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PDL 968

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 968



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ZANELLA

Disposizioni in materia di risparmio idrico

Presentata il 3 giugno 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Nell'anno 2025 metà della popolazione mondiale sarà «a secco». Più di 3 miliardi di esseri umani avranno problemi di approvigionamento idrico. Naturalmente l'acqua mancherà anche alle altre specie con cui dividiamo il pianeta. Il che vuol dire che il ritmo di estinzione aumenterà creando un effetto boomerang: maggiore degrado, minore disponibilità di cibo, riduzione delle aree verdi.
      La previsione è contenuta in un rapporto dell'Istituto delle risorse mondiali presentato a East Lansing, nel Michigan. Nello studio si ricorda che i problemi non si distribuiranno in maniera omogenea: ci saranno aree, generalmente quelle già idricamente ricche, in cui l'acqua diventerà ancora più abbondante e altre in cui avanzerà il deserto.
      Calcolando che quattro persone su dieci vivono in zone in cui l'acqua scarseggia e che queste stesse zone sono quasi sempre le più prolifiche, si comprende come lo scenario indichi una forte accelerazione degli squilibri geopolitici e una crescita dei profughi ambientali.
      Già oggi 67 milioni di persone nel Nord Africa e 145 milioni nel Sahel sono minacciati dalla desertificazione: più di 200 milioni di esseri umani non hanno altra scelta che spostarsi verso le città della costa che, non potendo accoglierli, li spingono ancora più lontano. Nel 2025 il numero dei «profughi ambientali» potrebbe quadruplicare. Una pressione che diventerebbe spaventosa anche nel bacino del Mediterraneo, trasformato in una linea di faglia demografica e ambientale: nel nord la disponibilità di acqua è destinata a crescere (si potrebbe arrivare a 2 mila metri cubi all'anno per abitante, molto più del fabbisogno), nell'area mediterranea si dimezzerà.
      In questo scenario anche l'Italia si troverebbe spaccata in due: il 27 per cento del territorio è già minacciato dall'inaridimento e un italiano su tre non può
 

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aprire i rubinetti con tranquillità (la percentuale sale a oltre il 70 per cento nelle isole). La desertificazione tende ad avanzare in Sicilia, Sardegna, Puglia, Calabria e Basilicata, mentre le alluvioni battono con sempre maggiore insistenza le regioni settentrionali.
      Quello disegnato dall'Istituto delle risorse mondiali è un quadro catastrofico, presentato lo stesso giorno in cui un altro ricercatore americano, Richardson Gill, rendeva pubblica una ricerca sull'uso dell'acqua come fattore chiave dello sviluppo e del declino di intere civiltà. Secondo Richardson Gill, sarebbero stati due secoli di terribile siccità a causare la scomparsa dei Maya in Messico, uccidendo tra i cinque e i dieci milioni di indios: la sopravvivenza della maggior parte delle città dipendeva dalle piogge e dai grandi serbatoi d'acqua che si dovevano riempire ogni anno.
      La teoria si basa sul ritrovamento di enormi croste di solfato di calcio sul fondo dei laghi dello Yucatan, nelle zone vicino a cui vissero le popolazioni maya. In condizioni di elevata siccità l'acqua evapora e il solfato di calcio precipita sul fondo formando delle cappe, la cui consistenza permette di determinare la gravità del problema.
      Ritornando ai giorni nostri, dei 40 mila chilometri cubi di acqua dolce che raggiungono la terra, solo 13.500 sono teoricamente disponibili per l'uso umano: circa 4 mila chilometri cubi ogni anno vengono prelevati per soddisfare i bisogni di una umanità in continua crescita.
      Il 40 per cento della popolazione mondiale, ovvero circa 2 miliardi e 200 milioni di esseri umani, vive oggi in ottanta Paesi classificati come aridi o semiaridi. E la percentuale è destinata a crescere entro la metà del XXI secolo, fino a raggiungere il 65 per cento degli abitanti della terra. Ma non basta: la Banca mondiale ha calcolato che l'acqua di 250 bacini fluviali (dal Nilo al Mekong) è uno dei principali fattori di crisi, fino allo scoppio di conflitti bellici. Il futuro è ancora più inquietante. Le generazioni prossime rischiano di pagare un prezzo altissimo: la domanda di acqua, infatti, raddoppia ogni ventuno anni e le risorse idriche mondiali vengono sfruttate oltre ogni limite di sostenibilità, soprattutto nei Paesi industrializzati. L'inquinamento, infine, determina un progressivo peggioramento della qualità dell'acqua, rendendo spesso indisponibile una risorsa già così gravemente stressata.
      La situazione in Italia, con consumi effettivi di acqua erogata mediamente attorno ai 380 litri (ma con oscillazioni locali anche significative), pur non essendo drammatica come in altre aree del pianeta, non è certo da sottovalutare: negli ultimi decenni si sono moltiplicati gli eventi alluvionali catastrofici, l'inquinamento dei fiumi e dei laghi non accenna a migliorare, la domanda di acqua, che in alcuni settori sembra finalmente stabilizzata, in altri settori è destinata a crescere e a concentrarsi in aree e periodi svantaggiosi (nel settore turistico, ad esempio, la domanda di acqua potabile è in continua crescita e si concentra nei periodi dell'anno più critici e in aree sfavorite come le isole e le zone costiere).
      Definire, in questo quadro, quale sia l'uso «sostenibile» dell'acqua non è cosa facile. Le dimensioni rilevanti da considerare sono quella ecologica, quella economica e quella sociale.
      Se guardiamo agli aspetti ecologici, il concetto di uso «sostenibile» dell'acqua potrebbe essere interpretato come l'uso che non compromette le potenzialità future e che interferisce il meno possibile con i cicli biogeochimici naturali legati all'acqua.
      L'interferenza si manifesta innanzitutto attraverso lo sfruttamento delle risorse, per cui una parte sempre più consistente della portata dei fiumi e delle falde viene sottratta alla circolazione naturale e portata attraverso tubazioni artificiali in luoghi spesso molto lontani dalla sua origine. Modificando il ciclo dell'acqua, però, si agisce anche sul ciclo sedimentario, perché l'acqua sottratta alla circolazione - e le opere necessarie per sottrarla - comportano una sensibile riduzione dei processi
 

