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PDL 2032

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2032



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PANIZ

Delega al Governo per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione in materia di federalismo fiscale

Presentata il 6 dicembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Nel nostro Paese è oggi in atto un rilevante processo di riforma istituzionale orientato alla trasformazione in senso federale dello Stato, che trae la sua ragione profonda nella sentita e diffusa necessità di riorganizzare il potere pubblico, avvicinandolo sempre più alla comunità degli amministrati.
      Già con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e con l'approvazione della relativa legge di attuazione 5 giugno 2003, n. 131 (cosiddetta «legge La Loggia»), è stato previsto un trasferimento di poteri sia normativi che amministrativi dal centro alla periferia, incidendo sull'assetto delle competenze e dei reciproci rapporti tra i diversi livelli istituzionali della Repubblica (comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato).
      Il processo di riforma aveva ricevuto un ulteriore impulso con l'approvazione in Parlamento della legge costituzionale che apportava rilevanti modifiche alla parte seconda della Costituzione - già oggetto di referendum - con la quale, tra l'altro, veniva prevista l'istituzione del Senato federale della Repubblica ed ulteriormente valorizzata l'autonomia legislativa regionale mediante l'attribuzione alla competenza esclusiva delle regioni di materie assai rilevanti, quali quelle attinenti alla sanità, alla scuola e alla polizia locale.
      Alla realizzazione del modello federale manca comunque un tassello fondamentale: l'attuazione del federalismo fiscale, previsto dal novellato articolo 119 della Costituzione, che, a cinque anni dalla sua entrata in vigore, non può essere applicato perché manca la legge che detta i princìpi di coordinamento di finanza pubblica e definisce i meccanismi strutturali del nuovo sistema.
      Il grande ritardo è indubbiamente imputabile a difficoltà oggettive:

          a) in primo luogo, con la modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione, non è stata prevista alcuna disposizione

 

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di natura transitoria per regolare il passaggio dal vecchio al nuovo modello di finanziamento delle pubbliche funzioni;

          b) in secondo luogo, l'esigenza di riconoscere alle regioni e agli enti locali spazi di maggiore autonomia normativa, amministrativa e finanziaria si è dovuta confrontare, nell'ultimo periodo - caratterizzato da difficili congiunture economiche - con la necessità del Governo e del Parlamento nazionale di garantire il rispetto dei vincoli di finanza pubblica europei;

          c) infine, sono emerse criticità nel formulare princìpi di coordinamento della finanza pubblica, capaci di assicurare un giusto equilibrio tra autonomia, efficienza e solidarietà per le zone meno sviluppate del Paese.

      Queste difficoltà oggettive hanno condotto al perdurare di un sistema caratterizzato da una finanza regionale e locale in gran parte derivata, cioè dipendente dal bilancio statale.
      Come è stato autorevolmente affermato dalla Corte costituzionale, ancor oggi non è possibile una piena esplicazione di potestà regionali e locali autonome in materia tributaria, ed è tuttora precluso alle regioni di legiferare sui tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali («per converso si deve ritenere tuttora spettante al legislatore statale la potestà di dettare norme modificative, anche nel dettaglio, della disciplina dei tributi locali esistenti» - Corte costituzionale, sentenza n. 37 del 26 gennaio 2004).
      Ciò ha comportato e comporta gravi disfunzioni nel rapporto tra politica e azione amministrativa, e risulta di notevole ostacolo ad un corretto utilizzo delle risorse pubbliche.
      In particolare, da un lato, la separazione tra le decisioni di spesa e il reperimento delle fonti di finanziamento ha spesso causato una deresponsabilizzazione degli amministratori pubblici, dall'altro, ancora non ci si è allontanati da un sistema imperniato su trasferimenti quantificati in base alla spesa storica e sulla negoziazione anno per anno tra gli enti e l'amministrazione centrale dei livelli di indebitamento e del finanziamento degli investimenti.
      Il tentativo di dare impulso all'autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali effettuato con il decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, infatti, si è dimostrato del tutto fallimentare: anche se non si può che giudicare positivamente l'intento di sostituire una serie di trasferimenti statali a destinazione vincolata con un sistema di finanziamento regionale basato su addizionali e compartecipazioni al gettito di tributi erariali, va rilevato che con tale decreto sono stati previsti meccanismi di perequazione gravemente penalizzanti per i territori con minore capacità fiscale (in quanto fondati su tributi distribuiti in modo molto disomogeneo sul territorio nazionale), tanto da generare veri e propri conflitti distributivi tra regioni «ricche» e regioni «povere».
      Queste sistematiche sperequazioni hanno di fatto condotto ad una sostanziale inapplicabilità di criteri distributivi diversi da quello della «spesa storica», che premia chi più spende, e non chi meglio spende.
      È pertanto di tutta evidenza l'urgenza di definire i nuovi meccanismi del federalismo fiscale, superando il modello delineato dal citato decreto legislativo n. 56 del 2000.
      Del resto, l'analisi delle dinamiche finanziarie e i dati derivanti dal modello della finanza derivata non solo mettono in evidenza gli squilibri esistenti tra regione e regione, in particolare tra regione a statuto speciale e regione a statuto ordinario - in rapporto alla ricchezza prodotta da ciascun territorio - ma fanno emergere soprattutto l'impossibilità di mantenere a beneficio dei cittadini una quota significativa della ricchezza e delle risorse prodotte nel territorio stesso. L'attuazione del federalismo fiscale, pur con i necessari meccanismi di perequazione, attraverso la responsabilizzazione degli amministratori nell'equilibrata gestione delle risorse locali, consente di superare i limiti del sistema della finanza derivata, concretizzando

