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PDL 2181

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2181



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SANTELLI, PRESTIGIACOMO, GASPARRI, ALLAM, AMICI, ADENTI, DELLA VEDOVA, NACCARATO, BONDI, MARTINO, BIANCOFIORE, BOCCHINO, CIOFFI, GIBELLI, LUSSANA, DEL BUE, D'ALIA, MAZZONI, TURCO

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla condizione delle donne e dei minori nelle comunità rom presenti in Italia

Presentata il 29 gennaio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Una parte significativa dei flussi migratori verso l'Italia è costituita dai nomadi rom provenienti per lo più dalle regioni meridionali della ex Jugoslavia: Bosnia, Macedonia e Kosovo. Ad oggi si stima che siano circa 8-10 milioni i rom in Europa e sono 1.000 al mese in media i rom che arrivano in Italia.
      Registriamo l'allarme lanciato dal prefetto di Roma, città in cui si registrano 30 campi nomadi ed oltre 10.000 presenze, che si è detto preoccupato per la tenuta dell'ordine pubblico. I campi nomadi sono un focolaio di microcriminalità e questo genera grande insofferenza e insicurezza nella cittadinanza. L'analisi del prefetto Serra fotografa esattamente una situazione ormai divenuta insostenibile: alcuni nomadi hanno lo status di rifugiati politici, altri hanno figli nati in Italia che stanno per diventare cittadini italiani, e i clandestini non si possono espellere perché non si riesce ad identificarli. Per risolvere il problema dei rom la strada dell'integrazione con la società che li accoglie sembra la strada obbligata, ma non si può portare avanti un processo di integrazione di questo popolo continuando a seguire il modello del multiculturalismo che, nella pratica, si è tradotto in indifferenza, assuefazione e rimozione del problema.
      Il fenomeno dell'immigrazione rom necessita di essere studiato e di interventi legislativi specifici improntati all'integrazione concepita come accoglienza, tolleranza e rispetto e non come assuefazione
 

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a comportamenti delittuosi che violano le regole del vivere civile ed i valori del Paese di accoglienza. Questo è ancora più vero se si considera che dallo scorso 1o gennaio Bulgaria e Romania sono diventati Stati membri dell'Unione europea e che i loro cittadini godono adesso dello status di cittadini europei e, quindi, sono liberi di muoversi su tutto il territorio europeo senza controllo.
      Tratto caratteristico di tutti i gruppi rom è l'organizzazione sociale basata sulla famiglia allargata: la donna dipende completamente dal marito e dalla famiglia di cui è entrata a far parte al momento del matrimonio ed i bambini vivono solo all'interno di questo nucleo. Il tasso di scolarizzazione tende a zero perché questo facilita la perpetuazione dei comportamenti e dei «valori» della comunità. I gruppi rom sono assolutamente impermeabili e chiusi e questo è dimostrato, in particolare, dal fallimento degli interventi di vario tipo messi a punto dai comuni, dalle Forze dell'ordine o dalle organizzazioni umanitarie che se ne occupano.
      All'interno di queste comunità si vive la quotidiana violazione dei diritti umani fondamentali e dei princìpi fondamentali previsti dalla Costituzione. Le donne rom subiscono quotidianamente la pressione della famiglia e della comunità che le spingono ad assumere abitudini e comportamenti degradanti. Le donne sono vittime di violenza da parte del marito o della sua famiglia e questo nella comunità rom è un comportamento talmente normale che le stesse donne non denunciano il fatto per paura di essere isolate dalla comunità, soprattutto perché la comunità non riconosce la responsabilità degli autori di tali atti di violenza. È normale prassi il matrimonio tra bambini, che si traduce, sostanzialmente, nella «vendita» della ragazza alla famiglia del marito. Tali matrimoni combinati tra minori espongono le ragazze ad abusi sessuali e allo sfruttamento: le bambine devono infatti «ripagare» quanto per loro è stato versato dalla famiglia del marito. Questa tradizione patriarcale pone le donne in un ruolo subordinato rispetto al marito e fa sì che le donne e i bambini diventino le «parti vulnerabili» nella tratta di persone indirizzata alla mendicità o, peggio, allo sfruttamento sessuale.
      Le donne e i bambini della famiglia vengono addestrati da subito al «lavoro»: accattonaggio e furto. Stando ai dati del VI Rapporto nazionale sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza, in Italia sono più di 50.000 i bambini costretti a mendicare. L'addestramento è feroce, con l'esercizio di qualunque forma di violenza, fino a trasformarli in «macchine criminali», capaci di rubare di tutto. È una situazione di emergenza, e, più precisamente, di una nuova emergenza criminale che però, finora, ha suscitato solo fiammate emotive, che vanno al pietismo al razzismo.
      Pertanto si ritiene necessario che il Parlamento provveda, attraverso l'istituzione di una apposita Commissione parlamentare di inchiesta, ad effettuare un'indagine sulla condizione delle donne e dei minori nelle comunità rom presenti in Italia, in modo da offrire al legislatore una «fotografia» chiara della situazione che consenta interventi normativi organici che, da un lato, mirino alla repressione della devianza e, dall'altro, garantiscano a queste comunità una corretta integrazione con il Paese in cui vivono.
      Sarà quindi compito della Commissione, oltre che la valutazione della congruità della normativa vigente, formulare proposte legislative tese a realizzare una più adeguata prevenzione e un più efficace contrasto alle violazioni dei diritti fondamentali della persona sanciti dalla Costituzione e dalla legislazione vigente. Al termine dei lavori, la Commissione è chiamata a redigere una relazione finale da presentare al Parlamento. La composizione e le modalità di funzionamento e di organizzazione dei lavori della Commissione sono disciplinate in conformità a quanto previsto per le Commissioni parlamentari di inchiesta già istituite.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta).

