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PDL 1921

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1921



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GRILLINI, BUEMI, DATO, PORETTI

Modifiche alla legge 21 febbraio 2006, n. 102, e al codice di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in materia di risarcimento dei danni per le vittime di incidenti stradali

Presentata il 9 novembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La legge 21 febbraio 2006, n. 102, ha introdotto disposizioni in tema di incidenti stradali con lesioni, disposizioni che inaspriscono le pene per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi e gravissime derivanti dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale.
      Tra le nuove disposizioni che la legge contiene ce ne sono però due che niente hanno a che fare con la disciplina penale e che è necessario abrogare rapidamente. Le ragioni che motivano tale abrogazione sono innumerevoli, perché poche leggi, come questa, hanno suscitato l'unanime disappunto della dottrina, dei magistrati e della classe forense italiana. Alcuni insigni commentatori l'hanno definita «una leggina con effetti deflagranti».
      Nessuno dei due articoli di cui si chiede l'abrogazione compariva nei progetti di legge presentati alla Camera dei deputati, né sono stati oggetto di discussione in sede di Commissione, ma sono stati introdotti, come emendamenti, nella fase di approvazione da parte dell'Aula della Camera, senza che si fosse ponderata la loro portata.
      Il primo di questi articoli, l'articolo 3, ha introdotto il rito speciale previsto per le cause in materia di lavoro anche nei giudizi civili per il risarcimento del danno per lesioni personali derivanti da sinistro stradale, nonostante che ciò comporti notevoli problemi di compatibilità tra il rito voluto dal legislatore e le caratteristiche intrinseche delle controversie da giudicare. In questa relazione introduttiva ci si limita ad indicare solo alcuni di questi problemi.
 

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      Innanzitutto, c'è il problema dell'introduzione del rito del lavoro con ricorso, anziché con atto di citazione in giudizio, che comporta l'immediata iscrizione a ruolo della causa, con immediato esborso di denaro da parte del cittadino-assicurato e con un surplus di lavoro per le cancellerie, già molto oberate e quasi al tracollo. Con la normale citazione in giudizio (cosa avvenuta fino ad oggi nelle cause per sinistri stradali con o senza lesioni personali), invece, questo non accadeva, tenuto anche in considerazione che le cause di competenza del giudice di pace (che rappresentano la grande maggioranza del contenzioso in tema di incidenti stradali) possono essere iscritte a ruolo fino al giorno dell'udienza indicata nell'atto di citazione.
      Questo farà aumentare a dismisura il numero della cause iscritte, e solo dopo l'avvenuta iscrizione le parti potranno verificare se c'è la possibilità di giungere a un accordo transattivo, cosa che oggi in effetti avviene in una percentuale altissima di casi (considerato che soprattutto le assicurazioni hanno tutto l'interesse ad abbattere i costi legali), evitando che molte cause vengano mai iscritte a ruolo.
      Inoltre l'introduzione del giudizio con ricorso obbliga fin da subito il giudice a intervenire con un proprio decreto per fissare la data della prima comparizione delle parti, cosa che comporterà un aumento smisurato del lavoro delle cancellerie anche per l'incrementarsi del loro affollamento da parte degli avvocati, che si recheranno lì ripetutamente per verificare se il giudice abbia emesso il decreto, per richiederne le copie e notificarle alle altre parti, essendo previsti dei termini perentori per farlo. Senza tacere inoltre il fatto, che è prevedibile data la situazione degli uffici giudiziari, che le date dell'udienza (non più fissate direttamente dalla parte attrice nella citazione) saranno fissate a lungo o lunghissimo termine, con danno per i cittadini!
      Ma l'adozione del rito del lavoro pone tanti altri problemi, tra cui alcune fondamentali incertezze che danneggiano il diritto. Per esempio c'è quello della competenza, che nelle cause fino a 15.493 euro è stata sino ad ora del giudice di pace, mentre il rito del lavoro sembrerebbe contenere una riserva di competenza esclusiva a favore del tribunale. In questo modo i tribunali dovrebbero tornare a riassorbire almeno il 60 per cento del contenzioso derivante da sinistri stradali - con le conseguenze che tutti possiamo immaginare! - che la riforma sul giudice di pace aveva assegnato alla competenza di quest'ultimo ufficio.
      C'è poi l'obbligo del giudice di sentire le parti in prima udienza, che comporterà necessariamente una riduzione del numero delle cause trattate a danno della reale celerità dei giudizi.
      C'è l'aumento degli adempimenti per gli addetti agli studi legali sia per depositare il ricorso, sia per espletare le successive incombenze, che comporterà un aumento dei costi complessivi di questi procedimenti, che potrebbe finire con il riversarsi sul costo delle assicurazioni.
      C'è anche il dubbio, che si sono posti alcuni giudici e avvocati, relativo all'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, che il rito del lavoro contempla.
      Se lo scopo di questa norma, inutile se non dannosa, era quello di ridurre i tempi del processo civile, certamente non ha centrato l'obiettivo, in quanto il rito speciale del lavoro, che pure ha rappresentato una svolta in Italia quando è stato introdotto, non è per nulla celere come possa credersi.
      Per quanto concerne invece l'altro articolo che si propone di abrogare, l'articolo 5, siamo di fronte a un «mostro giuridico»: infatti, si dispone l'introduzione di un nuovo comma in un articolo, il 24, di una legge, la legge n. 990 del 1969, che il nuovo codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, ha completamente abrogato (si veda l'articolo 354, comma 1, lettera d), del codice). Chissà se sia possibile parlare di riviviscenza della norma abrogata nel caso in cui si introduce un comma in un articolo che non esiste più, di una legge che non è più in vigore!
 

