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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 2229 |
nell'articolo 1 si fissa il principio del divieto di discriminazione per chiunque, uomo o donna, scelga di esercitare la prostituzione, considerata attività lecita e
nell'articolo 2 si offre la definizione dell'attività di prostituzione intesa come prestazione di qualsiasi servizio sessuale, offerto da un uomo o da una donna, maggiorenni, al fine di trarne un guadagno; nonché la definizione di adescamento come attività che svolge in pubblico chi si prostituisce per procacciarsi clienti;
nell'articolo 3 si stabilisce che la prostituzione può essere esercitata solo come attività personale e individuale, e non in forma associata di persone che esercitano la prostituzione. Tuttavia, come specifica l'articolo 4, all'interno dello stesso immobile possono esercitare contemporaneamente fino a un massimo di quattro persone, purché l'immobile disponga di un numero di ambienti e bagni almeno pari al numero delle persone che lo utilizzano per la loro attività. A tale previsione si aggiunge quella del divieto per chiunque di trarre profitti dall'altrui attività di prostituzione svolgendo attività di intermediazione sotto qualsiasi forma per chi si prostituisce;
nell'articolo 4 si stabilisce che le abitazioni all'interno delle quali è esercitata la prostituzione, anche condividendo gli spazi tra più persone fino al limite massimo già ricordato di quattro contemporaneamente, devono essere nella disponibilità di chi le utilizza. Non costituisce esercizio in forma associata la partecipazione alle spese derivanti dalla conduzione dell'immobile di tutti coloro che esercitano nella medesima dimora, i quali possono anche prestarsi reciproca assistenza in qualsiasi modo, purché senza scopo di lucro. Viene favorito in questo modo lo svilupparsi di forme di solidarietà tra persone che esercitano la prostituzione. L'esercizio nello stesso immobile da parte di più persone deve essere ispirato, quindi, al rispetto continuo dei diritti fondamentali di ciascuno e dell'autoregolamentazione del proprio lavoro. Negli immobili in cui ci si prostituisce non possono abitare o essere presenti minori degli anni diciotto, qualsiasi sia il legame con chi si prostituisce. È previsto altresì che è lecito concedere in locazione un immobile a persona che vi eserciti l'attività di prostituzione. Allo stesso modo è lecita la pubblicità della prostituzione, ma in essa non può essere indicato l'indirizzo dell'immobile dove viene svolta;
nell'articolo 5 si disciplina l'esercizio della prostituzione all'aperto. Si individuano dei luoghi nelle cui vicinanze vige un divieto assoluto dell'adescamento e dell'esercizio della prostituzione, quali scuole di ogni ordine e grado e luoghi di culto di tutte le professioni religiose. Si prevede altresì che i comuni possano approntare un elenco di altri luoghi presso i quali vige lo stesso divieto, purché tale possibilità non costituisca l'espediente per vietare del tutto l'esercizio all'aperto della prostituzione sul territorio comunale. Allo stesso modo i comuni possono, d'accordo con le associazioni e i rappresentati di chi esercita la prostituzione, individuare delle aree in cui la prostituzione è espressamente autorizzata, disciplinando orari e modalità di utilizzo di tali luoghi. Questa previsione è introdotta con la finalità di spingere i comuni a predisporre degli interventi in tali aree finalizzati a garantire la salute, la dignità, la sicurezza e l'incolumità di chi si prostituisce, nonché la sicurezza e l'incolumità dei cittadini. Tra le misure da adottare ne vengono indicate solo alcune, come l'installazione di distributori di preservativi, la predisposizione di parcheggi, l'installazione di bagni, dell'illuminazione stradale, di cestini dell'immondizia e via dicendo. A carico di chi viola il divieto di adescamento o prostituzione nelle aree dove non sono permessi è prevista con una sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro. La stessa sanzione si applica ai clienti;
nell'articolo 6 si introduce la possibilità per chi si prostituisce di regolarizzare la propria attività di prostituzione, esercitandola come lavoro autonomo, sottoposto
nell'articolo 7 si prevede l'istituzione in ogni provincia di una Commissione per l'osservazione della prostituzione, all'interno della quale in maniera sinergica lavorano pubbliche amministrazioni, Forze dell'ordine, associazioni o rappresentanti di chi esercita la prostituzione, associazioni del privato sociale che si occupano di prostituzione e rappresentanti delle aziende sanitarie locali. Vengono individuati diversi compiti delegati alla Commissione, quali: il monitoraggio delle realtà della prostituzione nel territorio provinciale; la prevenzione e la lotta contro lo sfruttamento della prostituzione, anche attraverso la legittimazione a presentare denunce alla magistratura e a lavorare in stretto contatto con le Forze dell'ordine; la protezione e sostegno delle persone sfruttate; la protezione della privacy e della salute di chi esercita la prostituzione; la difesa della sicurezza e incolumità di chi esercita la prostituzione e dei cittadini; la