquacoltura biologica introduce i princìpi dell'allevamento biologico nei sistemi acquatici.
        2. La produzione di pesce biologico richiede un ambiente privo di sostanze inquinanti che possano nuocere alla salute degli organismi acquatici allevati. La biomassa per unità di superficie o di volume è dimensionata in misura da consentire il benessere degli organismi e ridurre il rilascio di sostanze inquinanti, in particolare nel suolo e nelle acque superficiali e sotterranee.
        3. Negli allevamenti che praticano l'acquacoltura biologica tutti i pesci appartenenti alla stessa unità di produzione devono essere allevati nel rispetto delle norme contenute nel presente disciplinare. Nello stesso allevamento non possono essere allevati contemporaneamente pesci appartenenti alla stessa specie con metodo biologico e con metodo convenzionale.
        4. L'acquacoltura, intesa come l'insieme delle attività e delle tecnologie riguardanti la produzione di organismi acquatici attraverso il controllo di una o più fasi del loro ciclo biologico e dell'ambiente in cui si sviluppano, che comprende l'allevamento in vasche, in valli, in bacini e in gabbie galleggianti o sommerse, deve essere specializzata secondo modalità tali da consentire il rispetto dell'ambiente acquatico e dell'ecosistema circostante.
        5. Il presente disciplinare si applica all'allevamento delle seguenti specie e ai prodotti ittici derivati: Sparus aurata, Dicentrarchus labrax, Puntazzo puntazzo, Diplodus spp., Seriola dumerilii, Umbrina cirrosa, Argyrosomus regius, Acipenser spp., Anguilla anguilla, Salmo trutta, Onchorhyncus mykiss, altre specie o ibridi appartenenti alle famiglie Mugilidae, Cyprynidae, Ictaluridae, Salmonidae, Sparidae. Le specie marine devono essere endemiche del Mediterraneo.

Sistema di gestione ambientale dell'azienda ittica biologica.

        1. Le unità di produzione devono essere localizzate ad una distanza di almeno 1 chilometro da fonti di contaminazione quali discariche o ex discariche pubbliche o private, depuratori pubblici o privati, punti di scarico delle acque provenienti da centrali per la produzione di energia termoelettrica e di altri insediamenti produttivi

 

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che influiscono negativamente sui parametri chimico-fisici delle acque. Qualora le unità di produzione prelevino l'acqua necessaria da fiumi, canali, laghi o mare, la loro localizzazione deve essere ad una distanza di almeno 2 chilometri da unità di produzione convenzionali poste a monte che scaricano l'acqua utilizzata in bacini di prelievo comuni.
        2. All'interno del medesimo allevamento le unità di produzione conformi alle presenti norme e quelle adibite alla produzione convenzionale devono essere poste ad una distanza tale da evitare qualsiasi possibile contaminazione dovuta ai mezzi tecnici intermedi utilizzati o agli organismi stessi ottenuti secondo metodi fra loro diversi. In particolare, la distanza fra le unità convenzionali e quelle conformi alle presenti norme deve essere di almeno 10 metri, mentre fra le unità in fase di conversione e quelle «biologiche» la distanza minima deve essere di almeno 2 metri qualora trattasi di vasche. Le acque destinate alla «linea di produzione biologica» non devono essere mai miscelate con quelle adibite alle «linee di produzione convenzionale» se non in fase di scarico terminale. Nel caso delle gabbie galleggianti o sommerse la distanza minima fra quelle convenzionali e le biologiche deve essere di almeno 25 metri, mentre fra quelle in conversione e quelle biologiche la distanza deve essere di almeno 10 metri.
        3. Tutti gli impianti di allevamento biologico devono attuare un programma adeguato di monitoraggio ambientale teso a controllare gli eventuali impatti sull'ambiente; i parametri da monitorare e la relativa frequenza di controllo sono fissati dall'organismo di certificazione in relazione alle caratteristiche degli impianti. I dati del programma di monitoraggio costituiscono parte integrante della documentazione da produrre in occasione dei controlli dell'organismo di certificazione e delle autorità competenti.
        4. Tutti gli impianti di allevamento biologico devono attuare e predisporre delle misure preventive al fine di evitare fughe del pesce allevato.

