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PDL 2076

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2076



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MAZZOCCHI, ANGELI, ARMANI, BONO, BUONTEMPO, CATANOSO, CICCIOLI, CIRIELLI, GIULIO CONTI, DE CORATO, HOLZMANN, LAMORTE, MANCUSO, ANGELA NAPOLI, NESPOLI, PORCU, RAISI, ZACCHERA

Modifica dell'articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concernente i criteri di determinazione dell'imposta sul reddito delle società

Presentata il 18 dicembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge in esame è volta ad apportare alcune modifiche all'attuale normativa che regolamenta l'imposta sul reddito delle società (IRES), prevista dall'articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, allo scopo di prevedere una disciplina fiscale più elastica rispetto a quella attualmente in vigore, che tenga conto delle particolarità del sistema produttivo italiano caratterizzato dalla presenza di un elevatissimo numero di piccole e medie imprese.
      Al contempo, scopo della proposta di legge in esame è quello di armonizzare la citata disciplina con quella dettata dai sistemi fiscali europei più efficienti, anche in conformità con quanto previsto dalla stessa Commissione europea, la quale ha più volte espresso l'auspicio di un maggior coordinamento della tassazione societaria a livello europeo al fine di impedire che la concorrenza sul mercato sia falsata da norme fiscali discriminatorie.
 

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      Al riguardo, infatti, si ricorda che l'articolo 2 del Trattato istitutivo della Comunità europea stabilisce che il perseguimento degli obiettivi comunitari deve avvenire mediante l'instaurazione di un mercato comune e di una unione economica e monetaria. Tuttavia, esso non prevede che la Comunità disponga di una competenza generale in materia fiscale al fine di pervenire a un proprio sistema impositivo.
      A livello comunitario, quindi, nonostante talune linee di tendenza comuni in materia fiscale, permangono rilevanti differenze nelle normative degli Stati membri, con particolare riferimento ai criteri di determinazione della base imponibile, alle aliquote, ai criteri di riparto delle perdite, all'esistenza e alla possibilità di compensazione fra utili e perdite del gruppo.
      Queste distorsioni colpiscono soprattutto le attività di minori dimensioni, meno attrezzate a fronteggiare i rischi derivanti dall'intrecciarsi di regimi contabili e fiscali diversi.
      Ne è testimone, appunto, l'IRES, la nuova imposta sul reddito delle società che dal 1o gennaio 2004 ha sostituito l'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e che è stata varata dal Governo nel corso della precedente legislatura sulla base dei modelli europei più competitivi, in conformità alle indicazioni più volte espresse dalla Commissione europea sulla necessità di uniformare la normativa riguardante le imposte sulle società.
      In Italia, la nuova imposta prevede una sola aliquota al 33 per cento ed è dovuta sul risultato dell'esercizio, con alcune importanti particolarità: le cessioni di partecipazioni detenute da almeno un anno sono fiscalmente irrilevanti (participation exemption), i dividendi percepiti sono di norma esenti per il 95 per cento del loro ammontare e non danno diritto a crediti d'imposta, mentre i fabbricati non strumentali subiscono una tassazione forfetaria.
      Rispetto alla normativa italiana, in Spagna l'aliquota generale è del 35 per cento, ridotta al 30 per cento per le imprese con ricavi inferiori a 6 milioni di euro. Le società holding patrimoniali sono tassate con l'aliquota del 40 per cento, salvo che in relazione alle plusvalenze di lungo termine, per le quali l'aliquota è del 15 per cento.
      Per quanto riguarda, poi, la Francia, è prevista una sola aliquota pari al 33,33 per cento, alla quale va sommata l'ulteriore contribuzione addizionale dell'1,5 per cento e, nell'ipotesi di imposta societaria superiore a 763.000 euro, l'ulteriore contribuzione sociale del 3,3 per cento. Esiste, inoltre, un'imposizione forfetaria annuale che si applica in relazione all'ammontare dei ricavi, pur nell'ipotesi in cui la società sia in perdita.
      Sempre in Francia, sono state previste aliquote più basse a favore delle società di nuova costituzione e relativamente a limitati periodi di imposta.
      Ancora diversa è la normativa vigente in Germania, dove l'aliquota è del 25 per cento. Si aggiunge l'addizionale di solidarietà del 5,5 per cento dell'imposta sul reddito della società. Le imprese sono soggette, inoltre, alla Gewerbesteuer (imposta locale sull'attività industriale e commercio), che varia da comune a comune con un'aliquota dal 13 al 20 per cento.
      Da ultimo, nel Regno Unito l'aliquota ordinaria è del 30 per cento, ma sono previste riduzioni per scaglioni al di sotto della soglia di 1,5 milioni di sterline e non vi sono imposte sulle attività d'impresa oltre all'imposta sui redditi.
      In sintesi, in Europa si fanno concorrenza numerose diverse aliquote, dal 22,88 per cento in vigore nel Lussemburgo al 35 per cento in vigore in Grecia e in Spagna, che, con i vari criteri di calcolo, si traducono in altrettanti differenti sistemi fiscali impedendo di fatto alle imprese che operano all'interno dell'Unione europea di agire con la stessa efficienza e capacità competitiva.
      In questo contesto europeo, se da un lato il sistema fiscale italiano si caratterizza per essere uno tra i più validi, anche grazie all'importante riforma fiscale attuata dal Governo di centro-destra nel corso della precedente legislatura, dall'altro lato tale sistema può essere perfezionato, in quanto la previsione di una aliquota fissa al 33 per
 

