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PDL 2127

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2127



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SERENI, FRANCESCHINI, MATTARELLA, MARCENARO, DE BRASI, CALDAROLA, CARTA, FASSINO, FEDI, FUMAGALLI, MONACO, NARDUCCI, PETTINARI, PISCITELLO, RANIERI, RIGONI, RUTA, SPINI

Nuove disposizioni in materia di cooperazione allo sviluppo

Presentata il 12 gennaio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Nel 1987, con larghissimo consenso parlamentare, venne finalmente approvata la legge n. 49, che regolamenta ancora oggi l'intero settore della cooperazione italiana. Una buona legge all'origine che, tuttavia, nel corso di più di vent'anni, ha prestato il fianco ad una serie di critiche, in particolare circa l'efficacia e l'efficienza dell'attività di cooperazione condotta dall'Italia, e che ha portato, pertanto, alla diffusa convinzione, tra operatori di settore, funzionari pubblici, esponenti politici e soggetti della società civile, della necessità di una riforma complessiva che potesse superare alcune inadeguatezze manifestate in questi anni dalla legge n. 49.
      Sul piano nazionale, infatti, la politica italiana di cooperazione allo sviluppo è ormai da anni in una fase di stallo, mentre gli attori principali lamentano sempre più gravi difficoltà. Il poco che è rimasto della politica pubblica di cooperazione è ormai privo di strategia e di coerenza. Vi è inoltre una certa arretratezza dei meccanismi burocratici, di controllo e di gestione nel rapporto tra Ministero degli affari esteri e attori della solidarietà internazionale, e un difficile coordinamento tra le diverse istituzioni, sia tra i Ministeri sia tra questi, le regioni e gli enti locali.
      Se a questo aggiungiamo la riduzione drastica dei fondi operata progressivamente nelle leggi finanziarie degli ultimi quattro anni - tendenza fortunatamente corretta con la legge finanziaria 2007, legge n. 296 del 2006 - possiamo spiegare il triste primato di ultimi in classifica dei
 

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Paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) quanto al rapporto tra Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) e prodotto interno lordo (PIL), il mancato rispetto degli impegni internazionali - tra cui si profila anche quello relativo al raggiungimento di una quota di finanziamenti pari allo 0,7 per cento del PIL entro il 2015 - e la quasi paralisi della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (DGCS) del Ministero degli affari esteri.
      È ormai opinione comune, quindi, che trascorsi venti anni dall'entrata in vigore della prima legge organica in materia di cooperazione occorra oggi una riforma che consenta un rilancio autentico della cooperazione internazionale, che non la consideri più, in particolare, come una sorta di politica accessoria alla politica estera, bensì come un'assoluta priorità politica dell'azione di governo; che non si limiti solamente a fronteggiare un problema di maggiori risorse ma metta, anche e soprattutto, a punto una macchina organizzativa adeguata alle nuove esigenze di una moderna azione di cooperazione.
      Oggi riteniamo, infatti, che il futuro della cooperazione passi anche attraverso un radicale ripensamento delle sue linee di fondo, che consideri cioè la politica di cooperazione come una parte importante e qualificante della politica estera italiana ma, al tempo stesso, abbia il coraggio di svincolarla e di renderla autonoma da altre e diverse finalità che pure legittimamente si perseguono nell'azione di protezione internazionale del Paese.
      La motivazione precipua dell'aiuto pubblico allo sviluppo deve, infatti, rimanere la riduzione della povertà e la promozione di uno sviluppo socialmente e ambientalmente sostenibile, riservando ad altri strumenti le finalità di promozione commerciale e di sostegno alle esportazioni.
      La cooperazione internazionale dovrebbe essere innanzitutto uno strumento per la costruzione di un Welfare globale, fondato su un modello di «relazioni» fra cittadini, componenti della società civile ed espressioni organizzate a livello territoriale, improntata ai valori della giustizia, della difesa e promozione dei diritti umani e della garanzia dei beni comuni, sulla base di relazioni di partenariato, ossia di relazioni dirette fra comunità, enti locali e singoli cittadini.
      Del resto questi obiettivi sono conformi agli stessi impegni assunti nelle sedi internazionali. È sufficiente citare la risoluzione 55/2 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel corso della sessione speciale nel settembre del 2000 a New York, in occasione della quale è stato ufficialmente sancito il patto di ridurre drasticamente il divario economico tra il Nord e il Sud del mondo entro il 2015, attraverso il perseguimento di otto obiettivi internazionali di sviluppo: 1) sradicamento della povertà estrema e della fame; 2) assicurazione entro il 2015 di un'educazione primaria per tutti; 3) promozione delle pari opportunità di genere; 4) riduzione di due terzi (tra il 1990 e il 2015) del tasso di mortalità infantile; 5) riduzione di tre quarti del tasso di mortalità materna; 6) lotta all'HIV/AIDS, alla malaria e alle principali malattie infettive; 7) assicurazione di uno sviluppo sostenibile; 8) costruzione di una partnership globale per lo sviluppo.
      In questo quadro, le proposte per cambiare direzione sono ormai note: riformare la legge n. 49 del 1987, sganciare la cooperazione dalle finalità della politica commerciale e dagli interventi militari, rispettare gli impegni presi in sede internazionale con gli obiettivi del Millennio.
      È allora indispensabile che il Parlamento ponga mano a una significativa riforma dell'attuale disciplina, riaffermando innanzitutto i princìpi etici cui deve ispirarsi la cooperazione internazionale e sancendo il ruolo e il protagonismo dell'Italia nell'ambito della politica estera; ponendo al centro dell'attività di solidarietà il soddisfacimento dei bisogni primari dei Paesi in via di sviluppo e, in primo luogo, la salvaguardia della vita umana, l'autosufficienza alimentare, la lotta contro la povertà e lo sfruttamento dei più deboli.
      Lo Stato deve continuare a ricoprire un ruolo centrale dal momento che non è
 

