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PDL 1939

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1939


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato RUVOLO

Disposizioni concernenti le attività consentite ai biologi
nel settore delle analisi cliniche

Presentata il 13 novembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge riguarda la possibilità che i biologi, iscritti all'Ordine professionale, siano autorizzati ad effettuare prelievi in occasione dell'esecuzione delle analisi cliniche prescritte al singolo paziente dal proprio medico curante.
      In proposito occorre, in primo luogo, riferirsi a quanto prevede la legge 24 maggio 1967, n. 396, che ha istituito la professione del biologo e ne ha indicato le competenze. L'articolo 3, primo comma, lettera g), di tale legge attribuisce al biologo le «analisi biologiche» (urine, essudati, escrementi, sangue e altre analisi). In relazione a tale disposto si pone preliminare la considerazione che la prima fase dell'attività connessa all'effettuazione delle analisi è quella del prelievo dei campioni biologici (Corte di cassazione, sezione V penale, 18 ottobre 1985, n. 1665), non contemplato dalla legge citata.
      Il legislatore ha, da un lato, demedicalizzato l'attività di analisi clinico-biologica, consentendone l'esercizio anche ai biologi (in tale senso, tra le tante sentenze, la sentenza del Consiglio di Stato, sezione IV, 7 aprile 1972, n. 361), e, dall'altro lato, non ha previsto la possibilità per i biologi di eseguire il prelievo capillare e venoso propedeutico all'attività di analisi chimico-cliniche. Lo stesso Consiglio di Stato, nella sentenza citata, ha così affermato: «Ora se è indubbio che l'attività di analisi di laboratorio esula dall'attività tipica medica, è logicamente conseguenziale che esulino dall'attività medica anche le attività quali il prelievo di sostanze ematiche, che costituiscono l'imprescindibile presupposto dell'attività di analisi e che nell'espletamento di quest'ultima sono esclusivamente preordinate».
      Con la presente proposta di legge si intende affermare in maniera univoca che il
 

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biologo può effettuare prelievi capillari e venosi di sangue, in quanto tali prelievi devono considerarsi atto propedeutico e preparatorio per l'effettuazione delle analisi biologiche di sua competenza e che in tali attività il biologo non esorbita dalle proprie competenze invadendo un campo riservato per legge alle attribuzioni della professione medica, in quanto non sussiste, nel nostro ordinamento, una riserva di competenza a favore di tale categoria professionale, come dimostrato anche dalle disposizioni che tali competenze attribuiscono ad altri operatori sanitari, quali gli infermieri professionali e le ostetriche.
      Del resto anche l'allora Ministero di grazia e giustizia dovendosi esprimere in proposito aveva sostenuto la competenza del biologo a effettuare i prelievi in questione per vincolo di connessione e di accessorietà con la più ampia attività di cui al citato articolo 3 della legge n. 396 del 1967, essendo a questa preliminare e propedeutica. E tale tesi ha supportato anche con riferimento alla possibilità riconosciuta a infermieri professionali e ostetriche di procedere a tali prelievi «per l'argomento analogico a maiori ratione scaturente dalla natura delle competenze professionali e dal livello delle preparazioni scientifiche vantate dalla categoria in discussione».
      Si cita in proposito la nota della Direzione generale affari civili e libere professioni, ufficio VII, protocollo 7.66.14601 del Ministero di grazia e giustizia.
      Non sembri superfluo richiamare anche l'avviso che il Ministero della sanità (ora Ministero della salute) ha più volte manifestato in proposito. Ci si riferisce in particolare alla relazione 900.6/I.A.G./59/493 ad oggetto: «Biologi (...) prelievi capillari e venosi sull'uomo e sugli animali» con cui la Direzione generale degli ospedali aveva formulato richiesta di parere al Consiglio superiore di sanità.
      In detta nota, la citata Direzione generale ha ritenuto di dover precisare come nel nostro ordinamento non esista una riserva di competenze a favore dei medici per operare prelievi di reperti o di sangue, mentre invece tali interventi sono riconosciuti ad altri operatori sanitari, sicché l'eventuale divieto, per i biologi, non sembrerebbe fondato e potrebbe dare adito a censure anche sotto il profilo di una disparità di trattamento giuridico, priva di valide e obiettive cause di giustificazione.
      Da tutto quanto finora esposto, va tratta la conclusione che i tempi sono veramente maturi affinché, nelle sedi competenti, venga affrontato il problema, con un definitivo atto di chiarificazione circa la competenza del biologo a effettuare i prelievi in parola. E ciò al fine di dare legittimità all'operato di tale categoria, senza dover essere questa coinvolta in procedimenti giudiziari.
      La presente proposta di legge non comporta oneri di natura finanziaria.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. A completamento dell'assetto normativo dei laboratori di analisi cliniche in corrispondenza alle esigenze tecnico-operative dei biologi operanti nel campo sanitario delle analisi chimico-cliniche-biologiche, ferme restando le competenze previste dall'articolo 3, primo comma, lettera g), della legge 24 maggio 1967, n. 396, ai biologi iscritti all'Ordine professionale è consentita l'esecuzione del prelievo capillare e venoso propedeutico alle analisi chimico-cliniche-biologiche nonché di ogni atto strumentale per la loro effettuazione.


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