Conversione.

        1. L'intera unità di produzione deve essere convertita al metodo biologico nel rispetto delle presenti norme.
        2. Per convertire la produzione al metodo biologico l'azienda ittica interessata deve presentare preventivamente all'organismo di certificazione un piano di conversione. Tale piano deve includere la storia e la situazione esistente nel sito di allevamento, le modalità di conversione, le modifiche previste, la procedura di gestione ambientale e sanitaria.
        3. Se una unità di produzione non è convertita contemporaneamente alle altre, l'operatore definisce, d'intesa con l'organismo di certificazione, le procedure per la gestione separata del processo e della documentazione relativa, al fine di prevenire mescolanze involontarie di materiali e di prodotto. Le unità devono essere chiaramente contraddistinte attraverso un opportuno sistema di identificazione.

 

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        4. I prodotti ittici possono essere venduti con la denominazione e il marchio dell'acquacoltura biologica soltanto se il loro allevamento è stato condotto in conformità alle presenti norme per un periodo di almeno sei mesi per il pesce ed i molluschi e di quattro mesi per i crostacei. In qualsiasi caso le presenti norme devono essere state applicate durante un periodo corrispondente almeno ai 2/3 del loro ciclo produttivo condotto con metodo di produzione biologica.
        5. Le unità di allevamento che dovessero tornare al metodo convenzionale possono ritornare a quello biologico solamente dopo aver superato nuovamente il periodo di conversione.
        6. Negli impianti a terra, prima della conversione al metodo biologico, le vasche ed i bacini in terra e materiale inerte nei quali verranno allevati pesci secondo il metodo biologico, devono essere completamente svuotati, messi a secco per un periodo minimo di trenta giorni, e deve essere eseguito un trattamento adeguato di disinfezione. I sistemi di allevamento in vasche o bacini in terra devono passare attraverso una fase di conversione della durata di almeno un ciclo produttivo, durante la quale saranno applicati i metodi di produzione biologici. Il prodotto ottenuto nella fase di conversione non può essere commercializzato con la denominazione e il marchio dell'acquacoltura biologica.

Origine degli animali.

        1. Nella scelta delle specie si deve tenere conto della capacità degli animali di adattarsi alle condizioni locali, nonché della loro vitalità e resistenza alle malattie, preferendo specie autoctone; sono comunque esclusi gli organismi geneticamente modificati.
        2. Nella scelta delle specie si deve inoltre tenere conto dei princìpi del Codice di condotta per una pesca responsabile adottato nell'ottobre 1995 dalla Conferenza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), con particolare riferimento all'articolo 9.
        3. Gli animali devono provenire da unità di produzione gestite con metodo biologico che osservino le norme di produzione di cui al presente disciplinare o essere di origine selvatica. È consigliabile che ciascun impianto o organizzazione di produttori, a livello locale, sia dotato di un proprio centro di riproduzione, o che il seme e le uova provengano da avannotterie che adottano il metodo di produzione biologica e comunque certificate dal punto di vista sanitario.
        4. Genitori già presenti nell'impianto di origine devono essere allevati per almeno sei mesi con il metodo di produzione biologico prima di essere utilizzati per la produzione di giovanili biologici. L'allevamento dei giovanili deve tendere a sviluppare un comportamento naturale, in particolare nella predazione e nella natazione.
        5. In deroga a quanto disposto dal punto 3, il rinnovo o la prima costituzione del patrimonio sono autorizzati dall'organismo di certificazione, in mancanza di soggetti o di uova embrionate ottenute con metodi biologici, solo nel caso in cui si verifichino elevate mortalità dei pesci a causa di problemi sanitari o di gravi avversità ambientali, o qualora non siano presenti stock di riproduttori allevati secondo il

 

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metodo biologico, purché non superino il peso o l'età di seguito indicati:

Spigola, orata, sarago, ombrina e dentice     5-10 gr/avannotto
Trota 30 gr/trotella
Branzino 5 gr/avannotto
Anguilla  
Ragano 2 mesi
Cieca 4 mesi
Pesce gatto 1 anno
Carpa 1 anno
Tinca 1 anno
Storione 5 gr/larva.

