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PDL 2442

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2442



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato MARTELLA

Delega al Governo per il riordino della disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese

Presentata il 26 marzo 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La difficile situazione economica che vive l'Italia ha causato negli ultimi mesi numerose crisi di imprese ed aziende. Ad esse si sono sommate le drammatiche conseguenze di crack finanziari che hanno coinvolto settori decisivi dell'apparato produttivo.
      Il decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, e successive modificazioni, ha profondamente modificato le norme relative all'amministrazione straordinaria disciplinata dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, cosiddetta «Prodi-bis», anche in conseguenza di numerosi crack di industrie nazionali, tra i quali, non ultimo, quello della Parmalat. Le modifiche, che hanno innovato su molti punti la normativa previgente, hanno in alcuni casi finalità corrette e condivisibili (possibilità di suddivisione dei creditori in classi, possibilità di attribuire ai creditori azioni o quote delle società in amministrazione straordinaria, azioni revocatorie da parte del commissario straordinario, e così via). Esse sono però destinate di fatto alle sole imprese del gruppo Parmalat a causa delle soglie quantitative, sia dal punto di vista del numero dei dipendenti che da quello della dimensione del default, che limitano l'applicazione delle nuove norme.
      Si è così creata una sperequazione profonda tra impresa e impresa, lavoratori impiegati in aziende diverse, territori coinvolti in crisi aziendali.
      Una sperequazione tra coloro che possono usufruire delle normative innovative e coloro invece che rimangono ancorati alla strumentazione della «Prodi-bis».
      D'altra parte non tutte le novità del citato decreto-legge n. 347 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39 del 2004, appaiono sostenibili; anzi,
 

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in alcuni casi, come quello dello spostamento della responsabilità di attivare l'amministrazione straordinaria dalla magistratura al Governo, sono un vero e proprio «tallone di Achille» dell'intera normativa, che appare in questi punti in contrasto con le osservazioni dell'Unione europea a suo tempo avanzate nei confronti della cosiddetta «prima legge Prodi» (decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 94).
      L'insieme di queste considerazioni ci spinge a valutare la necessità di un riordino complessivo dell'istituto della amministrazione straordinaria, che estenda a una più larga platea di imprese le nuove norme e sia capace di correggerne le incongruenze più evidenti che rischiano di inficiarne l'efficacia.
      A questo scopo la scelta proposta è quella di una legge delega che, mentre puntualizza con precisione i princìpi e criteri direttivi e prevede un adeguato controllo parlamentare, punta a ottenere la rapidità di intervento, legata allo strumento del decreto legislativo, che è richiesta dall'emergenza prodotta dalle numerose crisi industriali che colpiscono l'apparato produttivo del Paese.
      Con la presente proposta di legge si propone una riscrittura della procedura di amministrazione straordinaria che mira a cambiarne in modo sostanziale le caratteristiche. Ciò, si precisa, in attesa di una riforma generale delle procedure in materia di crisi d'impresa, in cui le esigenze qui prese in considerazione verrebbero meglio tutelate. La procedura di amministrazione straordinaria si applicherebbe non più alle «grandi imprese», concetto comunque difficilmente definibile, ma a tutte le imprese che, non essendo minimali, presentino caratteristiche tali da meritare, nell'interesse dei creditori e degli altri soggetti interessati (in primo luogo i lavoratori), un trattamento peculiare.
      Per questo motivo si propone di applicare la procedura di amministrazione straordinaria riformata a tutte le imprese di rilevanti dimensioni, a condizione che non abbiano ancora cessato l'attività d'impresa (poiché se l'attività è cessata resta solo l'obiettivo di una rapida liquidazione del patrimonio). Tali imprese sono individuate in quelle che a livello di gruppo hanno una forza lavoro non inferiore a cinquanta dipendenti o un fatturato non inferiore a 50 milioni di euro. Si tratta di soglie inevitabilmente arbitrarie, che nondimeno denotano caratteristiche che meritano una considerazione separata dalle micro-imprese, per le quali spesso null'altro vi è da fare se non liquidare celermente il poco attivo residuo.
      La procedura che si propone di introdurre diverrebbe dunque la procedura tipica delle imprese per le quali è presumibile che esista un valore di esercizio che è nell'interesse dei creditori conservare. Per questo motivo, anche in considerazione della massima flessibilità della procedura in questione, essa si applicherebbe a tali imprese in via esclusiva, senza possibilità di ricorso a procedure con impostazione liquidatoria come il concordato preventivo e il fallimento, o del tutto inefficaci, come l'amministrazione controllata.