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pensabile una politica di cooperazione forte senza il significativo contributo pubblico, il quale dovrà garantire e non soffocare la partecipazione degli attori non governativi, degli enti locali, del privato sociale e delle imprese. L'impianto normativo della presente proposta di legge dovrebbe rendere più facile l'utilizzo di risorse pubbliche da parte di tali attori, certificandone l'ammontare e permettendo di valutarne pubblicamente i risultati, favorendo l'azione dei privati secondo una prospettiva sussidiaria e accrescendo le risorse attraverso misure idonee ad agevolare la raccolta di fondi dei soggetti privati.
      In questo impianto, in cui l'indirizzo e il controllo politico sono condivisi dal Governo, attraverso il Ministero degli affari esteri e il Viceministro per la cooperazione allo sviluppo, e dal Parlamento, è necessaria, altresì, la presenza di uno strumento esterno che abbia dei margini adeguati di autonomia e indipendenza, operative e finanziarie, a tutto vantaggio dell'efficienza e della flessibilità di azione. A questo scopo la presente proposta di legge prevede l'istituzione di una Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo con contabilità separata da quella dello Stato, con personale specializzato, che abbia un ruolo tecnico-operativo e possa facilmente rispondere alle molteplici esigenze tecniche e di controllo che la cooperazione allo sviluppo esige, rispondendo contestualmente a criteri di efficienza, economicità e responsabilità propri di una struttura al passo con la complessità proposta dai problemi di solidarietà internazionale.
      Nel riconoscimento e nella valorizzazione dei diversi soggetti della cooperazione allo sviluppo, un ruolo particolarmente significativo è svolto dalla cooperazione decentrata. È da anni, infatti, che comuni e regioni sono impegnati a mobilitare risorse culturali, professionali ed economiche per dare sostegno a iniziative di cooperazione nei confronti di Paesi in via di sviluppo. Si tratta di una dimensione relativamente nuova, la cui regolamentazione non è più sufficiente in tema di rapporto tra la cooperazione allo sviluppo attuata dalle autonomie locali e la cooperazione governativa.
      Importante è anche la nuova definizione di competenze e di modalità operative nell'ambito degli interventi di emergenza conseguenti a grandi catastrofi umanitarie o naturali. In questo senso è importante ribadire il concetto unitario della cooperazione allo sviluppo, pur distinguendo gli impegni finanziari destinati all'aiuto da quelli destinati alle emergenze, e mantenendo la possibilità di affidare la parte più operativa, finalizzata al soccorso rapido e all'immediato ristabilimento delle condizioni di vita essenziali, al Dipartimento della protezione civile.
      Pertanto, l'articolo 1 della presente proposta di legge definisce l'oggetto della politica di cooperazione allo sviluppo, riaffermando in particolare che essa è parte fondamentale e qualificante della politica estera dell'Italia e contribuisce, tra gli altri, al raggiungimento degli obiettivi del Millennio sanciti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite.
      L'articolo 2, nel definire i princìpi fondamentali dell'APS, prevede in particolare quelli del partenariato e del co-sviluppo, in coerenza con gli orientamenti e con le priorità fissati a livello comunitario e internazionale. Sono espressamente esclusi dall'APS interventi a sostegno di operazioni militari o con finalità di penetrazione commerciale e l'APS non è subordinato ad altre esigenze di politica estera. Infine, l'APS è svincolato dalla fornitura di beni e di servizi italiani nel rispetto dei criteri adottati in sede OCSE - Comitato di aiuto allo sviluppo (DAC).
      L'articolo 3 garantisce la coerenza delle politiche di cooperazione allo sviluppo condotte dai Ministeri, dalle amministrazioni regionali e da quelle territoriali. Il Ministro degli affari esteri è il responsabile della politica dell'APS italiano; le funzioni relative all'APS sono assicurate dal Viceministro per la cooperazione allo sviluppo, e la coerenza globale delle politiche di cooperazione è garantita dal Consiglio dei ministri cui partecipano anche il Viceministro per la cooperazione allo sviluppo e
 