      1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sulla condizione delle donne e dei minori nelle comunità rom presenti in Italia, di seguito denominata «Commissione», con il compito di svolgere indagini sul rispetto dei diritti fondamentali della persona sanciti dalla Costituzione e dalla legislazione vigente all'interno delle comunità nomadi presenti in Italia.
      2. La Commissione è istituita fino alla data di presentazione al Parlamento della relazione conclusiva di cui all'articolo 4 comma 3, e comunque non oltre il termine di durata della XV legislatura.

Art. 2.
(Compiti della Commissione).

      1. La Commissione ha il compito di:

          a) svolgere indagini per accertare le condizioni di vita delle donne e dei minori all'interno delle comunità rom presenti in Italia;

          b) accertare il rispetto dei diritti fondamentali della persona sanciti dalla Costituzione e alla legislazione vigente nonché le violazioni di tali diritti;

          c) verificare la congruità e le modalità di attuazione della normativa vigente nelle materia di interesse della Commissione;

          d) formulare proposte di carattere legislativo e amministrativo per una più efficace prevenzione e per il contrasto delle violazioni dei diritti di cui alla lettera b).

 

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Art. 3.
(Composizione e regolamento).

      1. La Commissione è composta da dodici senatori e da dodici deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari e comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascuna componente politica costituita in gruppo in almeno un ramo del Parlamento.
      2. Con gli stessi criteri e con le stesse procedure di cui al comma 1 si provvede alla sostituzione dei membri della Commissione in caso di dimissioni o di cessazione dal mandato parlamentare.
      3. L'ufficio di presidenza della Commissione, composto dal presidente, da un vice presidente e da due segretari, è eletto dai componenti della medesima Commissione a scrutinio segreto.
      4. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno, approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun membro della Commissione può proporre modifiche al regolamento.

Art. 4.
(Poteri della Commissione. Relazione conclusiva).

      1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Per le testimonianze rese davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.
      2. La Commissione può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti dal segreto. In tale ultimo caso la Commissione garantisce il mantenimento

 

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del regime di segretezza. Se l'autorità giudiziaria, per ragioni di natura istruttoria, ritiene di non poter derogare al segreto di cui all'articolo 329 del codice di procedura penale, emette decreto motivato di rigetto. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.
      3. La Commissione termina i propri lavori con la presentazione al Parlamento di una relazione conclusiva, da approvare a maggioranza assoluta dei componenti, nella quale illustra l'attività svolta, le conclusioni di sintesi e le proposte avanzate ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera d).

Art. 5.
(Norme di organizzazione).

      1. Le sedute della Commissione sono pubbliche, salvo quanto disposto al comma 2.
      2. La Commissione, su deliberazione adottata a maggioranza dei propri componenti, può riunirsi in seduta segreta, della quale è steso verbale, o decidere che singoli atti, documenti e testimonianze siano coperti dal segreto.

Art. 6.
(Obbligo del segreto).

      1. Qualora la Commissione abbia deliberato di riunirsi in seduta segreta o abbia deciso di apporre il segreto ad atti, documenti o testimonianze, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, i componenti della Commissione medesima, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e ogni altra persona che collabora con essa o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto. Il medesimo obbligo si applica altresì per gli atti e i documenti di cui deve essere garantita la segretezza ai sensi dell'articolo 4, comma 2, secondo periodo.

 

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      2. La violazione del segreto di cui al comma 1, nonché la diffusione in tutto o in parte di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

Art. 7.
(Collaborazioni).

      1. La Commissione può avvalersi di tutte le collaborazioni che ritiene necessarie per l'espletamento dei propri compiti.

Art. 8.
(Spese di funzionamento).

      1. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.


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