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PDL 2259

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2259



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

FERDINANDO BENITO PIGNATARO, BELLILLO, SGOBIO, DILIBERTO, CANCRINI, CESINI, CRAPOLICCHIO, DE ANGELIS, GALANTE, LICANDRO, NAPOLETANO, PAGLIARINI, SOFFRITTI, TRANFAGLIA, VACCA, VENIER, GIANNI FARINA, GRASSI, LONGHI, VICO, BARANI, CASSOLA

Modifica all'articolo 166 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, in materia di riallocazione degli impiegati assunti a contratto in caso di chiusura di sedi estere del Ministero degli affari esteri

Presentata il 14 febbraio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La paventata chiusura di circa venti sedi consolari rischia di creare serie difficoltà agli italiani che vivono in Europa. Esiste un progetto che prevede appunto la chiusura di consolati e di agenzie consolari nel vecchio Continente.
       Ciò dovrebbe avvenire in diverse fasi, fino ad arrivare ad avere un solo consolato in ogni Paese europeo, accompagnato da una serie di «antenne» (al Ministero degli affari esteri le hanno così denominate) con personale «volante» per il disbrigo degli atti consolari nel territorio.
      Se venissero chiusi i consolati, che ne sarebbe dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), del voto degli italiani all'estero, dei compiti delle direzioni didattiche, dei comitati degli italiani residenti all'estero (Comites) e, soprattutto, dei dipendenti che rischierebbero inevitabilmente il licenziamento?
      L'eventuale riallocazione del personale a contratto in servizio all'estero a seguito della chiusura di sedi consolari costituisce un serio problema al quale la presente proposta di legge vuole porre rimedio, affinché i dipendenti del Ministero degli affari esteri non perdano il posto di lavoro.
      Se, infatti, per il personale di ruolo, nella fattispecie, è previsto il trasferimento in un altro Paese o il ritorno al Ministero degli affari esteri, per il personale a contratto
 

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italiano la normativa prevede un non ben specificato «l'Amministrazione si impegna a trovare un'adeguata soluzione», e per il personale a contratto locale la normativa prevede addirittura la rescissione del rapporto di lavoro.
      Infatti l'articolo 13 dell'accordo successivo al contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto il 12 aprile 2001 prevede che «In caso di chiusura o soppressione di un ufficio all'estero, l'amministrazione si impegna, nei limiti consentiti dalle esigenze di servizio e dalle disponibilità di bilancio, a ricollocare entro tre mesi gli impiegati a contratto presso altro ufficio all'estero, fermo restando quanto previsto dall'articolo 166, primo comma, lettera f), del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967».
      La clausola contrattuale in questione muove dal presupposto che l'ufficio all'estero sia il titolare del rapporto di lavoro con l'impiegato assunto a contratto per cui, in caso di chiusura dello stesso, ne conseguirebbe la risoluzione del rapporto di lavoro, a seguito del quale l'amministrazione si «impegnerebbe» semplicemente a ricollocare il personale licenziato presso altre sedi. A prescindere da ogni valutazione circa i margini di una possibile tutela legale dei dipendenti che dovessero essere oggetto di simili provvedimenti di licenziamento, occorre rilevare che la sede all'estero non costituisce un ente dotato di propria personalità giuridica distinta dal Ministero degli affari esteri. Piuttosto, la predetta sede costituisce un ufficio all'estero del medesimo dicastero, con il quale, pertanto, intercorre il rapporto di lavoro con il personale assunto localmente.
      Quindi, la risoluzione del contratto di lavoro non deve essere automatica conseguenza della chiusura della sede all'estero, come prevede, invece, il richiamato articolo 166, primo comma, lettera f), del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, dovendosi far fronte alla situazione determinatasi mediante l'applicazione del regime ordinario delle eccedenze di personale di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
      Per tale ordine di ragioni, dunque, il provvedimento in esame prevede una modifica dell'articolo 166, primo comma, lettera f), del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, esplicitando l'applicabilità degli articoli 33 e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001.
      In questo modo, il problema verrebbe risolto, in prima battuta, per i dipendenti del Ministro degli affari esteri con contratto di lavoro regolato dalla legge locale e, in seconda battuta, per i dipendenti con contratto regolato dalla legge italiana, posto che, per questi ultimi, l'articolo 13, comma 1, del menzionato accordo del 12 aprile 2001, nel testo vigente, rinvia proprio al citato articolo 166, primo comma, lettera f).
      L'auspicata approvazione della presente proposta di legge consentirebbe una uniformità di trattamento da parte del Ministro degli affari esteri nei confronti dei dipendenti impiegati all'estero.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 166, primo comma, lettera f), del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Resta ferma l'applicazione degli articoli 33 e seguenti del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Ai fini dell'individuazione del limite di applicazione di cui al comma 2 del medesimo articolo 33, il numero di dieci unità si intende raggiunto anche in caso di dichiarazioni di eccellenza distinte per più sedi all'estero oggetto di provvedimenti di chiusura o di soppressione nell'arco di un anno».


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