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PDL 1168

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1168



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MASCIA, DE SIMONE, DEIANA

Disposizioni in materia di prostituzione

Presentata il 21 giugno 2006


      

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Onorevoli Colleghe e Colleghi! - Il fenomeno della prostituzione rappresenta il culmine di tutte le contraddizioni, le sofferenze, i dilemmi di cui è intessuta la storia umana delle relazioni tra i due sessi.
      In un contesto generale autoritario e nel quale ciò che più conta è il potere economico, permane sempre il dominio degli uomini sulle donne e i rapporti tra i sessi non danno sempre luogo a scambi reciproci di sessualità, ma ad altri tipi di scambio: non sessualità in cambio di sessualità, ma un compenso in cambio di prestazioni.
      La disparità di potere, e in particolare di potere economico e di dominio culturale, sta alla base sia delle più tradizionali forme di sfruttamento, sia di molte consapevoli scelte femminili di prostituzione, mentre la globalizzazione dei rapporti tra le aree del mondo e delle relazioni tra i sessi in questa inedita dimensione, ne evidenzia tutta la portata annichilente.
      Quindi, se il commercio di persone e, prevalentemente, di donne e ragazze per mano di organizzazioni criminali spesso feroci pone come centrale, urgente e irrimandabile il problema della lotta ai racket, va però nettamente rifiutata l'idea della «bonifica» poliziesca delle strade per allontanare un fenomeno inquietante alla vista dei benpensanti (che, in realtà, altro non significherebbe che un ulteriore allontanamento e clandestinizzazione di persone che, per la stessa attività in cui sono coinvolte, sono a rischio di incontri spiacevoli o di divenire vittime di reati o abusi) o della recinzione coercitiva delle donne in aree destinate e lontane dai centri abitati.
      Per quello che riguarda, invece, la prostituzione scelta o accettata consapevolmente,
 

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dato per scontato il principio della responsabilità personale di fronte al proprio corpo, se questo può portare a forme di autorganizzazione da parte delle prostitute, non deve significare invece che lo Stato possa assumere una qualche forma di controllo pubblico sulla prostituzione, né forme di controllo coatto, né che possa considerarla alla stregua di attività produttiva o lavorativa.
      L'esigenza è quindi quella di contestualizzare il fenomeno, cogliendo le diverse caratteristiche in cui si manifesta, sia per i soggetti che coinvolge, sia tenendo conto di progetti ed esperienze europei.
      Negli ultimi anni si può parlare di un fenomeno che, da una parte, è alimentato dal traffico delle donne dall'Asia, dall'Africa, dai Paesi dell'est che finiscono sui marciapiedi delle nostre periferie; dall'altra ha assunto, non solo nei Paesi occidentali, caratteristiche di evoluzione diverse.
      Infatti ormai da anni si può parlare di prostitute emancipate, che si sottraggono agli stereotipi consolidati, secondo cui sono vittime predestinate di un destino malevolo, e sparigliano le carte parlando da tempo, in giro per l'Europa, e con sempre maggiore insistenza anche in Italia, di libertà di scelta, di prestazioni lavorative, di diritti, di autogoverno delle scelte.
      Non è compito del Parlamento definire giudizi di valore rispetto a queste ultime affermazioni: sul piano culturale le opinioni possono essere naturalmente diverse e, non a caso, l'argomento ha diviso e divide, non solo sulla base dei convincimenti personali, ma ha attraversato persino il movimento delle donne.
      Tuttavia, al Parlamento compete il compito di legiferare sulla base di obiettivi individuati, e non vi è dubbio che, soprattutto negli ultimi anni, la priorità e l'urgenza riguardano, anche in Italia, l'aumento delle donne prostituite costrette da condizioni sociali, per lo più frutto di traffici illeciti di immigrazione clandestina, e quindi soggette a ricatti di ogni tipo.
      Fermo restando che altre leggi già approvate affrontano il problema della tratta, è opportuno soffermarsi ulteriormente per affrontare le conseguenze che tale fenomeno determina nelle nostre città.
      Non v'è dubbio, infatti, che, in termini astratti, il problema porta alla luce una materia antropologico-culturale che continua a rimanere opaca e indecifrabile; non a caso si continua pervicacemente ad ignorare che i principali aspetti del fenomeno chiamano in causa la sessualità, il desiderio e l'immaginario erotico maschile.
      Sono gli uomini di qualsiasi condizione sociale, grado di cultura, orientamento politico, professione e fede religiosa che producono e favoriscono la maggior parte delle forme di prostituzione: da quelle più emancipate, consapevoli e tutelate delle prostitute occidentali, a quelle più degradate delle vittime del turismo sessuale nei bordelli del sud del mondo, fino ad arrivare alle schiave del sesso sui marciapiedi delle nostre metropoli.
      Ma sono questi temi che possono e devono rientrare in dibattiti e iniziative tesi a promuovere una crescita culturale collettiva; pensare di affrontarli con logiche autoritarie o di ordine pubblico significa arrivare a nascondere il vero problema, senza offrire alcuna via di uscita per chi eventualmente voglia farlo.
      Non è obiettivo della proposta di legge, quindi, né riteniamo debba esserlo per nessun'altra, intervenire per normare comportamenti privati delle persone.
      Il problema prioritario che ci troviamo ad affrontare è la condizione di sfruttamento cui è soggetto un sempre maggior numero di persone.
      Non è con l'affermazione di princìpi morali, né tantomeno con il tentativo di nascondere il fenomeno in case chiuse di qualsiasi tipo che si può procedere, quanto meno, in una logica di riduzione del danno.
      Riteniamo, così, di dover prendere in considerazione i diversi aspetti che vengono determinati da una condizione di sfruttamento (condizione di vita sociale, psicologica, di ricatto eccetera, delle
 