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geomorfologici di erosione e sedimentazione.
      L'uso «sostenibile» di risorse idriche, dunque, è quello che ne sottrae la minor quantità possibile alla circolazione naturale, ne consuma la minima parte e la restituisce il più vicino possibile al punto di prelievo con caratteristiche qualitative più vicine possibile a quelle di partenza.
      Mentre l'idea della sostenibilità ecologica ancora fatica ad entrare nella prassi politico-amministrativa, quella della sostenibilità economica dell'uso dell'acqua è ormai ampiamente recepita anche a livello normativo. Il principio base è il cosiddetto «chi usa (o chi inquina) paga». Secondo questo principio non è scontato che la collettività debba farsi carico di garantire sempre e comunque la disponibilità di acqua per tutti gli usi. Al contrario, gli utilizzatori debbono sobbarcarsi l'onere finanziario della gestione delle acque: dal prelievo alla distribuzione, raccolta e depurazione degli scarichi.
      Il concetto di sviluppo sostenibile e la sua applicazione «politica» sancita dall'Agenda 21 della Conferenza di Rio de Janeiro, concernente, tra l'altro, la lotta contro la desertificazione, ha una forte connotazione sociale: la possibilità di disporre di una sufficiente quantità d'acqua di buona qualità per i propri bisogni è tra i diritti riconosciuti di ogni cittadino.
      In Italia, secondo una stima, utilizzata anche dall'Istituto di ricerca sulle acque (IRSA) del Consiglio nazionale delle ricerche, dei 52 miliardi di metri cubi disponibili con le attuali capacità di regolazione, circa 40 sono effettivamente utilizzati.
      I dati disponibili sui consumi civili sono ancora quelli della rilevazione ISTAT relativi al 1987, da cui si evidenzia un forte aumento del prelievo idrico rispetto al decennio precedente, accompagnato da un peggioramento dell'efficienza della distribuzione. Non esistono dati nazionali relativi agli anni '90, ma un documento dell'IRSA sostiene che la tendenza alla crescita del prelievo idrico per uso civile si è arrestata: i dati della Federgasacqua mostrerebbero una sostanziale stabilizzazione dei prelievi. Se prendiamo ad esempio la città di Roma, alla fine degli anni Novanta il dato sulla stabilizzazione dei prelievi sembrava in effetti confermato: tra il 1988 e il 1997 l'acqua captata è passata da 580 a 550 milioni di metri cubi l'anno. Sulla base dello stesso esempio va rilevato però che l'efficienza non tende a migliorare per tutti gli anni '90: tra il 1988 e il 1997 il differenziale tra l'acqua addotta e l'acqua erogata oscillava costantemente tra il 30 e il 35 per cento. Questa quota non include tutta l'acqua immessa in rete e non fatturata; non include, quindi, le cosiddette «perdite apparenti», come le frodi e gli sfori necessari a mantenere la pressione costante. Le perdite reali ammonterebbero a circa il 20 per cento; d'altra parte, la situazione della distribuzione in molte altre città è presumibilmente peggiore di quella di Roma, per cui un valore del 30 per cento di perdite non sembra lontano dalla media nazionale.
      Sembra difficile concordare con l'IRSA quando afferma che «è da attendersi in futuro, anche per effetto di una politica tariffaria che trasferirà sul consumatore quasi per intero il costo dell'acqua, che anche in Italia si determini a medio e lungo termine una maggiore efficienza dell'acqua nell'uso domestico e negli altri usi connessi alle reti urbane».
      Il miglioramento dell'efficienza nelle reti di distribuzione non dipende, infatti, dalle tariffe pagate dall'utente all'ente gestore, ma dai canoni pagati dall'ente gestore allo Stato: tali canoni sono ancor oggi assolutamente irrisori (circa 0,0005 euro a metro cubo) per giustificare investimenti consistenti come quelli necessari al miglioramento dell'efficienza delle reti.
      Per lo stesso motivo sembra poco probabile, a meno che non si intervenga radicalmente sui canoni, che si diffondano esperienze di razionalizzazione dell'utilizzo agricolo o di riuso delle acque reflue. L'acqua per uso irriguo ha un canone di circa 0,0001 euro a metro cubo: se si considera che i costi di investimento per
 