preparazione di linee guida per i comuni sugli orari e le modalità di esercizio della prostituzione nei luoghi pubblici, nonché sulle misure da adottare in tali luoghi al fine di tutelare la salute e la dignità di chi si prostituisce, nonché di garantire la sicurezza e l'incolumità loro e dei cittadini; la presentazione al Parlamento di una relazione annuale sulla realtà della prostituzione nel territorio provinciale, sul rispetto dei diritti e della dignità di chi esercita la prostituzione e sulla prevenzione e la lotta contro lo sfruttamento. La Commissione funziona anche da «sportello» al quale può rivolgersi direttamente chi esercita la prostituzione al fine di avanzare proposte e fornire suggerimenti, nonché di denunciare situazioni di sfruttamento o altri fatti e situazioni di interesse della Commissione o che rientrano nella sua competenza. La Commissione, tuttavia, nel rispetto della dignità delle persone che esercitano la prostituzione, non può in alcun modo formare o detenere elenchi in cui vengono raccolti i loro dati;
nell'articolo 8 sono contenute previsioni che vanno nella direzione di affermare concretamente il rispetto della dignità e del diritto alla salute delle persone che esercitano la prostituzione o che decidono di interromperne l'esercizio. Le regioni e gli enti locali, insieme con le associazioni che si occupano di prostituzione e con le associazioni delle stesse persone che si prostituiscono, devono adottare tutte le misure necessarie e idonee al reinserimento sociale di chi decide di interrompere l'esercizio della prostituzione. In tale attività possono essere coinvolte anche le associazioni di categoria, laddove il loro contributo possa determinare un miglioramento degli interventi e dei servizi elaborati. Alle regioni è rimesso il compito di occuparsi della formazione di tutti gli operatori pubblici o privati che lavorano a contatto con la prostituzione nonché, in accordo con i comandi regionali delle diverse Forze armate e di polizia, della formazione delle stesse Forze dell'ordine con il fine di giungere a garantire sempre il rispetto della dignità delle persone che esercitano la prostituzione. La formazione deve riguardare anche le attività di informazione, prevenzione e cura delle malattie sessualmente trasmissibili. Gli interventi di formazione sono realizzati dalla regione attraverso l'utilizzo in rete dei servizi sociali, del lavoro e sanitari. I costi derivanti dalle attività delle regioni, nonché quelli per l'istituzione e le attività delle Commissioni provinciali per l'osservazione della prostituzione, sono coperti dal Fondo nazionale
nell'articolo 9 sono previste modifiche al codice penale attraverso l'inserimento dell'articolo 600-octies, con il quale si prevede che l'induzione, la determinazione, l'istigazione o lo sfruttamento della prostituzione sono puniti con una pena da quattro a dieci anni di reclusione. La pena della reclusione va da quattro a nove anni per chi, in Italia o all'estero, promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l'associazione di tre o più persone finalizzata a commettere i predetti delitti. Chi invece partecipa a tale associazione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo ne agevola o favorisce l'azione o gli scopi, è punito con una pena da tre a sei anni. Sono previste riduzioni di pena per chi dissociandosi evita che la continuazione dell'attività delittuosa porti a conseguenze ulteriori, anche aiutando gli inquirenti a raccogliere le prove dei reati, a ricostruire i fatti e a individuare o catturare gli autori dei reati. Con l'inserimento di questo articolo all'interno del codice penale si è proceduto sostanzialmente a sostituire alcuni commi della «legge Merlin» al fine di inasprire le pene e di adeguare alla realtà odierna le fattispecie delittuose previste. L'imputato del delitto di associazione finalizzata alla commissione dei delitti in materia di prostituzione, sopra elencati, è sempre soggetto alla confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne costituirono il prezzo, il prodotto o il profitto;
l'articolo 10 contiene disposizioni specifiche per le persone extracomunitarie, che possono esercitare la prostituzione in Italia solo se in possesso di un regolare permesso di soggiorno. Se una persona viene fatta entrare nel nostro Paese clandestinamente con la lusinga di un lavoro regolare, che non sia la prostituzione, alla quale sia stata poi costretta, può chiedere di essere salvata dagli sfruttatori e ha diritto all'assistenza e alla protezione sociale, nonché al rilascio di uno speciale permesso di soggiorno, secondo quanto previsto dall'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, della durata di sei mesi, rinnovabile di un ulteriore anno o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia. Con il comma 1-bis dell'articolo 18 citato, introdotto dall'articolo 10, si prevede che sussiste sempre grave sfruttamento quando la persona extracomunitaria sia stata indotta o costretta alla prostituzione;
nell'articolo 11 è prevista l'abrogazione di alcuni articoli e disposizioni della «legge Merlin», che vengono di fatto modificati o sostituiti dalle previsioni della presente legge.