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donne prostituite, aspetti sanitari che le riguardano e situazioni di disagio), per affermare che il percorso da seguire è proprio quello di offrire tutele e garanzie che consentano a ciascuna di fare le proprie scelte di vita, di realizzare e portare a compimento il progetto di una esistenza dignitosa secondo i propri desideri, bisogni, aspettative.
      Liberare, cioè, le donne prostituite dai vincoli che le rendono schiave (povertà o mancanza di permessi di soggiorno in primis) significa colpire concretamente una condizione di sfruttamento inaccettabile per una società civile, ridurre conseguentemente il fenomeno in quanto tale e porre le basi per regolamentare la situazione, mettendo davvero le donne in condizione di poter scegliere: l'emancipazione delle donne prostituite è l'obiettivo da perseguire per affrontare correttamente ed efficacemente il problema. Aiutare le schiave del sesso non può ridursi a programmi di salvaguardia e tutela di quante trovano la forza di sottrarsi ai racket, anche se è un buon inizio, ma deve andare ben oltre.
      La proposta di legge è composta da pochi articoli che vanno in questa direzione. In particolare, come da anni il movimento delle prostitute più consapevoli chiede, è opportuno cancellare il reato di favoreggiamento della prostituzione: l'affitto di una casa o di una stanza d'albergo, normalmente concessi alle prostitute a costi esageratamente superiori al giusto valore, proprio per il rischio connesso all'esistenza di questa fattispecie di reato, rientra tra quegli elementi di ricatto che spingono ulteriormente a consumare la prestazione nelle strade, nelle automobili o comunque in luoghi che, oltre a determinare quell'eccesso di visibilità che tanto viene denunciato, pone seri problemi di sicurezza per le stesse prostitute.
      Non serve, peraltro, invocare provvedimenti tesi ad obbligare l'esercizio della prostituzione solo in luoghi chiusi; questo non si è mai verificato neanche prima dell'entrata in vigore della «legge Merlin» (legge n. 75 del 1958). Non serve soprattutto pretendere che questi obblighi vengano rispettati da donne che non sono in grado di decidere, perché oggetto di sfruttamento.
      L'abolizione del reato di favoreggiamento consentirebbe dunque, quantomeno, di rimuovere alcuni elementi che costituiscono motivo e alibi di ricatto.
      La questione più grave riguarda però le donne e i giovani migranti prostituiti che non possiedono neanche un permesso di soggiorno: vittime di un commercio di persone per mano di organizzazioni criminali spesso feroci, pongono semmai il problema della lotta al racket, ma chiedono anche un ulteriore sforzo per farli uscire dalla clandestinità e dall'illegalità.
      È necessario quindi, attraverso un allargamento delle possibilità già offerte dall'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, proporre una possibilità concreta a molte donne di abbandonare i marciapiedi per inserirsi a pieno titolo in una vita sociale dignitosa.
      Scopo della proposta di legge è anche quello, dunque, di sollecitare gli enti locali alla definizione di progetti, in cui da una parte si esaminano quantitativamente e qualitativamente le caratteristiche del fenomeno e dall'altra si mettano in atto tutte quelle iniziative tese a mettere le donne prostituite in condizioni di scegliere.
      Le unità da strada sono quindi tra quegli strumenti utili a fornire informazioni e servizi, mediazioni culturali, conoscenza delle leggi e delle istituzioni italiane nell'ambito di progetti più complessivi: per questo sono opportuni stanziamenti finanziari da parte dello Stato. Le esperienze dei diversi comuni dell'Emilia-Romagna, nonché del comune di Venezia, indicano la strada da percorrere: un progetto per liberare le donne da una condizione di schiavitù e dalle tante forme di ricatto cui spesso sono sottoposte, offrendo nel contempo strumenti di salvaguardia sul piano sanitario.
      Le stesse esperienze consentono, altresì, di affermare che in una condizione di
 

