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PDL 2204

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2204



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

LO MONTE, OLIVA, RAO, REINA, NERI, BARBIERI, COLUCCI, FALLICA, HOLZMANN, LI CAUSI, LUCCHESE, MARTINELLO

Interpretazione autentica degli articoli 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lettera g), della legge 9 dicembre 1998, n. 431, in materia di diritto di prelazione e di riscatto da parte dei conduttori di immobili adibiti ad uso abitativo

Presentata il 1o febbraio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La legge statale in materia di locazioni ad uso abitativo, legge 9 dicembre 1998, n. 431, recante norme in tema di disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo, prevede all'articolo 2 (Modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione), comma 1, che: «Le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni, fatti salvi i casi in cui il locatore intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3» e all'articolo 3 (Disdetta del contratto da parte del locatore), comma 1, stabilisce che: «Alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 1 dell'articolo 2 e alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi: [...]

          g) quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 293».

 

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      Taluni autori, in dottrina, hanno prospettato un'interpretazione riduttiva di queste disposizioni legislative, che dovrebbero garantire - a loro dire - il diritto all'abitazione e all'acquisto della casa detenuta dall'inquilino a parità di condizioni rispetto ai terzi e, secondo alcuni di tali autori, tale interpretazione opererebbe solo in prossimità della prima scadenza contrattuale e in caso di disdetta del contratto di locazione tramite comunicazione del proprietario di voler vendere l'immobile e delle condizioni di vendita: un'interpretazione che comporterebbe, ove avallata, un manifesto contrasto con la nostra Carta costituzionale.
      Proprio per evitare tale rischio occorre chiarire la portata delle norme citate, per garantire il diritto all'acquisto della casa di abitazione all'inquilino che per anni ha vissuto da affittuario e che ha organizzato la propria vita e la propria esistenza in quel determinato immobile, nell'ipotesi di vendita del bene locato a parità di condizioni rispetto ai terzi.
      Non solo, ma in mancanza della citata comunicazione dell'intenzione di vendere da parte del proprietario e dell'eventuale diniego del rinnovo del contratto, occorre assicurare ancora di più la piena operatività del diritto di riscatto del conduttore in capo al terzo acquirente, prescindendo da qualsiasi atto di comunicazione e di disdetta del venditore-proprietario; del resto tali sono la funzione e la natura del diritto di riscatto come diritto reale o potestativo.
      È evidente, invece, che se il soggetto attivo nel diritto di prelazione nella locazione di un immobile urbano fosse il conduttore, anche se l'intento di vendere del locatore si concretizzasse dopo lo scioglimento del rapporto, lo stesso avrebbe diritto, a parità di condizioni, all'acquisto del bene anche in costanza del rapporto di locazione.
      Se, addirittura, non è necessario che sia ancora in corso il rapporto di locazione nel momento in cui si concretizza l'intento di alienare, e quindi anche quando il contratto abbia già esplicato i suoi effetti (a differenza delle locazioni non abitative) spetterebbe il diritto di prelazione, è naturale che quando il titolo, cioè il contratto, in virtù del quale si acquista questo diritto, è ancora in vita, a maggior ragione sussiste lo jus praelationis da esso derivante.
      Questo proprio per evitare la lesione di alcuni diritti: il diritto sociale all'abitazione collocabile fra i diritti inviolabili dell'uomo; i diritti inviolabili della persona e l'imposizione dell'adempimento dei doveri di solidarietà sociale di cui agli articoli 2 e 10 della Costituzione; l'articolo 25 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948; il diritto alla casa, «diritto individuale assoluto ed incomprimibile» in quanto «bene primario» dell'essere umano ai sensi dell'articolo 47, secondo comma, della Costituzione; il diritto alla formazione e alla tutela dell'esistenza della famiglia di cui all'articolo 31 della Costituzione.
      Secondo un'interpretazione restrittiva che prevede che, «in base all'articolo 3, comma 1, lettera g), della citata legge n. 431 del 1998, è riconosciuto al conduttore il diritto di prelazione da esercitarsi con le modalità previste dagli articoli 38 e 39 della legge n. 392 del 1978, allorché il locatore si sia avvalso della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione allo stesso conduttore con preavviso di almeno sei mesi, in quanto intenda vendere l'immobile a terzi», si porrebbe il problema della stessa questione di illegittimità costituzionale degli articoli 2, comma 1, e 3, comma 1, lettera g), della legge 9 dicembre 1998, n. 431, per la illogica e irrazionale disparità di trattamento che si introdurrebbe in situazioni «identiche». Tutti, infatti, sono conduttori di immobili urbani adibiti ad uso abitativo sia «in corso» che nell'immediatezza della prima scadenza contrattuale (o in prossimità della stessa).
      Occorre evitare dubbi sull'applicabilità o meno di tesi riduttive, che hanno già causato lo sfratto di alcuni inquilini da parte di terzi che hanno fatto riferimento a tale restrittiva interpretazione dell'articolo 3, comma 1, lettera g), della legge

