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PDL 2522

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2522



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato COMPAGNON

Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni per la gestione delle crisi e delle emergenze idriche

Presentata il 17 aprile 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Nelle legislazioni italiana ed europea non esiste un corpo normativo specifico che consenta di presentarsi sufficientemente preparati nel momento in cui un'emergenza colpisce il comparto dell'acqua potabile o nel momento in cui scoppia una crisi idrica e tutto il sistema ordinario di prevenzione e di intervento si ritrova improvvisamente inadeguato dal punto di vista tecnico-operativo ed è incapace di rispondere alle domande più elementari e pressanti della popolazione. Non esiste una norma che possa dare un accettabile livello di garanzia alla popolazione, una sensazione che gli organi a ciò deputati siano preparati ad affrontare i possibili incidenti, una efficace prevenzione e protezione, e che aiuti gli operatori a gestire in modo ragionato e strategico le emergenze, le crisi e gli atti di aggressione e di terrorismo contro il sistema idrico. Oggi, purtroppo, come noto, quando scoppia una crisi idrica c'è sempre un'umiliante sensazione di sconfitta, di sottomissione e di impotente sorpresa, siamo costretti a rincorrere affannosamente gli eventi che incalzano con prepotenza e che ci sovrastano, mentre, invece, è un nostro dovere passare a un ruolo di dominio degli eventi stessi, attivo e di comando, pianificato nella conduzione e nella risoluzione operativa dei fatti. La presente proposta di legge nasce pertanto da questa riflessione tanto semplice quanto preoccupante.
      In tema di difesa dei corpi idrici naturali (falde, sorgenti, fiumi, laghi) che sono destinati ad alimentare il «sistema dell'acqua potabile» va osservato quanto segue:

          a) attualmente in Italia circa il 90 per cento delle acque potabili proviene da falde sotterranee superficiali (generalmente

 

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dette «acquiferi»). In generale, le attività di controllo ambientale sono il più delle volte effettuate da enti (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, regioni, province, università) che operano per lo più per «comparti stagni», senza un'efficace comunicazione e per interscambio dei risultati, senza un'analisi e una sintesi dei dati per sfruttare al massimo la loro grande utilità pratica nella quotidiana gestione delle tematiche dell'acqua potabile. Quindi, spesso, i risultati di tali analisi e attività sono nettamente sottoutilizzati ai fini della tutela reale dei corpi idrici e delle acque prelevate a scopo potabile;

          b) sul territorio, oltre a numerose attività ordinarie che possono causare l'inquinamento delle falde (zone agricole, zone industriali, aree urbane eccetera), un altro serio rischio di contaminazione delle acque è dovuto a incidenti vari (rotture di discariche, incidenti stradali ferroviari con sversamento di sostanze nocive, rotture di cisterne di idrocarburi interrate eccetera), a errori umani (errori di realizzazione e di progettazione presso impianti a rischio, avarie varie, negligenze decisionali eccetera) e a possibili aggressioni divenute di urgente attualità soprattutto dopo l'11 settembre 2001 (atti di sabotaggio e terrorismo, azioni e perturbazioni intrusive attuate a vario titolo).