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emersione dalla clandestinità e dal ricatto, è possibile aprire un confronto nella città, teso ad arrivare ad una condivisione degli spazi cittadini e alla contrattazione di spazi di libertà per tutti nel rispetto del diritto di ciascuno a vivere la città. Senza «zone a luci rosse» o altre forme di ghettizzazione, ma individuando consensualmente, attraverso confronti, ricerche, dibattiti e sperimentazioni tra operatori direttamente impegnati sul campo, prostitute o ex prostitute, sociologi, rappresentanti di enti locali, comitati di cittadini, spazi e arredi urbani che, avendo come obiettivo la «sicurezza» di chi si prostituisce, coniughino anche il diritto di ogni cittadino a vivere appieno e senza limitazioni la propria città.
      Una proposta che, per essere realizzata, chiede appunto che le prostitute possano determinarsi come soggetto autonomo, protagoniste attive di una interlocuzione e «contrattazione» positiva e proficua nelle città.
      La proposta di legge si compone di quattordici articoli.
      Nell'articolo 1 la libertà di esercitare la prostituzione e di ricevere un compenso è riconosciuta solo alle persone che hanno compiuto la maggiore età.
      L'articolo 2 si ricollega indirettamente a norme contenute tra i princìpi fondamentali della Costituzione e, più in particolare, all'articolo 3, primo comma, secondo cui «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione (...) di condizioni personali e sociali».
      Gli articoli 3, 4, 5 e 6 eliminano alcune fattispecie del reato di favoreggiamento previste nella legge 20 febbraio 1958, n. 75, le quali risultano, allo stato attuale, superate dalle circostanze di fatto.
      L'articolo 7 prevede una serie di strumenti che, da una parte, facilitano l'accesso delle persone che hanno volontariamente deciso di cessare l'esercizio della prostituzione al mondo del lavoro con programmi di sostegno economico e di formazione professionale; dall'altra, contrastano il fenomeno con iniziative dirette a rimuovere le cause economiche, sociali e di educazione, che in qualche modo agevolano la prostituzione sia all'interno del nostro Paese, che nei Paesi di emigrazione; infine sono anche previsti progetti sperimentali, da attuare in sede locale, diretti a favorire sia l'integrazione delle persone che esercitano la prostituzione, sia la riduzione delle malattie e delle patologie derivanti dal fenomeno in questione.
      Completano il quadro normativo di contrasto al fenomeno della prostituzione le sanzioni penali e amministrative contenute negli articoli da 8 a 11. L'articolo 8 integra l'articolo 18 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, con lo scopo di rafforzare lo strumento costituito dal permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale. L'articolo 9 prevede una serie di ipotesi normative che sono riconducibili al reato di sfruttamento, l'articolo 10 comprende le fattispecie aggravanti e l'articolo 11 prevede la confisca dei beni relativi alla commissione del reato. Il ricavato della vendita pubblica dei beni e delle cose serviti a commettere il reato è destinato al finanziamento di iniziative di prevenzione e di recupero delle persone che esercitano la prostituzione.
      L'articolo 12 prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono all'emanazione di norme recanti, in dettaglio, forme di assistenza e di prevenzione della prostituzione e che gli stessi enti presentino annualmente una relazione ai Ministri interessati.
      L'articolo 13 prevede che ogni anno il Governo presenti una relazione al Parlamento, tenendo conto delle relazioni presentate ai sensi dell'articolo 12.
      Infine l'articolo 14 prevede norme di carattere finanziario.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Le persone che hanno compiuto la maggiore età possono liberamente scegliere di esercitare la prostituzione, definita come l'attività che consiste nel fornire prestazioni sessuali dietro pagamento di un corrispettivo in denaro.

