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PDL 2449

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2449



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato OSVALDO NAPOLI

Istituzione della Rete museale dell'emigrazione italiana nel mondo, formata dal «Museo dell'emigrazione-Piemontesi nel mondo» di Frossasco (Torino) e da altri musei rappresentativi di realtà regionali

Presentata il 27 marzo 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Il fenomeno migratorio italiano ha origini molto antiche con motivazioni diverse e articolate. Il Piemonte ha avuto una parte di primo piano nelle dinamiche migratorie italiane fino ai primissimi anni del novecento; successivamente il suo flusso in uscita si è indebolito ed è stato superato dalle correnti provenienti dal sud.
      L'emigrazione piemontese, tra il 1876 e il 1927, registrò la partenza di quasi due milioni di persone. Di queste una parte è successivamente rientrata, mentre l'altra parte ha casa e lavoro in un Paese diverso da quello di origine dei propri padri. Oggi i piemontesi all'estero sono circa sei milioni. Nel 2003 a Novara, in occasione della seconda Conferenza regionale dei piemontesi nel mondo, si sono contati 160 delegati partecipanti in rappresentanza di 201 associazioni di piemontesi sparse nei vari continenti.
      Definire le direzioni dei flussi della popolazione in partenza dal Piemonte, come per l'emigrazione italiana, non è facile. Gli itinerari scelti dai piemontesi sono stati molto articolati nelle traiettorie geografiche, così come lo sono stati anche per le popolazioni di altre regioni che negli stessi anni o in tempi successivi hanno vissuto il fenomeno dell'emigrazione.
      Chi partiva apparteneva alla popolazione agraria, prevalentemente analfabeta, ma vi erano anche artigiani, muratori e operai. L'Italia di quegli anni imponeva a moltissimi una vita di stenti, con mezzi piuttosto insufficienti, mentre le famiglie erano molto numerose, e così anche le necessità materiali e spirituali. Per altre persone, invece, la scelta di partire derivava dalla situazione politica contingente.
      Tra le cause che hanno favorito l'emigrazione sicuramente vi sono stati gli
 

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effetti della crisi agraria degli anni ottanta dell'ottocento, quella della piccola proprietà e delle industrie domestiche e il declino dei vecchi mestieri artigiani, delle attività montane e delle manifatture rurali. Un peggioramento, quindi, delle condizioni generali di vita che andava a sommarsi al forte incremento naturale della popolazione e all'aumento della disoccupazione, legato ai processi di cambiamento dell'economia.
      A tutto ciò si aggiungeva una forte richiesta di manodopera da parte della Francia, della Svizzera e delle Americhe. Anche l'Argentina incoraggiava l'immigrazione per la colonizzazione delle sue terre e in Brasile dal 1888 era stata abolita la schiavitù e vi era gran richiesta di braccia per le fazendas. Il lavoro svolto dagli immigrati dipendeva quindi dalle offerte di lavoro nei Paesi di insediamento. Negli Stati Uniti gli italiani in generale privilegiarono, anche in vista di un rientro in Italia, i lavori salariati e così furono impiegati nelle fabbriche, nella costruzione di strade e ferrovie e nelle miniere. Gli Stati Uniti, dunque, dal 1880 aprirono le porte all'immigrazione.
      Erano gli anni dell'avvio dello sviluppo capitalistico. Le navi portavano in Europa merci e ritornavano con carichi di emigranti.
      Negli Stati Uniti i piemontesi si sono insediati in aree definite: nella città di New York, nei centri manifatturieri del New Jersey, nelle zone minerarie e di lavorazione del granito di alcuni Stati del West come l'Arizona, del Middle West, come il Michigan, nel New England e in California. Una componente differenziata dell'emigrazione piemontese, costituita dalla minoranza valdese, fra le destinazioni scelte, privilegiò il West e in particolare lo stato dello Utah.
      Presente nel panorama delle destinazioni quella verso il Brasile, dove tuttavia il contingente dei piemontesi è sovrastato dalla popolazione di origine veneta, con una presenza compatta, benché minoritaria, di immigrati piemontesi nello Stato di Espìrito Santo.
      Meno consueti ma comunque attivi nel panorama delle destinazioni prescelte, a conferma dell'ampio ventaglio delle traiettorie percorse, gli esodi verso l'Australia (1746 i piemontesi che nell'arco di circa un trentennio, durante la grande emigrazione, vi si sono diretti), il Canada, l'Africa e l'Asia.
      Coloro che partivano erano in prevalenza uomini, validi e in età lavorativa, ma anche donne e bambini e, spesso, anche religiosi. Un'importante accezione dell'emigrazione piemontese nel mondo è rappresentata dagli ecclesiastici, in special modo dai salesiani, presenza quasi esclusiva nel clero piemontese segnata dalla casa madre di don Giovanni Bosco di Torino. I salesiani diffusero proprio in Brasile e Argentina le loro missioni. In seguito partirono alla volta del nuovo mondo anche i missionari della Consolata e gli scalabriniani, questi ultimi dediti all'assistenza degli emigranti. Sul finire dell'ottocento raggiunsero l'Argentina, l'Uruguay e altri Paesi anche le figlie di Maria Ausiliatrice, che operavano nelle missioni. Oggi queste missioni persistono con impegno e riconoscimento la loro attività e rappresentano un valido ed efficace aiuto per molte comunità nel mondo.
      Con riferimento al periodo storico dell'emigrazione all'estero (1876-1927), è possibile individuare quattro periodi di seguito illustrati.
      1876-1900. In questi anni l'emigrazione italiana è in continua crescita, mentre quella piemontese è più soggetta a movimenti oscillanti e si manifesta con maggiore intensità nei periodi 1881-1882, 1888-1890, 1892-1894, quando supera le trentamila unità. In questi 25 anni, con riferimento alle destinazioni, è possibile individuare tre sottoperiodi: il primo, dal 1876 al 1884, caratterizzato da una corrente europea costantemente al di sopra delle 20.000 unità ed una transoceanica, pure in crescita, che supera di poco le 8.000 unità (media annua del periodo: 4.680); il secondo, dal 1884 al 1894, nel quale l'emigrazione per i Paesi d'Europa e del bacino del Mediterraneo si consolida
 

