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PDL 2038

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2038



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BOATO

Norme in materia di tutela del segreto di Stato nel processo penale

Presentata il 6 dicembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Nella scorsa legislatura, a prima firma dell'onorevole Siniscalchi e cofirmato anche dal presentatore di questa proposta di legge, venne presentata la proposta di legge recante «Norme in materia di tutela del segreto di Stato nel processo penale», atto Camera n. 2726. Poiché l'esame di tale proposta di legge, come di altre sulla stessa materia, non vide il completamento dell'iter parlamentare, lo stesso testo viene riproposto anche in questa legislatura.
      Come è noto, il sistema di protezione della sicurezza democratica del nostro Paese trova il suo paradigma più avanzato e al tempo stesso più discusso nella disciplina afferente il segreto di Stato.
      All'interno del processo penale la disciplina relativa alla tutela del «segreto» in oggetto si caratterizza essenzialmente per la specifica previsione di un divieto probatorio contrassegnato dalla singolare procedura di garanzia che investe la diretta responsabilità della massima carica dell'esecutivo.
      Sulla scorta delle elaborazioni dottrinali e dei dibattiti di natura giuridica e politica che hanno investito negli ultimi anni l'intero assetto normativo afferente la disciplina del segreto di Stato, si è ritenuta indispensabile la predisposizione di correttivi idonei a risolvere problematiche sempre aperte ed a colmare evidenti lacune.
      Il legislatore ha inteso disciplinare il segreto di Stato, e la sua conseguente opponibilità nel processo penale, attraverso l'articolo 13 della legge n. 801 del 1977 nonché attraverso l'articolo 202 del vigente codice di procedura penale.
      Il limite invalicabile individuato dal legislatore alla opponibilità del suddetto segreto è rappresentato dalla esclusione dall'ambito operativo della speciale «riservatezza»
 

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per fatti, notizie e documenti che concernono reati diretti all'eversione dell'ordinamento costituzionale (articolo 12 della legge n. 801 del 1977).
      Tale scelta appare condivisibile alla luce del corretto bilanciamento dei valori costituzionali in gioco, operato dal legislatore anche nella formulazione delle norme contenute nel codice di procedura penale. Se da una parte, infatti, il segreto di Stato è finalizzato a garantire il valore prioritario della sicurezza democratica, dall'altra non trova ragion d'essere allorché si presenti la necessità di procedere contro reati che mettano in pericolo proprio la stessa sicurezza della Repubblica. Così, laddove venga opposto il segreto nel corso di un processo finalizzato ad accertare l'eventuale commissione di reati eversivi, alla luce del richiamato «bilanciamento» il giudice dovrà preliminarmente valutare la natura del reato.
      Valutate la natura del reato e la pertinenza del patrimonio di notizie al tema di prova, dovrà decidere se accogliere o rigettare l'eccezione di segretezza.
      La chiara formulazione del citato articolo 204 del codice di procedura penale, infatti, oltre ad escludere perentoriamente i reati di eversione dell'ordinamento costituzionale dalla garanzia del segreto di Stato (articoli 201, 202 e 203) e a riconoscere al giudice il potere di definire la configurazione giuridica del reato (e la pertinenza della prova), ai fini della eventuale richiesta di operatività del segreto, prevede, in caso di rigetto di tale ultima eccezione, la comunicazione del provvedimento di rigetto al Presidente del Consiglio dei ministri.
      Tuttavia, se da una parte è fin troppo chiara la disposizione contenuta nelle citate norme del codice di procedura penale in relazione alla non opponibilità del segreto di Stato nelle ipotesi di reati eversivi, dall'altra, nelle corrispondenti norme di attuazione, l'impostazione metodologica del legislatore (il richiamato «bilanciamento») registra un completo ribaltamento.
      Invero, l'articolo 66 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo n. 271 del 1989, disattendendo la portata normativa cristallizzata dall'articolo 204 del codice di procedura penale, riconduce il richiamato procedimento incidentale nella piena discrezionalità del Presidente del Consiglio dei ministri anche nelle ipotesi in cui il procedimento penale sia finalizzato all'accertamento di reati di eversione contro l'ordinamento costituzionale.
      La disposizione prevista dalle norme di attuazione consente, così, al Presidente del Consiglio dei ministri una valutazione squisitamente giurisdizionale, relativa alla pertinenza probatoria di una notizia o di un documento in relazione al «fatto» per cui si procede.
      Non è più il giudice a dover operare la completa verifica in ordine alla eccezione proposta, come previsto dall'articolo 204 del codice di procedura penale, ma è, al contrario, il responsabile massimo dell'esecutivo a dover autonomamente valutare e provvedere.
      L'articolo 66 delle citate norme di attuazione del codice di procedura penale, prevede, infatti, che a seguito del richiamato provvedimento di rigetto della eccezione (articolo 204 del codice di procedura penale) «il Presidente del Consiglio dei Ministri conferma il segreto se ritiene che non ricorrono i presupposti indicati nel comma 1 dello stesso articolo perché il fatto, la notizia o il documento coperto da segreto di Stato non concerne il reato per cui si procede».
      Sul punto, appaiono evidenti la singolarità e l'anomalia della norma di attuazione che espressamente sottrae al sindacato del giudice una valutazione propria del suo potere e della sua specifica funzione.
      Alla luce di tale rilievo, si è ritenuto di procedere alla rivisitazione del contenuto normativo dell'articolo 66 delle norme di attuazione, proponendo una soluzione maggiormente in linea con il richiamato «bilanciamento» dei valori costituzionali in gioco e con una più marcata attenzione per le corrette attribuzioni tra poteri dello Stato.
 