      Di fronte a tali situazioni e alle prospettive future sempre più preoccupanti, gli attuali sistemi di monitoraggio e di tutela delle risorse idriche operativi in Italia si rivelano gravemente e colpevolmente inadeguati. Ciò perché, in tutti questi anni, l'attenzione delle autorità preposte al controllo dei corpi idrici si è concentrata soprattutto sul fornire una risposta piuttosto superficiale: descrivere le caratteristiche idrogeologico-geologiche degli acquiferi e limitarsi a dire il più possibile sul loro «stato di salute» qualitativo. Così sono stati fatti notevoli passi in avanti nel campo delle analisi chimico-fisiche delle acque, dei monitoraggi delle falde e della raccolta organizzata dei dati, ma, per quanto importante, questo genere di risposta soddisfa solo la prima parte del problema: quella del «conoscere».
      Sono state invece trascurate, salvo pochi casi, attività altrettanto importanti ai fini della tutela dell'ambiente e della salute: «prevedere le conseguenze di una contaminazione», «prevenire una crisi idrica», «sapere in anticipo come si dovrà intervenire» e, quindi, evitare inquinamenti e danni alla popolazione e all'ambiente. Anche l'apporto della protezione civile, seppure fondamentale per l'intervento in sito, non è finalizzato a rispondere alle esigenze specifiche descritte nella presente relazione e inerenti alle acque potabili. Per fronteggiare con successo una crisi idrica grave, è di vitale importanza una buona «gestione dell'immediato». È fondamentale, cioè, saper agire con precisione e decisione soprattutto nel brevissimo termine (le prime ore) e nel breve termine (i primi giorni). In molti casi si è visto che ciò vuol dire evitare che una semplice emergenza si trasformi in crisi, o che una crisi si trasformi in catastrofe. La conseguenza elementare di quanto sopra è che solo se già da subito si sa cosa fare, ossia si dispone di un sistema e di una strategia d'intervento già pronti e pensati nei periodi di calma (per lo meno nei loro risvolti principali), lontani cioè dallo stress tipico dell'emergenza, solo in questo modo è possibile affrontare un evento anche molto grave in modo preparato, sereno, efficace. Solo così facendo sarà possibile affermare con forza, anche nel bel mezzo delle situazioni caotiche e pesanti tipiche dell'emergenza, di aver agito in modo ottimale, di aver fatto e di fare tutto ciò che è umanamente possibile, di aver attuato la prevenzione e di aver evitato il più possibile i danni della crisi sull'ambiente e sulla popolazione.
      In questo senso la proposta di legge è intesa sia come strumento di pianificazione strategica e di prevenzione delle crisi, sia come vero e proprio strumento operativo di lavoro a disposizione dei gestori dell'acqua potabile, degli enti pubblici responsabili e dei soggetti interessati.

 

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      Operativamente è interessante analizzare i risultati che la normativa proposta consente di raggiungere, una volta messa a regime.

Misure per la gestione del rischio idrico.

      Siamo nella fase della normalità, non esiste ancora nessuna emergenza da gestire. Il problema è quello di sfruttare adeguatamente le informazioni territoriali, idrogeologiche e ambientali al fine di comprendere se una certa attività o un sito, in qualche modo causa di contaminazione, costituiscono un rischio per le acque potabili. Se sì, attraverso un'analisi del rischio si deve quantificare questo rischio e vedere se esso è accettabile. Se il rischio non è accettabile, il passo successivo è quello di individuare le misure per ricondurlo entro limiti accettabili previsti dalle metodologie tecniche di lavoro. Fino ad ora la normativa italiana applica questo metodo di lavoro unicamente per i casi di siti soggetti a «bonifica con misure di sicurezza» (regolamento di cui al Ministro dell'ambiente n. 471 del 1999). A mio avviso invece, apportando le opportune modifiche tecniche, tale metodo di analisi dovrebbe essere applicato anche a tutte le sorgenti contaminanti potenzialmente importanti (discariche, industrie a rischio, scarichi di acque reflue eccetera) che hanno un impatto sulle fonti idropotabili. Ciò per individuare le più opportune misure di mitigazione e di controllo del rischio da apportare al sistema idrico e alle sorgenti contaminanti, a garanzia della tutela delle fonti d'acqua potabile.
      A tale scopo l'articolato proposto consente di:

          a) adottare misure per la protezione degli acquiferi (aree di ricarica) dove avviene lo stoccaggio delle acque potabili con l'obiettivo di proteggere preventivamente le vaste aree regionali dove le acque delle piogge e dei fiumi entrano nel sottosuolo e vanno a immagazzinarsi in attesa di essere emunte dall'uomo;

          b) adottare misure per la prevenzione delle contaminazioni delle acque naturali, ossia delle acque di falda, sorgente, fiume, lago, con particolare attenzione per le acque destinate all'uso umano, in rapporto all'ubicazione dei centri di pericolo;

          c) definire le norme tecniche per l'applicazione dell'analisi del rischio e la dichiarazione degli obiettivi minimi che tale analisi deve raggiungere e che vengono richiesti dall'ente pubblico preposto;

          d) definire il campo d'applicazione dell'analisi e delle tipologie delle attività a rischio da controllare. A tale fine potranno essere interessate al provvedimento sia le attività soggette a bonifica, sia le attività con pericolo di incidenti rilevanti, sia le attività con pericolo di incidenti ordinari (industrie contaminanti, discariche, scarichi idrici particolari, serbatoi, interrati di idrocarburi eccetera);

          e) definire le regole per attuare operativamente le misure di prevenzione e di mitigazione del rischio idrico.