 

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l'autonomia finanziaria indicata nel dettato costituzionale e conferendo maggiore efficacia all'azione dell'amministrazione (a titolo di esempio, si veda l'allegato alla presente relazione).
      Solo godendo di un'effettiva autonomia di entrata e di spesa, gli enti territoriali saranno in grado di porre in essere politiche pubbliche efficaci, in una posizione di reale indipendenza dalle scelte e dai condizionamenti del Governo centrale, pur nel quadro della programmazione nazionale.
      Come ha efficacemente evidenziato l'Alta Commissione di studio per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale, istituita dalla legge finanziaria per il 2003 (articolo 3 della legge 27 dicembre 2002, n. 289) - che nel settembre 2005 ha presentato al Governo un importante studio - il federalismo amministrativo, in assenza di attuazione del federalismo fiscale, è come «un motore che attende il carburante: in mancanza, per quanto evoluto, non potrà mai essere messo in moto».
      Oltre che costituire la linfa vitale di un sistema autenticamente federale, l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione porterà indubbi vantaggi sul complessivo governo della cosa pubblica.

      Ed infatti:

          con l'applicazione del principio anglosassone «no taxation without representation» - per il quale non vi può essere tassazione senza responsabilità diretta di chi la impone - si avrà una effettiva responsabilizzazione degli organi di governo e si consentirà l'assunzione di decisioni politiche responsabili perché «l'elettore vota per chi lo tassa e controlla il modo in cui sono impiegate le risorse prelevate con la tassazione»;

          facendo coincidere il soggetto che impone i tributi con quello che eroga i servizi ai cittadini, si potrà passare da un sistema in cui non vi è alcuna connessione logica e temporale tra le imposte dovute e i servizi ottenuti, ad un modello fiscale in cui, capovolgendo la logica, dalla spesa finanziaria necessaria per erogare i servizi ai cittadini si giunge a quantificare i tributi da imporre;

          infine, dalla responsabilità finanziaria degli enti territoriali discenderà come necessario corollario lo stimolo a comportamenti innovativi e virtuosi, che indurrà ad una maggiore efficienza nel pubblico amministrare.

      La proposta di legge che oggi presento nasce quindi dall'improrogabile esigenza di dare una concreta risposta alle istanze di autonomia delle regioni e degli enti locali e vuole costituire uno stimolo al Governo affinché dia una pronta attuazione alle previsioni costituzionali.
      Venendo ad analizzare i contenuti della proposta di legge, essa si articola anzitutto nel conferimento di una specifica delega al Governo per la determinazione dei princìpi di coordinamento del nuovo sistema tributario.
      Con l'articolo 1 della proposta di legge viene data al Governo la delega per fissare, mediante uno o più decreti legislativi, i princìpi fondamentali in tema di coordinamento della finanza pubblica alle regioni, affinché possano, in seguito, esercitare la propria potestà concorrente in materia, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
      In particolare, con i decreti legislativi emanati dal Governo, dovranno essere approfonditi e declinati alcuni princìpi cardine del nuovo ordinamento finanziario, già delineati dalla legge, quali:

          a) la correlazione tra prelievo fiscale e beneficio connesso alle funzioni esercitate, così da assicurare una immediata connessione tra responsabilità finanziaria e responsabilità amministrativa. In tal modo, da un lato, verrà agevolata una crescita di consapevolezza nei cittadini in ordine alla necessità di pagare le tasse per poter usufruire di corrispondenti servizi, e, dall'altro, verranno notevolmente ridotti i fenomeni, a volte presenti nei livelli locali di governo, di deresponsabilizzazione in ordine alla crescita della spesa pubblica. Il

 

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livello di governo cui le norme di legge statale - nei rapporti tra Stato e regioni - e regionale - nei rapporti tra regione ed enti locali - dovranno assegnare tributi, compartecipazioni o addizionali, dovrà essere individuato in relazione alla competenza ad erogare i servizi ai soggetti colpiti dall'imposizione;

          b) la continenza e la responsabilità nell'imposizione di tributi propri: in base a questo principio, strettamente connesso a quello di correlazione, è necessario che sussista un legame tra presupposto materiale dei tributi istituiti ed attivati da regioni ed enti locali e interessi tutelati da detti enti;

          c) la trasparenza e l'efficienza delle decisioni di entrata e di spesa, in modo da permettere il controllo della collettività sulle politiche di gestione e di spesa dell'ente, e, parallelamente, da consentire una corretta destinazione dei trasferimenti dal fondo perequativo;

          d) il concorso di tutte le pubbliche amministrazioni alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica posti dalla disciplina comunitaria in riferimento al patto di stabilità, così da garantire il coinvolgimento di tutti gli enti che costituiscono la Repubblica negli obiettivi di risanamento dei bilanci pubblici, secondo i parametri imposti dall'Unione europea;

          e) l'incentivazione di comportamenti virtuosi, in modo da introdurre nel nuovo sistema di finanza pubblica meccanismi premianti per gli enti che raggiungono un maggior livello di efficienza;

          f) la limitazione dei trasferimenti di risorse a destinazione vincolata, affinché, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 119 della Costituzione e ribadito dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, sia consentita la trasformazione dell'attuale sistema, caratterizzato in gran parte dal ricorso alla finanza derivata, in un nuovo sistema in grado di esaltare le autonome scelte degli enti territoriali;

          g) la responsabilizzazione, tramite aumento delle flessibilità fiscali, nell'ambito di una sostanziale perequazione: questo principio, strettamente correlato al precedente, costituisce diretto corollario di quanto disposto dall'articolo 119 della Costituzione;

          h) l'obbligo per le regioni di garantire, nell'esercizio nelle proprie competenze legislative, l'autonomia e l'equilibrio finanziario degli enti locali: le regioni nell'esercitare la propria competenza legislativa in materia di coordinamento della finanza pubblica e nel disciplinare i rapporti tra esse e gli enti locali devono consentire a questi ultimi di esercitare le proprie competenze istituzionali in condizioni di autonomia e di potenziale equilibrio finanziario;

          i) la razionalità e la coerenza dei singoli tributi e del sistema nel suo complesso: l'applicazione di questo principio, affermato anche nel cosiddetto «Statuto del contribuente» (legge n. 212 del 2000) è essenziale perché il nuovo ordinamento finanziario e tributario del Paese consenta un miglioramento di efficienza dell'azione pubblica senza che vi sia un aumento indiscriminato del prelievo fiscale;

          l) la semplificazione del sistema tributario e degli adempimenti a carico del contribuente, così da agevolare il rispetto delle norme che impongono il pagamento di tributi da parte dei cittadini;

          m) l'omogeneità dei tributi regionali e locali, in modo da assicurare che i tributi istituiti ed applicati a livello regionale e locale si riconducano armonicamente nel contesto dell'intero sistema tributario;

          n) la sussidiarietà fiscale a livello orizzontale, riconoscendo l'applicabilità di detrazioni/deduzioni ai cittadini che attualmente usufruiscono dei buoni in molti settori del welfare e del sociale (buoni scuola, buoni per l'anziano, e così via) - mediante tali detrazioni/deduzioni si consentirà ai cittadini di utilizzare risorse proprie per il soddisfacimento delle loro esigenze, senza dover chiedere alla pubblica amministrazione risorse che il fisco gli ha portato via - e favorendo l'apertura