      L'impostazione innovativa del progetto di legge si fonda e fa grande affidamento, sulla scorta di importanti esperienze straniere, sull'incentivazione del ruolo propulsivo del debitore nella scoperta anticipata della crisi: solo se è stato lui a denunciare la crisi, infatti, il debitore può mantenere la gestione dell'impresa, sotto la vigilanza di un commissario straordinario. In tutti gli altri casi la gestione passa al commissario straordinario, con la definitiva estromissione del debitore, che in tale caso ha solo la possibilità di presentare un piano di ristrutturazione che i creditori possono accettare ma anche rigettare.
      Inevitabile conseguenza della nuova impostazione è la restituzione della piena supervisione della procedura all'autorità giudiziaria, con esclusione di ogni intervento amministrativo. Si ritiene infatti che se una procedura d'insolvenza affida le sue possibilità di successo principalmente al mercato, come dovrebbe essere in un sistema moderno, occorra solo un foro deputato alla risoluzione delle controversie,
 

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senza spazio per interventi di autorità amministrative che, nella migliore delle ipotesi, non aggiungono nulla all'efficacia della procedura e, nella peggiore, comprimono i diritti dei creditori senza che a costoro sia data adeguata tutela.
      All'articolo 1, comma 1, la lettera a) prevede l'esclusione dalla procedura delle imprese per le quali sussistono specificità, quali banche, assicurazioni e imprese autorizzate alla prestazione di servizi d'investimento.
      La lettera b) definisce le imprese di rilevanti dimensioni.
      La lettera c) chiarisce che per le imprese in questione la procedura di amministrazione straordinaria costituisce la procedura esclusiva.
      La lettera d) disciplina la legittimazione a chiedere l'apertura della procedura e prevede che, se a chiederla è il debitore, questi debba presentare una situazione patrimoniale e una relazione redatta o certificata da un esperto, che se ne assume la paternità e la responsabilità. L'ammissione è disposta dall'autorità giudiziaria, senz'altra valutazione se non quella relativa alla sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi.
      La lettera e) prevede che l'attività d'impresa sia proseguita in pendenza della procedura, seppure con le necessarie cautele a tutela dei creditori.
      La lettera f) prevede la nomina di un commissario straordinario, da scegliere in un istituendo albo speciale dei professionisti delle crisi d'impresa, suddiviso in distinte sezioni in relazione all'entità dell'indebitamento e dei livelli occupazionali dell'impresa, nonché in relazione all'eventuale ricorso della stessa al mercato del capitale di rischio o all'emissione di strumenti finanziari diffusi tra il pubblico. Tale innovazione mira a garantire requisiti di professionalità, di esperienza e di indipendenza sufficienti per essere chiamati a svolgere questa importante e delicatissima funzione che, non lo si dimentichi, produce effetti su soggetti terzi.
      La lettera g) prevede che la gestione dell'impresa, comunque sotto la vigilanza dell'autorità giudiziaria, sia affidata al debitore, ma solo quando è stato lui a favorire l'emersione della crisi, o al commissario straordinario in tutti gli altri casi. Anche quando sia stato il debitore a chiedere l'ammissione alla procedura, il tribunale può non affidargli la gestione quando vi siano gravi fattori impeditivi anche attinenti al suo pregresso comportamento. In caso di debitore costituito in forma societaria, la norma fa leva sul comportamento delle persone fisiche componenti gli organi amministrativi e di controllo, per lasciare aperta la possibilità di affidare la gestione al debitore quando siano stati rimossi gli amministratori incompetenti o infedeli e sia stato così attuato un taglio netto con il passato.
      La lettera h) disciplina gli effetti dell'apertura della procedura, prevedendo solo effetti attenuati per il patrimonio del debitore quando la gestione sia affidata a lui, e dunque non si abbia spossessamento. Sono invece pienamente presenti gli effetti protettivi contro le azioni individuali dei creditori. Si sottolinea che le azioni revocatorie sono esperibili ad eccezione delle azioni di impugnativa di atti normali, che non si giustificherebbero in una situazione di continuazione dell'attività, e comunque il risultato utile delle revocatorie deve andare ai soli creditori. I contratti in corso di esecuzione proseguono, ma possono essere sciolti se contrari alle finalità della procedura e previo indennizzo delle perdite subite dal contraente in bonis.
      La lettera i) prevede che lo stato passivo debba essere formato d'ufficio, salve le impugnative degli interessati.
      La lettera l) contiene il cuore della procedura, ovvero il piano di ristrutturazione, che può essere presentato dal debitore, dal commissario o da qualunque creditore o terzo. Il piano può prevedere che ai creditori possa essere sottoposta qualunque proposta, implicante dilazioni, riduzioni di crediti, attribuzione di azioni, obbligazioni o strumenti finanziari, fusioni, scissioni, conferimenti di attivo, dismissioni e cessioni di rapporti giuridici in blocco, e così via. Il piano può prevedere la suddivisione dei creditori in classi, e deve essere approvato da una maggioranza
 