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il presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
      L'articolo 4 stabilisce la procedura che conduce all'approvazione di un programma triennale degli interventi di cooperazione allo sviluppo e al suo aggiornamento su base annuale. Entro il 15 marzo di ogni anno, infatti, il consiglio di amministrazione dell'Agenzia di cui all'articolo 6 presenta al Ministro degli affari esteri una proposta di programmazione triennale degli interventi e di ripartizione delle risorse del Fondo unico di cui all'articolo 5. Sulla base della proposta presentata, il Ministro degli affari esteri, sentito il Viceministro per la cooperazione allo sviluppo, definisce le strategie e le priorità contenute nel programma triennale, che dovrà essere approvato dal Parlamento entro il 15 giugno di ogni anno.
      L'articolo 5 prevede l'istituzione di un Fondo unico per la cooperazione, nel quale confluiscono tutte le risorse destinate all'APS. Sulla base del programma triennale approvato dal Parlamento, l'Agenzia decide gli interventi dell'APS italiano e ripartisce le risorse tra i Ministeri coinvolti, gli enti territoriali interessati e gli altri soggetti della cooperazione. Nell'ambito del Fondo unico sarà poi la legge finanziaria a riservare alla disponibilità del Ministero dell'economia e delle finanze le risorse relative ai contributi obbligatori dovuti alle istituzioni finanziarie internazionali.
      L'articolo 6 prevede l'istituzione dell'Agenzia italiana per la cooperazione italiana allo sviluppo, che è responsabile dell'attuazione del programma e strumento di gestione dell'APS. Essa è dotata, tra l'altro, di autonomia gestionale, amministrativa, contabile e patrimoniale e, in particolare, non è assoggettata alle norme ordinarie sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato. Essa è tenuta, altresì, ad obblighi di pubblicità e di trasparenza tramite l'istituzione di una banca dati contenente le informazioni sugli interventi, sul loro valore complessivo e sugli ammontari finanziati, sul settore di intervento e sugli enti attuatori. L'accesso alla banca dati è pubblico.
      L'articolo 7 disciplina la nomina, i compiti e le funzioni di alcuni organi dell'Agenzia, tra cui il consiglio di amministrazione, che definisce e controlla la struttura dell'Agenzia, e il presidente dell'Agenzia, che ne assume la rappresentanza legale e ne assicura la corretta gestione. Il presidente e i membri del consiglio di amministrazione durano in carica tre anni e possono essere riconfermati una sola volta.
      L'articolo 8 disciplina i cosiddetti «aiuti di emergenza», finalizzati, cioè, al soccorso delle popolazioni e al rapido ristabilimento delle condizioni necessarie per la ripresa dei processi di sviluppo. La percentuale massima delle risorse del Fondo unico destinabile agli aiuti di emergenza è fissata nell'ambito della programmazione triennale di cui all'articolo 4. Nel caso di emergenze dovute a gravi calamità naturali l'Agenzia può affidare gli interventi di emergenza e soccorso al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri che agisce in autonomia secondo le proprie procedure operative e di spesa.
      L'articolo 9 promuove e valorizza i diversi soggetti, pubblici e privati, della cooperazione allo sviluppo sulla base del principio di sussidiarietà. Tra gli altri, possono partecipare alla gestione e all'attuazione dei progetti di cooperazione approvati dall'Agenzia, e assoggettati a procedure concorsuali, le organizzazioni non governative (ONG), le associazioni e i soggetti senza scopo di lucro con prioritaria finalità di cooperazione, gli enti pubblici, le università e i centri di ricerca, le imprese, gli istituti bancari e le fondazioni e, infine, le regioni e gli enti locali. Una disciplina particolare è prevista per le ONG cosiddette «riconosciute», ossia quelle con idoneità verificata periodicamente in base ai parametri e ai criteri fissati dall'Agenzia, che potranno anche proporre di loro iniziativa singoli progetti per i quali chiedere finanziamenti, anche discostandosi dalle priorità dell'APS. Ampio rilievo viene altresì riconosciuto alle iniziative di solidarietà internazionale e di interscambio svolte a livello decentrato
 