 

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n. 431 del 1998 e che, quindi, determinerebbero la totale vanificazione delle norme sulla prelazione e sul riscatto che sarebbero inutiliter datae e non proteggerebbero adeguatamente l'interesse al bene della vita costituito dal favorire l'acquisto della proprietà della domus nonché della garanzia di una «stabilità dell'abitazione» (né si agevolerebbe l'agere secundum ratio legis), ai sensi dell'articolo 47 della Costituzione.
      Nell'attuale assetto economico-sociale non si può condividere una restrizione dell'applicazione del diritto di prelazione e di riscatto: se questo viene riconosciuto alla scadenza del contratto, a maggior ragione andrebbe riconosciuto durante la vigenza del contratto di locazione, altrimenti si determinerebbe la lesione di diritti, di valori e di interessi costituzionalmente garantiti e di grado supremo nel nostro ordinamento quali:

          1) la violazione dell'articolo 42, secondo comma, e dell'articolo 47, secondo comma, della Costituzione, sotto il profilo del carattere non «assoluto» dei poteri che discendono dal diritto di proprietà, che trovano dei limiti determinati in relazione alla «funzione sociale» riconosciuta alla stessa proprietà, nonché sotto il profilo della lesione di un principio fondamentale del nostro ordinamento, per il quale il bene abitativo è un bene di rilevanza pubblica che necessita di essere sottratto all'arbitrio del proprietario le cui esigenze abitative siano altrimenti soddisfatte;

          2) la violazione del principio secondo cui la Repubblica, nell'incoraggiare e tutelare il risparmio in tutte le sue forme, ha il dovere di «agevolare» l'acquisto di un alloggio da parte dell'inquilino da destinare ad abitazione della sua famiglia, rendendo la proprietà della «casa» accessibile a tutti ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, favorendo «l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione» (così come avviene per la proprietà diretta coltivatrice), da cui emerge la «funzionalizzazione» della proprietà privata con l'obiettivo di garantire l'eguaglianza di tipo sostanziale;

          3) la violazione dell'articolo 41, secondo comma, della Costituzione, sotto il profilo del «contrasto con l'utilità sociale» o del «danno alla sicurezza, alla libertà alla dignità umana»;

          4) la violazione dell'articolo 2 della Costituzione, sotto il profilo del dovere della Repubblica di garantire i diritti inviolabili della persona e dell'imposizione dell'adempimento di doveri di solidarietà sociale, nonché del combinato disposto del medesimo articolo 2 e dell'articolo 10 della Costituzione, riferiti all'articolo 25 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, sotto il profilo della violazione del diritto sociale all'abitazione, collocabile fra i diritti inviolabili dell'uomo;

          5) la violazione dell'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo del principio di eguaglianza, poiché non si può dettare una disciplina diversa per situazioni sostanzialmente identiche, e sotto il profilo del principio di giustizia sostanziale, per il quale il diritto alla «stabilità» del godimento del bene «abitazione» non può essere derogato se non per apprezzabili ragioni;

          6) la violazione dell'articolo 31 della Costituzione, sotto il profilo della mancata agevolazione con particolari «misure» della formazione della famiglia.