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realizzare le opere necessarie alle derivazioni d'acqua sono quasi sempre a carico pubblico è evidente come sia preferibile, per un potenziale utilizzatore agricolo, ricorrere ad acque superficiali piuttosto che ad acque usate.
      Con l'approvazione della legge 10 maggio 1976, n. 319, cosiddetta «legge Merli», si è avviata anche in Italia una politica di gestione sostenibile delle risorse idriche. Questa legge ha segnato un punto di discontinuità con una politica che, fino ad allora, aveva guardato alle acque esclusivamente come una risorsa da sfruttare.
      Da allora la cultura della «sostenibilità» ha permeato sempre più profondamente la politica idrica italiana e ha portato all'approvazione di leggi orientate a modificare radicalmente il vecchio approccio «predatorio» alla gestione delle acque, come la legge 18 maggio 1989, n. 183, recante norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo e la legge 5 gennaio 1994, n. 36, recante disposizioni in materia di risorse idriche. Anche il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, che recepisce le direttive 91/271/CEE e 91/676/CEE, sebbene al di sotto delle aspettative e delle potenzialità, va nella direzione di garantire una sempre maggiore tutela delle acque e degli ecosistemi acquatici.
      La citata legge n. 36 del 1994 ha sancito in maniera probabilmente definitiva l'avvento di una nuova cultura dell'uso dell'acqua, basata sul principio che chi usa (o chi inquina) paga. Questo principio va a sostituirsi ad una prassi consolidata, secondo cui la disponibilità idrica rappresenta un diritto che deve essere soddisfatto comunque, a spese della collettività, che spesso sopporta sia il costo industriale dell'acqua che il costo esterno. Il costo esterno è quello che la collettività deve sopportare per l'impossibilità di soddisfare usi alternativi della risorsa idrica. Fra i costi esterni assume oggi particolare importanza quello ambientale, determinato dalla incapacità del corso d'acqua di mantenere condizioni adatte alla vita acquatica, dall'impatto sul paesaggio dovuto alla permanenza di deflussi scarsi, dall'escursione del livello di invaso nei serbatoi, dall'impatto visivo delle dighe, dal rischio idraulico eccetera.
      Occorre quindi «rifocalizzare» progressivamente la politica delle infrastrutture idriche passando da una logica di soddisfacimento indiscriminato dei fabbisogni ad una logica di mercato, ossia di domanda. Vale a dire, l'utilità di una infrastruttura idrica deve essere misurata sulla base del valore, privato e sociale, che l'infrastruttura genera.
      La politica idrica deve essere coerente con i princìpi dello sviluppo sostenibile e deve essere stabilmente inserita nel quadro, più generale, della politica ambientale affinché siano salvaguardati i diritti delle generazioni future.
      Da questo approccio discendono alcune importanti regole:

          1) non dovrebbero essere realizzate grandi opere di trasferimento di acqua se non dopo avere attentamente soppesato i benefìci economici e sociali con i costi ambientali; eccezioni sono da ammettere forse nei casi in cui venga meno la possibilità di garantire una disponibilità minima certa per gli usi essenziali ma non per sussidiare attività economiche in perdita;

          2) la «politica della domanda» dovrebbe essere perseguita quanto, e forse più, della «politica dell'offerta»;

          3) è necessario «chiudere il cerchio» dei costi e dei benefìci entro un ambito il più possibile locale, con un potenziale ruolo integrativo, e non sostitutivo, per la finanza pubblica.

      L'intervento finanziario dello Stato e della finanza pubblica in genere deve essere residuale e finalizzato a pochi obiettivi strategici. In linea di principio, l'intervento dello Stato deve assumere una funzione residuale, integrativa e incentivante; deve e può darsi l'obiettivo di correggere gli squilibri, ma deve appoggiarsi, anziché sostituirsi, al circuito finanziario

 

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«normale» rappresentato dal meccanismo tariffario.

      Nello stesso tempo, pur senza mettere in discussione un insieme di pratiche di consolidata efficacia, bisogna tuttavia sottolineare che esiste uno spazio insoddisfatto di domanda di tecnologie sviluppate che, se correttamente utilizzate, potrebbero portare consistenti benefìci. Con la presente proposta di legge si intende stimolare comportamenti virtuosi tali da garantire alle generazioni future un patrimonio insostituibile per la vita: l'acqua.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità ed ambito di applicazione).