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sulle 17.000-18.000 unità annue, mentre cresce su valori di 13.000-14.000 persone all'anno quella transoceanica; il terzo, dal 1895 al 1900, nel quale si riducono tutti i flussi, sia quelli diretti alle brevi e medie distanze sia quelli rivolti alle lunghe distanze. In questo quadro la Francia è la prima meta scelta, superando da sola nel periodo il 55 per cento, mentre l'Argentina raggiunge il 23 per cento. Chi emigra si muove dal Veneto e dal Piemonte, quindi dalla Lombardia e dalla Campania.
      1901-1913. In questo secondo periodo avviene un fatto importante per la storia dell'emigrazione: la regolamentazione di un movimento che ha vissuto un primo periodo caotico, nell'assenza di legislazione e di organi destinati a disciplinare e a sorvegliare le grandi correnti migratorie. I numerosi inconvenienti e i fatti dolorosi cui andarono incontro gli emigranti nel continente americano convinsero i governanti italiani che un fatto sociale così rilevante non poteva più essere considerato solamente ai fini di polizia; doveva essere, invece, oggetto di provvedimenti di natura giuridico-sociale. Altri grandi cambiamenti furono l'abolizione delle agenzie e delle subagenzie di navigazione, la creazione di organi pubblici in grado di fornire tutte le informazioni necessarie all'espatriante, l'istituzione di norme per l'assistenza sanitaria, la regolamentazione dei trasporti e del trattamento a bordo.
      L'andamento dell'emigrazione piemontese in questi anni è irregolare, con una tendenza all'aumento. Nel 1906 si contano 72.190 emigranti, nel 1913 sono 78.663, in mezzo, oscillazioni varie denotano la variabilità del fenomeno. Nel complesso, nel periodo considerato, emigrarono 752.531 piemontesi; di questi 443.202 si diressero in Europa, mentre 309.329 superarono l'oceano. È la Francia il Paese che accoglie il maggior numero di piemontesi, seguita dalla Svizzera e a distanza dalla Germania e dall'Austria. Oltreoceano, l'Argentina ha il primato davanti agli Stati Uniti; le altre destinazioni, tra le quali il Brasile, compaiono con cifre ridotte.
      1914-1918. L'emigrazione scende a valori molto bassi. Scoppia la prima guerra mondiale, che oltre a definire alleanze e quadri geo-politici diversi, provoca una caduta economica dei mercati che, in altri tempi, assorbivano le correnti migratorie italiane. L'emigrazione viene sottoposta a forti limiti e restrizioni. Ai giovani in età di leva militare è sospesa la possibilità di uscire dall'Italia, in altri tempi concessa; l'entrata in guerra poi sottrae all'emigrazione una consistente massa di maschi in età fra i 20 e i 40 anni. L'emigrazione complessiva di questo periodo risulta di 842.342 persone. Il Veneto compare al primo posto (130.224), segue il Piemonte con 126.838 espatriati (15 per cento, una cifra e una proporzione notevole se consideriamo il periodo e la localizzazione di frontiera). Nel movimento transoceanico piemontese possiamo cogliere un cambiamento nella composizione del sesso. Tradizionalmente, tale movimento era composto per circa il 70-80 per cento da maschi; tra il 1914 ed il 1917 la parte femminile sale fino a superare il 60 per cento; solamente con il 1918 riprende la prevalenza maschile.
      1919-1927. La fine del conflitto mondiale determina la ripresa del fenomeno migratorio, che diventa più forte con un picco nel 1920; segue la caduta del 1921, la ripresa del 1923 e il definitivo andamento decrescente fino alla fine della grande emigrazione. Subito dopo la guerra si frappone al desiderio di espatrio una crisi nei trasporti marittimi; la difficoltà è transitoria ma ad essa si lega e fa seguito la grave crisi economica mondiale del 1920, che ancora è manifesta nel 1923, e colpisce tutti i Paesi dove l'emigrante italiano poteva trovare lavoro. I mercati del lavoro di Francia e Svizzera risentono in modo particolare della crisi; gli Stati Uniti, preoccupati già fin dal 1907 delle possibili conseguenze dell'afflusso eccezionale di immigrati, ricorrono alla drammatica soluzione di una legge limitatrice e il 17 maggio 1921 è emanato il Quota Act, seguito da altre successive leggi con le quali determinano, di volta in volta, le quote di immigrazione. Nel periodo la
 