Interventi per la gestione delle crisi e delle emergenze idriche.

      Siamo nella fase di stress, l'emergenza si è manifestata ed è in corso. Il problema è quello di organizzare, in via preventiva, una serie di attività che permettano all'inquinatore e all'ente pubblico che controlla di presentarsi preparati il meglio possibile per affrontare un inquinamento, un'emergenza o, nel caso più grave, una crisi idrica. La crisi, in via generale, può essere sia di tipo qualitativo (dovuta a inquinamento) sia quantitativo (dovuta a mancanza d'acqua per la popolazione). In ambedue i casi, per una sua gestione efficace sarà indispensabile possedere per lo meno gli elementi tecnici minimi più elementari per poter poi operare con efficacia in caso di necessità.
      A tale scopo l'articolato proposto consente di:

          a) applicare un concetto di «vulnerabilità attiva» dell'evento contaminante

 

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in rapporto con l'acquifero colpito. La vulnerabilità attiva ha l'obiettivo di individuare, a partire dalle caratteristiche idro-geologiche dell'acquifero e da quelle sulle sostanze contaminanti, le seguenti informazioni e di realizzare le seguenti azioni:

              1) la previsione, vista la crisi in atto e le sue caratteristiche di base, degli scenari di contaminazione e di crisi più probabili per l'acquifero considerato;

              2) la pericolosità effettiva e reale dell'evento contaminante che si è verificato;

              3) le conseguenze attese per il sistema delle acque potabili e, quindi, per la popolazione e per l'ambiente;

              4) il numero delle persone che saranno coinvolte da un'eventuale crisi e con quali effetti;

              5) le aree più a rischio del territorio colpito;

              6) la necessità di interventi immediati o urgenti per la difesa delle acque naturali destinate all'uso potabile poste nelle vicinanze del sito inquinato;

              7) l'elenco delle azioni e delle decisioni principali da attuare per la gestione e la soluzione della crisi nel momento dell'intervento pratico sul terreno;

              8) le misure di protezione per gli uomini impegnati in sito;

              9) l'elenco degli enti e dei soggetti di soccorso da contattare e delle azioni da intraprendere per la gestione ottimale della crisi;

              10) lo schema operativo d'azione (indicante le azioni, i tempi, i responsabili e loro recapiti, i soccorsi e loro recapiti, e altro) e le regole per gestire i rapporti con la popolazione e i mass media;

          b) intervenire immediatamente con un piano di decontaminazione e di gestione delle emergenze idriche già predisposto e preventivamente collaudato;

          c) individuare delle fonti idriche alternative da utilizzare nel caso si verifichi una carenza idrica o una contaminazione con chiusura dei pozzi potabili normalmente utilizzati dal servizio idrico pubblico e dalla popolazione;

          d) attivare immediatamente ottimali misure per la protezione delle popolazioni colpite.

Norme per la tutela da atti di aggressione.

      La difesa delle sorgenti idriche pregiate e delle acque potabili da atti di aggressione, sabotaggio o terroristici è divenuta prioritaria a seguito della recrudescenza del terrorismo internazionale. La normativa proposta consente la predisposizione di un sistema di controlli e di tutele preventivi, che possono anche avere carattere di segretezza. In sintesi, la normativa proposta consente di attuare, per la prima volta in modo completo, il concetto della prevenzione e della gestione pianificata delle emergenze e delle crisi idriche. Il provvedimento consente di agire in modo completo, pratico e assumendo finalmente un ruolo attivo e di comando sugli eventi negativi che possono colpire il sistema idrico potabile nella sua interezza. Per mettere in opera un sistema efficace e integrale sarà inevitabile un certo aggravio finanziario e operativo per il sistema sociale. Questa è una strada obbligata e già da tempo indicata dalle nazioni più evolute dell'Italia nel campo ambientale e dell'acqua (a tale proposito si vedano le tariffe del servizio idrico in nazioni come Germania e Francia, o le tariffe medie dell'Unione europea che sono anche di 4-5 volte superiori a quelle in uso in Italia). È noto peraltro che in queste nazioni il cittadino accetta di buon grado i sacrifici imposti quando a ciò corrisponde un'effettiva tutela dell'ambiente e della sua salute, quando percepisce che i suoi sacrifici fanno parte di una strategia generale chiara ed efficace al servizio del suo benessere. Pertanto i maggiori costi graveranno sul sistema delle tariffe, integrando

 

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le formule con le quali questa è attualmente calcolata.

