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PDL 1889

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1889



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MANTINI, ATTILI, BARANI, BELLILLO, BENVENUTO, BOATO, BOCCI, BOFFA, BORDO, BURTONE, CARBONELLA, CASSOLA, CASTAGNETTI, CREMA, DATO, D'ELIA, FADDA, GIANNI FARINA, FEDI, FERRIGNO, FOGLIARDI, GRASSI, GRILLINI, INTRIERI, LARATTA, LOMAGLIO, LUSETTI, OLIVERIO, RANIERI, SAMPERI, SANNA, SERVODIO, VANNUCCI

Norme in materia di riparazione per l'ingiusta detenzione

Presentata l'8 novembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Con il nuovo codice di procedura penale è stata finalmente sancita la riparazione per l'ingiusta detenzione. L'articolo 314 del codice di procedura penale, al comma 1, stabilisce che: «Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave». L'articolo 315 del medesimo codice disciplina il procedimento per la riparazione e stabilisce che l'entità della riparazione non può comunque eccedere lire un miliardo (cifra statuita dall'articolo 15, comma 1, lettera b), della legge 16 dicembre 1999, n. 479).
      Ha così trovato una sua attuazione, dopo decenni, l'articolo 5, paragrafo 5, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata dallo Stato italiano con la legge 4 agosto 1955, n. 848.
      Esiste, tuttavia, una inammissibile limitazione nel dettato legislativo dell'articolo 245 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271: in tale norma la
 

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riparazione per l'ingiusta detenzione è infatti ricompresa tra gli istituti applicabili solo per i procedimenti ancora in corso al momento dell'entrata in vigore del codice di procedura penale e non anche per quelli già conclusi.
      Molte vittime dell'errore giudiziario contemplato dall'articolo 314 del codice di procedura penale sono dunque rimaste prive della giusta riparazione e ciò è accaduto in aperta violazione degli articoli 2 e 24 della Costituzione, nonché delle norme della citata Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
      La stessa Corte costituzionale, nel lontano 1969, ebbe ad affermare, con la sentenza n. 1 di quell'anno, che: «L'ultimo comma dell'articolo 24 della Costituzione enuncia un principio di altissimo valore etico e sociale che va riguardato - sotto il profilo giuridico - quale coerente sviluppo del più generale principio della tutela dei "diritti inviolabili dell'uomo" (articolo 2) assunto in Costituzione tra quelli che stanno a fondamento dell'intero ordinamento repubblicano».
      In tempi più recenti, poi, sempre con riferimento alla tematica dei diritti inviolabili dell'uomo, la Corte costituzionale è pervenuta ad enunciare, in maniera nettissima e in via generale, che: «Quand'anche si sostenesse che il risarcimento, in un determinato ramo dell'ordinamento, di un diritto subiettivo non esclude che siano posti limiti alla sua tutela risarcitoria (...) va energicamente sottolineato che ciò, in ogni caso, non può accadere per i diritti e gli interessi dalla Costituzione dichiarati fondamentali» (sentenza n. 184 del 14 luglio 1986).
      A fronte di tanto chiare e perentorie statuizioni, invece, esistono cittadini che hanno subìto l'umiliazione del carcere - talvolta per anni - e l'annichilimento del diritto inviolabile della libertà personale, consacrato dall'articolo 13 della Costituzione, ma non hanno ottenuto nessuna giusta riparazione e nemmeno quella somma di denaro che certo si direbbe meglio «conforto» che non «riparazione».
      E tutto ciò perché la loro completa assoluzione si è potuta ottenere solo in un momento precedente, talvolta di pochi giorni o di poche settimane soltanto, a quello dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale.
      È questa una situazione che offende la dignità del Paese e che contrasta con la concezione di salvaguardia dei diritti inviolabili dell'uomo che la Repubblica ha posto a fondamento del suo ordinamento costituzionale.
      È una situazione deplorevole e ingiusta che non può consentire a nessuno di dire: «È ormai troppo tardi».
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Le disposizioni di cui agli articoli 314 e 315 del codice di procedura penale si applicano anche ai procedimenti definiti anteriormente alla data di entrata in vigore del medesimo codice.
      2. Ai fini di cui al comma 1 del presente articolo, il termine per la presentazione della domanda di riparazione previsto dal comma 1 dell'articolo 315 del codice di procedura penale decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 2.

      1. All'articolo 315 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. L'entità della riparazione è commisurata alla durata della detenzione e alle conseguenze personali e familiari da essa derivate»;

          b) il comma 3 è abrogato.


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