1. Nessuno può essere oggetto di discriminazioni in ragione o a causa della pratica della prostituzione, né è altresì punibile o sanzionabile chi la eserciti nel rispetto della presente legge.
2. Nessuno può essere costretto a praticare la prostituzione contro la propria volontà e libertà.
3. L'esercizio della prostituzione può essere cessato in qualsiasi momento.
1. Ai fini della presente legge si intende per:
a) «prostituzione»: qualsiasi servizio sessuale, fornito da persone di entrambi i sessi, dietro pagamento di un corrispettivo;
b) «adescamento»: la pubblica offerta di un servizio sessuale dietro il pagamento di un corrispettivo.
1. La prostituzione può essere esercitata da persone maggiori d'età, in forma personale e individuale, nel rispetto della salute della persona che si prostituisce.
2. È vietata ogni forma di intermediazione finalizzata a trarre profitto dall'altrui pratica della prostituzione.
3. È vietata qualsiasi forma di sfruttamento diretto o indiretto della prostituzione.
1. La prostituzione in una privata dimora può essere esercitata solo dal proprietario o comunque da chi può legittimamente disporre della dimora stessa.
2. Più persone possono esercitare la prostituzione presso la stessa abitazione purché questa disponga di un numero di stanze e di bagni almeno pari a quello delle persone che vi esercitano contemporaneamente la prostituzione. In ogni caso non possono esercitare contemporaneamente la prostituzione presso la stessa abitazione più di quattro persone.
3. L'esercizio collettivo della prostituzione è vietato. Nondimeno le persone che la esercitano presso la stessa abitazione possono condividere le spese per la conduzione dell'attività e possono assistersi reciprocamente, in qualsiasi modo e senza scopo di lucro.
4. La convivenza nelle private dimore in cui si esercita la prostituzione deve essere ispirata al rispetto dei diritti fondamentali della salute e dell'autoregolamentazione del proprio lavoro.
5. Nelle abitazioni in cui si esercita la prostituzione non è consentita la presenza di minori, ancorché figli delle persone che esercitano la prostituzione.
6. Non è punibile il proprietario di immobile che legittimamente lo concede in locazione, in uso, in abitazione, in usufrutto o in comodato a persona che vi eserciti la prostituzione.
7. È lecito pubblicizzare l'attività di prostituzione, ma è vietato indicare nella pubblicità l'indirizzo dell'abitazione privata dove essa è esercitata.
1. L'adescamento e la prostituzione possono essere esercitati nei luoghi pubblici,
a) scuole di ogni ordine e grado;
b) luoghi di culto di qualsiasi professione religiosa.
3. I comuni con proprio provvedimento possono approvare un elenco di luoghi e vie dove la prostituzione è vietata, ma non possono vietare del tutto l'esercizio della prostituzione sul territorio comunale.
4. I comuni possono individuare, di comune accordo con gli organismi indicati all'articolo 7, comma 1, luoghi pubblici deputati all'esercizio della prostituzione, concordando orari e modalità di utilizzo degli stessi e predisponendo in tali luoghi misure idonee a tutelare la salute e la dignità di chi si prostituisce, nonché a garantire la sicurezza e l'incolumità loro e dei cittadini. Tra le misure idonee sono compresi l'installazione di distributori di preservativi, la predisposizione di parcheggi, l'installazione di bagni, l'illuminazione stradale e altri simili interventi.
5. Chiunque eserciti l'adescamento o la prostituzione in luoghi ove questi siano espressamente vietati è punito con la sanzione del pagamento di una somma da 500 euro a 3.000 euro. In tali casi è soggetto alla sanzione anche il cliente.
1. È facoltà della persona che si prostituisce scegliere se esercitare la prostituzione in forma di lavoro autonomo, sottoposto alle imposizioni fiscali e ai versamenti contributivi previdenziali e assistenziali.
