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PDL 1956

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1956



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

ALESSANDRI, ALLASIA, FAVA, MONTANI, CAPARINI, BRIGANDÌ, GARAVAGLIA, FUGATTI, GOISIS, STUCCHI, CICCIOLI, BARBIERI, LO MONTE, TUCCI, RAO, ZACCHERA, FERRIGNO, COLUCCI, MEREU

Riordino dell'attività di vigilanza privata

Presentata il 16 novembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Nel nostro ordinamento, l'attività di vigilanza privata, ovvero la facoltà di utilizzare, da parte di soggetti privati, persone dotate di una particolare qualifica a protezione delle proprie terre, risale già al 1865. In quell'anno, infatti, la legge sulla sicurezza pubblica 20 marzo 1865, n. 2248, Allegato B (articolo 7), riconobbe ai privati il diritto di destinare guardie particolari giurate a protezione dei propri fondi. Fino ad allora, l'attività di difesa privata si era estrinsecata come esigenza del singolo di difendere i propri beni, ma senza manifestarsi in maniera organica o associativa.

La legge 20 marzo 1865, n. 2248.

      Con la legge 20 marzo 1865, n. 2248, Allegato B, si ha il primo riconoscimento, da parte dello Stato italiano, del diritto dei privati di far custodire le proprie terre da «guardie particolari giurate». Restava comunque in capo allo Stato, tramite il prefetto, suo rappresentante locale, la facoltà di approvare la nomina della guardia particolare giurata, dopo averne accertato la rispondenza a determinati requisiti soggettivi, così come restava allo Stato la facoltà di revoca della nomina al venir meno dei predetti requisiti.
      La legge n. 2248 del 1865 era indubbiamente una conseguenza della incapacità dello Stato italiano, allora appena nato e posto di fronte a notevoli problemi di ordine pubblico, di soddisfare le esigenze di protezione avvertite dalle fasce produttive agricole. Questa incapacità dello Stato di fare fronte, con i suoi apparati, alle esigenze avanzate dai cittadini

 

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in materia di sicurezza e la sua difficoltà di predisporre servizi di sicurezza in misura omogenea sul territorio nazionale rappresentano una costante negli sviluppi normativi in materia; questa incapacità, purtroppo, è sempre stata congiunta a un atteggiamento ben lontano dall'essere univoco verso il settore della vigilanza privata.

La legge 21 dicembre 1890, n. 7321.

      Già nel 1890, il legislatore era stato indotto ad approvare una legge che consentisse di estendere la possibilità di effettuare servizi di vigilanza privata dalle sole «terre» alla «proprietà» (articolo 45 della legge 21 dicembre 1890, n. 7321), sanando così la posizione di semilegalità di chi, spinto dalle esigenze di sicurezza avanzate da una società sempre più industrializzata, svolgeva la protezione degli stabilimenti «forzando» i contenuti della legge n. 2248 del 1865.
      Ma lo sviluppo della nostra società, fortunatamente, non si è arrestato all'industrializzazione. Oggi, che viviamo nell'era postindustriale e del terziario avanzato, si avverte nuovamente l'esigenza di riadeguare le disposizioni in materia di vigilanza privata, al fine di renderle più rispondenti alle esigenze della società stessa. Perché se la parte positiva e produttiva della nostra società si è evoluta, si è evoluta purtroppo anche la parte composta dai violenti e dai malviventi, di coloro che preferiscono vivere sulle spalle dei produttori e dei lavoratori, sottraendo loro, con la forza, quei mezzi di sostentamento che gli onesti si guadagnano con il sudore della loro fronte.

Nuove esigenze di sicurezza.

      Di fronte all'evoluzione della criminalità, e alla sempre minore capacità delle istituzioni pubbliche di farvi fronte, come i continui fatti di sangue purtroppo dimostrano, nella società postindustriale in cui viviamo oggi si ripropone il problema del riadeguamento normativo delle disposizioni inerenti la materia della vigilanza privata. Tale attività risulta, infatti, ancor oggi disciplinata dal titolo IV del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, il quale, se soddisfaceva l'esigenza di chiarezza e di precisione legislativa che avvertivano gli operatori della sicurezza dell'epoca, appare oggi insufficiente di fronte all'evoluzione socio-tecnologica che ha creato nuovi bisogni di sicurezza per la nostra società. Bisogni a cui gli operatori della sicurezza privata si trovano a dover fare fronte con mezzi legislativi, e spesso anche tecnici, obsoleti.
      La società italiana, come all'epoca dell'unità e alla nascita della società industriale, sta subendo nuove trasformazioni che, soprattutto nel campo della sicurezza, richiedono risposte adeguate ai tempi, risposte che gli operatori della sicurezza privata possono sicuramente fornire, a patto che si dia loro un'adeguata cornice normativa al cui interno essi possano operare con la dovuta chiarezza.
      Il Parlamento si è da sempre occupato del riordino delle diverse strutture preposte alla sicurezza: Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Polizia penitenziaria, Vigili del fuoco, perfino Polizia municipale, ma nessuno si è ancora interessato alla materia della vigilanza privata.
      Ecco il motivo della presente proposta di legge. Vogliamo che gli uomini che cercano di svolgere professionalmente un lavoro duro e rischioso, come i diversi fatti di sangue tragicamente hanno dimostrato, possano vedere questa professionalità riconosciuta e, inoltre, che questa professionalità possa poi dare alla nostra società quella sicurezza che purtroppo sembra venire meno.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Disposizioni generali).

