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PDL 1997

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1997



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

FABRIS, DEL MESE, ADENTI, AFFRONTI, CAPOTOSTI, CIOFFI, D'ELPIDIO, GIUDITTA, LI CAUSI, MORRONE, PICANO, ROCCO PIGNATARO, PISACANE, SATTA

Modifiche alla legge 5 agosto 1978, n. 468, recante riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio

Presentata il 29 novembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - L'esperienza della discussione parlamentare dei documenti di bilancio delle ultime legislature ha evidenziato con sempre maggiore chiarezza la necessità di intervenire sulla disciplina che definisce il contenuto dei provvedimenti presentati nell'ambito della sessione di bilancio, nonché sui meccanismi procedurali che ne regolano l'esame.
      Appare infatti ormai ampiamente condivisa, tanto a livello delle diverse forze politiche, di maggioranza come di opposizione, quanto a livello istituzionale, la consapevolezza circa l'inadeguatezza della sessione di bilancio come attualmente articolata, a rispondere all'obiettivo di definire un quadro delle grandezze di finanza pubblica chiaro e coerente con gli obblighi comunitari del nostro Paese, nonché di indicare gli obiettivi prioritari della politica finanziaria da perseguire nel corso dell'anno.
      Occorre tuttavia che tale consapevolezza superi lo stadio delle mere enunciazioni verbali, che fungono ormai quasi da tradizionale corollario dell'esame del disegno di legge finanziaria e del disegno di legge di bilancio da parte delle Camere, concretandosi in una serie di proposte concrete, volte ad individuare gli aspetti problematici su cui intervenire e ad indicare i correttivi da apportare.
      In questa prospettiva occorre innanzitutto evidenziare come il tema della ridefinizione
 

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della struttura contenutistica e procedurale delle manovre finanziarie di fine anno risulti oggettivamente complesso, e debba necessariamente essere affrontato secondo un approccio composito, che tenga conto sia della necessità di rivedere la disciplina di contabilità nazionale in materia, sia di operare al livello delle norme regolamentari che, presso ciascuna Camera, delineano l'iter parlamentare dei provvedimenti di bilancio.
      Alla luce di tali considerazioni emerge in primo luogo l'esigenza di rivedere la scelta, compiuta alcuni anni fa con la legge 25 giugno 1999, n. 208, di estendere il contenuto proprio della legge finanziaria anche a quegli interventi normativi di spesa, o di riduzione di entrata, finalizzati al sostegno e al rilancio dell'economia.
      Se infatti quella scelta poteva apparire giustificata, all'indomani dell'entrata dell'Italia nel sistema della moneta unica europea, dall'obiettivo di introdurre nel quadro della programmazione finanziaria complessiva anche le decisioni relative alle opzioni di politica economica finalizzate al sostegno del sistema economico nazionale, attribuendo alla legge finanziaria non solo il compito di realizzare il risanamento dei conti pubblici, ma anche quello di contribuire al rilancio e allo sviluppo del sistema economico, la pratica esperienza di questi anni ha dimostrato come la legge finanziaria non sia in grado, sia per i limiti intrinseci dello strumento, sia per ragioni probabilmente dettate dalla generale situazione del sistema politico, di rappresentare la sede adatta per compiere una programmazione economica caratterizzata da un sufficiente grado di organicità e di razionalità.
      Al contrario, l'allargamento del contenuto proprio della legge finanziaria operato dalla citata legge n. 208 del 1999 ha finito per riproporre i limiti e le criticità evidenziatisi nella prima esperienza di applicazione di tale strumento, trasformando il principale meccanismo legislativo di programmazione finanziaria, fin dal momento della sua presentazione alle Camere da parte del Governo, in un complesso di disposizioni di portata sempre più ampia ed eterogenea che, nel corso dell'esame parlamentare, si carica di ulteriori disposizioni, trasformandosi in un coacervo di norme della più varia natura che, per la sua eterogeneità e complessità, risulta di difficile interpretazione da parte dei cittadini e delle amministrazioni chiamate ad applicarle, rendendo necessari continui interventi emendativi sul testo della legge, spesso a breve distanza dalla sua entrata in vigore.
      Caricare la legge finanziaria di contenuti pressoché universali determina, inoltre, l'ulteriore conseguenza di attribuire alla sessione di bilancio un carattere ultimativo e «drammatico», assolutamente deleterio per la chiarezza delle scelte in essa contenute e per la stessa trasparenza dei meccanismi decisionali. La legge finanziaria rappresenta infatti, nella percezione del mondo politico e del Paese nel suo complesso, l'unica, irripetibile occasione per realizzare opzioni normative di qualche rilievo in ogni settore dell'ordinamento e, soprattutto, per stanziare risorse finanziarie in favore di questo o di quel comparto. Ciò attiva un meccanismo perverso in base al quale, da un lato, a livello di Governo, sulla legge finanziaria si scaricano le richieste provenienti da tutte le amministrazioni, mentre, a livello parlamentare, essa sembra costituire l'unico provvedimento attraverso cui veicolare esigenze, anche legittime, provenienti dal proprio elettorato e, più in generale, dalla società civile.
      Tale situazione, coniugandosi con la necessaria compressione dei tempi di esame imposti dalle norme regolamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, rende di fatto impossibile governare con una qualche razionalità e pacatezza il procedimento legislativo di approvazione del disegno di legge finanziaria, sia da parte degli organismi parlamentari, sia da parte dello stesso Governo, che è indotto, alla luce delle dimensioni sempre più ampie del provvedimento e della massa delle proposte emendative, presentate sia dalle forze politiche di maggioranza sia da quelle di opposizione, a ricorrere allo strumento della questione di fiducia su uno o più «maxi-emendamenti»,
 