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dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti territoriali. Nel pieno rispetto di quanto recentemente affermato dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 211 del 1o giungo 2006, le iniziative di cooperazione decentrata non potranno in alcun caso ledere la potestà dello Stato in materia di politica estera e dovranno coordinarsi strettamente con le priorità e con le indicazioni contenute nella programmazione triennale.
      L'articolo 10, al fine di dare attuazione ad obblighi internazionali già vigenti per l'Italia, prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, siano erogate le risorse finanziarie necessarie al raggiungimento dell'obiettivo di un ammontare di risorse destinate dall'Italia alla cooperazione allo sviluppo pari allo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo entro l'anno 2015.
      L'articolo 11 prevede la detassazione dei fondi destinati ad iniziative di cooperazione allo sviluppo e la defiscalizzazione delle relative specifiche attività, nonché la necessaria copertura finanziaria.
      L'articolo 12, infine, reca la data di entrata in vigore della legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Oggetto).

      1. Le politiche di cooperazione tra i popoli e gli Stati sono alla base delle relazioni internazionali, della politica estera e dell'impegno per la pace dell'Italia.
      2. La cooperazione allo sviluppo è componente fondamentale e qualificante della politica estera italiana. Essa contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), di cui alla Dichiarazione del Millennio dell'8 settembre 2000 e ai successivi atti dell'ONU in materia, alla lotta alla povertà, allo sviluppo sostenibile, partecipato e duraturo, alla redistribuzione internazionale delle risorse, al rafforzamento di rapporti di maggiore giustizia ed equità, al rispetto dei diritti e della dignità della persona e dei popoli, alla tutela dell'ambiente, al consolidamento della pace e delle istituzioni democratiche.

Art. 2.
(Princìpi fondamentali dell'aiuto pubblico allo sviluppo).

      1. L'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) italiano si fonda sui princìpi del partenariato e del co-sviluppo ed è coerente con gli orientamenti e con le priorità fissati a livello comunitario e internazionale, alla cui definizione l'Italia collabora attivamente.
      2. L'APS esclude interventi a sostegno di operazioni a carattere militare o con finalità di penetrazione commerciale, e non è subordinato ad altre esigenze di politica estera.

 

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      3. L'APS è altresì svincolato dalla fornitura di beni e di servizi italiani, nel rispetto dei criteri adottati in sede di Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - Comitato di aiuto allo sviluppo (OCSE-DAC).

Art. 3.
(Coerenza delle politiche di cooperazione allo sviluppo).