2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, adotta, con proprio decreto, un regolamento contenente la regolamentazione di
1. È istituita in ogni provincia la «Commissione per l'osservazione della prostituzione», formata dal prefetto, dai sindaci, dalle associazioni o rappresentanti di chi esercita la prostituzione, dai rappresentanti di tutte le Forze dell'ordine, dai rappresentanti delle associazioni del privato sociale che si occupano di prostituzione e dai rappresentanti delle aziende sanitarie locali.
2. La Commissione svolge i seguenti compiti:
a) monitoraggio della realtà della prostituzione nel territorio provinciale;
b) prevenzione e lotta dello sfruttamento della prostituzione, anche attraverso la legittimazione a presentare denunce alla magistratura e a lavorare in stretto contatto con le Forze dell'ordine;
c) protezione e sostegno delle persone sfruttate;
d) protezione della privacy e della salute di chi esercita la prostituzione;
e) difesa della sicurezza e dell'incolumità di chi esercita la prostituzione e dei cittadini;
f) preparazione di linee guida per i comuni sugli orari e le modalità di esercizio della prostituzione nei luoghi pubblici, nonché sulle misure da adottare in tali luoghi al fine di tutelare la salute e la dignità di chi si prostituisce, nonché di garantire la sicurezza e l'incolumità loro e dei cittadini;
g) presentazione al Parlamento di una relazione annuale sulla realtà della prostituzione nel territorio provinciale, sul rispetto dei diritti e della dignità di chi esercita la prostituzione e sulla prevenzione e la lotta contro lo sfruttamento.
3. Alla Commissione può rivolgersi direttamente chi esercita la prostituzione al fine di avanzare proposte e fornire suggerimenti, nonché di denunciare situazioni di sfruttamento o altri fatti e situazioni di interesse o di competenza della Commissione.
4. La Commissione non può in alcun modo formare o detenere elenchi delle persone che esercitano la prostituzione nel territorio provinciale.
1. Le regioni e gli enti locali, in coordinamento con le associazioni o con i rappresentanti di chi esercita la prostituzione, le associazioni del privato sociale che si occupano di prostituzione, e dove necessario anche in collaborazione con le associazioni di categoria, adottano misure dirette a prestare aiuto alle persone che intendono cessare l'esercizio della prostituzione, attraverso iniziative di assistenza, di protezione sociale e di sostegno idoneo al loro reinserimento sociale.
2. Le regioni, con le predette modalità, promuovono altresì interventi di formazione degli operatori pubblici o privati, nonché delle Forze dell'ordine, d'intesa con i comandi regionali, che operano a contatto con la prostituzione, in modo che sia sempre garantito il rispetto della dignità delle persone che esercitano la prostituzione e che siano loro fornite informazioni corrette e aggiornate sulla prevenzione e sulla cura delle malattie sessualmente trasmissibili. Gli interventi sono promossi dalle regioni mediante l'utilizzo in rete di servizi sociali, del lavoro e sanitari.
1. Dopo l'articolo 600-septies del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 600-octies. - (Reati in materia di prostituzione). - È punito con la reclusione da quattro a dieci anni chiunque:
1) induce alla prostituzione una persona al fine di trarne profitto;
2) sfrutta la prostituzione altrui;
3) determina o istiga una persona a prostituirsi o a continuare a prostituirsi mediante violenza, minaccia, inganno ovvero approfittando di una situazione di inferiorità fisica o psichica ovvero abusando di una situazione di necessità, anche solo economica.
Quando tre o più persone si associano, in Italia o all'estero, allo scopo di commettere uno o più delitti di cui al primo comma, chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l'associazione è punito, per ciò solo, con la reclusione da quattro a nove anni. Chi partecipa all'associazione, ovvero in qualsiasi mezzo ne agevola o favorisce l'azione o gli scopi, è punito con la reclusione da tre a sei anni.
Nei confronti dell'imputato di uno dei delitti di cui al secondo comma che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a
1. Possono esercitare la prostituzione sul territorio nazionale le persone extracomunitarie con regolare permesso di soggiorno.
2. Dopo il comma 1 dell'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è inserito il seguente:
«1-bis. Ai fini dell'applicazione del comma 1, sussiste sempre grave sfruttamento quando la persona extracomunitaria sia stata indotta o costretta all'esercizio della prostituzione».
1. L'articolo 3, numeri da 2) a 8), e l'articolo 5 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, sono abrogati.
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