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PDL 2332

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2332



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

D'ULIZIA, ASTORE, BELISARIO, EVANGELISTI, MURA, OSSORIO, PALOMBA, RAITI

Disposizioni per l'esenzione dei fabbricati appartenenti alle cooperative agricole e ai loro consorzi dall'imposta comunale sugli immobili

Presentata il 7 marzo 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - L'agricoltura italiana si trova oggi davanti a sfide che richiedono scelte fortemente innovative e di segno strutturale per evitare il declino del settore primario e la perdita di competitività del sistema agroalimentare. Noi riteniamo che l'aggregazione delle singole imprese agricole in cooperative sia uno strumento fondamentale per rafforzare il sistema nel suo complesso. Il modello cooperativo, infatti, costituisce un soggetto virtuoso e strategico per i valori che esprime e per la realtà imprenditoriale di prima grandezza che rappresenta, orientato a favorire e a supportare le integrazioni economiche e i processi di internazionalizzazione; non a caso, nell'articolo 45 della Costituzione, la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione e si prevede che la legge ne debba promuovere e favorire l'incremento. Attualmente, il sistema organizzato della cooperazione agroalimentare comprende, in Italia, 8.834 cooperative con 929.160 soci produttori, per un fatturato di 34.188 milioni di euro all'anno, con un controllo sulla produzione lorda vendibile (PLV) del 40-45 per cento. Detto altrimenti, la cooperazione rappresenta una parte rilevante dell'intero fatturato dell'agroalimentare italiano.
      Da una ricerca dell'Osservatorio sulla cooperazione agroalimentare promosso dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali emerge che esiste una grande propensione agli investimenti da parte delle cooperative agroalimentari: il 52 per cento delle imprese cooperative
 

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coinvolte nella ricerca, infatti, ha realizzato investimenti contro appena il 28 per cento delle imprese cooperative in generale. Tuttavia, un elemento di preoccupazione è costituito dal fatto che i maggiori gruppi cooperativi italiani hanno ancora dimensioni molto ridotte rispetto a quelli degli altri Paesi europei. Secondo una classifica del Comitato generale della cooperazione agricola (COGECA) dell'Unione europea, nel 2003, tra le prime 25 cooperative europee per fatturato e per addetti non c'era nessuna cooperativa italiana. Le strutture cooperative italiane più grandi hanno un fatturato di poco superiore alla metà del giro d'affari della venticinquesima cooperativa europea. Si tratta, però, di un fenomeno che riguarda tutta l'industria agroalimentare nazionale.
      In questo quadro le linee di politica agricola e agroalimentare italiane, nel futuro, devono avere almeno un obiettivo prioritario: incrementare la quota di produzione nazionale gestita direttamente dalle imprese cooperative e sviluppare la crescita dei gruppi cooperativi nelle filiere più strategiche. A tale fine è necessario garantire alla cooperazione agricola una serie di misure quali il mantenimento dell'attuale regime fiscale agricolo per l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e per l'imposta sul valore aggiunto (IVA), l'applicazione della riduzione del cuneo fiscale anche per i dipendenti stagionali, la previsione di adeguati incentivi per la concentrazione cooperativa, nonché per lo sviluppo delle agroenergie, l'applicazione delle norme sull'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili (ICI) dei fabbricati delle cooperative. Ed è proprio quest'ultimo argomento l'obiettivo della presente proposta di legge.
      Cari colleghi! Riteniamo doveroso risolvere definitivamente anche per via legislativa una questione già risolta in via giurisprudenziale, ovvero l'annoso contenzioso legato alla inesatta applicazione dell'ICI - che discrimina tra imprenditore agricolo e imprenditore agricolo cooperatore nel momento in cui non include nel concetto di «fabbricati rurali» i fabbricati delle cooperative agricole e agroalimentari - confermata, per l'appunto, da diverse sentenze della Corte di cassazione. In realtà i fabbricati rurali dovrebbero essere esenti dal pagamento dell'ICI, in quanto gli stessi ne sono esclusi ab origine, non rientrando nemmeno in quello che è l'oggetto dell'imposta come definito dal decreto istitutivo della stessa. L'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 504 del 1992 recita, infatti, che «Presupposto dell'imposta è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli (...)», che godono delle particolari esenzioni di cui all'articolo 9, mentre l'articolo 2 definisce il fabbricato come quella «unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano». Di conseguenza, i fabbricati rurali, che all'epoca dell'istituzione dell'ICI non dovevano essere iscritti nel predetto catasto ma in quello dei terreni, rimanevano per ciò stesso automaticamente esclusi dall'ambito applicativo dell'imposta, ovvero assolvendola come imposta agraria e domenicale. D'altro canto è anche vero che con l'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 1994, è stato istituito il catasto dei fabbricati, che è andato a sostituire il catasto edilizio urbano, nel quale devono essere iscritti anche i fabbricati rurali. Ma tale iscrizione, come precisato dalla norma stessa, non ne muta la natura, essendo lo scopo dell'iscrizione semplicemente quello di realizzare un inventario completo e uniforme del patrimonio edilizio e di monitorare, se del caso, l'eventuale perdita dei requisiti di ruralità dei fabbricati ivi iscritti. Tale interpretazione è stata avvalorata nel tempo anche dalla stessa amministrazione finanziaria (ricordiamo le circolari ministeriali n. 96/T del 9 aprile 1998 e n. 50/E del 20 marzo 2000 e le interrogazioni parlamentari n. 5-06221 dell'8 settembre 1999 e n. 5-06405 del 9 dicembre 1999), ed è confermata indirettamente dal comma 9 dell'articolo 9 citato, laddove per i soli fabbricati «già rurali, che non presentano più i requisiti di ruralità», è previsto il recupero dell'ICI per gli anni successivi al 1993. Un'esplicita
 

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esenzione è stata, peraltro, stabilita dalla commissione tributaria regionale del Veneto con la sentenza n. 54 del 9 luglio 2003, che, a seguito di quanto già stabilito dalla commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna (sentenza n. 124 del 21 giugno 2002) e da quella della provincia di Lecce (sentenza n. 163 dell'8 giugno 2003), ha dichiarato gli immobili utilizzati dalle cooperative agricole per la trasformazione e l'alienazione dei prodotti quali beneficiari dell'esenzione. Infine, il principio che gli edifici utilizzati dalle cooperative non devono pagare l'ICI in quanto ritenuti «fabbricati rurali» è stato, come già detto, ribadito anche dalla Corte di cassazione (sentenze n. 1843 del 1995, n. 7316 del 2002 e n. 6884 del 2005). Ciononostante alcuni comuni, invocando l'assenza di un'esenzione espressa legislativamente per siffatti fabbricati, ne affermano, di contro, l'imponibilità.
      Per questi motivi auspichiamo una rapida approvazione della presente proposta di legge, il cui scopo - si ribadisce - è di porre fine una volta per tutte alla questione inerente ai fabbricati delle cooperative agricole e agroalimentari assoggettati ad ICI, prevedendo espressamente, all'articolo 1, che agli edifici utilizzati dalle cooperative agricole e dai loro consorzi deve essere riconosciuto carattere rurale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Ai fini dell'imposta comunale sugli immobili, i fabbricati di proprietà delle cooperative agricole e dei loro consorzi, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, all'articolo 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, e all'articolo 2513, terzo comma, del codice civile, si intendono rurali.

Art. 2.

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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