      1. Al fine di ridurre i consumi di acqua e di migliorare le condizioni di compatibilità ambientale dell'utilizzo delle risorse idriche a parità di servizio reso e di qualità della vita, le disposizioni della presente legge sono finalizzate a favorire e a incentivare, in accordo con la politica idrica dell'Unione europea, l'uso razionale dell'acqua, il contenimento dei consumi di acqua nella produzione e nell'utilizzo dei manufatti, nonché la riduzione dei consumi specifici di acqua per uso civile, nei processi produttivi e in agricoltura.
      2. La politica di uso razionale dell'acqua definisce un complesso di azioni organiche dirette alla promozione del risparmio idrico, all'uso appropriato delle risorse idriche e al miglioramento dei processi tecnologici che utilizzano o distribuiscono acqua.
      3. L'utilizzazione delle risorse idriche è considerata di pubblico interesse e di pubblica utilità e le opere relative sono equiparate alle opere dichiarate indifferibili ed urgenti ai fini dell'applicazione della legislazione vigente in materia di opere pubbliche.

Art. 2.
(Coordinamento degli interventi).

      1. Allo scopo di realizzare le finalità di cui all'articolo 1, il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana,

 

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entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, e successivamente con cadenza almeno triennale, apposite direttive recanti norme per l'impiego coordinato degli strumenti pubblici di intervento e di incentivazione della promozione, della ricerca e dello sviluppo tecnologico nei settori della distribuzione e dell'utilizzo dell'acqua e del contenimento dei consumi idrici.
      2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministro dell'economia e delle finanze, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, e successivamente con cadenza almeno triennale, un decreto recante disposizioni per la determinazione dei canoni per le concessioni di derivazione di acque pubbliche.
      3. I canoni di cui agli articoli 35 e 36 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e successive modificazioni, sono triplicati.

Art. 3.
(Accordo di programma).

      1. Per lo sviluppo delle attività aventi le finalità di cui all'articolo 1, il Ministro dello sviluppo economico, di intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, provvede a stipulare con l'Istituto di ricerca sulle acque (IRSA) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) un accordo di programma, con validità triennale, nel quale sono stabiliti gli obiettivi, i tempi di attuazione e le previsioni di spesa dei progetti relativi al programma medesimo per un ammontare complessivo non superiore al 10 per cento degli stanziamenti di cui all'articolo 26.

 

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Art. 4.
(Norme attuative e sulle tipologie tecnico-costruttive).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, emanato di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentiti il CNR, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono emanate norme che definiscono i criteri generali tecnico-costruttivi e le tipologie per l'edilizia sovvenzionata e convenzionata nonché per l'edilizia pubblica e privata, anche riguardo alla ristrutturazione degli edifici esistenti, allo scopo di consentire la realizzazione delle finalità di cui all'articolo 1. Tali norme sono aggiornate, secondo la medesima procedura, ogni due anni.
      2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, in relazione alle finalità di cui all'articolo 1, emana, con proprio decreto, la normativa tecnica al cui rispetto sono condizionati il rilascio delle autorizzazioni e la concessione e l'erogazione di finanziamenti e di contributi per la realizzazione di opere pubbliche.
      3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e con il Ministro dello sviluppo economico, sentiti il CNR, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono emanate norme per definire i criteri generali per la costruzione o la ristrutturazione degli impianti di interesse agricolo e zootecnico, allo scopo di consentire la realizzazione delle finalità di cui all'articolo 1.
      4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela

 

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del territorio, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentiti il CNR, gli enti gestori degli acquedotti, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché le associazioni di categoria interessate e le associazioni di istituti nazionali operanti per l'uso razionale delle risorse idriche, sono emanate norme per il contenimento dei consumi idrici, riguardanti, in particolare, la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti idrici, nonché la determinazione delle zone di crisi idrica, la rete di distribuzione e l'adeguamento delle infrastrutture di distribuzione.
      5. Per le finalità di cui all'articolo 1, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentiti i Ministri interessati, sono emanate norme dirette ad assicurare il contenimento dei consumi idrici, prevedendo, ove ne ricorrano i presupposti, la loro efficacia per periodi limitati.

Art. 5.
(Piani regionali).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, d'intesa con il CNR, individuano i bacini che, in relazione alle caratteristiche, alle dimensioni, alle esigenze di utenza e alla disponibilità di risorse idriche, costituiscono le aree più idonee ai fini della fattibilità degli interventi finalizzati all'uso razionale dell'acqua.
      2. Di intesa con gli enti locali e con le loro aziende inseriti nei bacini di cui al comma 1 ed in coordinamento con il CNR, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, predispongono, rispettivamente, un piano regionale e un piano provinciale relativi al risparmio idrico.