      1. Le attività di vigilanza e di sicurezza delle persone e dei beni effettuate dagli istituti di vigilanza privata sono parte del sistema nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica ed assumono la denominazione di attività di «Polizia pubblica». I dipendenti degli istituti che svolgono attività di Polizia pubblica assumono, con le modalità e i requisiti previsti dalla presente legge, la qualifica di agenti di Polizia pubblica, distinti in vigili, graduati, sottufficiali e ufficiali.
      2. Chiunque può destinare gli agenti di Polizia pubblica alla vigilanza e alla sicurezza delle persone e dei beni mobili e immobili. Le predette attività di vigilanza e di sicurezza sono subordinate alle prescrizioni delle autorità di pubblica sicurezza che possono avvalersi della collaborazione degli agenti di Polizia pubblica anche per servizi di polizia.
      3. I vigili, i graduati, i sottufficiali e gli ufficiali appartenenti agli istituti di vigilanza privata sono a tutti gli effetti di legge considerati pubblici ufficiali durante l'espletamento del proprio servizio; agiscono quali organi ausiliari delle Forze di polizia; possono essere chiamati a fare parte dei comitati locali per la protezione civile.

Art. 2.
(Denominazione unitaria degli istituti di vigilanza privata).

      1. Tutti gli istituti di vigilanza privata riconosciuti dal Ministero dell'interno, in qualunque forma costituiti, operanti ai sensi della presente legge, assumono la denominazione di istituti di Polizia pubblica.

 

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Art. 3.
(Requisiti per effettuare l'attività di Polizia pubblica).

      1. L'aspirante vigile di Polizia pubblica deve possedere la cittadinanza italiana.
      2. La nomina ad aspirante vigile di Polizia pubblica non può essere concessa a chi ha subìto condanne per delitto, anche se non passate in giudicato, e a chi è in relazione di parentela o di affinità, fino al terzo grado, con soggetti condannati con sentenza definitiva.
      3. L'aspirante vigile di Polizia pubblica deve essere in possesso del titolo di studio di scuola secondaria di primo grado. L'aspirante vigile in possesso di titoli di studio superiori alla scuola secondaria di primo grado ha diritto di partecipare ai concorsi per sottufficiali e per ufficiali della Polizia pubblica.
      4. L'aspirante vigile di Polizia pubblica deve possedere gli stessi requisiti richiesti per poter partecipare al concorso di agente della Polizia di Stato.

Art. 4.
(Corsi di formazione).

      1. Ai fini dell'acquisizione del brevetto di vigile di Polizia pubblica, gli aspiranti frequentano gli appositi corsi indetti e gestiti dagli istituiti di Polizia pubblica e dalla prefettura - ufficio territoriale del Governo competente per territorio. Tali corsi sono soggetti ai controlli dei questori competenti per territorio e dei funzionari allo scopo delegati.
      2. Il brevetto di cui al comma 1 è rilasciato dal Ministero dell'interno, su proposta della prefettura - ufficio territoriale del Governo competente e dell'istituto di Polizia pubblica interessato, con validità su tutto il territorio nazionale. Il brevetto costituisce documento obbligatorio per lo svolgimento del servizio. In caso di denuncia penale o di mancanza grave, il Ministro dell'interno, su parere del prefetto

 

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e del questore competenti per territorio, può disporne la sospensione.
      3. Il brevetto e il porto d'armi sono rinnovati alla scadenza del quinto anno dalla data del loro rilascio.
      4. Il Ministero dell'interno fornisce ai questori e ai prefetti un programma di studi completo valevole per la preparazione degli aspiranti vigili di Polizia pubblica.
      5. Il programma di cui al comma 4 comprende tutte le conoscenze giuridiche rilevanti, nonché le altre materie normative, tecniche e disciplinari riguardanti l'espletamento del servizio, con particolare riferimento agli aspetti tecnici, tecnologici e di pronto intervento.
      6. Il programma di cui al comma 4 ha valore di testo ufficiale ed è obbligatoriamente recepito da tutti gli istituti di Polizia pubblica autorizzati sul territorio nazionale, ai fini della sua integrale applicazione durante i corsi di formazione per gli aspiranti vigili di Polizia pubblica previsti dall'articolo 5.

