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PDL 2226

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2226



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BUEMI, ANTINUCCI, BELTRANDI, CREMA, D'ELIA, DI GIOIA, MANCINI, MELLANO, ANGELO PIAZZA, PORETTI, SCHIETROMA, TURCI, TURCO, VILLETTI

Modifiche alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, e 31 maggio 1965, n. 575. Inapplicabilità e cessazione degli effetti di misure di prevenzione a seguito di sentenza irrevocabile di proscioglimento

Presentata il 7 febbraio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è diretta a sanare una grave ingiustizia che subiscono tutti quei cittadini che sono sottoposti a misure di prevenzione, sebbene in sede penale siano stati prosciolti nel procedimento di merito, ovviamente qualora non sussistano elementi fattuali desumibili dal giudizio penale o aliunde che denotino la pericolosità del proposto o del sottoposto alla misura di prevenzione personale o patrimoniale.
      Del resto, la stessa normativa penalistica sostanziale prevede all'articolo 166, secondo comma, del codice penale, che la condanna a pena condizionalmente sospesa non possa costituire «in alcun caso, di per sé sola, motivo per l'applicazione di misure di prevenzione».
      Proprio la ratio di tale disposizione è stata sussunta nell'intento di contenere il fenomeno delle cosiddette «pene accessorie occulte», volte a reprimere (eccedendo la finalità esclusivamente preventiva delle misure di prevenzione) illeciti difficili da provare più che a prevenire la commissione di futuri reati (con gli ovvi consequenziali problemi di costituzionalità).
      Di talché, per quanto siano diversi i presupposti e le finalità della sentenza penale rispetto a quelli delle misure di prevenzione, è di tutta evidenza che in nessuno Stato democratico è tollerabile
 

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che un medesimo soggetto sia riconosciuto da un giudice (a seguito di un procedimento penale) non appartenente ad una associazione di stampo mafioso e, allo stesso tempo e per gli stessi fatti, da un altro giudice (nell'ambito di un procedimento per l'applicazione di misure di prevenzione) «ritenuto» indiziato o sospettato di appartenervi e, quindi, passibile di essere sottoposto ad una misura di prevenzione.
      È evidente che in questo caso tale misura dovrebbe essere revocata per inesistenza originaria dei presupposti legittimanti l'adozione. Ciò anche quando la misura di prevenzione produce un effetto istantaneo anziché permanente, come nel caso della confisca disposta ai sensi dell'articolo 2-ter, terzo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575.
      Infatti, come è stato recentemente affermato dalle sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza n. 57 del 2007, è da escludere che «l'irreversibilità dell'ablazione impedisca di accertare, oggi per allora, e nello spazio non precluso dalla definitività del provvedimento, l'originaria insussistenza dei presupposti che hanno condotto alla sua emanazione. Infatti la dimostrazione dell'insussistenza non è tanto diretta a far cessare gli effetti di una confisca legittimamente imposta, quanto a farne palese un vizio d'origine. Talché, una volta riconosciuta l'invalidità del titolo, la ritenuta irreversibilità dell'ablazione non esclude la possibilità di una restituzione, per determinazione discrezionale della Pubblica Amministrazione, e, quanto meno, provoca l'insorgenza di un obbligo riparatorio della perdita patrimoniale, priva di giustificazione sin dal momento in cui si è verificata. Di qui dunque la possibilità di una revoca in funzione di revisione, per la persistenza di un concreto interesse e in conformità alla ratio di questo istituto che, al di là di ogni effetto di pratico ripristino, comprende il superamento del degrado sociale, con l'affermazione dell'ingiustizia del provvedimento sanzionatorio».
      La presente proposta di legge è in linea proprio con i princìpi ai quali si sono ispirate con la predetta sentenza le sezioni unite nel superare un contrasto della giurisprudenza di legittimità in ordine alla revocabilità della confisca disposta ai sensi dell'articolo 2-ter, terzo comma, della legge n. 575 del 1965. Con questa sentenza, infatti, si è sancita definitivamente l'applicabilità dell'articolo 7, secondo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, in materia di revoca, qualora vi sia una invalidità genetica del provvedimento di confisca. Rispetto alla citata sentenza n. 57 del 2007 delle sezioni unite, la presente proposta di legge costituisce un ulteriore passo in avanti, laddove si prevede ex lege che la sentenza definitiva di proscioglimento anche dall'accusa di partecipazione ad un'associazione di stampo mafioso precluda la possibilità di sottoporre a misura di prevenzione personale e patrimoniale ovvero a revocarla se già applicata per la mera esistenza del procedimento di merito pendente.
      È evidente che tale soluzione normativa non mette in dubbio la peculiarità dello strumento delle misure di prevenzione rispetto allo strumento penale. Ed invero alle misure di prevenzione spetta la funzione di impedire il compimento dei reati, mentre al diritto penale spetta prevalentemente la funzione repressiva in riferimento a reati già posti in essere. Le misure di prevenzione, infatti, sono interventi considerati tradizionalmente - e formalmente - di carattere amministrativo, sebbene abbiano ormai subìto, per più versi, un netto processo di giurisdizionalizzazione, che ha condotto parte della dottrina a configurarle sostanzialmente come «sanzioni penali anomale» volte ad impedire che determinati soggetti, ritenuti socialmente pericolosi, commettano reati. La caratteristica di tali misure è pertanto quella di venire applicate indipendentemente dalla commissione di un precedente reato. Da questa innegabile diversità di funzioni si fa correttamente derivare l'autonomia dei procedimenti. Tuttavia non è corretto considerare assoluta questa autonomia, dovendo essa incontrare dei limiti ben precisi. Proprio l'individuazione di
 