 

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      3. I piani di cui al comma 2 contengono in particolare:

          a) il bilancio idrico regionale o provinciale;

          b) l'individuazione dei bacini idrici territoriali;

          c) l'individuazione delle risorse finanziarie da destinare agli interventi di risparmio idrico;

          d) la destinazione delle risorse finanziarie, secondo un ordine di priorità relativo alla quantità percentuale ed assoluta di acqua risparmiata, per gli interventi di risparmio idrico;

          e) la formulazione di obiettivi secondo priorità di intervento.

      4. In caso di inadempienza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano a quanto previsto nei commi 1, 2 e 3 nei termini ivi stabiliti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa diffida, esercita il potere sostitutivo, provvedendo con proprio decreto, su proposta del CNR, sentiti gli enti locali interessati.
      5. I piani regolatori generali di cui alla legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, devono prevedere uno specifico piano a livello comunale relativo al risparmio idrico.

Art. 6.
(Contributi in conto capitale per il risparmio idrico nell'edilizia).

      1. Al fine di incentivare la realizzazione di iniziative volte a ridurre il consumo specifico di acqua, nonché il miglioramento dell'efficienza idrica nelle abitazioni adibite ad uso civile ed a uso industriale, artigianale, commerciale, turistico, sportivo ed agricolo, possono essere concessi contributi in conto capitale nella misura minima del 20 per cento e nella misura massima del 40 per cento della spesa di investimento ammissibile

 

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documentata per ciascuno degli interventi previsti dalla presente legge, secondo modalità definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima.
      2. Nel caso di effettuazione da parte del locatore di immobili urbani di interventi aventi le finalità di cui al comma 1 del presente articolo si applica l'articolo 23 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni.

Art. 7.
(Compiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano).

      1. La concessione e l'erogazione dei contributi previsti dagli articoli 6, 8 e 11 sono delegate alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
      2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'economia e delle finanze, emana, con proprio decreto, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, le direttive per uniformare i criteri di valutazione delle domande, le procedure e le modalità di concessione e di erogazione dei contributi da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano tengono conto nell'istruttoria di propria competenza dei tempi di realizzazione delle singole iniziative, dei consumi d'acqua preesistenti, dei benefìci idrici attesi, della quantità di acqua primaria risparmiata per unità di capitale investito, nonché, per gli interventi di cui all'articolo 6, della tipologia degli edifici e dei soggetti beneficiari dei contributi, dando priorità agli interventi integrati.
      3. Entro il 31 marzo di ciascun anno, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano inoltrano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, una apposita richiesta di fondi documentata sulla base delle domande effettivamente pervenute e favorevolmente istruite.

 

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      4. Tenuto conto delle richieste delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, pervenute entro il termine di cui al comma 3, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, entro un mese dalla ricezione delle richieste stesse, propone al CIPE, che provvede entro il mese successivo, la ripartizione tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dei fondi, in relazione a ciascuno degli interventi di cui agli articoli 6, 8 e 11.
      5. I fondi assegnati alle singole regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi del comma 4 sono improrogabilmente impegnati mediante appositi atti di concessione dei contributi entro quattro mesi dalla ripartizione dei fondi stessi. I fondi residui, per i quali le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non abbiano fornito la documentazione relativa agli atti di impegno entro il mese successivo, sono destinati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, con proprio provvedimento, ad ulteriori iniziative inevase da parte delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base delle percentuali di ripartizione già adottate dal CIPE ai sensi del citato comma  4.
      6. Per il primo anno di applicazione della presente legge il termine di cui al comma 3 è fissato al novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della stessa e la nuova ripartizione dei fondi residui di cui al comma 5 riguarda anche eventuali fondi residui trasferiti alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano per le medesime finalità sulla base della normativa previgente e non impegnati entro il termine di quattro mesi di cui al medesimo comma  5.
      7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, avvalendosi anche dell'IRSA ai sensi dell'articolo 13, comma 3, provvedono ad accertare l'effettivo conseguimento del risparmio idrico, attraverso idonei strumenti di verifica con metodo a campione o secondo criteri di priorità. In caso di esito negativo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ne danno informazione immediata
 

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al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e provvedono all'immediata revoca totale o parziale dei contributi concessi ed al recupero degli importi già erogati, maggiorati di un interesse pari al tasso ufficiale di sconto vigente alla data dell'ordinativo di pagamento, con le modalità di cui all'articolo 2 del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639. Le somme recuperate sono annualmente ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la finalità di cui alla presente legge, con le modalità di cui al comma 4.

Art. 8.
(Contributi per il contenimento dei consumi idrici nei settori industriale, artigianale e terziario).

      1. Al fine di realizzare le finalità di cui all'articolo 1 nei settori industriale, artigianale e terziario, possono essere concessi contributi in conto capitale fino al 30 per cento della spesa ammissibile preventivata per realizzare o modificare impianti fissi, sistemi o componenti.