Art. 5.
(Svolgimento dei corsi di formazione).

      1. Al fini della preparazione degli aspiranti vigili di Polizia pubblica si applicano i seguenti criteri:

          a) i corsi di formazione non possono avere una durata inferiore a sei mesi;

          b) non possono essere avviati ai corsi di formazione gli aspiranti vigili che non sono risultati idonei alle preventive selezioni psico-attitudinali o che non sono stati preventivamente e sufficientemente istruiti per almeno sei mesi in palestre di arti marziali per l'addestramento alle tecniche di autodifesa e che non hanno acquisito sufficienti nozioni teoriche sull'espletamento del servizio e della professione;

          c) spetta all'istituto di Polizia pubblica interessato e alla prefettura - ufficio territoriale del Governo competente per territorio la preventiva selezione degli

 

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aspiranti vigili, sotto il profilo psicofisico, mediante test ed elaborati;

          d) i corsi di formazione terminano con un esame che prevede prove scritte e orali.

      2. Ai fini delle prove di esame di cui al comma 1, lettera d), ciascun istituto di Polizia pubblica costituisce una commissione composta da:

          a) un ufficiale dell'istituto di Polizia pubblica, con funzioni di presidente;

          b) un sottufficiale dell'istituto di Polizia pubblica;

          c) due graduati dell'istituto di Polizia pubblica, di cui almeno uno con tre anni di servizio;

          d) un funzionario della questura, con funzioni di sovrintendente. Le commissioni di esame non possono essere insediate in assenza del funzionario di cui alla presente lettera.

      3. La commissione di cui al comma 2 è tenuta a verbalizzare l'esito degli esami e i relativi verbali, in triplice copia, sono depositati presso le questure competenti per territorio entro venti giorni dalla conclusione degli esami.
      4. Al termine dei corsi di formazione, gli aspiranti vigili di Polizia pubblica dichiarati idonei prestano giuramento innanzi al prefetto, con la seguente formula: «Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana e al suo Presidente, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere le funzioni affidatemi con coscienza e diligenza e con l'unico intento di perseguire il pubblico interesse».

Art. 6.
(Riqualificazione del personale in servizio).

      1. È fatto obbligo a tutti gli istituti di Polizia pubblica di riqualificare il personale dipendente operativo impiegato alla data di entrata in vigore della presente legge mediante corsi di formazione accelerati

 

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della durata di tre mesi, per quattro ore giornaliere retribuite.
      2. Al termine dei corsi di cui al comma 1, con riferimento ad ogni partecipante, sono redatte note di valutazione, con il relativo punteggio, ed è rilasciato un attestato di partecipazione.

Art. 7.
(Formazione e riqualificazione).

      1. Il vigile di Polizia pubblica si esercita almeno una volta ogni due settimane in un poligono di tiro delle Forze di polizia o delle Forze armate, utilizzando le armi in dotazione o analoghi modelli.
      2. Il vigile di Polizia pubblica svolge ogni cinque anni un corso retribuito di riqualificazione professionale al fine di aggiornare le proprie conoscenze e svolge prove tecniche e di difesa personale, con relativi test psico-attitudinali. I vigili giudicati inidonei sono assegnati ad altre mansioni.
      3. I poligoni di tiro e le scuole delle Forze di polizia e delle Forze armate predispongono, a titolo oneroso, le esercitazioni a fuoco a scopo addestrativo. Alla conclusione delle predette esercitazioni, con riferimento ad ogni partecipante, sono redatte note di valutazione, con il relativo punteggio.

Art. 8.
(Equipaggiamento e uniformi).

      1. È istituito, presso il Ministero dell'interno, un comitato nazionale, presieduto dal Ministro dell'interno e composto dal personale degli istituti di Polizia pubblica, con i seguenti compiti:

          a) approvare, sentito il parere dell'autorità militare, il modello della divisa degli agenti di Polizia pubblica, che deve essere identica in ambito nazionale, fatta salva la diversità di mostrine e di fregi;

          b) stabilire, sentito il parere del Ministro dell'interno, il colore e la forma dei

 

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segnali luminosi e acustici, delle palette, nonché la tipologia dell'armamento, dei mezzi di collegamento e degli altri supporti tecnici in dotazione agli agenti di Polizia pubblica.