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media annua degli espatri è di 47.336 persone. La Francia è il Paese dove si dirigono in massima parte i piemontesi (il 69 per cento), segue a distanza la Svizzera (con una quota del 6 per cento). Per le destinazioni transoceaniche la meta principale è ancora l'Argentina e poi gli Stati Uniti, mentre viene quasi del tutto abbandonato il Brasile. La qualità dell'emigrante è migliorata rispetto a quella degli anni precedenti la guerra. Intorno al 1910 si registra la maggiore emigrazione, ma anche il primato dell'analfabetismo tra gli immigrati. Negli anni successivi al 1920, per opera del Commissariato generale dell'emigrazione e dell'Ente nazionale contro l'analfabetismo sono istituite scuole per analfabeti e predisposti programmi di istruzione a sostegno degli emigranti e per disciplinare l'espatrio in funzione delle norme degli altri Paesi.
      A chiusura del periodo segue il triennio 1928-1930, il quale ha segnato un profondo cambiamento nella storia emigratoria italiana. A partire dal 1924 il Governo nazionale con disposizioni specifiche scoraggia sempre più l'emigrazione, e si concentra soprattutto sull'emigrazione «stabile» che, gradualmente, dal 1927 tende ad annullarsi; non viene, almeno apertamente, ostacolata quella «temporanea», a patto che non superi i tre anni e che abbia all'origine un regolare contratto di lavoro. Al contrario, il Governo non è così severo nei riguardi dell'emigrazione intellettuale e professionale, ossia quella emigrazione che può portare prestigio all'immagine dell'Italia.
      Per il Piemonte le direzioni principali dell'emigrazione furono comunque il Sud America (l'Argentina) e la vicina Francia.
      L'Argentina e la Francia condividono, rispetto al fenomeno dell'emigrazione piemontese, il primato della precocità, della lunga durata e della dimensione quantitativa. È stato calcolato che in Argentina si sia diretto il 58,6 per cento di tutti gli emigranti piemontesi che, partiti nei cento anni successivi al 1876, hanno raggiunto le Americhe. Essi provenivano in massima parte dalle province di Alessandria, Torino, Cuneo e Novara.
      Tutto ciò ha determinato anche una chiara continuità di legami fra Paesi di partenza e di arrivo.
      Ne sono testimonianza oggi le associazioni di piemontesi attive in questi Paesi e il loro legame forte e vivo con le omologhe realtà piemontesi dei Paesi di provenienza.
      L'Associazione federazione internazionale «Piemontesi nel mondo», da Pinerolo, città della provincia di Torino dove è stato creato l'ufficio operativo, ha costituito nel tempo e coordina attualmente 220 rappresentanze e filiali nei seguenti Paesi: Stati Uniti, Argentina, Brasile, Uruguay, Cile, Venezuela, Messico, Australia, Nuova Caledonia, Polinesia, Canada, Giappone, Inghilterra, Sudafrica, Olanda, Germania, Francia, Spagna, Grecia, Colombia, Polonia, Svizzera, Costa Rica, Kenya, Paraguay, Nicaragua, Perù, Santo Domingo, oltre che nelle città di Mosca e Roma.
      Prima della creazione dell'Associazione, esistevano complessivamente solo quattro rappresentanze di piemontesi nel mondo, tre in Argentina e una in Australia.
      A Francia e Argentina va poi riconosciuta una dimensione socio-politica che ha catalizzato l'interesse di chi lasciava l'Italia per motivazioni politiche.
      L'Argentina ha esercitato sugli esuli risorgimentali un'attrazione analoga a quella che la Francia ha svolto sui fuoriusciti antifascisti nel periodo tra le due guerre.
      Come per altri Stati latino-americani, anche per l'Argentina i pionieri dell'emigrazione hanno contribuito in gran parte alla formazione delle élites politiche e delle borghesie nazionali. La colonizzazione agricola in Argentina successiva al 1870 fu realizzata in gran parte dagli immigrati di origine piemontese, gli stessi che in questo Paese diedero vita alla più fitta rete di associazioni mutualistiche, che hanno contribuito a rendere evidenti le componenti regionali e hanno favorito il mantenimento dei vari elementi dell'identità locale. Continuità di legami che in tempi più vicini a noi ha concorso all'instaurarsi di flussi migratori di ritorno.
      Vi sono poi alcuni importanti aspetti che hanno dato luogo a un dibattito
 