        6. Ad ulteriore deroga, al fine di completare l'incremento naturale e di garantire il rinnovo del patrimonio, in mancanza di animali ottenuti con metodo biologico e unicamente con l'autorizzazione dell'organismo di certificazione, possono essere introdotti annualmente, entro un massimo del 20 per cento, giovanili o uova embrionate provenienti da allevamenti non biologici. La suddetta percentuale può essere maggiorata fino al 40 per cento, previo parere favorevole dell'organismo di certificazione, esclusivamente nei seguenti casi particolari:

            a) estensione significativa dell'azienda;

            b) cambiamento della specie;

            c) sviluppo di una nuova produzione.

        7. Qualora gli animali provengano da unità non conformi al presente disciplinare, secondo le condizioni e i limiti indicati nelle deroghe di cui ai punti 5 e 6, i relativi prodotti potranno essere venduti con la denominazione e il marchio dell'acquacoltura biologica soltanto se saranno state rispettate tutte le altre condizioni prescritte dal presente disciplinare.
        8. Nel caso di giovanili ottenuti da unità non conformi al presente disciplinare si deve rivolgere particolare attenzione alle norme sanitarie. L'organismo di certificazione può prescrivere, a seconda della situazione locale, disposizioni particolari per il controllo preventivo della produzione.
        9. Non è ammesso il cambiamento di sesso ricorrendo all'uso di medicinali veterinari allopatici.

Alimentazione.

        1. L'alimentazione è finalizzata a una produzione di elevata qualità rispettando le esigenze nutrizionali del pesce allevato in relazione alle fasi del ciclo vitale e alle condizioni ambientali. Gli

 

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alimenti devono essere facilmente raggiungibili e le perdite nell'ambiente devono essere ridotte al minimo.
        2. I pesci devono essere allevati con alimenti certificati secondo i princìpi ed i criteri definiti nei regolamenti (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, e (CE) n. 223/03 della Commissione, del 5 febbraio 2003, e successive modificazioni, o provenire da risorse naturali. Quando l'alimento proviene da risorse naturali selvatiche deve essere ottenuto nel rispetto del citato Codice di condotta per la pesca responsabile (FAO, 1995) e deve essere accompagnato da documentazione di origine, ponendo attenzione che non provenga da stock ittici sovrasfruttati sulla base delle analisi e delle statistiche annuali pubblicate dalla FAO.
        3. Alimenti, materie prime per mangimi, mangimi composti, additivi per mangimi, ausiliari di fabbricazione dei mangimi e ogni altro componente usato nell'alimentazione dei pesci non devono essere stati prodotti con l'impiego di organismi geneticamente modificati o di elementi da essi derivati.
        4. Non possono essere somministrati componenti alimentari derivanti dalla stessa specie/genere/famiglia degli animali allevati.
        5. Qualora non siano disponibili alimenti biologici o derivati da risorse naturali selvatiche, in deroga a quanto previsto al punto 2 l'organismo di certificazione può consentire l'utilizzo di componenti di origine convenzionale sino ad un massimo del 10 per cento in sostanza secca.
        6. Possono essere usati come additivi solo i prodotti elencati nell'allegato II, parte D, sezione 1.5, del citato regolamento (CEE) n. 2092/91.
        7. Le materie prime di origine agricola per mangimi convenzionali possono essere usate per l'alimentazione degli animali solo se elencate nell'allegato II, parte C, sezione 1, del citato regolamento (CEE) n. 2092/91, e successive modificazioni, fatte salve le restrizioni quantitative previste dal presente disciplinare e solo se sono prodotte senza uso di solventi chimici. Possono essere inoltre usati per l'alimentazione i prodotti elencati nell'allegato II, parte C, sezione 3, e parte D, e successive modificazioni.
        8. Solo i prodotti elencati nell'allegato II, parte D, sezioni 1.3, 1.4, 1.6, 2 e 3 del citato regolamento (CEE) n. 2092/91 possono essere usati nell'alimentazione degli animali per gli scopi indicati per le suddette categorie. È inoltre consentito, in assenza di alternative tecnicamente praticabili e previa autorizzazione dell'organismo di certificazione, l'uso di composti antiossidanti utilizzati nella fabbricazione della farina e dell'olio di pesce. È consentito altresì l'utilizzo di pigmenti esclusivamente di origine naturale.
        9. Antibiotici ad uso auxinico, medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica, stimolanti della crescita, ormoni o altre sostanze intese a stimolare la produzione, antiossidanti e conservanti sintetici, agenti coloranti di origine sintetica, esaltatori di sapidità di origine sintetica, aminoacidi puri, non possono comunque essere utilizzati nell'alimentazione degli animali in ogni fase dell'allevamento.
        10. Gli organismi devono essere alimentati almeno una volta al giorno prestando attenzione al fatto che gli alimenti vengano consumati e non contribuiscano ad intasare i filtri; nel caso degli avannotti
 