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questi limiti costituisce l'oggetto della presente proposta di legge.
      Come ha più volte ribadito la Corte di cassazione (si veda, ad esempio, la sentenza n. 1706 del 16 luglio 1967), autonomia significa, da un lato, che la responsabilità penale per un reato deve essere fondata su prove piene, che sono tali anche se di natura indiretta (indiziaria è la comune definizione), in quanto gli indizi devono condurre ad un giudizio di certezza sul fatto e, dall'altro, che la misura di prevenzione può prescindere dall'accertamento della responsabilità penale per un reato, avendo come presupposto la pericolosità, comune o qualificata, del soggetto, la quale richiede un giudizio essenzialmente prognostico rapportato a determinati parametri. La circostanza che questo giudizio si fonda su elementi con minore efficacia probatoria rispetto a quelli penali significa comunque (è la Corte di cassazione a stabilirlo) che, qualora si tratti di pericolosità qualificata dall'appartenenza ad un'associazione di tipo mafioso, tali elementi devono raggiungere la consistenza dell'indizio con esclusione, quindi, di sospetti, congetture e illazioni. In sostanza, anche le misure di prevenzione devono avere una giustificazione di carattere oggettivo. Si ricorda, infatti, che ai sensi dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, le misure di prevenzione si devono ancorare ad elementi di fatto dai quali poter desumere la pericolosità del destinatario. Ne consegue che è sufficiente, ai fini dell'applicazione della misura di prevenzione nei confronti degli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, che gli indizi dimostrino anche la sola probabilità che il prevenuto sia appartenente all'associazione stessa. Ma in uno Stato di diritto non si può ammettere che tale probabilità sussista anche a fronte di una sentenza di assoluzione. L'autonomia tra i due procedimenti deve venire meno quando si accerta con sentenza irrevocabile l'innocenza del soggetto sottoposto a misura di prevenzione, in quanto presunto pericoloso, prescindendo dai sintomi fattuali già oggetto di verifica del giudice di merito: in questo caso vengono meno tutti gli elementi sui quali poter basare una prognosi positiva di pericolosità del soggetto. Solamente finché tale accertamento non sia stato raggiunto è corretto considerare autonomi il procedimento penale e quello delle misure di prevenzione. Dopo tale momento l'autonomia si traduce in una ingiustizia.
      La presente proposta di legge (nell'auspicio che nell'immediato proseguo si provvederà ad una revisione organica e complessiva in un testo unico, se non in una previsione normativa penale sostanziale, della materia in oggetto), in definitiva, modifica la legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e la legge 31 maggio 1965, n. 575, stabilendo il principio in base al quale la sentenza di assoluzione del soggetto proposto o sottoposto a misura di prevenzione deve, rispettivamente, per il primo escluderne l'applicazione, per il secondo provocarne la cessazione degli effetti ex tunc, qualora le misure di prevenzione trovino fondamento sui fatti per i quali è stata pronunciata sentenza di proscioglimento.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «Le misure di prevenzione di cui al presente articolo non possono essere applicate se, per gli stessi fatti oggetto del procedimento di prevenzione, è stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento».

Art. 2.

      1. Dopo il primo comma dell'articolo 7 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, è inserito il seguente:

      «Il provvedimento di applicazione delle misure di prevenzione di cui all'articolo 3 deve essere revocato, su istanza dell'interessato e sentita l'autorità di pubblica sicurezza che lo ha proposto, dall'organo dal quale è stato emanato se, per gli stessi fatti oggetto del procedimento di prevenzione, è stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento».

Art. 3.

      1. Dopo il comma 1-bis dell'articolo 2 della legge 31 maggio 1965, n. 575, è aggiunto il seguente:

      «1-ter. Le misure di prevenzione di cui al comma 1 del presente articolo e di cui all'articolo 2-ter non possono essere applicate se, per gli stessi fatti oggetto del procedimento di prevenzione, è stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento».

 

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Art. 4.

      1. Dopo il quinto comma dell'articolo 2-ter della legge 31 maggio 1965, n. 575, è inserito il seguente:

      «I provvedimenti previsti dal presente articolo devono essere revocati dal tribunale se, per gli stessi fatti oggetto del procedimento di prevenzione, è stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento».


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