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PDL 2085

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2085



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CATONE

Modifiche all'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di istituzione di province nelle aree montane

Presentata il 19 dicembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Con la presente proposta di legge si intende modificare la normativa vigente in materia di istituzione di province nelle aree montane (articolo 21, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) prevedendo, per le medesime aree, accanto al riferimento demografico, il principio della compensazione del numero di abitanti con parametri relativi all'estensione territoriale, al numero dei comuni e alla distanza tra capoluoghi di provincia. Si introduce, in questo modo, come già avviene per le aree metropolitane, un criterio di elasticità nella norma legislativa, tramite l'adozione di un modello flessibile tendente ad adattare l'assetto amministrativo pubblico alle diverse realtà territoriali. Sempre con riferimento alle aree montane, in coerenza con gli obiettivi elencati, l'istituzione di una nuova circoscrizione provinciale comporta la contestuale soppressione delle comunità montane ricadenti per intero nel territorio della nuova provincia montana, con l'assegnazione ad essa delle funzioni, delle risorse umane e finanziarie, delle competenze e degli immobili in carico agli enti soppressi, dando la possibilità di creare nuove province montane.
      Le istanze relative all'istituzione di nuove province, oltre ad esprimere una legittima volontà delle realtà territoriali interessate a potersi organizzare liberamente in forme politico-amministrative rispettose dalla propria realtà storica, sociale, culturale ed economica, rappresentato un diritto sancito:

          1) dalla Costituzione che, all'articolo 5, recita testualmente: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che

 

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dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i princìpi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze della autonomia e del decentramento»;

          2) dal Trattato di Amsterdam, reso esecutivo dalle legge 16 giugno 1998, n. 209, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché dalla Carta europea dell'autonomia locale, firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985, resa esecutiva dalla legge 30 dicembre 1989, n. 439, il cui Preambolo recita: «considerato che le collettività locali costituiscono uno dei principali fondamenti di ogni regime democratico;

          considerato che il diritto dei cittadini a partecipare alla gestione degli affari pubblici fa parte dei princìpi democratici comuni a tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa;

          convinti che è a livello locale che il predetto diritto può essere esercitato il più direttamente possibile;

          convinti che l'esistenza di collettività locali investite di responsabilità effettive consente un'amministrazione efficace e vicina al cittadino;

          consapevoli del fatto che la difesa ed il rafforzamento dell'autonomia locale nei vari Paesi europei rappresenta un importante contributo alla edificazione di un'Europa fondata sui princìpi della democrazia e del decentramento del potere;

          affermando che ciò presuppone l'esistenza di collettività locali dotate di organi decisionali democraticamente costituiti, che beneficino di una vasta autonomia per quanto riguarda le loro competenze le modalità di esercizio delle stesse, ed i mezzi necessari all'espletamento dei loro compiti istituzionali».

      E la stessa Carta europea dell'autonomia locale prevede all'articolo 6, paragrafo 1: «Senza pregiudizio di norme più generali emanate dalla legge, le collettività locali devono poter definire esse stesse le strutture amministrative interne di cui intendono dotarsi, per adeguarle alle loro esigenze specifiche in modo tale da consentire un'amministrazione efficace».

      La normativa italiana vigente che disciplina la revisione delle circoscrizioni provinciali, e in particolare le disposizioni contemplate dall'articolo 21, comma 3, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha nei fatti, in contrasto con lo stesso spirito informatore del legislatore, determinato il verificarsi di processi di aberrazione fra i quali:

          1) l'istituzione delle cosiddette «micro-province» con un numero minimo di comuni e ridotta estensione territoriale, basata su artificiosi fenomeni di aggregazione di alcuni piccoli centri attorno a una città di media grandezza;

          2) la disaggregazione di aree metropolitane, con la nascita di nuovi capoluoghi di provincia, ad appena 10-20 chilometri di distanza da quelli preesistenti, che, oltre a rendere più complessa la programmazione di un territorio fortemente urbanizzato, ha causato la proliferazione e la duplicazione di uffici provinciali dell'amministrazione dello Stato e di altri enti pubblici del tutto inutili, in palese contrasto con le disposizioni previste dallo stesso articolo 21, comma 3, lettera f);

          3) la discriminazione delle aree montane, impedendo la nascita di nuove province proprio laddove la forte frammentazione dei comuni e le caratteristiche del territorio rendono indispensabile la presenza di un efficace ente di governo di raccordo, che gestisca le funzioni di «area vasta», sia allo scopo di erogare in maniera efficiente ed economicamente sostenibile i servizi ai cittadini, sia anche per «favorire il riequilibrio economico, sociale e culturale del territorio provinciale regionale», così come recita testualmente al comma 3, lettera b), il menzionato articolo 21. Sono infatti proprio le aree interne dei territori provinciali e regionali che oggi avvertono con maggiore forza la necessità di un riequilibrio che non può prescindere

 

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dall'esistenza di uno strumento di governo coma la provincia, attraverso cui gestire e progettare lo sviluppo del territorio, grazie alle funzioni amministrative e ai compiti di programmazione di cui essa è oggi depositaria.

      Tutto ciò è avvenuto principalmente come diretta conseguenza della particolare interpretazione di quanto previsto dal comma 3, lettera e), del citato articolo 21, che fissa come criterio determinante per l'istituzione di una nuova provincia il solo parametro demografico: «di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti». «Norma» vuole dire regola e, pertanto, l'espressione non può essere intesa coma «circa o vicino a 200.000 abitanti», ma come una regola che può ammettere delle eccezioni. La lettura che si è data in concreto è stata, tuttavia, la prima, grazie anche all'assenza di altri criteri di riferimento per l'adozione della deroga prevista, andando di fatto a discriminare le aree montane, caratterizzate da territori ampi ma con scarsa densità demografica.
      Gli obiettivi che si prefigge la presente proposta di legge sono, pertanto, i seguenti:

          1) eliminare gli effetti di aberrazione descritti, determinatisi come conseguenza della debolezza intrinseca della struttura normativa di riferimento in tema di revisione delle circoscrizioni provinciali;

          2) semplificare e razionalizzare il sistema amministrativo locale, tramite un'efficace ripartizione delle funzioni e delle competenze assegnate agli enti locali;

          3) migliorare l'efficienza nella gestione dei servizi di «area vasta», attraverso un processo di razionalizzazione che porti a una riduzione complessiva dei costi sostenuti dallo Stato per la loro erogazione;

          4) favorire forme di riequilibrio territoriale a livello provinciale e regionale, con particolare riferimento alle aree montane.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al comma 3 dell'articolo 21 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) la lettera c) è sostituita dalla seguente:

          «c) il numero dei comuni delle province interessate risultanti dalle modificazioni territoriali deve essere almeno pari a venti, i nuovi capoluoghi devono distare almeno 40 chilometri da quelli preesistenti e l'intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia»;

          b) la lettera e) è sostituita dalla seguente:

          «e) di norma, la popolazione e il territorio delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non devono essere inferiori a 200.000 abitanti e a 500 chilometri quadrati; nelle aree prevalentemente montane, la carenza di popolazione deve essere compensata da un territorio di almeno 1.000 chilometri quadrati e da un numero di comuni non inferiore a trenta»;

          c) alla lettera f) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; nel caso di istituzione di una nuova provincia in un'area prevalentemente montana, sono soppresse le comunità montane i cui ambiti territoriali ricadono per intero in quello della nuova provincia e alla medesima provincia sono trasferiti le funzioni, le risorse umane e finanziarie, le competenze e gli immobili delle comunità montane soppresse».


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