Art. 2.

      1. Le persone che esercitano la prostituzione non possono essere oggetto di alcuna discriminazione e sono loro garantiti gli stessi diritti di cui godono le altre persone, compreso il diritto a essere protette e tutelate da parte delle pubbliche autorità.
      2. Le persone che esercitano la prostituzione possono organizzarsi liberamente.

Art. 3.

      1. Non è punibile chi, per esercitare la prostituzione, utilizza una dimora privata, di cui ha la legittima disponibilità, in comune con non più di altre tre persone e insieme alle stesse dispone di beni mobili e immobili e di servizi.

Art. 4.

      1. Non è punibile chi ospita, anche abitualmente e senza fini di lucro, un'altra persona che, all'interno del medesimo locale, esercita la prostituzione.

Art. 5.

      1. Non è punibile l'attività, in qualsiasi forma prestata senza fini di lucro, di

 

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assistenza a persone che esercitano la prostituzione.

Art. 6.

      1. Non è punibile chi dà in locazione locali utilizzati al fine di esercitare la prostituzione.

Art. 7.

      1. Le persone che manifestano la volontà di cessare l'esercizio della prostituzione hanno diritto, a richiesta, di essere inserite in:

          a) programmi di istruzione, di formazione professionale e di inserimento nel mondo del lavoro;

          b) programmi di sostegno economico e sociale.

      2. Il Ministro della solidarietà sociale, di concerto con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, promuove e coordina, attraverso la predisposizione di un apposito gruppo di lavoro:

          a) iniziative dirette a rimuovere le cause di ordine economico e sociale che favoriscono l'esercizio della prostituzione;

          b) attività di studio, di conoscenza, di comunicazione e di sostegno economico idonee alla prevenzione dell'esercizio della prostituzione;

          c) progetti di educazione e di formazione nei Paesi di emigrazione verso l'Italia idonei a prevenire l'esercizio della prostituzione;

          d) progetti sperimentali messi in opera dagli enti locali e dai soggetti operanti nel settore del privato sociale senza scopo di lucro diretti a favorire l'integrazione sociale delle persone che esercitano la prostituzione e la riduzione dei danni sanitari derivanti dall'esercizio della prostituzione.

 

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Art. 8.

      1. Dopo il comma 6 dell'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è inserito il seguente:

      «6-bis. Quando siano accertate situazioni di violenza o sfruttamento nei confronti di uno straniero indotto alla prostituzione e lo stesso richieda di essere inserito nel programma di assistenza e integrazione sociale di cui al comma 3, allo straniero è rilasciato un permesso di soggiorno per la durata di un anno, prorogabile fino al termine del programma di cui al citato comma 3. Il permesso di soggiorno è revocato in caso di interruzione del programma o di condotte incompatibili con le finalità dello stesso, segnalate dal procuratore della Repubblica o, per quanto di competenza, dal servizio sociale dell'ente locale. Concluso positivamente il programma di assistenza e integrazione sociale, il permesso di soggiorno temporaneo è convertito in permesso di soggiorno permanente».

Art. 9.