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è consentito distribuire gli alimenti con una frequenza che al massimo può raggiungere dieci interventi al giorno.
        11. L'alimentazione umida non è permessa ad eccezione dell'allevamento delle anguille e nelle avannotterie.
        12. La farina di pesce è ammessa solamente se proveniente interamente da pesce «selvatico» o naturale da considerare equivalente al prodotto proveniente da agricoltura biologica.
        13. La razione alimentare, la tipologia e la quantità degli alimenti usati devono essere opportunamente registrate su appositi documenti. Tali registrazioni devono avvenire separatamente per ogni unità produttiva avendo cura di separare le registrazioni relative alle unità condotte con metodo biologico rispetto a quelle condotte con metodo convenzionale.

Profilassi e cure veterinarie.

        1. Nell'acquacoltura biologica devono essere preferiti i metodi preventivi atti a impedire lo sviluppo di stati patologici o malattie e atti a ridurre i fattori che possono ingenerare stress nel pesce e indebolirne le difese immunitarie. La profilassi nella piscicoltura biologica è basata sui seguenti princìpi:

            a) scelta di specie o popolazioni idonee;

            b) applicazione di pratiche di allevamento adeguate alle esigenze di ciascuna specie che stimolino un'elevata resistenza alle malattie ed evitino le infezioni;

            c) uso di alimenti di alta qualità, abbinato ad un ambiente mantenuto in condizioni ottimali con particolare riferimento alla qualità delle acque;

            d) semina di avannotti di qualità certificata;

            e) adeguata densità degli animali, evitando il sovraffollamento e qualsiasi problema sanitario che ne potrebbe derivare.

        2. Le procedure fisiche devono essere preferite all'utilizzo di sostanze chimiche per la disinfezione degli ambienti di allevamento: getto di acqua o vapore a pressione, messa a secco dei bacini e irradiazione (UV). In caso di utilizzo di sostanze per la sola disinfezione delle vasche o delle attrezzature possono essere impiegate le sostanze riportate nell'allegato II, parte E, del citato regolamento (CEE) n. 2092/91. Qualora possibili sono obbligatorie la pulizia e la disinfezione delle vasche e dei bacini di allevamento a ogni svuotamento e la messa a secco ad ogni fine ciclo produttivo.
        3. La prevenzione delle patologie deve essere attuata anche mediante un monitoraggio continuo dello stato di salute dei pesci allevati, al fine di evidenziare in tempo l'eventuale insorgenza di patologie ed effettuare subito la diagnosi. La malattia deve essere registrata su un apposito registro che tenga conto delle patologie eventualmente presenti nell'allevamento.

 

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        4. L'uso di presidi chimico-farmaceutici nella piscicoltura biologica deve essere conforme ai seguenti princìpi:

            a) è fatto obbligo di utilizzare per la profilassi e le cure veterinarie solo prodotti autorizzati nel rispetto delle norme sull'utilizzo e la distribuzione del farmaco veterinario di cui al decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193, e del regolamento (CE) n. 2377/90 del Consiglio, del 26 giugno 1990;

            b) è vietato l'uso di medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o di antibiotici per trattamenti preventivi;

            c) i prodotti fitosanitari (esclusi gli antibiotici), omeopatici, gli oligoelementi, sono da preferire agli antibiotici o ai medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica, purché abbiano efficacia terapeutica per la specie ittica e tenuto conto delle circostanze che hanno richiesto la cura;