      1. Il Ministro degli affari esteri è responsabile della politica dell'APS italiano.
      2. La funzioni relative all'APS sono assicurate da un Viceministro degli affari esteri, denominato «Viceministro per la cooperazione allo sviluppo», allo scopo designato ai sensi dell'articolo 10 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni.
      3. La coerenza delle politiche di cooperazione allo sviluppo attuate dai Ministeri e dalle amministrazioni regionali e territoriali è assicurata dal Consiglio dei ministri. A tale fine, alle riunioni del Consiglio dei ministri in materia di cooperazione allo sviluppo partecipano anche il Viceministro per la cooperazione allo sviluppo e il presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome.

Art. 4.
(Definizione del programma triennale e ripartizione del Fondo unico per la cooperazione allo sviluppo).

      1. Entro il 15 marzo di ogni anno, il consiglio di amministrazione dell'Agenzia di cui all'articolo 6 presenta al Ministro degli affari esteri una proposta di programmazione triennale degli interventi e di ripartizione delle risorse del Fondo unico per la cooperazione allo sviluppo di cui all'articolo 5.
      2. La proposta di programma triennale deve, in particolare, indicare:

          a) le aree, i Paesi e i settori prioritari di intervento;

 

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          b) le diverse allocazioni delle risorse del Fondo unico di cui all'articolo 5, ripartite per aree, Paesi e progetti;

          c) le indicazioni sui metodi di realizzazione degli interventi e sugli strumenti utilizzati;

          d) i meccanismi di monitoraggio, di valutazione e di controllo.

      3. Il Ministro degli affari esteri, sentito il Viceministro per la cooperazione allo sviluppo, sulla base della proposta presentata ai sensi del comma 1, definisce le strategie e le priorità contenute nel programma triennale dell'APS, che deve essere approvato dal Parlamento entro il 15 giugno di ogni anno.
      4. Il Viceministro per la cooperazione allo sviluppo convoca due volte l'anno una Consulta della cooperazione allo sviluppo, composta da rappresentanti dei principali soggetti della cooperazione.

Art. 5.
(Fondo unico per la cooperazione allo sviluppo).

      1. È istituito il Fondo unico per la cooperazione allo sviluppo, di seguito denominato «Fondo unico», nel quale confluiscono tutte le risorse destinate all'APS, ivi inclusi doni, crediti, contributi al Fondo europeo di sviluppo e alle istituzioni finanziarie internazionali, nonché contributi volontari dello Stato alle agenzie e alle istituzioni internazionali.
      2. Sulla base del programma triennale previsto dall'articolo 4, l'Agenzia di cui all'articolo 6 decide gli interventi dell'APS italiano e ripartisce le risorse tra i Ministeri coinvolti, gli enti territoriali interessati e gli altri soggetti della cooperazione.
      3. Nell'ambito del Fondo unico la legge finanziaria riserva alla disponibilità del Ministero dell'economia e delle finanze le risorse relative ai contributi obbligatori dovuti alle istituzioni finanziarie internazionali.

 

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Art. 6
(Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo).

      1. È istituita l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, di seguito denominata «Agenzia», quale organo responsabile dell'attuazione del programma triennale di cui all'articolo 4 e strumento di gestione dell'APS italiano. Essa può operare in Italia e nei principali Paesi destinatari dell'APS.
      2. L'Agenzia opera in piena autonomia gestionale, amministrativa, contabile e patrimoniale, secondo i criteri, le responsabilità, le procedure operative, di gestione, di controllo interno e di revisione contabile definite da un apposito regolamento predisposto dal presidente e approvato dal consiglio di amministrazione di cui all'articolo 7. All'Agenzia non si applicano le norme ordinarie sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato.
      3. L'Agenzia presenta al Ministro degli affari esteri, al Viceministro per la cooperazione allo sviluppo e al Parlamento un rapporto semestrale sulle attività svolte, e risponde a qualsiasi richiesta di informazioni proveniente da tali soggetti.
      4. Nell'ambito delle proprie attribuzioni e finalità, l'Agenzia può essere controparte delle istituzioni comunitarie e internazionali nonché stipulare accordi con finanziatori pubblici e privati a livello nazionale e internazionale.
      5. Presso l'Agenzia è istituita una banca dati contenente informazioni sugli interventi realizzati dalla medesima Agenzia, inclusi il valore economico complessivo e l'ammontare dei finanziamenti concessi, il Paese partner nella realizzazione degli interventi, il settore di intervento e gli enti attuatori. L'accesso alla banca dati è pubblico.