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nei quali viene concentrato, in articolati estesi per varie centinaia di commi, tutto o buona parte del contenuto del disegno di legge finanziaria.
      Quest'ultima pratica, se in parte comprensibile alla luce dell'estrema difficoltà di condurre a conclusione entro la fine dell'anno, secondo le procedure ordinarie, l'esame di un provvedimento dalle caratteristiche ormai tanto peculiari, appare tuttavia del tutto inaccettabile, in quanto rappresenta una vera e propria distorsione delle norme sul processo legislativo e un assoluto stravolgimento di qualsiasi regola di corretta normazione.
      Sotto il primo profilo, l'accorpamento in singoli articoli di centinaia di articoli, originariamente distinti, costituisce in sostanza un'elusione del precetto sancito dall'articolo 72, primo comma, della Costituzione, secondo cui ogni disegno di legge è approvato articolo per articolo e, quindi, nel suo complesso. Inoltre, sul piano delle dinamiche parlamentari, la prassi di sottoporre il testo originario del disegno di legge finanziaria ad una sostanziale «riscrittura» da parte del Governo, attraverso una serie continua e amplissima di modifiche, che spesso intervengono nei giorni immediatamente precedenti la prevista conclusione dell'esame in Aula, pregiudica completamente la possibilità di svolgere una efficace istruttoria e un adeguato approfondimento, sia politico che tecnico, sul contenuto del provvedimento, determinando il paradosso che proprio la discussione dell'intervento legislativo più rilevante dell'anno avviene in modo assolutamente frammentario e convulso, spesso in termini tali da non consentire neanche la piena conoscenza di tutte le conseguenze e implicazioni delle norme proposte.
      Quanto al secondo profilo, appare di tutta evidenza l'aberrazione insita nel fatto che un atto legislativo nazionale di rilievo tanto cruciale, recante spesso complesse riforme di ampi settori dell'ordinamento, si componga di articoli la cui lunghezza, crescente di anno in anno, è ormai giunta a superare gli 800 commi, spesso intessuti di inestricabili richiami ad altre disposizioni.
      Una siffatta circostanza, prima ancora che confliggere in modo stridente con ogni più elementare regola di tecnica legislativa, appare porsi in contrasto con il principio, giuridico ma soprattutto democratico, di conoscibilità della norma da parte del legislatore e dei soggetti facenti parte dell'ordinamento ai quali la norma stessa si indirizza.
      Entrambi gli ordini di considerazioni appena esposti inducono a domandarsi se alcune delle difficoltà ad affrontare efficacemente molti tra i principali nodi del Paese, ed a realizzare in termini incisivi interventi di riforma da tempo attesi, non siano anche dovute all'errore di caricare la manovra di bilancio e, segnatamente, il disegno di legge finanziaria, di una valenza normativa eccessiva ed impropria, impegnando il Governo e il Parlamento, per quasi sei mesi, in un processo di produzione normativa farraginoso e caotico, incentrato su un unico provvedimento, che deve farsi carico di esigenze complesse e disparate, in un lasso di tempo troppo breve per l'oggettiva vastità delle questioni affrontate, ma troppo lungo per non monopolizzare quasi completamente l'attività legislativa delle Camere.
      Per questi motivi, l'articolo 1 della proposta di legge interviene con taluni correttivi, tanto semplici quanto essenziali, sull'articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, relativo al contenuto proprio della legge finanziaria, abrogando la lettera i-ter) del comma 3, introdotta dalla legge n. 208 del 1999, la quale consente di inserire nel disegno di legge finanziaria anche quelle norme che comportano aumenti di spesa (o riduzioni di entrata) finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, con l'unica eccezione di quelle di carattere localistico o microsettoriale.
      Eliminando tale previsione la legge finanziaria ritornerebbe ad assumere quelle funzioni per le quali essa era stata immaginata dal legislatore all'atto dell'approvazione della legge n. 468 del 1978, e alle quali mirava a ricondurla la legge n. 362 del 1988, di strumento attraverso cui:

          a) fissare il quadro di riferimento e le dimensioni complessive delle grandi variabili della finanza pubblica;

 

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          b) modulare, in una prospettiva pluriennale, l'allocazione delle risorse finanziarie nei principali comparti dell'intervento pubblico;

          c) operare gli interventi correttivi necessari a riportare l'andamento dei conti pubblici nel sentiero definito dalle compatibilità di bilancio e, ormai, dai limiti derivanti dal Patto di stabilità europeo;

          d) manovrare, attraverso interventi su aliquote, scaglioni, detrazioni ed altri elementi di determinazione di imposte e tasse, l'essenziale elemento di politica economica costituito dalla leva fiscale.

      Al di fuori di tali aspetti, tutte le altre misure di politica economica e, a maggior ragione, tutti gli interventi di riforma, di carattere settoriale come di carattere multisettoriale, dovrebbero essere esclusi dal «perimetro» del disegno di legge finanziaria, e trovare la propria sedes materiae più naturale in specifici disegni di legge, eventualmente collegati, da esaminare durante il resto dell'anno, ovvero, laddove concorrano al raggiungimento degli obiettivi finanziari della manovra, nell'ambito della stessa sessione di bilancio, secondo le regole procedurali loro proprie.
      Tale semplice modifica, riportando senza stravolgimenti la disciplina della legge n. 468 del 1978 alla sua ratio originaria, avrebbe innanzitutto il pregio di eliminare molte delle cause che hanno generato l'inestricabile «ingorgo normativo» in cui sono condannati ad incorrere i disegni di legge finanziaria, consentendo di esaminare gli interventi normativi «di settore» nella sede propria costituita dalle singole Commissioni parlamentari competenti, e di valutare con maggiore attenzione, negli specifici contesti, le ricadute, sia sul piano giuridico-normativo, sia sul piano degli effetti economici e sociali, delle norme proposte.
      Inoltre, la modifica ipotizzata potrebbe favorire una complessiva deflazione della produzione normativa, evitando che la legge finanziaria costituisca l'occasione per intervenire, con cadenza annuale, su settori fondamentali dell'ordinamento, sovrapponendo nuove norme a quelle da poco entrate in vigore, in un processo di «riforma permanente» che genera conseguenze opposte agli stessi dichiarati intenti riformatori, determinando una costante instabilità ed una sempre maggiore opacità del quadro normativo, tale da determinare incertezze applicative, crescente contenzioso ed oneri inaccettabili per i cittadini e le imprese.
      Accanto a tali innovazioni, occorre inoltre rivedere, in parallelo, il contenuto e la tempistica del documento di programmazione economico-finanziaria, dovendosi anche sotto questo profilo rilevare come il documento presenti alcuni aspetti di criticità, che possono pregiudicarne la stessa finalità programmatoria.
      In primo luogo esso sembra caratterizzarsi per un carattere pletorico, di contenitore di una molteplicità di indicazioni che, per la loro numerosità, rischiano di avere un rilievo quasi esclusivamente retorico o ottativo.
      A questo riguardo sembra anche in questo caso opportuno ricondurre il documento entro i limiti di una maggiore sobrietà, limitandone i contenuti ad una indicazione delle prospettive di evoluzione delle variabili macro-economiche nazionali ed internazionali, alla definizione delle grandezze di finanza pubblica attese e degli eventuali correttivi che si ritiene di dovervi apportare, nonché delle misure che si intendono realizzare prioritariamente nei settori indicati.
      Tale opera di semplificazione del documento di programmazione economico-finanziaria avrebbe il duplice pregio di aumentare l'apporto informativo del documento nei confronti degli organi parlamentari, e di indurre in questa sede una maggiore consapevolezza politica circa le opzioni legislative che le Camere saranno successivamente chiamate a compiere, aiutando inoltre il Governo ad operare una selezione più attenta e realistica circa gli obiettivi che effettivamente si intendono realizzare nell'anno successivo e nel periodo di riferimento, realizzando in tal modo la funzione, propria del documento, di costituire un primo momento di scelta