            d) qualora l'uso dei prodotti di cui alla lettera c) risulti inefficace e qualora la cura sia essenziale per evitare sofferenze o disagi nei pesci, possono essere utilizzati antibiotici allopatici ottenuti per sintesi chimica, sotto la responsabilità di un veterinario, nei limiti previsti dal punto 8;

            e) è vietato l'uso di sostanze chimiche di sintesi destinate a stimolare la crescita, nonché l'uso di ormoni di sintesi o di sostanze analoghe destinate a controllare la riproduzione o ad altri scopi;

            f) sono autorizzati i vaccini e le sostanze ad azione immunostimolante ad uso veterinario se è riconosciuta la presenza di malattie nella zona in cui è situato l'allevamento.

        5. Qualora debbano essere impiegati medicinali veterinari il loro impiego deve essere preventivamente notificato all'organismo di certificazione autorizzato ed è necessario specificare in modo chiaro nel registro aziendale:

            a) la diagnosi;

            b) il tipo di prodotto;

            c) la posologia;

            d) il metodo di somministrazione;

            e) il tempo di sospensione stabilito.

        6. È comunque vietato l'uso di tali sostanze per trattamenti preventivi. Gli animali trattati devono essere inoltre chiaramente identificati per gruppi.
        7. Il tempo di sospensione tra l'ultima somministrazione di medicinali veterinari allopatici e l'utilizzazione di un pesce ottenuto con metodi biologici deve essere di durata doppia rispetto al termine stabilito dalla legge. Nel caso in cui si ricorra a farmaci per i quali non è previsto alcun periodo di sospensione, si deve applicare un «periodo di sospensione» pari ad almeno due settimane.

 

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        8. Ad eccezione delle vaccinazioni e di eventuali piani di eradicazione attuati negli Stati membri, nel caso in cui un pesce o un gruppo di pesci sia sottoposto, con medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o antibiotici, a più di due cicli di trattamenti in un anno, o a più di un ciclo di trattamenti se la sua vita produttiva è inferiore a un anno e per frazioni di vita inferiori ad un semestre, non possono essere venduti come prodotti ottenuti conformemente alle disposizioni del presente disciplinare.
        9. I pesci morti devono essere eliminati, con cadenza almeno giornaliera, dagli ambienti di allevamento e smaltiti secondo quanto previsto dalla normativa vigente.
        10. Nell'allevamento devono essere registrati tutti gli interventi eseguiti a scopo profilattico e di cura riportando almeno la data dell'intervento, la causa, la giustificazione dell'intervento, il formulato commerciale utilizzato e il principio attivo, la quantità e il riferimento al lotto trattato. Parimenti analoghe indicazioni dovranno essere riportate sulle vasche e sulle gabbie contenenti gli organismi oggetto di intervento veterinario. Tali registrazioni devono avvenire separatamente per ogni unità produttiva avendo cura di separare le registrazioni relative alle unità condotte con metodo biologico rispetto a quelle condotte con metodo convenzionale.

Metodi di gestione degli allevamenti biologici.

        1. La riproduzione di specie ittiche allevate con metodi biologici deve basarsi su metodi naturali. È tuttavia consentita la riproduzione per spremitura.
        2. Il trasporto dei pesci deve essere effettuato in modo da stressarli il meno possibile e le operazioni di carico e scarico devono svolgersi con cautela. È vietato l'uso di anestetici prima e nel corso del trasporto. Prima del trasferimento nelle aree di destinazione è necessario effettuare gli opportuni controlli di temperatura e di salinità al fine di ridurre al minimo lo stress.
        3. Il prodotto, prima del trasporto, deve essere sottoposto ad un periodo di digiuno appropriato alla specie e alla taglia.
        4. È ammesso il trasporto contemporaneo di organismi acquatici ottenuti in conformità alle presenti norme e di organismi ottenuti secondo metodi convenzionali, purché le vasche ed i contenitori siano opportunamente identificati e diano garanzia di separazione.
        5. Il prodotto deve essere ucciso in modo rapido al fine di minimizzare le sofferenze e con sistemi che ne mantengano la freschezza e non ne alterino le carni.
        6. Gli impianti devono essere provvisti di sistemi di produzione o stoccaggio di ghiaccio. Il quantitativo di ghiaccio durante le fasi di incassettamento e di trasporto deve essere almeno pari al peso del pesce.
        7. I contenitori del prodotto devono rispondere ai requisiti di igienicità e devono essere realizzati preferibilmente con materiali riciclabili.
        8. I dati relativi allo stato dell'allevamento devono essere annotati in un registro e tenuti permanentemente a disposizione degli organi