      Conclusivamente è doveroso precisare che qualunque misura venga adottata, per quanto esaustiva e rigorosa tecnicamente, non potrà mai evitare la casistica di tutti i possibili incidenti contaminanti e tutte le crisi idriche. Ci potrà essere anche l'evento imprevisto e imprevedibile. Tuttavia, l'applicazione della normativa proposta colmerà il vuoto grossolano e rischioso attualmente esistente.
      Il cittadino, il sistema produttivo dell'acqua potabile e il sistema pubblico responsabile del servizio idrico si sentiranno più protetti rispetto al passato, coinvolti in una battaglia difficile, ma importantissima per il proprio futuro. Siamo in tempo per agire con decisione e dobbiamo operare uniti per la conservazione dell'acqua per le generazioni future.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Definizioni).

      1. Ai fini della presente legge si intende:

          a) per «rischio idrico potabile qualitativo e quantitativo»: lo stato di potenziale minaccia pendente sulle fonti idriche presenti in natura, utilizzate per uso potabile, causato dalla presenza di sorgenti contaminanti a monte piezometrica delle derivazioni d'acqua o all'interno degli impianti o della rete idropotabile, denominato «rischio qualitativo», ovvero da una possibile carenza o mancanza d'acqua, denominato «rischio quantitativo»;

          b) per «emergenza idrica»: lo stato di sofferenza reale in atto, derivato dalla concreta presenza di fattori che minacciano la disponibilità o causano l'indisponibilità di acqua potabile per effetto di carenza d'acqua o di contaminazioni;

          c) per «crisi idrica»: lo stato di grave sofferenza e di disagio in atto, con effetti destabilizzanti, derivato dall'indisponibilità reale di acqua potabile a causa di carenza d'acqua o di contaminazioni;

          d) per «atti di aggressione o di sabotaggio contro le risorse idriche»: le azioni volontariamente provocate dall'uomo mirate, direttamente o indirettamente, a colpire, al fine di renderle inutilizzabili o pericolose, le disponibilità di fonti idriche e di sistemi di distribuzione utilizzati per uso potabile o produttivo;

          e) per «sistema delle acque potabili»: l'insieme costituito dai corpi idrici naturali, quali falde, sorgenti, corsi d'acqua e laghi, utilizzati per uso potabile da sistemi e da opere di captazione, di adduzione e acquedottistici.

 

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Art. 2.
(Commissione per le emergenze e le crisi idropotabili).

      1. Dopo l'articolo 161 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è inserito il seguente:

      «Art. 161-bis. - (Commissione per le emergenze e le crisi idropotabili). - 1. È istituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la Commissione per le emergenze e le crisi idropotabili, di seguito denominata "Commissione". La Commissione è presieduta dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, o da un sottosegretario da lui delegato, ed è composta da sette membri, nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture, scelti tra persone particolarmente esperte in materia di approvvigionamento, tutela e uso delle acque potabili, sulla base di competenze professionali e di specifiche esperienze acquisite nel settore; fanno in ogni caso parte della Commissione un rappresentante del Ministero della salute, un rappresentante dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici e un rappresentante del Dipartimento della protezione civile, indicati dalle rispettive amministrazioni. Con il decreto di cui al secondo periodo sono altresì disciplinati l'organizzazione e il funzionamento della Commissione. A fronte di emergenze, anche potenziali, di natura militare o terroristica, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la Commissione può essere integrata con un esperto indicato dal Ministero della difesa.
      2. Per l'espletamento dei propri compiti e per lo svolgimento di funzioni ispettive, la Commissione si avvale di una segreteria tecnica, composta da dieci unità, di cui cinque di provata capacità professionale, scelte anche tra persone estranee all'amministrazione, e cinque scelte tra personale in servizio presso i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture, con funzioni di supporto. La nomina dei componenti della

 