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significativa dei creditori per numero e per somma dei crediti. La mancata approvazione di una classe può essere superata dalla pronunzia del giudice se ritiene che la classe dissenziente non sia pregiudicata dal piano.
      La lettera m) prevede che, in mancanza dell'approvazione entro due anni, si proceda alla liquidazione ad opera di un liquidatore che sostituisce (come funzione, non necessariamente come persona) il commissario straordinario. La liquidazione deve avvenire in forme rapide e che consentano la massima trasparenza e concorrenza fra i possibili acquirenti. Si prevede inoltre la possibilità dell'autorità giudiziaria di dichiarare aperta la fase di liquidazione anche prima del decorso dei due anni, quando nessun piano di ristrutturazione appaia ragionevolmente fattibile, così che è del tutto inutile attendere tale termine, o quando appaia evidente che la liquidazione è più conveniente per i creditori rispetto a qualsiasi piano di ristrutturazione.
      La lettera n) prevede che la dichiarazione di insolvenza sia equiparata a quella di fallimento quanto agli effetti penali, ma che se la procedura è iniziata su richiesta del debitore le sanzioni siano ridotte alla metà. Ciò nell'ottica di un bilanciamento, certamente difficile, fra esigenze di repressione penale e esigenze di incentivazione all'anticipata scoperta della crisi, scoperta che un debitore atterrito dalla prospettiva di sanzioni penali può non volere, protraendo così la gestione in perdita e la distruzione di valori che ormai appartengono (anche, se non solo) ai creditori.
      Il decreto legislativo adottato dovrà provvedere a riordinare, semplificare e codificare le norme legislative vigenti, trasfondendole in un testo unico omogeneo sull'amministrazione straordinaria delle imprese di rilevanti dimensioni, essenzialmente al fine di assicurare certezza giuridica sull'ambito di applicazione delle norme, semplificazione e accelerazione delle procedure, economicità ed efficacia dell'amministrazione straordinaria, piena tutela degli interessi rilevanti. Il decreto legislativo provvederà, inoltre, a definire le necessarie norme transitorie.
      Con l'entrata in vigore del decreto legislativo, sono abrogate le disposizioni normative oggetto del testo unico. Le norme relative alla medesima materia emanate successivamente sono formulate come modifiche o integrazioni del testo unico, mediante opportuno coordinamento.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante il riordino delle disposizioni in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese, coordinando in un unico testo le norme del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, e successive modificazioni, con gli opportuni adattamenti in relazione ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) applicazione della normativa alle imprese di rilevanti dimensioni diverse da banche, assicurazioni e imprese autorizzate alla prestazione di servizi d'investimento;

          b) individuazione delle imprese assoggettabili alla procedura nelle imprese che non abbiano cessato l'attività d'impresa e che siano in possesso, anche considerando le imprese legate da rapporti di controllo o assoggettate a comune controllo, di almeno uno dei seguenti requisiti:

              1) un numero di lavoratori subordinati, anche a tempo determinato o parziale, non inferiore a cinquanta;

              2) un valore della produzione, come determinato ai sensi dell'articolo 2425 del codice civile, non inferiore a 50 milioni di euro;

          c) esclusione delle imprese aventi i requisiti di cui alla lettera b) del presente comma dalle procedure di fallimento, amministrazione controllata e concordato preventivo, di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni;

 