 

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di controllo e dell'organismo di certificazione presso la sede sociale dell'azienda. Detti registri, che forniscono una descrizione completa delle modalità di conduzione dell'allevamento, devono contenere almeno i seguenti dati:

            a) per ciascuna specie, i soggetti in entrata: origine, data di entrata, periodo di conversione, marchio d'identificazione, antecedenti veterinari;

            b) per i soggetti in uscita: età, numero di capi, peso in caso di macellazione, marchio d'identificazione e destinazione;

            c) le eventuali perdite di animali e la relativa giustificazione;

            d) alimentazione: tipo di alimenti, inclusi gli integratori alimentari; tabella di alimentazione;

            e) profilassi, trattamenti e cure veterinarie: diagnosi, natura dei prodotti somministrati, modalità di trattamento, prescrizioni del veterinario con relativa giustificazione e periodi di attesa imposti per la commercializzazione dei prodotti ittici.

        9. L'identificazione dei lotti e delle partite di prodotti ittici deve essere pertanto garantita per tutto il ciclo di produzione, preparazione, trasporto e commercializzazione. In deroga a tale prescrizione i contingenti ittici introdotti in ambienti estensivi naturali o seminaturali devono garantire la loro identificazione a partire dalla fase di raccolta e di preparazione.
        10. Per l'etichettatura i prodotti ittici biologici devono rispettare quanto previsto dal citato regolamento (CEE) n. 2092/91 e dalla normativa nazionale derivata. Devono essere previste inoltre la marcatura e l'identificazione per singolo individuo e per ogni porzione da esso derivata, ad eccezione dell'anguilla viva, e sull'etichettatura deve essere precisata la denominazione scientifica della specie.
        11. Le aziende che praticano il metodo di produzione biologico devono dimostrare di rispettare i limiti imposti dalla normativa vigente per quanto concerne gli scarichi di acque reflue.
        12. Gli impianti di allevamento in vasche devono prevedere sistemi per l'accumulo del sedimento raccolto da eventuali apparati di filtrazione dei reflui, o vasche di decantazione e lagunaggio di dimensioni appropriate all'effluente e con accorgimenti che consentano di effettuare interventi di pulizia periodici. Devono comunque prevedere sistemi autorizzati per lo smaltimento delle deiezioni zootecniche.
        13. Le strutture di allevamento per le produzioni ittiche biologiche possono essere a substrati naturali (bacini naturali, vasche in terra, eccetera) o realizzate con materiali inerti.
        14. L'acqua utilizzata, oltre ad essere conforme alla legislazione vigente, deve soddisfare i requisiti delle specie allevate (pH, temperatura, O2 disciolto, durezza, contenuto in metalli pesanti, salinità, eccetera); il richiedente la certificazione deve provvedere ad effettuare un'analisi fisico-chimica almeno ogni sei mesi determinandone tutti i parametri necessari per una corretta gestione dell'allevamento.

 

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        15. La densità di allevamento deve assicurare il rispetto delle peculiarità fisiologiche ed etologiche e il benessere del pesce, in particolare in funzione della specie e della taglia dei soggetti allevati. Premesso che la densità massima applicata all'acquacoltura è un dato puramente indicativo, in quanto deriva da parametri adottati nella zootecnia terrestre, e non si tiene in considerazione le peculiarità della zootecnia in ambiente acquatico, valori indicativi di densità massima per le specie ittiche indicate possono essere:

            a) Sparus aurata, Dicentrarchus labrax, Puntazzo puntazzo, Diplodus spp., Umbrina cirrosa, Argyrosomus regius, Seriola dumerilii e altre specie appartenenti alla famiglia Sparidae: per gli impianti a terra 20 kg/m3, per gli impianti a mare 15 kg/m3;

            b) Salmo trutta e Onchorhyncus mykiss: 25 kg/m3;

            c) altre specie appartenenti alla famiglia Salmonidae e Acipenser spp.: 10 kg/m3;

            d) Anguilla anguilla: 25 kg/mq;

            e) specie appartenenti alle famiglie Ciprynidae, Ictaluridae e Mugilidae: 5.000 individui per ettaro.