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      Tra l'altro, questa norma provoca una sovrapposizione legislativa, in quanto interviene a modificare la disciplina di una materia che il citato codice delle assicurazioni private aveva appena regolato in maniera differente, senza porsi il problema di coordinarsi con questa nuova regolamentazione e senza collocarsi esattamente là dove doveva, ovvero proprio nel nuovo codice. Questo in realtà è potuto accadere anche perché la legge n. 102 del 2006, dopo essere stata approvata dalla Camera dei deputati nella seduta n. 599 del 9 marzo 2005, è stata approvata definitivamente dal Senato della Repubblica solo il 9 febbraio 2006, cioè quasi un anno dopo. In questo periodo di tempo è accaduto che sia stato emanato il decreto legislativo che ha introdotto il nuovo codice delle assicurazioni, che ha abrogato, come detto, proprio la legge n. 990 del 1969.
      Per questo motivo l'articolo 3 della presente proposta di legge provvede a porre rimedio a tutto ciò, recuperando il contenuto dell'articolo 24 della legge n. 990 del 1969, novellato dall'articolo 5 della legge n. 102 del 2006, e introducendolo nell'articolo 147 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005.
      Il citato articolo 24 della legge n. 990 del 1969, la cui abrogazione viene confermata, prevede che in caso di incidenti stradali, su richiesta del danneggiato che abbia riportato lesioni personali, il giudice possa liquidare in via provvisionale una somma variabile tra il 30 e il 50 per cento della presumibile entità del risarcimento che liquiderà con sentenza, quando da un sommario accertamento ravvisi gravi elementi di responsabilità a carico del conducente. Invero, l'articolo 147 del citato codice delle assicurazioni private ha disposto che tale provvisionale possa essere disposta dal giudice nei limiti dei quattro quinti della presumibile entità del risarcimento che sarà liquidato con la sentenza, ma solo qualora gli aventi diritto al risarcimento vengano a trovarsi in stato di bisogno a causa del sinistro.
      L'articolo 3 della presente proposta di legge, raccogliendo le due diverse volontà del legislatore, sostituisce l'articolo 147 del citato codice delle assicurazioni private prevedendo che il giudice possa disporre una provvisionale compresa tra il 30 e 50 per cento quando l'avente diritto al risarcimento che lo richieda non versi in stato di bisogno dipendente dal sinistro stradale, e una provvisionale fino all'80 per cento nel caso in cui, invece, versi in stato di bisogno dipendente dal sinistro stradale. L'80 per cento corrisponde esattamente ai quattro quinti previsti dall'articolo 147 attualmente vigente.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Abrogazione dell'articolo 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102).

      1. L'articolo 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102, è abrogato.

Art. 2.
(Abrogazione dell'articolo 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990).

      1. L'articolo 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, come da ultimo modificato dall'articolo 5 della legge 21 febbraio 2006, n. 102, è abrogato.

Art. 3.
(Modifica dell'articolo 147 del codice di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209).

      1. L'articolo 147 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, è sostituito dal seguente:

      «Art. 147. - (Liquidazione di somme provvisionali ai danneggiati). - 1. Nel corso del giudizio di primo grado, gli aventi diritto al risarcimento a causa del sinistro possono chiedere che sia loro assegnata una somma da imputare nella liquidazione definitiva del danno.
      2. Il giudice civile o penale, sentite le parti, qualora da un sommario accertamento risultino gravi elementi di responsabilità a carico del conducente, con ordinanza immediatamente esecutiva provvede all'assegnazione della somma, a carico di una o più delle parti civilmente responsabili, nei limiti di quanto previsto

 

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nei commi 3 e 4. Se la causa civile è sospesa ai sensi dell'articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale, l'istanza è proposta al presidente del tribunale dinanzi al quale è pendente la causa.
      3. Se a causa del sinistro i danneggiati vengono a trovarsi in stato di bisogno, il giudice provvede all'assegnazione di una somma nei limiti dell'80 per cento della presumibile entità del risarcimento che sarà liquidato con la sentenza.
      4. Se i danneggiati non si trovano nello stato di bisogno di cui al comma 3, il giudice provvede all'assegnazione di una somma pari ad una percentuale compresa tra il 30 e il 50 per cento della presumibile entità del risarcimento che sarà liquidato con la sentenza.
      5. L'istanza può essere riproposta nel corso del giudizio.
      6. L'ordinanza è irrevocabile fino alla decisione del merito».


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