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PDL 2089

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2089



 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa del deputato HOLZMANN

Abrogazione dell'articolo 59 della Costituzione concernente i senatori a vita

Presentata il 20 dicembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - L'articolo 59 della Costituzione prevede la figura dei senatori a vita, che si dividono in due categorie: coloro che lo diventano di diritto, una volta cessato il mandato di Presidente della Repubblica, e coloro che sono nominati dal Capo dello Stato. A tale ultimo riguardo, il secondo comma dell'articolo 59 stabilisce che «Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario».
      Con tale disposizione il Costituente ha inteso derogare al principio fissato dall'articolo 58 della Costituzione, in base al quale i senatori sono eletti a suffragio universale dai cittadini che hanno superato il venticinquesimo anno di età.
      Tale istituto costituisce, in realtà, un retaggio dello Statuto Albertino che prevedeva, al fianco di una Camera elettiva, un Senato composto dai Principi della Famiglia reale, i quali ne entravano a far parte di diritto al compimento del ventunesimo anno di età, e dai membri nominati a vita dal Re, che li sceglieva tra specifiche categorie di dignitari individuate dall'articolo 33 dello Statuto medesimo.
      Il numero massimo di cinque senatori a vita previsto dalla Costituzione riguarda, peraltro, solo il limite a cui è assoggettato il potere di nomina del Capo dello Stato e non il numero complessivo dei senatori non eletti che possono essere presenti nel Senato della Repubblica; attualmente, infatti, siedono in Senato, oltre ai quattro senatori di nomina presidenziale, anche i tre ex Presidenti della Repubblica, per un totale complessivo di sette senatori a vita.
      Probabilmente, nell'intenzione dei Costitutenti, la previsione di un limite numerico al potere di nomina presidenziale avrebbe dovuto svolgere la funzione di neutralizzare il potere politico dei senatori di diritto a vita di cui al primo comma
 

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dell'articolo 59 della Costituzione, ma la stessa indicazione del limite numerico è stata oggetto di annose dispute dottrinali, culminate nell'accettazione della tesi volta a interpretare nel senso più ampio il dettato costituzionale. Si è, infatti, sostenuto che cinque è il numero di senatori a vita che ciascun Presidente della Repubblica può nominare nel corso del proprio mandato, il che rende altamente significativa, all'interno dell'Aula del Senato, la rappresentanza parlamentare dei membri non eletti dal popolo.
      È evidente che, in situazioni di maggioranze politiche non ampie, in cui pochi voti, o addirittura uno, possono determinare le decisioni dell'Assemblea, un numero cospicuo di senatori a vita diventa fondamentale in fase di votazione; si può arrivare al paradosso per cui membri non eletti e, dunque, non rappresentativi di una volontà popolare, diventano l'ago della bilancia nelle scelte relative alla politica nazionale.
      È chiaro, quindi, che il ruolo decisivo dei senatori a vita costituisce - quantomeno in certe circostanze - un'alterazione della logica democratica, del corretto rapporto Parlamento-cittadini, il che influenza la vita politica del Paese e pone una serie di ragionevoli interrogativi.
      Nelle democrazie occidentali, i Presidenti della Repubblica, una volta terminato il loro mandato, tornano a rivestire il ruolo di cittadini comuni, senza alcuna prerogativa, così come la democrazia richiede.
      Sotto il profilo politico, non si può non rilevare come fortemente contraddittorio il fatto che colui che è stato, per obbligo costituzionale, super partes per sette anni, possa poi tornare nell'agone politico, svolgendo il ruolo di attore politico.
      L'antidemocraticità di tale situazione si è, infatti, palesata nella sua pienezza in occasione delle ultime elezioni politiche, quando, con il cambiamento della legge elettorale, maggioranza e opposizione si sono viste assegnare al Senato un numero di membri sostanzialmente uguale: con la conseguenza che i senatori a vita sono diventati i veri arbitri delle sorti del Governo, giocando un ruolo squisitamente politico, pur in assenza di investitura popolare.
      Si propone, quindi, con la presente proposta di legge costituzionale, la soppressione di un istituto «giuridico-costituzionale» nato nell'ambito di una forma di governo assai diversa da quella attuale che, invece, affonda le sue radici nel principio della rappresentatività delle Assemblee parlamentari e nella responsabilità politica di ogni parlamentare che è e deve essere espressione di una scelta diretta del popolo.
 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. L'articolo 59 della Costituzione è abrogato.


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