        16. I fabbricati, le vasche, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfettati per evitare contaminazioni e la proliferazione di organismi patogeni. Le operazioni di disinfezione devono essere effettuate in modo tale da evitare ogni contatto tra i prodotti utilizzati e gli animali allevati. Le deiezioni zootecniche rimosse dalle vasche, le alghe e gli altri prodotti degli interventi di pulizia devono essere opportunamente trattati al fine di limitare gli odori ed evitare di attirare insetti o roditori.
        17. Gli impianti estensivi posti in aree dove le condizioni climatiche, per periodi transitori, possono mettere a rischio le specie ittiche allevate, devono realizzare opportune strutture per la protezione dei contingenti ittici (peschiere di sverno, frangivento eccetera). Le aziende devono inoltre garantire la difesa degli stock ittici dagli uccelli ittiofagi con metodi passivi che non causino mortalità negli uccelli. Qualora l'allevamento avvenga in stagni, la fertilizzazione degli stessi in fase di asciutta al fine di favorire e mantenere le catene alimentari deve avvenire ricorrendo ai prodotti elencati all'allegato II, parte A, del citato regolamento (CEE) n. 2092/91, e successive modificazioni.
        18. Lo spazio dei moduli di ingrasso negli allevamenti a terra deve favorire le attività motorie del prodotto in allevamento.
        19. Negli impianti a mare gli eventuali trattamenti cui sono sottoposti i materiali non devono essere tossici o danneggiare il prodotto in allevamento o causare impatti sulle comunità naturali. In particolare è vietato il trattamento «anti-fouling». Le gabbie non possono essere collocate in siti dove interferiscono con praterie di fanerogame marine o habitat coralligeni.
        20. Il ricambio idrico deve essere di qualità e di quantità appropriate ad assicurare il benessere delle specie ittiche allevate. Il flusso nelle vasche di allevamento deve garantire un movimento dell'acqua tale da sollecitare la corretta attività natatoria della

 

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specie allevata. L'allevamento deve possedere un sistema di fornitura dell'acqua tale da permettere almeno un ricambio giornaliero completo. Per l'attività di allevamento che si realizza in laghi o in stagni, il sistema di ricambio deve consentire che almeno il 10 per cento dell'acqua venga ricambiato giornalmente con nuova acqua al fine di mantenere qualità e caratteristiche adeguate. Il pH deve essere compreso fra 6,0 e 9,0 e deve essere mantenuto il più stabile possibile. Questo contribuisce a minimizzare gli stress ambientali e permette ai batteri nitrificanti di rimuovere efficacemente l'azoto accumulato nei sedimenti. A tale fine è ammesso l'utilizzo di carbonato di calcio, previsto all'allegato II, parte A, del citato regolamento (CEE) n. 2092/91, e successive modificazioni.
        21. Il prodotto ittico biologico deve essere allevato in condizioni di illuminazione naturali, ad eccezione dei primi stadi di allevamento, dove è possibile utilizzare sorgenti luminose artificiali per un massimo di 16 ore/giorno ad eccezione delle fasi di allevamento per gli avannotti di spigola e di orata. È possibile prevedere la copertura parziale dei moduli di allevamento con reti ombreggianti al fine di mantenere condizioni ambientali ottimali.
        22. Nei moduli di allevamento è possibile installare equipaggiamenti per l'aerazione dell'acqua o per l'ossigenazione, per il mantenimento di condizioni ottimali, e in particolare per garantire la migliore digeribilità dell'alimento, la minimizzazione dell'impatto ambientale, la qualità dei reflui.
        23. Il pesce in allevamento deve essere salvaguardato da eventuali guasti al sistema di captazione delle acque, quando previsto con elettropompe o con altri sistemi idonei allo scopo. È indispensabile prevedere l'installazione di meccanismi di aerazione o di ossigenazione.
    


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