Art. 9.
(Documento di identificazione).

      1. Con decreto del Ministro dell'interno è rilasciato il tesserino di riconoscimento di agente di Polizia pubblica. Il tesserino contiene:

          a) la fotografia autenticata e gli estremi personali del titolare;

          b) gli estremi del brevetto di cui all'articolo 4, commi 1, 2 e 3.

      2. Contestualmente al tesserino di cui al comma 1, è rilasciato un apposito distintivo metallico, da utilizzare per i servizi senza uniforme prestati dagli agenti di Polizia pubblica.

Art. 10.
(Collaborazione con le Forze di polizia).

      1. Gli istituti di Polizia pubblica possono essere chiamati a concorrere, in forma gerarchicamente subordinata, a tutte le operazioni di polizia concernenti l'ordine e la sicurezza pubblica.
      2. Nei casi di cui al comma 1, l'agente di Polizia pubblica riveste la qualifica di agente di polizia giudiziaria.

Art. 11.
(Competenze particolari).

      1. Gli agenti di Polizia pubblica, quando procedono autonomamente nell'ambito del servizio svolto o per ausilio alle Forze dell'ordine, compiono tutti gli atti inerenti al loro ufficio, compresi i verbali di arresto. I predetti verbali fanno fede fino a querela di falso.
      2. Gli agenti di Polizia pubblica addetti alla custodia dei beni immobili e mobili

 

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possono redigere verbali soltanto nei riguardi del servizio a cui sono destinati.

Art. 12.
(Promozione e avanzamento di grado).

      1. Gli istituti di Polizia pubblica adottano i seguenti gradi progressivi: vigile, vigile scelto, appuntato, vice brigadiere, brigadiere, maresciallo ordinario, maresciallo capo, maresciallo maggiore, sottotenente, tenente, capitano, maggiore, tenente colonnello, colonnello, colonnello comandante dell'istituto di Polizia pubblica.
      2. I segni distintivi del grado sono approvati dal Ministero dell'interno, sentito il parere dei competenti comandi militari.
      3. I criteri per l'attribuzione dei gradi e le carriere sono stabiliti con il regolamento di attuazione della presente legge, da adottare con decreto del Ministro dell'interno entro sei mesi dalla data della sua entrata in vigore, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
      4. L'avanzamento di grado e le carriere degli agenti di Polizia pubblica sono proposti dal colonnello comandante dell'istituto di Polizia pubblica di appartenenza, sentiti i loro superiori diretti, e sono approvati dalla prefettura - ufficio territoriale del Governo competente per territorio.
      5. Gli avanzamenti di carriera possono essere proposti e richiesti in base ai seguenti criteri:

          a) per particolari capacità;

          b) in seguito a corsi di qualificazione;

          c) per anzianità;

          d) per meriti di servizio.

Art. 13.
(Svolgimento del servizio di Polizia pubblica).

      1. Il servizio di Polizia pubblica, ai fini della sicurezza del personale, prevede:

          a) per tutti i servizi di custodia dei beni mobili e immobili, di pattugliamento

 

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e di pronto intervento, la presenza di due o più agenti;

          b) per i servizi di piantonamento fisso, il costante contatto radio tra la centrale operativa e le postazioni.

Art. 14.
(Contratti di lavoro).

      1. Le contrattazioni nazionali e provinciali in materia di Polizia pubblica avvengono in conformità alle prescrizioni stabilite dal regolamento di attuazione adottato ai sensi dell'articolo 12, comma 3. La contrattazione nazionale avviene presso il Ministero dell'interno e la contrattazione provinciale avviene presso le singole prefetture - uffici territoriali del Governo.

Art. 15.
(Istituzione di un fondo sociale).

      1. È istituita a carico dei rispettivi istituti di Polizia pubblica una cassa di soccorso, per i particolari casi di bisogno in cui possono trovarsi gli agenti di Polizia pubblica a causa del servizio svolto e per l'assistenza ai loro familiari. La costituzione della cassa è effettuata secondo i criteri e nelle forme stabilite dal regolamento di attuazione adottato ai sensi dell'articolo 12, comma 3.

Art. 16.
(Disposizioni finali).

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'interno, sentite le associazioni nazionali di categoria degli istituti che già operano ai sensi del titolo IV del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, e le

 

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associazioni sindacali dei lavoratori firmatari dei contratti collettivi nazionali di lavoro che si applicano nel settore, emana, con proprio decreto, disposizioni per la costituzione delle commissioni di esame di cui all'articolo 5 e per l'elezione dei componenti del comitato nazionale di cui all'articolo 8 della presente legge.


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