 

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a soggetti diversi da quelli pubblici nell'erogazione di servizi di pubblica utilità;

          o) il divieto di doppia imposizione sulla medesima fattispecie imponibile, per evitare che, moltiplicando i soggetti impositori, aumenti anche il peso fiscale sugli stessi beni e si faccia gravare in modo iniquo sui cittadini l'attuazione delle riforme;

          p) la lealtà istituzionale fra tutti i livelli di governo, in quanto, affinché un sistema multilivello, come quello delineato dalla Costituzione, possa reggere, è necessario che tutti gli enti del sistema si impegnino a rispettare le reciproche sfere di attribuzione;

          q) la territorialità dell'imposta, la neutralità dell'imposizione, il divieto di esportazione delle imposte: i tributi regionali e locali dovranno riferirsi a basi imponibili collocate all'interno del proprio territorio o aventi un collegamento con esso.

      Con l'articolo 2 della proposta di legge è conferita al Governo una seconda delega, complementare a quella prevista dall'articolo 1, e non meno essenziale, al fine di consentire il concreto avvio del federalismo fiscale.
      Il Governo è infatti delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per definire i meccanismi strutturali del nuovo sistema, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, nel rispetto di alcuni precisi princìpi e criteri direttivi:

          a) innanzitutto con i decreti dovrà essere determinato il livello delle prestazioni di cui dovrà essere garantita l'integrale copertura mediante le entrate proprie degli enti territoriali, le compartecipazioni al gettito di tributi erariali e le risorse del fondo perequativo, secondo quanto previsto dall'articolo 119, quarto comma, della Costituzione. Ciò per evitare che, nel delineare i contorni del nuovo sistema, si prescinda dalla fondamentale esigenza di assicurare la concreta possibilità, a tutti gli enti, di soddisfare esigenze primarie dei cittadini;

          b) in secondo luogo, dovranno essere assicurati a tutte le regioni «tributi di base» (al netto delle addizionali e delle compartecipazioni, nonché delle risorse derivanti dalla distribuzione del fondo perequativo e di trasferimenti speciali ai sensi del quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione), tali da garantire, oltre alla copertura integrale dei fabbisogni per le prestazioni essenziali, anche una copertura elevata, pur se non integrale (che potrebbe attestarsi sul 95 per cento) delle spese tendenziali complessive, cioè comprensive anche di quelle per servizi non essenziali, purché congrui;

          c) la differenza tra le risorse necessarie a raggiungere tale copertura elevata e il gettito dei tributi assegnati in prevalenza è coperta da una nuova compartecipazione all'imposta sul valore aggiunto (IVA) e dalla perequazione. In particolare, è istituita una «compartecipazione di equilibrio» basata sull'IVA, commisurata al gettito riferibile al territorio di ciascuna regione, la cui aliquota viene determinata in modo da mandare in pareggio la regione per cui la citata differenza, in termini percentuali rispetto alle spese, è la più bassa di tutte. La perequazione copre meno del 15 per cento del totale, ed è destinata anzitutto alle zone del sud, pur coinvolgendo anche il centro e il nord;

          d) alle regioni è poi garantita una serie di flessibilità ben distribuite in modo che tutte possano coprire integralmente le spese tendenziali, ed eventualmente anche superarle. Si riconosce quindi finalmente alle regioni la possibilità di fare precise scelte di governo, decidendo se tagliare le spese oppure fornire maggiori servizi, facendoli pagare dalle popolazioni locali.

      L'articolo 3 della proposta di legge prevede l'istituzione di una Commissione dedicata al coordinamento finanziario, che dovrà essere disciplinata con apposito successivo atto, al fine di assicurare l'esercizio sinergico di tutte le funzioni, incidenti oggi

 