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segreteria tecnica è disposta con il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui al comma 1, con il quale ne sono anche stabiliti l'organizzazione e il funzionamento.
      3. Per l'esercizio delle sue funzioni la Commissione si avvale della collaborazione del Comitato dei ministri di cui all'articolo 57, dell'Osservatorio di cui all'articolo 161, del Dipartimento della protezione civile, delle autorità d'ambito, dei gestori delle acque potabili e del servizio idrico integrato, delle regioni e degli enti locali. Essa può inoltre avvalersi dell'attività ispettiva e di verifica di altre amministrazioni. I soggetti interpellati dalla Commissione, ove richiesti, sono tenuti a trasmettere senza ritardo i dati in loro possesso.
      4. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero il Ministro dell'interno da lui delegato, nell'esercizio del potere di ordinanza di cui all'articolo 5 del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, e successive modificazioni, si avvale, per le emergenze idriche, delle elaborazioni e dei piani predisposti dalla Commissione.
      5. Annualmente la Commissione redige e trasmette al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai fini della presentazione al Parlamento, una relazione in materia di prevenzione e tutela dalle crisi idropotabili.
      6. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 1.500.000 euro annui a decorrere dal 2007. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
 

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      7. Con decreto interministeriale, adottato di intesa tra il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è istituita presso la SOGEM Spa, società di settore con capitale interamente detenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze, una banca dati centralizzata finalizzata al monitoraggio e alla gestione dell'intero ciclo delle acque, cui accedono e riversano i propri dati tutte le amministrazioni, gli enti e i gestori del settore. La trasmissione dei dati deve essere effettuata entro sei mesi dalla data della richiesta della Commissione e secondo appositi formati standard che la Commissione stessa provvede a comunicare. La costituzione della banca dati e il suo sviluppo sono prioritari nell'ambito dell'attuazione dei programmi, dei progetti e dei piani di azione per lo sviluppo dei sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni, nonché per l'accesso ai relativi stanziamenti. Si applicano le disposizioni del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.
      8. Il decreto adottato ai sensi del comma 7 provvede altresì a coordinare le disposizioni regolamentari relative al Comitato e all'Osservatorio di cui al comma 3 e alla Commissione e può prevedere la riunificazione degli organi e delle funzioni dei diversi organismi citati».

      2. Il decreto di cui al comma 7 dell'articolo 161-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 3.
(Compiti della Commissione per le emergenze e le crisi idropotabili).

      1. Dopo l'articolo 161-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotto

 

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dall'articolo 2 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 161-ter. - (Compiti della Commissione). - 1. La Commissione:

          a) assicura l'attuazione dei princìpi di salvaguardia e delle disposizioni in materia di equilibrio tra risorse e consumi, nonché delle disposizioni in materia di individuazione delle aree a rischio, con finalità di prevenzione delle emergenze idriche, e vigila sull'attuazione delle disposizioni in materia di risparmio idrico e di riutilizzo delle acque reflue;

          b) definisce i criteri per la realizzazione di interventi e di misure per la prevenzione e per la gestione delle emergenze e delle crisi idropotabili, stabilendo le priorità di intervento;

          c) individua, presso le autorità d'ambito, ovvero presso le province o presso ciascun gestore del servizio idrico potabile pubblico, e su indicazione dei medesimi, un responsabile per le crisi e per le emergenze idriche, che rappresenta l'interlocutore diretto della Commissione;

          d) indica ai Ministri competenti, in particolare al verificarsi di un'emergenza, gli interventi normativi e tecnici necessari per il miglioramento dei sistemi di captazione, distribuzione e tutela delle reti idriche e per la prevenzione delle crisi idropotabili;

          e) indica ai Ministri competenti le amministrazioni e i gestori inadempienti, in particolare ai fini dell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui all'articolo 152;

          f) individua i punti critici presso i corpi idrici e gli acquiferi che limitano il servizio idropotabile pubblico, delle reti di captazione e distribuzione nonché i criteri per la prevenzione e per la protezione delle risorse idriche dagli atti di aggressione e di sabotaggio;

          g) indica ai Ministri competenti i costi di massima della messa in sicurezza del sistema idrico, nonché la quota degli stessi a carico dei gestori, anche ai fini

 

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della definizione della tariffa di cui all'articolo 154;

          h) identifica e rende operativi in via prioritaria gli interventi e le misure di prevenzione e di tutela eventualmente individuati sul sistema delle acque potabili al fine di mettere in sicurezza in via preventiva il servizio idropotabile a fronte di eventuali atti di aggressione o di terrorismo».

Art. 4.
(Compiti dei gestori del servizio idropotabile pubblico in materia di rischio idrico).