Art. 9.
(Contributi per il contenimento dei consumi idrici nel settore civile).

      1. Alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, alle province ed ai comuni e ai loro consorzi e associazioni, sia direttamente sia tramite loro aziende e società, possono essere concessi contributi in conto capitale per studi di fattibilità tecnico-economica, per progetti esecutivi di impianti civili, industriali o misti di captazioni, di recupero, di trasporto e di distribuzione delle acque, nonché per iniziative aventi le finalità di cui all'articolo 1.
      2. I contributi di cui al comma 1 sono concessi con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentito

 

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il Ministro dello sviluppo economico, nel limite massimo del 50 per cento della spesa ammissibile prevista sino ad un massimo di 25.823 euro per gli studi di fattibilità tecnico-economica e di 154.937 euro per i progetti esecutivi.

Art. 10.
(Progetti dimostrativi).

      1. Alle aziende pubbliche e private e ai loro consorzi nonché ai consorzi di imprese e di enti pubblici possono essere concessi contributi in conto capitale per la progettazione e la realizzazione di impianti con caratteristiche innovative per aspetti tecnici, gestionali od organizzativi, ovvero che sviluppino prototipi a basso consumo specifico, ovvero nuove tecnologie che non abbiano raggiunto la maturità commerciale o di esercizio. Sono ammessi, altresì, ai contributi i sistemi finalizzati a migliorare la potabilizzazione dell'acqua ed il riutilizzo delle acque in generale.
      2. Il contributo di cui al comma 1 è concesso, nel limite del 50 per cento della spesa ammissibile preventivata, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentito il Ministro dello sviluppo economico, su delibera del CIPE.

Art. 11.
(Incentivi per il risparmio idrico nel settore agricolo).

      1. Al fine di realizzare le finalità di cui all'articolo 1 nel settore agricolo, possono essere concessi alle imprese agricole, singole o associate, ai consorzi di imprese agricole, ovvero alle società che offrono e gestiscono servizi idrici, che prevedono la partecipazione di aziende municipalizzate o di altri enti pubblici, contributi in conto capitale per la realizzazione di impianti con un recupero idrico di almeno il 30 per cento, nella misura massima del 55 per

 

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cento della spesa ammessa, elevabile al 65 per cento per le cooperative.
      2. I contributi di cui al comma 1 sono concessi con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentito il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, su delibera del CIPE.
      3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovono accordi con le associazioni di categoria degli imprenditori agricoli e dei coltivatori finalizzati all'individuazione dei soggetti e degli strumenti per la realizzazione di interventi di uso razionale delle risorse idriche.

Art. 12.
(Disposizioni di attuazione).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano emanano norme per l'attuazione della presente legge.

      2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e i comuni, singoli o associati, possono dotarsi di appositi servizi per l'attuazione degli adempimenti di loro competenza previsti dalla presente legge.

Art. 13.
(Cumulo di contributi e casi di revoca).

      1. I contributi di cui agli articoli 6, 8, 9, 10 e 11 sono cumulabili con altre incentivazioni eventualmente previste dalla legislazione vigente a carico del bilancio dello Stato, fino al 75 per cento dell'investimento complessivo.
      2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, può promuovere, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, apposite convenzioni con istituti di credito, istituti e società finanziari, al fine di facilitare l'accesso al credito per la realizzazione delle iniziative agevolate ai sensi della presente legge.

 

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      3. Nell'ambito delle proprie competenze e su richiesta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, l'IRSA effettua verifiche a campione o secondo criteri di priorità sull'effettiva e completa realizzazione delle iniziative di risparmio idrico agevolate ai sensi degli articoli 9 e 10. In caso di esito negativo delle verifiche, l'IRSA ne dà immediata comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che provvede alla revoca parziale o totale dei contributi ed al recupero degli importi già erogati, maggiorati di un interesse pari al tasso ufficiale di sconto vigente alla data dell'ordinativo di pagamento, con le modalità di cui all'articolo 2 del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.

Art. 14.
(Modalità di concessione e di erogazione dei contributi).

      1. Per i contributi di cui agli articoli 9 e 10 le modalità di concessione e di erogazione, le prescrizioni tecniche richieste per la stesura degli studi di fattibilità e dei progetti esecutivi, le prescrizioni sulle garanzie di regolare esercizio e di corretta manutenzione degli impianti nonché i criteri per la valutazione delle domande di finanziamento sono fissati con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      2. Ai fini dell'acquisizione dei contributi di cui al comma 1 del presente articolo, le spese sostenute possono essere documentate nelle forme previste dall'articolo 18, quinto comma, della legge 26 aprile 1983, n. 130.
      3. Su tutti i contributi previsti dalla presente legge possono essere concesse anticipazioni in corso d'opera garantite da polizze fideiussorie bancarie ed assicurative emesse da istituti allo scopo autorizzati,

 