      I valori tutelati dalla Costituzione, tra ai quali il diritto all'abitazione e alla casa di cui agli articoli 42, secondo comma, e 47, secondo comma (come gli altri valori quali la famiglia, il lavoro artigianale o professionale o agricolo eccetera), hanno trovato, infatti, il loro riconoscimento legislativo (legge n. 431 del 1998), come si evince meglio dall'analisi dettagliata dei lavori e della discussione parlamentare relativi alla citata legge n. 431 del 1998, e, di conseguenza, pretese interpretazioni «limitative» risultano palesemente irragionevoli, come si è illustrato, così come non sono ammissibili in quanto in pieno contrasto con il dettato contenuto nella

 

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fonte di grado primario, e quindi anche con l'articolo 3 della Costituzione, sotto il duplice profilo dell'eguaglianza formale e sostanziale, nonché della ragionevolezza.
      Peraltro il «diritto sociale all'abitazione» è collocabile tra i diritti inviolabili dell'uomo di cui all'articolo 2 della Costituzione e quindi è necessaria un'interpretazione conforme ai valori e agli interessi tutelati dalla suprema Carta costituzionale, ai sensi degli articoli 2, 3, 41, secondo comma, 42, secondo comma, e 47, secondo comma, con riferimento al diritto all'abitazione come «diritto individuale assoluto ed incomprimibile di ogni cittadino che lo Stato tutela e garantisce», e al diritto alla casa, da intendere come diritto inviolabile dell'uomo di cui agli articoli 2 e 10 della Costituzione, riferiti all'articolo 25 della citata dichiarazione dei diritti dell'uomo, in quanto «bene primario» (Corte costituzionale 15 gennaio 1976, n. 3, in Foro italiano 1976, I, 5; Corte costituzionale 25 giugno 1981, n. 111, in Foro italiano 1981, I, 2903), nonché alla ratio che è stata a fondamento dell'intervento del legislatore del 1998.
      Poiché si può reputare del «tutto razionale la protezione accordata al conduttore con l'estensione del diritto di prelazione anche con riferimento agli immobili ad uso non commerciale», secondo il parere della II Commissione permanente del Senato della Repubblica (Giustizia), in data 15 settembre 1998, sui disegni di legge atto Senato nn. 3393, 536, 537, 587, 645 e 684-A, recanti disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili ad uso abitativo, la presente proposta di legge prevede un'interpretazione autentica delle citate norme al fine di garantire i valori costituzionali indicati e di evitare gravi equivoci che possono ostacolare l'accesso alla proprietà dell'abitazione che si è avuta per anni in locazione. Appare ormai indispensabile sottoporre al Parlamento l'esame di una così delicata situazione e si auspica che la soluzione prospettata trovi rapida accoglienza e unanimità di consensi.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, si interpreta, nella parte in cui fa riferimento all'intenzione del proprietario di vendere l'immobile a terzi alle condizioni e con le modalità di cui all'articolo 3 della medesima legge n. 431 del 1998, nel senso che le norme previste in tema di diritto di prelazione e di riscatto dagli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392, si applicano non solo ai contratti che vengono disdetti o che sono prossimi alla scadenza contrattuale, ma anche nel corso della locazione per l'intera durata del contratto, senza che assuma rilevanza il termine di scadenza o l'eventuale disdetta del medesimo contratto.
      2. La lettera g) del comma 1 dell'articolo 3 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, si interpreta, nella parte in cui fa riferimento all'intenzione del proprietario di vendere l'immobile a terzi e al conseguente diritto del conduttore di esercitare il proprio diritto di prelazione e di riscatto con le modalità previste dagli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392, nel senso che le disposizioni dei medesimi articoli 38 e 39 si applicano non solo ai contratti che vengono disdetti o che sono prossimi alla scadenza contrattuale, ma anche nel corso della locazione per l'intera durata del contratto, senza che assuma rilevanza il termine di scadenza o l'eventuale disdetta del medesimo contratto.


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