      1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a sei anni e con la multa da 516 euro a 10.329 euro:

          a) chi ha la proprietà o l'esercizio, sotto qualsiasi forma o denominazione, di locali pubblici dove si esercita la prostituzione, o comunque li controlla, li dirige, li amministra ovvero partecipa alla proprietà, all'esercizio, alla direzione o alla amministrazione degli stessi;

          b) chi costringe una persona all'esercizio della prostituzione o lo favorisce;

          c) chi compie personalmente atti di lenocinio in luoghi pubblici o aperti al pubblico;

 

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          d) chi induce con l'inganno o costringe una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque in luogo diverso da quello della sua abituale residenza al fine di farle esercitare la prostituzione, ovvero si adopera per agevolarne la partenza;

          e) chi svolge una attività in organizzazioni nazionali o estere dedite al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevola l'azione o gli scopi di tali organizzazioni;

          f) chi, in qualsiasi altro modo, incoraggia la prostituzione altrui e ne trae profitto.

      2. In tutti i casi previsti alla lettera a) del comma 1, oltre alle pene previste dalla presente legge, è disposta la revoca della licenza di esercizio; in caso di recidiva, può essere ordinata, altresì, la chiusura definitiva dell'esercizio.
      3. Il ricavato delle multe previste dal comma 1 è destinato a finanziare iniziative di prevenzione e di recupero delle persone che esercitano la prostituzione.

Art. 10.

      1. Le pene previste per i delitti di cui all'articolo 9 sono raddoppiate:

          a) se il fatto è commesso con violenza, minaccia, inganno ovvero se comporta prestazioni che implicano atti di crudeltà;

          b) se il fatto è commesso nei confronti di soggetti di minore età o in stato di tossicodipendenza, di infermità mentale o di minorazione psichica;

          c) se il colpevole è un ascendente, un affine in linea retta ascendente, il coniuge, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, il tutore;

          d) se al colpevole la persona è stata affidata per ragioni di cura, di educazione o di istruzione, di culto, di vigilanza, di custodia;

 

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          e) se il fatto è commesso ai danni di persone aventi rapporti di subordinazione;

          f) se il fatto è commesso da pubblici ufficiali anche non nell'esercizio delle loro funzioni.

Art. 11.

      1. Nei casi di condanna per i reati previsti dalla presente legge è ordinata la confisca delle cose utilizzate, destinate o servite per commettere il reato nonché delle cose che sono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato, salvo quanto previsto dal terzo comma dell'articolo 240 del codice penale.
      2. Nei casi di condanna per i reati previsti dalla presente legge si applica la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.
      3. Il ricavato della vendita pubblica dei beni o delle cose di cui al comma 1 è destinato a finanziare iniziative di prevenzione e di recupero delle persone che esercitano la prostituzione.

Art. 12.

      1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con legge le forme di assistenza alle persone che intendono cessare l'esercizio della prostituzione e le iniziative dirette al loro reinserimento sociale, nonché altre forme di prevenzione della prostituzione, disponendo altresì:

          a) l'istituzione di appositi centri di accoglienza, pubblici o privati;

          b) interventi diretti a facilitare l'accesso dei soggetti di cui al presente comma a corsi di istruzione e di formazione professionali, anche attraverso convenzioni con le organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali e le associazioni senza fini di lucro;

          c) iniziative di studio e di comunicazione;

 

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          d) corsi di formazione per operatori;

          e) particolari iniziative a favore dei minori, sia ai fini del loro reinserimento, sia sotto forma di campagne di sensibilizzazione;

          f) l'utilizzazione dei servizi sociali e psico-sanitari, sia pubblici e degli enti locali, sia di associazioni e cooperative sociali senza scopo di lucro, e l'eventuale istituzione di nuovi servizi a favore delle persone che esercitano liberamente la prostituzione e di chiunque volontariamente voglia usufruirne, come mezzi utili di sostegno alle problematiche inerenti la sfera della sessualità.

      2. Entro il 30 giugno di ciascun anno, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano presentano una relazione ai Ministri dell'interno, della giustizia, della salute e della solidarietà sociale sullo stato di attuazione degli interventi previsti dalla presente legge, sulla loro efficacia, sugli obiettivi conseguiti e sulle possibili misure da adottare negli ambiti delle rispettive competenze.

Art. 13.

      1. Il Governo, tenuto conto delle relazioni presentate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 12, presenta annualmente al Parlamento una relazione concernente il fenomeno della prostituzione, i reati ad esso connessi, i profili sanitari e sociali e le iniziative dirette a rimuoverne le cause.

Art. 14.

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze

 

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per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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