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acceso: i commerci con l'estero si intensificavano, le rimesse inviate dagli emigranti alle loro famiglie contribuivano a migliorare i bilanci delle povere economie, l'emigrazione funzionava come valvola di sicurezza per la pace sociale, offrendo a chi era alla ricerca di un lavoro un'alternativa alla rivolta. Altri invece facevano rilevare gli aspetti negativi del fenomeno sul Paese di origine: in molte zone, ad esempio, diventava difficile trovare lavoratori per l'agricoltura e il costo della manodopera, di conseguenza, aumentava.
      Dopo questo excursus storico passiamo alla realtà attuale: oggi il numero di piemontesi e di italiani che lasciano l'Italia per cercare migliori opportunità di lavoro in un altro Paese si è fortemente ridotto, ma non si è completamente annullato. Ciò che è mutato è la qualifica professionale di chi parte: competenze, professionalità e specializzazioni sono il bagaglio dell'emigrante di oggi.
      In questo conteso va riferita l'attività dell'Associazione «Piemontesi nel mondo», che opera in concorso con enti, istituzioni, organismi del Museo dell'emigrazione-Piemontesi nel mondo di Frossasco (Torino), inaugurato e aperto al pubblico il 17 settembre 2006.
      L'Associazione «Piemontesi nel mondo» è stata istituita ufficialmente nel 1981, sostituendo, integrando e incorporando precedenti iniziative in favore dei piemontesi presenti in diversi Paesi del mondo, come ad esempio il Comitato per la costruzione del monumento «Ai Piemontesi nel mondo» di San Pietro Val Lemina, nel pinerolese, realizzato nel 1974, e il Centro iniziative piemontesi nel mondo.
      Ideatore, promotore e conduttore dell'Associazione è Michele Colombino, presidente e da sempre anche vicepresidente della Consulta regionale dell'emigrazione per il Piemonte, nonché consultore esperto dell'Unione nazionale associazioni immigrati ed emigrati (UNAIE), con sede in Roma. Duecentoventi le rappresentanze e le filiali di questa Associazione presenti nel mondo.
      Diverse le attività che essa ha svolto e conduce per la promozione, la conoscenza e la valorizzazione dei legami e del patrimonio dei piemontesi all'estero: il premio internazionale biennale «Piemontese nel mondo», creato per riconoscere i corregionali affermatisi nel campo della cultura e della scienza, per incarichi di prestigio e in quello umanitario, istituzionalizzato con apposita legge dalla regione Piemonte, la «Festa del Piemonte», il premio regionale «Scrittori in emigrazione», volto a sostenere lo studio e le pubblicazioni sull'emigrazione piemontese, il premio «Piemontesi protagonisti», creato per valorizzare personaggi benemeriti residenti sul territorio, l'attivazione continua e collegamenti con una qualificata presenza di esponenti piemontesi nei comitati degli italiani all'estero (Comites) e con i membri del Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE), la creazione di 50 gemellaggi di paesi e città piemontesi con altrettante realtà dell'Argentina, la realizzazione di filmati e cortometraggi in collaborazione con il telegiornale regionale di RAI-TRE e la regione Piemonte sulla realtà piemontese in Argentina e in Brasile e prossimamente in California, la creazione di un Archivio-Biblioteca dell'emigrazione piemontese e il premio concorso, rivolto alle scuole, «Storie di migrazioni», condotto in collaborazione con la regione Piemonte e le province piemontesi.
      I contatti con tutte le associazioni di piemontesi all'estero avvengono tramite il giornale «Piemontesi nel mondo», un notiziario mensile informativo, un portale telematico (www.piemontesinelmondo.org), nonché attraverso incontri e convegni organizzati in Italia o all'estero. Inoltre l'Associazione «Piemontesi nel mondo» ha fatto parte degli stati generali del Piemonte, ha promosso ed è attualmente titolare del dominio «piemontesinelmondo.it», sito ufficiale della regione Piemonte per i contatti con i piemontesi nel mondo (http://www.regione.piemonte.it/piemontesinelmondo/).
      Nell'ambito di questo impegno e nella consapevolezza di dover evocare e dare adeguato rilievo al passato dei processi migratori e alle vicende dei piemontesi nel mondo in special modo, e condividere le dinamiche di oggi e di domani verso i
 