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cento, certamente favorevole alle grandi imprese, rischia di pesare in maniera eccessiva sui soggetti produttivi più piccoli e con utili più limitati.
      Più esattamente, se da un lato il sistema attuale esenta le grandi imprese, particolarmente esposte alla concorrenza internazionale, dal principio della progressività dell'imposta, sottoponendole ad un'unica aliquota media, dall'altro lato, in relazione alle imprese più piccole che rappresentano l'asse portante del sistema produttivo italiano, l'applicazione della medesima aliquota prevista per le grandi società, indipendentemente quindi dagli utili realizzati, rischia di rappresentare un freno al loro sviluppo.
      Da questa considerazione muove la proposta di legge in esame la quale, ferma restando l'impostazione generale dell'IRES prevista dal citato testo unico, è volta ad introdurre due importanti modifiche allo scopo di migliorare la posizione competitiva delle imprese italiane e il grado attrattività degli investimenti.
      Nel dettaglio, l'articolo 1 della proposta di legge, sostituendo l'articolo 77 del citato testo unico, prevede una riduzione dell'aliquota al 28 per cento in relazione alle società con un utile complessivo inferiore a 500.000 euro, mentre per le società con un reddito compreso tra 500.000 euro e 1 milione di euro l'aliquota è ridotta al 30 per cento.
      In sostanza, si introduce una progressività dell'IRES limitatamente alle società con utili più bassi, analogamente a quanto previsto in altri Paesi, mentre resta ferma l'aliquota fissa al 33 per cento in relazione a tutte le società con utili superiori a 1 milione di euro.
      In secondo luogo, analogamente a quanto disposto in altri Paesi membri dell'Unione europea, il comma 2 del novellato articolo 77 prevede una disposizione particolarmente favorevole allo sviluppo delle piccole e medie imprese in relazione ai primi anni della loro attività, disponendo che, per i primi tre periodi di imposta, l'aliquota è ridotta al 25 per cento.
      In conclusione, attraverso le modifiche in esame si introducono nell'ordinamento nuovi meccanismi volti a rendere il sistema fiscale un elemento di sostegno per la competitività delle imprese italiane, con effetti certamente positivi in termini economici ed occupazionali.
      Per quanto riguarda, in ultimo, la copertura finanziaria del provvedimento, l'articolo 2 della proposta di legge in esame prevede che all'onere complessivo derivante dall'attuazione del provvedimento si provveda mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale, di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifica dei criteri di determinazione dell'imposta sul reddito delle società).

      1. Al fine di incrementare la competitività del sistema produttivo italiano, in conformità alla normativa fiscale vigente nei Paesi membri dell'Unione europea, l'articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, concernente i criteri di determinazione dell'imposta sul reddito delle società, è sostituito dal seguente:

      «Art. 77. - (Aliquote dell'imposta). - 1. L'imposta è determinata applicando al reddito complessivo netto le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:

          a) fino a 500.000 euro, 28 per cento;

          b) oltre 500.000 euro e fino a 1.000.000 di euro, 30 per cento;

          c) oltre 1.000.000 di euro, 33 per cento.

      2. In deroga a quanto previsto dal comma 1, in relazione alle piccole e medie imprese, come definite dalla normativa comunitaria, limitatamente ai primi tre periodi di imposta, l'imposta è determinata applicando al reddito complessivo netto l'aliquota del 25 per cento».

Art. 2.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come da ultimo sostituito

 

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dall'articolo 1 della presente legge, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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