Art. 7.
(Organi dell'Agenzia).

      1. L'Agenzia è gestita da una consiglio di amministrazione composto da tredici

 

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membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica tra esperti di riconosciuta competenza ed esperienza sui problemi del sottosviluppo e della cooperazione internazionale e designati con le seguenti modalità:

          a) tre dal Ministro degli affari esteri, sentito il Viceministro per la cooperazione allo sviluppo;

          b) uno dal Ministro dell'economia e delle finanze;

          c) uno dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

          d) uno dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome;

          e) uno dall'Unione delle province d'Italia e dall'Associazione nazionale dei comuni italiani, di intesa tra loro;

          f) uno dai rappresentanti delle università;

          g) uno dagli enti di ricerca;

          h) uno dalle associazioni delle organizzazioni non governative riconosciute ai sensi dell'articolo 9, comma 3;

          i) uno dalle organizzazioni sociali operanti nel settore dell'immigrazione;

          l) uno dalle organizzazioni imprenditoriali più rappresentative a livello nazionale;

          m) uno dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale.

      2. Il consiglio di amministrazione definisce e controlla la struttura operativa dell'Agenzia.
      3. Il Consiglio dei ministri, previo parere vincolante delle Commissioni parlamentari competenti in materia, nomina il presidente dell'Agenzia che ne assume la rappresentanza legale, ne assicura la corretta gestione e ne presiede il consiglio di amministrazione.

 

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      4. Il presidente dell'Agenzia può essere chiamato in ogni momento a rispondere del proprio operato in Parlamento, che può altresì chiederne la revoca al Consiglio dei ministri.
      5. Il presidente e i membri del consiglio di amministrazione dell'Agenzia durano in carica tre anni e possono essere confermati una sola volta.
      6. L'Agenzia è autorizzata a provvedere alle spese per la propria organizzazione e gestione utilizzando le risorse del Fondo unico fino ad una quota massima annua del 10 per cento del totale delle risorse del medesimo Fondo. L'entità di tale quota è approvata dal consiglio di amministrazione dell'Agenzia.

Art. 8.
(Aiuti di emergenza).

      1. Gli aiuti di emergenza sono parte della cooperazione allo sviluppo e sono finalizzati al soccorso delle popolazioni e al rapido ristabilimento delle condizioni necessarie per la ripresa dei processi di sviluppo. La percentuale massima del Fondo unico destinabile agli aiuti di emergenza è fissata nell'ambito della programmazione triennale di cui all'articolo 4.
      2. In caso di emergenze dovute a gravi calamità naturali, l'Agenzia può affidare gli interventi di primo soccorso al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri che, a tale fine, agisce in piena autonomia, secondo le proprie procedure operative e di spesa. Il Dipartimento programma gli interventi di emergenza definendone la tipologia e la durata di intesa con l'Agenzia.
      3. Nel caso di interventi di emergenza sono altresì invitate a prestare la loro opera, in modo coordinato e con procedure selettive semplificate, le organizzazioni non governative con specifiche esperienze nel settore e riconosciute ai sensi dell'articolo 9, comma 3.

 

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Art. 9.
(Soggetti della cooperazione allo sviluppo).

      1. La cooperazione allo sviluppo riconosce e valorizza il ruolo dei soggetti italiani, pubblici e privati, nella realizzazione di programmi e di progetti, in base al principio della sussidiarietà.
      2. Sono soggetti della cooperazione allo sviluppo, tra gli altri, e possono partecipare alla gestione e all'attuazione dei progetti di cooperazione approvati dall'Agenzia e oggetto delle procedure concorsuali di cui al comma 9:

          a) le organizzazioni non governative riconosciute ai sensi del comma 3;

          b) le associazioni e i soggetti senza scopo di lucro con prioritaria finalità di cooperazione;

          c) gli enti pubblici, le università e i centri di ricerca;

          d) le imprese, gli istituti bancari e le fondazioni;

          e) le regioni e gli enti locali.