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piemontesi che vivono e lavorano nel mondo, è nato il progetto e la realizzazione del Museo dell'emigrazione-Piemontesi nel mondo, di Frossasco (Torino).
      La sua istituzione è stata voluta fortemente dall'Associazione «Piemontesi nel mondo» e dal comune di Frossasco, che ha destinato un suo edificio ad accogliere nelle diverse espressioni il patrimonio e il valore dei piemontesi e delle comunità all'estero.
      Il museo è divenuto realtà a seguito di un processo partecipato, che ha contato sull'operato dell'azienda turistica Montagnedoc e di un gruppo di lavoro che per costruire questa «casa» della memoria e dell'oggi dei piemontesi si è avvalso dell'apporto dell'università degli studi di Torino, di fondi privati, di pubblicazioni e del materiale raccolto dall'Associazione.
      Fondamentale, poi, il contributo di enti e istituzioni (regione Piemonte-assessorato all'emigrazione, provincia di Torino, comunità montana pinerolese pedemontano, Fondazione CRT) e di altri patrocinatori, che hanno permesso di realizzare il museo.
      Con il «Museo dell'emigrazione-Piemontesi nel mondo» i promotori e i conduttori hanno voluto riconoscere e amplificare il rilievo dei fatti compiuti dai piemontesi nel mondo, rilevando il ruolo e le potenzialità delle associazioni all'estero che hanno saputo e sanno mantenere e aggiornare queste «ambasciate piemontesi», che si sentono più piemontesi dei piemontesi, più italiani degli italiani.
      In Italia esistono già diversi centri e musei dell'emigrazione, nati per ragioni storiche e di memoria, per riconoscere il significato e il valore di questo fenomeno e dare prosecuzione alla conoscenza culturale e scientifica e trasmettere questo patrimonio fondamentale alle future generazioni.
      Questi centri fotografano le direttrici di emigrazione che hanno segnato i nostri comuni, le nostre regioni, il nostro Paese nel tempo, ne documentano le vicende passate, il legame mantenuto, ma valgono anche per i ritorni, la memoria, la storia, l'attualità e il futuro degli italiani.
      Tali centri operano in maniera significativa a rafforzare e a diffondere la conoscenza, la storia, la cultura e la situazione attuale dell'emigrazione e della vita degli italiani all'estero, contribuendo al recupero e alla vitalità di un'identità delle popolazioni locali e di quelle presenti nel mondo.
      È indispensabile quindi addivenire a una rete delle strutture museali e dei centri già esistenti e di quelle che saranno istituite, se si intende riconoscere il rilievo dell'emigrazione di ieri e operare per la considerazione di oggi degli italiani all'estero, nel caso, dei piemontesi all'estero, potenziale umano e valore italiano importante.
      È quindi comune interesse esprimere la volontà di riconoscere, con l'istituzione di una rete museale dell'emigrazione, il ruolo dei musei, dei siti e dei centri di documentazione presenti in Italia, che trattano dell'emigrazione degli italiani e degli italiani delle regioni che compongono il nostro Paese, di affermare con una rete di coordinamento e raccordo questi siti, come bene collettivo irrinunciabile in termini di conservazione, recupero, attenzione all'attualità e progettazione partecipata.
      Realtà importanti che devono essere sostenute, implementate, qualificate e per le quali si rende opportuno e necessario un sistema di rete, che evidenzi e metta in atto strategie e forme sinergiche di coordinamento e raccordo.
      Tutto ciò concorre alla considerazione dell'emigrazione come bene culturale, economico, sociale, affettivo a tutti gli effetti, e non in una prospettiva statica, bensì in un divenire dinamico, proponendo e attivando, attraverso questi centri e la rete che sarà attivata e che ne riconoscerà il ruolo, interessanti connubi tra passato e presente, un'innovazione nel rispetto della memoria.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione della Rete museale dell'emigrazione italiana nel mondo).