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          d) ammissione immediata alla procedura da parte dell'autorità giudiziaria, previa valutazione della sussistenza dei requisiti di cui alla lettera b), su richiesta dell'imprenditore, su istanza di uno o più creditori o d'ufficio, quando l'impresa sia insolvente o, se l'apertura della procedura sia richiesta dall'imprenditore, quando essa si trovi in temporanea difficoltà di adempiere o sia suscettibile di cadere in stato di insolvenza entro un breve termine; previsione che il debitore, se chiede l'apertura della procedura, debba presentare entro trenta giorni dalla data della domanda, prorogabili una sola volta, una situazione patrimoniale di riferimento e una relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, redatta o certificata da un revisore contabile o da una società di revisione;

          e) prosecuzione dell'attività d'impresa, con le necessarie cautele poste a tutela dei creditori;

          f) nomina di un commissario straordinario da parte dell'autorità giudiziaria, scelto tra i soggetti, persone fisiche o persone giuridiche, iscritti in un istituendo albo speciale dei professionisti delle crisi d'impresa, tenuto dal Ministero della giustizia, suddiviso in distinte sezioni in relazione all'entità dell'indebitamento e dei livelli occupazionali dell'impresa, nonché in relazione all'eventuale ricorso della stessa al mercato del capitale di rischio o all'emissione di strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, prevedendo corrispondenti requisiti di professionalità e di esperienza, oltre a requisiti di indipendenza;

          g) gestione dell'impresa sotto la vigilanza del tribunale e affidata:

              1) al debitore, quando la procedura sia stata aperta su sua richiesta e quando il tribunale non ravvisi gravi fattori impeditivi, anche attinenti al pregresso comportamento del debitore o, quando il debitore sia costituito in forma societaria, delle persone fisiche che compongono i suoi organi amministrativi e di controllo;

              2) al commissario straordinario nei casi non previsti dal numero 1);

 

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          h) effetti dell'ammissione dell'impresa alla procedura disciplinati con le seguenti modalità:

              1) effetti per il patrimonio del debitore disciplinati ai sensi degli articoli 42 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o, quando la gestione dell'impresa sia affidata al debitore, ai sensi degli articoli 167 e seguenti del medesimo regio decreto n. 267 del 1942; esclusione della necessità di autorizzazioni per gli atti connessi all'esercizio dell'impresa, purché coerenti con le finalità della procedura e le direttive del tribunale;

              2) effetti per i creditori disciplinati ai sensi degli articoli 51 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

              3) prosecuzione dei contratti in corso di esecuzione, con possibilità di scioglimento da parte del commissario straordinario o, quando la gestione dell'impresa sia affidata al debitore, da parte del debitore su autorizzazione del commissario straordinario, quando lo scioglimento sia conveniente per i creditori e con equo indennizzo per l'altro contraente se egli dallo scioglimento del contratto abbia subìto un danno diverso dal mancato guadagno;

              4) disciplina degli atti pregiudizievoli ai creditori ai sensi degli articoli 64 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ad eccezione dell'ipotesi prevista dall'articolo 67, secondo comma; esercizio delle azioni revocatorie da parte del commissario straordinario; destinazione dell'eventuale risultato utile delle azioni a beneficio esclusivo dei creditori;

          i) formazione d'ufficio dello stato passivo da parte degli organi della procedura, con disciplina degli effetti e delle impugnative;

          l) soddisfazione dei creditori sulla base di un piano di ristrutturazione, da redigere entro un termine massimo previsto dal decreto legislativo ad opera del commissario straordinario, di qualunque creditore o terzo nonché del debitore quando gli sia affidata la gestione dell'impresa,

 

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disciplinato con le seguenti modalità:

              1) possibilità che il piano di ristrutturazione preveda: la continuazione totale o parziale dell'attività, anche al fine di soddisfare i creditori in tutto o in parte con gli utili attesi dalla continuazione; la cessazione totale o parziale dell'impresa; la cessione totale o parziale del patrimonio, inclusi l'azienda o rami d'azienda con esclusione della responsabilità di cui al secondo comma dell'articolo 2560 del codice civile; fusioni o scissioni, conferimenti di beni in società esistenti o di nuova costituzione, aumenti di capitale, cessione di rapporti giuridici in blocco anche con assunzione di responsabilità esclusiva del cessionario, nonché ogni altra operazione che, nel rispetto delle disposizioni vigenti applicabili, sia diretta a massimizzare il valore del patrimonio del debitore; limitazione delle formalità e dell'intervento notarile, in quanto possibile, in caso di dismissioni effettuate con l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria;