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      Con la presente proposta di legge si prevede espressamente la possibilità per il Presidente del Consiglio dei ministri, in caso di rigetto dell'opposizione del segreto di Stato nel corso del procedimento penale, di sollevare conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale.
      È questa una soluzione che, pur garantendo la correttezza dell'azione eventualmente proposta dall'esecutivo, non presta il fianco a contaminazioni disinvolte tra poteri dello Stato nonché ad inevitabili ingerenze nelle prerogative tipiche della funzione giurisdizionale.
      Così, se al Presidente del Consiglio dei ministri è riconosciuto il potere di valutare e individuare i mezzi ritenuti idonei a tutelare la sicurezza della Repubblica, al giudice spetta, in via esclusiva, il potere di verificare la configurazione giuridica dei reati e il procedimento probatorio.
      Sempre con la presente proposta di legge si è ritenuto di affrontare e di risolvere un'altra questione aperta, che si inserisce in una carenza ordinamentale che, anche di recente, ha formato oggetto di ampio dibattito dottrinale e politico.
      La carenza individuata è rappresentata dall'assenza di un riferimento a limiti temporali di operatività del segreto di Stato. Si avverte unanimemente, infatti, la necessità di prevedere un espresso limite temporale alla disciplina del segreto, che possa consentire, per ragioni di certezza e di legittimo desiderio di conoscenza e apprendimento, di fare piena luce sulle più significative e delicate vicende che hanno caratterizzato la storia del nostro Paese.
      Peraltro, l'introduzione del suddetto limite temporale potrebbe spiegare effetti positivi sul piano di un più completo accertamento processuale. Infatti, si potrebbe dichiarare utilizzabile materiale documentale che, non essendo più pericoloso ai fini della sicurezza democratica, può rivelarsi utile per un pieno accertamento nell'ambito di determinate vicende giudiziarie.
      Per tale ragione si è ritenuto di perimetrare l'ambito temporale di operatività del segreto fissando il limite di quindici anni dal fatto.
      Viene tuttavia riconosciuta al Presidente del Consiglio dei ministri la facoltà di disporre una proroga o una anticipazione del termine stesso.
      Nell'ambito del suo potere discrezionale, al Capo dell'esecutivo è riconosciuta da una parte la facoltà di prorogare il termine indicato, nell'ipotesi in cui si registri la persistenza dei motivi che resero necessaria la secretazione, dall'altra la facoltà di disporre l'anticipazione del predetto termine, nel caso in cui vengano meno le sottostanti esigenze di sicurezza.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

      «Il segreto di Stato cessa decorsi quindici anni dalla sua apposizione od opposizione ai sensi degli articoli 202 o 256 del codice di procedura penale. Il termine può essere prorogato dal Presidente del Consiglio dei ministri con decreto motivato se ritiene ancora attuali le condizioni che hanno determinato l'apposizione o l'opposizione del segreto di Stato.
      Il Presidente del Consiglio dei ministri può stabilire la cessazione del segreto di Stato con decreto motivato anche prima della scadenza del termine di cui al terzo comma.
      La cessazione del segreto di Stato è comunicata all'autorità giudiziaria presso la quale il segreto è stato opposto e confermato ai sensi degli articoli 202 o 256 del codice di procedura penale».

Art. 2.

      1. L'articolo 66 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è sostituito dal seguente:

      «Art. 66. - (Procedimento di esclusione del segreto). - 1. Quando perviene la comunicazione prevista dall'articolo 204, comma 2, del codice, il Presidente del Consiglio dei ministri, se ritiene sussistenti le condizioni per confermare l'opposizione

 

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del segreto di Stato rigettata con provvedimento del giudice, solleva conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato dinanzi alla Corte costituzionale.
      2. Qualora il conflitto sia risolto in favore del Presidente del Consiglio dei ministri con l'annullamento del provvedimento di rigetto dell'opposizione del segreto di Stato, si applica il disposto dell'articolo 202, comma 3, del codice».


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