      3. Sono organizzazioni non governative riconosciute ai sensi della presente legge le organizzazioni con idoneità verificata periodicamente in base ai parametri e ai criteri fissati dall'Agenzia. Le organizzazioni riconosciute, oltre a partecipare alle procedure concorsuali di cui al comma 9, possono altresì proporre, di loro iniziativa, progetti di cooperazione allo sviluppo per i quali possono richiedere finanziamenti e contributi dello Stato e dell'Unione europea. Tali progetti, se approvati, possono essere direttamente affidati all'organizzazione proponente.
      4. Ai dipendenti di ruolo o non di ruolo delle amministrazioni statali e degli enti pubblici operanti, con contratti di durata non inferiore a due anni, presso organizzazioni non governative riconosciute ai sensi del presente articolo, è garantito il diritto al collocamento in aspettativa senza assegni, nei limiti di appositi contingenti, da determinare periodicamente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

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Analogo diritto è riconosciuto al dipendente il cui coniuge svolge attività di cooperazione presso organizzazioni non governative riconosciute, sempre in forza di contratti di durata non inferiore a due anni. Il periodo di tempo trascorso in aspettativa è computato per intero ai fini della progressione della carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e di previdenza.
      5. Rientra nelle attività di cooperazione allo sviluppo affidate all'Agenzia la promozione degli investimenti nei Paesi in via di sviluppo, al fine di incentivare l'attività in loco delle piccole e medie imprese e dei loro distretti.
      6. La cooperazione allo sviluppo promuove, valorizza e sostiene le iniziative di solidarietà internazionale e di interscambio svolte a livello decentrato dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti territoriali con le amministrazioni centrali e periferiche, gli enti locali, gli enti pubblici e gli altri rappresentanti di interessi collettivi di Paesi terzi.
      7. Le iniziative di cooperazione allo sviluppo decentrata non possono, in alcun caso, ledere la potestà dello Stato italiano in materia di politica estera e devono essere coordinate con le priorità e con le indicazioni contenute nella programmazione triennale di cui all'articolo 4.
      8. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, con il vincolo di non ledere in alcun modo la potestà dello Stato in materia di politica estera, possono concludere, con enti territoriali interni ad altro Stato, intese dirette a favorire il reciproco sviluppo economico, sociale e culturale.
      9. Tutti gli interventi di cooperazione allo sviluppo ai sensi della presente legge, inclusi quelli affidati ad enti pubblici, sono soggetti a procedure concorsuali fissate sulla base di quelle adottate in sede di Unione europea dall'Ufficio di cooperazione EuropeAid e definite dal regolamento dell'Agenzia. Fanno eccezione gli
 

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interventi di emergenza di cui all'articolo 8 e i programmi promossi dalle organizzazioni non governative riconosciute ai sensi del presente articolo, che possono anche discostarsi dalle priorità fissate a livello nazionale per l'APS.

Art. 10.
(Risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo).

      1. Al fine di dare attuazione agli obblighi internazionali vigenti per l'Italia e di conseguire l'obiettivo di un ammontare di risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo pari allo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo entro l'anno 2015, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è assicurata l'erogazione di tali risorse secondo tempi e modalità stabiliti con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Art. 11.
(Agevolazioni fiscali).

      1. I fondi destinati ad iniziative di cooperazione allo sviluppo realizzate da organizzazioni non governative riconosciute ai sensi dell'articolo 9, comma 3, non sono soggetti a tassazione e le relative specifiche attività sono defiscalizzate.
      2. I contributi, le donazioni e le oblazioni erogati da persone fisiche e giuridiche in favore delle organizzazioni non governative riconosciute ai sensi dell'articolo 9, comma 3, sono integralmente deducibili dal reddito imponibile netto ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche disciplinata dal titolo I del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e dell'imposta sul reddito delle

 

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società disciplinata dal titolo II del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni.
      3. Le esenzioni fiscali di cui al comma 1 si applicano altresì a donazioni, lasciti, legati e liberalità erogati a favore del Fondo unico.
      4. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, pari a 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 15 milioni di euro, l'accantonamento relativo al medesimo Ministero e, quanto a 10 milioni di euro, l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
      5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 12.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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