      1. Dopo l'articolo 162 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è inserito il seguente:

      «Art. 162-bis. - (Compiti dei gestori del servizio idropotabile pubblico in materia di rischio idrico). - 1. Al fine di ridurre i rischi derivanti dalla carenza di risorse idriche, dall'inquinamento delle fonti di approvvigionamento idropotabili d'interesse pubblico, dagli atti di aggressione e di sabotaggio a danno delle reti e dei corpi idrici naturali, spetta ai gestori:

          a) realizzare in via prioritaria gli interventi e le misure previsti nell'articolo 161-ter, comma 1, lettera f), relativi alla messa in sicurezza di emergenza del sistema delle acque potabili;

          b) predisporre e adottare, a breve termine, misure per la gestione preventiva dei fattori di rischio idrico qualitativo e quantitativo che interessano le fonti e le derivazioni; identificare le sorgenti reali o potenziali di contaminazione presenti nel bacino idrogeologico di ricarica e di stoccaggio idrico e sul pennacchio di alimentazione delle fonti idropotabili entro una distanza di almeno cinque chilometri a monte piezometrica dal punto di prelievo idrico, nel caso di acque sotterranee, e di almeno quindici chilometri a monte idrografica, nel caso di acque superficiali, dalla fonte o dal punto di derivazione di acqua potabile;

 

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          c) pianificare, e realizzare a medio termine, tutte le possibili azioni tendenti a evitare l'insorgere di emergenze e di crisi idropotabili dovute a contaminazione o a carenza d'acqua, anche allo scopo di fornire gli strumenti idonei a interventi in regime di emergenza, ove necessari. A tale fine devono essere acquisiti i dati e gli elementi inerenti l'uso del suolo e le fonti idriche naturali soggette a rischio reale o potenziale, nonché i dati idrogeologici, idrologici e ambientali minimi per la caratterizzazione delle aree di ricarica idrica e dei corpi idrici utilizzati per uso potabile;

          d) predisporre un piano operativo di pronto intervento per la gestione delle crisi idropotabili dovute a carenza d'acqua, inquinamento o contaminazione da attuare in caso di emergenza, individuando i singoli punti o impianti a rischio idrico qualitativo o quantitativo. Il piano deve prevedere: la definizione degli scenari di crisi più probabili per l'acquifero considerato, la previsione sull'effettiva pericolosità e sull'evoluzione temporale degli eventi, le conseguenze prevedibili per l'uomo e per l'ambiente definite tramite i metodi di analisi del rischio scientificamente riconosciuti, il numero di persone coinvolte e gli effetti prevedibili sulla salute indicando le possibili contromisure da adottare, l'accertamento delle cause della crisi, le aree maggiormente a rischio e gli interventi di tutela, di monitoraggio e di risanamento programmati, l'elenco preventivo delle azioni e delle decisioni principali da attuare per la mitigazione, la gestione e la soluzione della crisi, l'elenco degli interventi di adeguamento necessari per la difesa del sistema delle acque potabili con i tempi previsti per la loro realizzazione e i loro costi, da definire su apposito cronoprogramma a scadenze definite, le misure di protezione per gli uomini impegnati nell'emergenza, l'elenco degli enti o dei soggetti di soccorso da contattare, lo schema operativo d'azione, l'individuazione delle fonti d'acqua alternative da utilizzare nell'immediato in via temporanea;

          e) prevedere, secondo rigorosi criteri di segretezza, misure specifiche finalizzate

 

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alla gestione delle crisi e degli atti di aggressione e di sabotaggio idrico, individuando al proprio interno i servizi responsabili per la gestione dell'emergenza e per la tutela della popolazione;

          f) costituire una cellula di crisi strutturata al fine di agire come unità di pronto intervento in caso di emergenza, affidata a una figura professionalmente competente, anche esterna, denominata "responsabile di crisi", che rappresenta l'interlocutore diretto della Commissione. La cellula di crisi prevede i tempi e le decisioni da adottare nell'emergenza, nonché le modalità di acquisizione e di gestione delle informazioni, ivi compresi i rapporti con i mezzi d'informazione e con la popolazione, e adotta i provvedimenti di tutela sanitaria di competenza;

          g) provvedere al conseguimento della certificazione di qualità delle procedure e degli interventi, rilasciata da organismi certificatori competenti. Le certificazioni devono essere rinnovate ogni cinque anni».

Art. 5.
(Integrazione degli organi tecnici decisionali ed esecutività delle disposizioni del piano operativo).