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con le modalità ed entro i limiti fissati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      4. Su richiesta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, i soggetti beneficiari dei contributi di cui alla presente legge sono tenuti a comunicare i dati idrici relativi alle proprie strutture ed imprese. I soggetti beneficiari dei contributi previsti dalla presente legge nominano un responsabile per l'uso razionale delle risorse idriche che individua le azioni, gli interventi, le procedure e quanto altro necessario per la realizzazione delle finalità di cui all'articolo 1, assicurando la predisposizione di bilanci idrici in funzione anche dei parametri economici e degli usi idrici finali.
      5. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il CNR provvede a definire apposite schede informative di diagnosi energetica e di uso delle risorse, diversamente articolate in relazione ai tipi d'impresa, ai soggetti ed ai settori di appartenenza.
      6. Nell'ambito delle proprie competenze il CNR provvede, altresì, sulla base di apposite convenzioni con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, a realizzare idonee campagne promozionali sulle finalità della presente legge e a realizzare direttamente ed indirettamente programmi di diagnosi idrica.

Art. 15.
(Relazione annuale al Parlamento).

      1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro il 30 aprile di ogni anno, riferisce al Parlamento sullo stato di attuazione della presente legge, tenendo conto delle relazioni che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano inviano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio entro il mese di febbraio del medesimo anno, nonché sugli adempimenti di rispettiva

 

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competenza, con particolare riferimento agli obiettivi e ai programmi contenuti nei rispettivi piani di risparmio idrico.

Art. 16.
(Contenimento dei consumi idrici negli edifici).

      1. Negli edifici pubblici e privati, qualunque sia la destinazione d'uso, ai nuovi impianti, ai lavori, alle opere, alle modifiche e alle installazioni relativi alla distribuzione di acqua si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6 e 17 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nel rispetto delle norme urbanistiche, di tutela artistico-storica ed ambientale.
      2. Gli interventi di risparmio idrico di cui al comma 1 del presente articolo in edifici ed in impianti industriali non sono soggetti ad autorizzazione specifica e sono assimilati a tutti gli effetti alla manutenzione straordinaria di cui all'articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
      3. Per gli impianti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo idrico degli edifici stessi, sono valide le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali dei proprietari.
      4. Gli edifici pubblici e privati, qualunque ne sia la destinazione d'uso, devono essere progettati e messi in opera in modo tale da contenere al massimo, in relazione al progresso della tecnica, i consumi idrici.

Art. 17.
(Relazione tecnica sul rispetto delle prescrizioni).

      1. Il proprietario dell'edificio, o chi ne ha titolo, deve depositare al comune, in doppia copia insieme alla denuncia di

 

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inizio dei lavori relativi alle opere di cui all'articolo 16, il progetto delle opere stesse corredato da una relazione tecnica, sottoscritta dal progettista o dai progettisti, che ne attesti la rispondenza alle prescrizioni della presente legge.
      2. Nel caso in cui la denuncia e la documentazione di cui al comma 1 non siano state presentate al comune prima dell'inizio dei lavori, il sindaco, fatta salva la sanzione amministrativa di cui all'articolo 23, ordina la sospensione dei lavori sino al compimento del citato adempimento.
      3. La documentazione di cui al comma 1 deve essere compilata secondo le modalità stabilite, con proprio decreto, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
      4. Una copia della documentazione di cui al comma 1 è conservata dal comune ai fini dei controlli e delle verifiche di cui all'articolo 22.
      5. La seconda copia della documentazione di cui al comma 1, restituita dal comune con l'attestazione dell'avvenuto deposito, deve essere consegnata a cura del proprietario dell'edificio, o di chi ne ha titolo, al direttore dei lavori ovvero all'esecutore dei lavori. Il direttore ovvero l'esecutore dei lavori sono responsabili della conservazione di tale documentazione in cantiere.

Art. 18.
(Certificazione delle opere e collaudo).

      1. Per la certificazione e il collaudo delle opere previste dalla presente legge si applica la legge 5 marzo 1990, n. 46, e successive modificazioni.

Art. 19.
(Certificazione idrica degli edifici).

      1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentiti il Ministro delle infrastrutture

 

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e il CNR, sono emanate norme per la certificazione idrica degli edifici. Il decreto individua, altresì, i soggetti abilitati a rilasciare la certificazione.
      2. Nei casi di compravendita o di locazione il certificato di collaudo e la certificazione idrica devono essere portati a conoscenza dell'acquirente o del locatario dell'intero immobile o della singola unità immobiliare.
      3. Il proprietario o il locatario di cui al comma 2 può richiedere al comune ove è ubicato l'edificio la certificazione idrica dell'intero immobile o della singola unità immobiliare. Le spese relative sono a carico del soggetto che ne fa richiesta.
      4. L'attestato relativo alla certificazione idrica ha una validità di cinque anni a decorrere dall'atto del rilascio.

Art. 20.
(Esercizio e manutenzione degli impianti).