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in modo disorganico, sul sistema della finanza pubblica.
      In tal modo, si ritiene che sarà possibile pianificare i flussi finanziari, in coerenza con l'obiettivo di equilibrio del bilancio pubblico, assicurando uno scambio continuo di informazioni tra i vari livelli di governo.
      La composizione della Commissione - che dovrà garantire in particolare la presenza delle regioni, ma anche degli altri enti istituzionali - e le modalità di nomina dei suoi componenti dovranno essere definite con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta e di concerto, rispettivamente, del Ministro dell'economia e delle finanze e con i Ministri per gli affari regionali e le autonomie locali e dell'interno.
      Con l'articolo 4 della proposta di legge è demandato ai decreti delegati anche il compito di dettare le norme transitorie, determinando le modalità del passaggio dal vecchio al nuovo regime.
      È prevista, inoltre, la possibilità di intervenire con disposizioni correttive o integrative dei decreti delegati, con le stesse procedure previste per l'emanazione degli stessi.
      L'articolo 5 della proposta di legge dispone, infine, che l'attuazione del federalismo fiscale non deve comunque comportare oneri aggiuntivi per i bilanci di tutti gli enti interessati.
 

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ALLEGATO

Le regioni e lo Stato. La finanza pubblica territorializzata.

        Tra le priorità di governo suggerite dagli stessi cittadini sono certamente predominanti i temi di tipo economico che hanno ricaduta diretta sulla vita delle persone, quali l'occupazione, la ricchezza, l'aumento dei prezzi. La considerazione di questi aspetti permette di valutare l'andamento dell'economia, ma sollecita, dato anche il pregnante momento politico, nell'indagare sulle modalità finanziarie di questo cammino.
        In questo documento, sintesi di un lavoro realizzato dall'Ufficio di statistica della regione Veneto in collaborazione con la Direzione riforme istituzionali e processi di delega, vengono esaminati con attenzione i flussi finanziari fra lo Stato e le singole regioni, quale chiave di lettura delle differenti economie e delle loro potenzialità.
        I dati utilizzati provengono da tre diverse fonti, tutte comunque afferenti al Ministero dell'economia e delle finanze. La prima proviene dal Dipartimento per le politiche fiscali e offre il quadro relativo al gettito erariale regionalizzato di tutte le principali voci di imposta versate allo Stato. Ad essa sono state associate le informazioni provenienti dalla Ragioneria generale dello Stato, relative ai pagamenti di cassa effettuati dallo Stato per regione di localizzazione del pagamento. In tal modo è stato possibile effettuare un confronto tra quanto lo Stato riceve dalle singole regioni, ognuna intesa come insieme di famiglie e di imprese residenti che pagano le imposte, e quanto ad esse lo Stato eroga sotto forma di contributi e di servizi agli utenti finali. Infine, dalla banca dati dei conti pubblici territoriali (CPT), fornita dal Dipartimento per le politiche di sviluppo, provengono le informazioni relative alle entrate e alle spese consolidate della pubblica amministrazione e del settore pubblico allargato, che comprende anche le aziende municipalizzate e regionalizzate, le altre ex aziende autonome (Ferrovie, Poste, Monopoli eccetera) e l'ENEL.
        Dalle elaborazioni risulta evidente che la presenza di due tipologie di statuto nelle regioni italiane - ordinario e speciale - assieme ai diversi criteri di redistribuzione e di perequazione delle risorse adottati dal legislatore, produce una disomogeneità fra quanto viene prodotto e versato da ciascuna regione e quanto rientra attraverso contributi e servizi alle imprese e alle famiglie.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Delega al Governo per la definizione dei princìpi fondamentali in materia di finanza pubblica e sistema tributario).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a definire i princìpi fondamentali per le regioni in materia di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) correlazione tra prelievo fiscale e beneficio connesso alle funzioni esercitate;

          b) continenza e responsabilità nell'imposizione di tributi propri;

          c) trasparenza ed efficienza delle decisioni di entrata e di spesa;

          d) concorso di tutte le pubbliche amministrazioni alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica posti dalla disciplina comunitaria in riferimento al patto di stabilità;

          e) incentivazione dei comportamenti virtuosi;

          f) limitazione dei trasferimenti di risorse a destinazione vincolata;

          g) responsabilizzazione, tramite aumento delle flessibilità fiscali, nell'ambito di una sostanziale perequazione;

          h) obbligo per le regioni di garantire, nell'esercizio delle proprie competenze legislative, l'autonomia e l'equilibrio finanziario degli enti locali;

 

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          i) razionalità e coerenza dei singoli tributi e del sistema nel suo complesso;

          l) semplificazione del sistema tributario e degli adempimenti posti a carico dei contribuenti;

          m) omogeneità dei tributi regionali e locali;

          n) sussidiarietà fiscale a livello orizzontale;

          o) divieto di doppia imposizione sulla medesima fattispecie imponibile;

          p) lealtà istituzionale fra tutti i livelli di governo;

          q) territorialità dell'imposta, neutralità dell'imposizione, divieto di esportazione delle imposte.