      1. Dopo l'articolo 162-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotto dall'articolo 4 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 162-ter. - (Integrazione degli organi tecnici decisionali ed esecutività delle disposizioni del piano operativo). - 1. In relazione al proprio ambito operativo, il responsabile di crisi di cui all'articolo 162-bis, comma 1, lettera f), è inserito come membro con diritto di voto nei comitati tecnici, nelle commissioni e in ogni altro organismo regionale deputato all'esame e all'approvazione di valutazioni di impatto ambientale, di piani regolatori generali comunali, di strumenti urbanistici provinciali e regionali, di conferenze di servizi e di ogni altro intervento di rilevanza diretta o indiretta per le risorse

 

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idriche potabili. È facoltà del responsabile di crisi esprimere un parere tecnico motivato da allegare agli atti degli organismi indicati dal presente comma.
      2. In caso di crisi dichiarata dagli organi competenti o di presenza di una situazione oggettiva di rischio grave, le prescrizioni del piano operativo di pronto intervento di cui all'articolo 162-bis, comma 1, lettera d), sono immediatamente esecutive e costituiscono variante agli strumenti urbanistici».

Art. 6.
(Copertura dei maggiori costi per la lotta alle emergenze idriche e per la messa in sicurezza degli impianti).

      1. Dopo l'articolo 163 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è inserito il seguente:

      «Art. 163-bis. - (Copertura dei maggiori costi per la lotta alle emergenze idriche e per la messa in sicurezza degli impianti). - 1. I costi per la gestione, per il mantenimento e per la messa in sicurezza delle aree di ricarica e di salvaguardia gravano sulle tariffe applicate all'utenza nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti in misura non minore del 10 per cento.
      2. Per conseguire obiettivi di equa distribuzione dei costi, ivi compresi quelli relativi al risparmio delle risorse idriche e alla messa in sicurezza degli impianti, sono previste maggiorazioni della tariffa applicata all'utenza non minori del 10 per cento per le residenze secondarie, nonché per gli impianti ricettivi stagionali».

Art. 7.
(Poteri sostitutivi).

      1. Dopo il comma 3 dell'articolo 152 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è inserito il seguente:

      «3-bis. In caso di inadempienza alle disposizioni dell'articolo 162-bis, protratta

 

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per oltre sei mesi dall'istituzione della Commissione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su indicazione della Commissione medesima, provvede a nominare un commissario ad acta che opera presso ciascuna autorità d'ambito, ove istituita, ovvero presso ciascuna provincia, ai fini della realizzazione degli obiettivi di prevenzione e di tutela dal rischio idrico a carico dei gestori».

Art. 8.
(Formazione scientifica e aggiornamento professionale).

      1. I componenti della Commissione per le emergenze e le crisi idropotabili e della segreteria tecnica di cui all'articolo 161-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotto dall'articolo 2 della presente legge, i responsabili delle cellule di crisi di cui all'articolo 162-bis, comma 1, lettera f), del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, introdotto dall'articolo 4 della presente legge, nonché i commissari ad acta, nominati ai sensi dell'articolo 152, comma 3-bis, del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, introdotto dall'articolo 7 della presente legge, devono essere in possesso della laurea in scienze geologiche, ingegneria civile, ingegneria idraulica o ingegneria per l'ambiente e il territorio, ed essere iscritti da almeno otto anni nei rispettivi ordini professionali. Costituisce titolo di preferenza la comprovata esperienza nell'ambito di interventi di captazione delle acque, nonché di pianificazione e di ottimizzazione di reti idriche ad uso idropotabile.
      2. Le università degli studi, nel rispetto della propria autonomia didattica e gestionale e in conformità alle norme generali sull'ordinamento dell'istruzione universitaria, nell'ambito delle facoltà di scienze geologiche e di ingegneria, possono introdurre, quale materia d'esame, indirizzo di laurea o corso di specializzazione o di perfezionamento post-laurea, la materia denominata «Idrogeologia delle acque per uso umano». Formano oggetto di studio di tale

 

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materia: la normativa sulle acque potabili; la chimica delle acque ad uso alimentare; l'impatto dei cambiamenti climatici sulle riserve idriche; i metodi di risanamento degli acquiferi; la gestione delle crisi idropotabili; la previsione e la gestione delle emergenze dovute ad atti di aggressione, di terrorismo o di sabotaggio; il monitoraggio, la salvaguardia e la gestione delle aree di alimentazione e di ricarica; gli elementi di certificazione di qualità delle acque per uso umano.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
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