              2) suddivisione dei creditori in classi secondo interessi economici omogenei, anche raggruppando categorie di creditori privilegiati; inserimento in classi separate, anche al fine di subordinarne il soddisfacimento al pagamento totale o parziale degli altri creditori, dei crediti dei soci verso la società sottoposta alla procedura; possibilità di costituzione di speciali gruppi per i piccoli creditori;

              3) ammissibilità di qualsiasi proposta di ristrutturazione in termini di scadenza, tasso d'interesse, forma tecnica e presenza di eventuali garanzie reali e personali; in particolare, ammissibilità dell'attribuzione ai creditori, o ad alcune categorie di essi, di azioni o di quote, di obbligazioni anche convertibili in azioni e titoli di debito; assenza di percentuali minime per i creditori chirografari; possibilità di pagamento in percentuale per i creditori privilegiati;

              4) approvazione del piano di ristrutturazione secondo le modalità previste dall'articolo 4-bis del decreto-legge 23

 

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dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, e successive modificazioni, con la previsione di opportune semplificazioni, eventualmente in considerazione delle dimensioni dell'impresa assoggettata alla procedura;

          m) in mancanza di approvazione del piano di ristrutturazione di cui alla lettera l) entro il termine massimo di due anni, dismissione dell'attivo dell'impresa da parte di un liquidatore concorsuale appositamente nominato dall'autorità giudiziaria in sostituzione del commissario straordinario, secondo modalità che consentano la massima soddisfazione dei creditori, con procedure che facilitino la concorrenza fra i possibili acquirenti dei beni del debitore insolvente, da completare entro un termine massimo di un anno dalla data della mancata approvazione del piano, con immediato riparto della liquidità ricavata; possibilità dell'autorità giudiziaria di dichiarare aperta la fase di liquidazione anche prima del decorso dei due anni quando nessun piano di ristrutturazione appaia ragionevolmente fattibile o conveniente per i creditori rispetto all'alternativa della liquidazione;

          n) equiparazione della dichiarazione di insolvenza a quella di fallimento quanto agli effetti penali; previsione della riduzione delle sanzioni alla metà quando la procedura sia iniziata su richiesta del debitore.

      2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 provvede a riordinare, semplificare e codificare le norme legislative vigenti, trasfondendole in un testo unico omogeneo sull'amministrazione straordinaria delle imprese di rilevanti dimensioni, essenzialmente al fine di assicurare certezza giuridica sull'ambito di applicazione delle norme, semplificazione e accelerazione delle procedure, economicità ed efficacia dell'amministrazione straordinaria, piena tutela degli interessi rilevanti. Il decreto legislativo provvede, altresì, a definire le necessarie norme transitorie.

 

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      3. Il decreto legislativo di cui al comma 1 provvede altresì ad autorizzare il Governo all'emanazione di un testo unico delle norme regolamentari vigenti in materia, nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui al medesimo comma 1 e al comma 2.
      4. Il decreto legislativo di cui al comma 1 provvede all'abrogazione espressa dalle disposizioni previgenti in materia. Le norme relative alla medesima materia emanate successivamente sono formulate come modifiche o integrazioni del testo unico, mediante opportuno coordinamento.
      5. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, è trasmesso, entro il termine previsto dal citato comma 1, a una Commissione parlamentare composta da dieci deputati e da dieci senatori scelti, rispettivamente, dal Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente del Senato della Repubblica in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascuna componente politica costituita in gruppo in almeno un ramo del Parlamento. La Commissione esprime il proprio parere sullo schema del decreto legislativo entro due mesi dall'assegnazione, indicando specificamente le eventuali disposizioni che non ritenga corrispondenti ai princìpi e criteri direttivi della delega. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere della Commissione, trasmette nuovamente il testo, con osservazioni e con eventuali modificazioni, alla Commissione per il parere definitivo sull'intero testo, che deve essere espresso entro trenta giorni dall'assegnazione. La procedura di cui al presente comma è seguita anche ai fini dell'emanazione del testo unico delle norme regolamentari previsto dal comma 3.


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