Art. 2.
(Delega al Governo per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a dare attuazione all'articolo 119 della Costituzione, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) stabilire il livello delle prestazioni il cui fabbisogno deve essere coperto ai sensi dell'articolo 119, quarto comma, della Costituzione, garantendo comunque la copertura integrale dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione;

          b) assicurare a tutte le regioni, oltre alla copertura del fabbisogno di cui alla lettera a), un finanziamento complessivo, come somma di tributi manovrabili assegnati, al netto delle addizionali, di compartecipazioni, del fondo perequativo, di eventuali trasferimenti transitori residui, pari a una percentuale elevata ma non integrale delle spese tendenziali complessive,

 

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compresi le prestazioni e i servizi non essenziali, al netto della parte non congrua;

          c) prevedere meccanismi di flessibilità fiscale, articolati su più tributi e territorialmente equilibrati, nonché specifici tributi propri attivabili a livello regionale o locale, tali da consentire a tutte le regioni, comprese quelle a più basso potenziale fiscale, di superare, attivando le potenzialità disponibili, il livello di spesa complessivo di cui alla lettera b);

          d) prevedere che la differenza tra la percentuale di cui alla lettera b) e i tributi assegnati o attivabili sia coperta attraverso una compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) commisurata al gettito riferibile al territorio di ciascuna regione; la quota della compartecipazione è fissata, per tutte le regioni, nella misura idonea ad assicurare la copertura integrale della percentuale di cui alla lettera b) per la regione con maggiore capacità fiscale rispetto alle spese complessive;

          e) prevedere, per i territori per cui non si verifica la copertura integrale di cui alla lettera d), che la differenza sia coperta da contributi perequativi, ai sensi dell'articolo 119, commi terzo e quarto, della Costituzione;

          f) istituire un fondo perequativo specifico alimentato da risorse derivanti dall'addizionale dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) per le regioni la cui capacità fiscale è inferiore alla media, in correlazione a una maggiore flessibilità di tale prelievo e all'armonizzazione della sua base imponibile con quella erariale, prevedendo l'attivazione di meccanismi di flessibilità relativi ad altri tributi in caso di attingimento al fondo stesso;

          g) individuare modalità di partecipazione di regioni, province e comuni al contrasto dell'evasione fiscale, collegando i risultati conseguiti dagli enti ai meccanismi di perequazione e di determinazione delle compartecipazioni di equilibrio.

 

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      2. Con i decreti legislativi di cui al comma 1 sono altresì determinate le modalità di partecipazione delle regioni alla definizione dell'entità e dei criteri di riparto del fondo per gli interventi speciali e risorse aggiuntive, previsto dall'articolo 119, quinto comma, della Costituzione.
      3. L'entità e i criteri di riparto di cui al comma 2 devono consentire di colmare le significative disparità strutturali esistenti e di valorizzare le potenzialità dei territori più svantaggiati.

Art. 3.
(Commissione tecnica per il coordinamento finanziario).

      1. È istituita la Commissione tecnica per il coordinamento finanziario, che svolge funzioni di supporto alla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nei casi in cui la stessa è chiamata a esprimersi su questioni che incidono sul sistema della finanza pubblica e sul sistema tributario.
      2. La Commissione di cui al comma 1 è composta da tecnici e da rappresentanti dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
      3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e con il Ministro dell'interno, sono definite la composizione della Commissione di cui al comma 1 e le modalità di nomina dei suoi componenti.

Art. 4.
(Disposizioni transitorie e finali).

      1. Con i decreti legislativi di cui agli articoli 1 e 2 sono determinati le modalità e i tempi di transizione al nuovo regime di autonomia finanziaria.
      2. Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui agli articoli 1 e 2, il Governo può adottare, nel rispetto dei princìpi e criteri

 

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direttivi di cui alla presente legge, disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti.

Art. 5.
(Disposizioni finanziarie).

      1. Dall'attuazione della presente legge e dei decreti legislativi di cui agli articoli 1 e 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato e per i bilanci delle regioni e degli enti locali.


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