      1. Nell'esercizio degli impianti il proprietario, o un terzo, che se ne assume la responsabilità, deve adottare le misure necessarie per contenere i consumi di acqua, entro i limiti previsti dalla normativa vigente in materia.

Art. 21.
(Certificazioni e informazioni ai consumatori).

      1. Ai fini della commercializzazione, le caratteristiche e le prestazioni idriche dei componenti degli edifici e degli impianti devono essere certificate secondo le modalità stabilite, con proprio decreto, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle infrastrutture, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

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      2. Le imprese che producono o commercializzano i componenti di cui al comma 1 sono obbligate a riportare su di essi gli estremi dell'avvenuta certificazione ai sensi del medesimo comma.

Art. 22.
(Controlli e verifiche).

      1. Il comune procede al controllo dell'osservanza delle disposizioni della presente legge in relazione al progetto delle opere in corso di realizzazione ovvero entro cinque anni dalla data della fine dei lavori dichiarata dal committente.
      2. La verifica di cui al comma 1 può essere effettuata in qualunque momento, anche su richiesta e a spese del committente, dall'acquirente dell'immobile, dal conduttore ovvero dall'esercente gli impianti.
      3. In caso di accertamento di difformità in corso d'opera, il sindaco ordina la sospensione dei lavori.
      4. In caso di accertamento di difformità su opere terminate, il sindaco ordina, a carico del proprietario, le modifiche necessarie per adeguare l'edificio alle caratteristiche previste dalla presente legge.
      5. Nei casi previsti dai commi 3 e 4, il sindaco informa il prefetto al fine dell'irrogazione delle sanzioni di cui all'articolo 23.

Art. 23.
(Sanzioni).

      1. L'inosservanza dell'obbligo di cui al comma 1 dell'articolo 17 è punita con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma non inferiore a 516 euro e non superiore a 2.582 euro.
      2. Il proprietario dell'edificio nel quale sono eseguite opere difformi dalla documentazione depositata ai sensi dell'articolo 17 e che non osserva le disposizioni di cui all'articolo 16 è punito con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento

 

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di una somma in misura non inferiore al 5 per cento e non superiore al 25 per cento del valore delle opere.
      3. Il costruttore e il direttore dei lavori che omettono la certificazione di cui all'articolo 18, ovvero che rilasciano una certificazione non veritiera, nonché il progettista che rilascia una relazione di cui al comma 1 dell'articolo 17 non veritiera, sono puniti in solido con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma non inferiore all'1 per cento e non superiore al 5 per cento del valore delle opere, fatti salvi i casi di responsabilità penale.
      4. Il collaudatore che non ottempera a quanto stabilito dall'articolo 18 è punito con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma pari al 50 per cento della parcella calcolata secondo la vigente tariffa professionale.
      5. L'inosservanza delle prescrizioni di cui all'articolo 21 è punita con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma non inferiore a 2.582 euro e non superiore a 10.329 euro, fatti salvi i casi di responsabilità penale.
      6. Qualora soggetto alla sanzione amministrativa sia un professionista, l'autorità che applica la sanzione deve darne comunicazione all'ordine professionale di appartenenza al fine dell'irrogazione dei provvedimenti disciplinari conseguenti.
      7. L'inosservanza della disposizione che impone la nomina, ai sensi del comma 4 dell'articolo 14, del tecnico responsabile per l'uso razionale delle risorse idriche è punita con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma non inferiore 5.165 euro e non superiore a 25.823 euro.

Art. 24.
(Provvedimenti di sospensione dei lavori).

      1. Il sindaco, con il provvedimento mediante il quale ordina la sospensione dei lavori, ovvero le modifiche necessarie per l'adeguamento dell'edificio, deve fissare il termine per la regolarizzazione.

 

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L'inosservanza del termine comporta la comunicazione al prefetto, l'ulteriore irrogazione della sanzione amministrativa e l'esecuzione forzata delle opere con spese a carico del proprietario.

Art. 25.
(Irregolarità rilevate dall'acquirente o dal conduttore).

      1. Qualora l'acquirente o il conduttore dell'immobile riscontri difformità dalle norme della presente legge, anche non emerse da eventuali precedenti verifiche, deve farne denuncia al comune entro un anno dalla constatazione, a pena di decadenza dal diritto al risarcimento del danno da parte del committente o del proprietario.

Art. 26.
(Disposizioni finanziarie).

      1. Per le finalità previste dalla presente legge è autorizzata la spesa di 310 milioni di euro per il 2006, di 415 milioni di euro per il 2007 e di 517 milioni di euro per il 2008.
      2. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
      3. Alla ripartizione delle somme di cui al comma 1 si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, tenuto conto degli indirizzi governativi in materia di politica idrica.

 

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      4. Le somme di cui al presente articolo, non utilizzate entro l'anno di competenza, possono essere utilizzate negli anni successivi.
      5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, anche nel conto dei residui.


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