 

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e di sintesi politica dei più complessivi obiettivi programmatici di legislatura del Governo e della maggioranza.
      Sul piano strettamente normativo si deve evidenziare come la tempistica fissata dalla legge n. 468 del 1978 per la presentazione del documento da parte del Governo, stabilita entro il 30 giugno dall'articolo 1-bis, comma 1, lettera a), della stessa legge, appaia oggettivamente troppo anticipata, in quanto in quella fase dell'esercizio finanziario l'Esecutivo non dispone di alcuni elementi essenziali per la definizione dei contenuti della futura manovra, quali gli effetti complessivi della legge finanziaria per l'anno in corso, un dato accettabilmente approssimato circa il tasso di crescita del prodotto interno lordo (PIL), nonché la proiezione su base annua delle entrate tributarie, per le quali non sono in quel momento ancora disponibili i dati relativi al saldo per l'anno precedente e al primo acconto per l'anno successivo, ed è pertanto costretto, come testimonia l'esperienza degli ultimi anni, a formulare delle ipotesi successivamente smentite dai fatti, e a presentare, alla vigilia della presentazione alle Camere del disegno di legge finanziaria e del disegno di legge di bilancio, una nota di variazione del documento stesso.

      In tale ultima prospettiva, l'articolo 2 della proposta di legge prevede di posticipare al 1o settembre la presentazione alle Camere del documento di programmazione economico-finanziaria, riducendo in tale modo la durata complessiva della sessione di bilancio, e attribuendo al documento il ruolo di stabilire, alla vigilia dell'esame del disegno di legge finanziaria, in termini certi e immodificabili, le scelte finanziarie di fondo su cui si basa la manovra predisposta dal Governo.
      In estrema sintesi, la presente proposta di legge costituisce un contributo alla revisione di taluni aspetti fondamentali dell'attività legislativa, che condizionano in termini decisivi la qualità della normazione e la complessiva efficacia delle risposte che il sistema istituzionale può dare alle esigenze della società e del mondo produttivo.
      In tale contesto è auspicabile che il dibattito su tali tematiche si sviluppi quanto prima, attraverso il coinvolgimento più ampio possibile di tutte le forze politiche e con il paritario concorso dell'altro ramo del Parlamento, avviando un processo riformatore che non deve necessariamente procedere in blocco, ma che deve ispirarsi al massimo realismo, realizzando quelle proposte sulle quali è possibile fin d'ora coagulare il necessario consenso politico, ad esempio procedendo ad alcune, mirate modifiche che consentano di migliorare, già dal prossimo anno, il processo decisionale della sessione di bilancio.
      A testimonianza dell'ampia consonanza che ormai si registra su tali soluzioni, e sull'esigenza di affrontare tali tematiche secondo un approccio il più possibile pragmatico, merita richiamare l'ordine del giorno n. 9/1746-bis/85, presentato dal presidente della Commissione Bilancio della Camera dei deputati, onorevole Duilio, e dal relatore sul disegno di legge finanziaria 2007, onorevole Ventura, approvato a conclusione dell'esame in prima lettura alla Camera dei deputati del medesimo disegno di legge, il quale segnala, tra l'altro, l'esigenza di «alleggerire» la legge finanziaria e di distribuire tra una pluralità di strumenti decisionali le funzioni cui fa fronte tale provvedimento.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Contenuto proprio della legge finanziaria).

      1. Al comma 3 dell'articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla lettera h), le parole: «e normativo» sono soppresse;

          b) la lettera i-ter) è abrogata.

Art. 2.
(Termine di presentazione del documento di programmazione economico-finanziaria).

      1. All'articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla lettera a) del comma 1, le parole: «30 giugno» sono sostituite dalle seguenti: «1o settembre»;

          b) al comma 2, le parole: «entro il 15 luglio» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 15 settembre».


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