      1. È istituita la Rete museale dell'emigrazione italiana nel mondo formata dal «Museo dell'emigrazione-Piemontesi nel mondo», con sede in Frossasco, provincia di Torino, e da ogni altro museo, istituito o da istituire, rappresentativo di ciascuna realtà regionale italiana particolarmente soggetta nel passato a significativi flussi di emigrazione, avente la funzione e le finalità di cui di cui all'articolo 3.

Art. 2.
(Commissione scientifica).

      1. Presso la Direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie del Ministero degli affari esteri è istituita, a titolo non oneroso, una commissione scientifica nominata dal Ministero degli affari esteri, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, composta dai rappresentanti dei musei di cui all'articolo 1, nonché da studiosi e da ricercatori di chiara fama nazionale e internazionale. La commissione ha il compito di definire le caratteristiche della Rete museale di cui all'articolo 1, nonché di realizzare gli opportuni raccordi scientifici e organizzativi tra le diverse strutture della medesima Rete.

Art. 3.
(Funzione della Rete museale).

      1. Alla Rete museale di cui all'articolo 1 è attribuita la funzione di concorrere a realizzare, attraverso testimonianze documentaristiche,

 

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esposizioni permanenti e attività di ricerca e di didattica, la maggiore integrazione possibile fra la comunità nazionale, espressa anche dalle comunità regionali, e le comunità di italiani nel mondo.
      2. Per l'attuazione della funzione di cui al presente articolo, i musei di cui all'articolo 1 costituiscono un comitato tecnico-scientifico, si dotano di una biblioteca, acquisiscono lavori di ricerca e di studio, fondi documentaristici e reperti, pubblicazioni, fogli informatici e siti web tematici, utilizzabili per lo scambio di informazioni e documentazione sulle problematiche e i temi dell'emigrazione. Tale scambio è finalizzato, altresì, alla realizzazione di iniziative economiche, sociali e culturali nei confronti degli emigrati, tenuto conto delle loro diverse realtà ed esigenze.

Art. 4.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività culturali.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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