|
|
CAMERA DEI DEPUTATI
|
N. 2367 |
1. Lo Stato promuove l'istituzione di consultori familiari a tutela e a sostegno della famiglia, della maternità, dell'infanzia e dei giovani in età evolutiva.
2. I consultori familiari esercitano le loro funzioni nei seguenti settori:
a) educativo;
b) giuridico;
c) della consulenza psicologica;
d) sanitario.
3. I consultori familiari sono un servizio di base, pubblico e gratuito e fanno parte del complesso dei servizi garantiti dal Ministero della salute e dal Ministero della solidarietà sociale.
4. I consultori familiari sono distinti in:
a) consultori gestiti da comuni, loro consorzi o da enti pubblici;
b) consultori promossi o gestiti da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), quali istituzioni sociali a fini pubblici;
c) consultori facenti capo a strutture private lucrative.
5. I consultori familiari possono ottenere il riconoscimento e l'accreditamento in base alla legislazione vigente in materia.
6. Lo Stato riconosce il ruolo e l'importanza dell'attività dei soggetti del volontariato, dell'associazionismo familiare e
l. Costituiscono princìpi ispiratori per la realizzazione dei servizi di cui all'articolo 1:
a) la tutela della vita in tutte le sue fasi, fin dal concepimento, con particolare attenzione alla gestante, al periodo prenatale e all'infanzia;
b) il riconoscimento dell'alto valore della maternità e della paternità;
c) la valorizzazione della famiglia, quale società naturale fondata sul matrimonio, istituzione finalizzata al servizio della vita, all'istruzione e all'educazione dei figli, soggetto politico garante dei diritti inviolabili della persona e dell'adempimento dei doveri di solidarietà familiare, intergenerazionale e sociale;
d) l'attribuzione alle associazioni familiari e femminili e alle organizzazioni senza scopo di lucro, che promuovono la cultura familiare, ai sensi degli articoli 2, 3, 29, 30, 31, 37 e 53 della Costituzione, della funzione di istituzioni sociali, costituite nell'esercizio dei diritti fondamentali di libertà della persona, i cui fini conformi all'ordinamento sono recepiti come fini pubblici ai sensi della presente legge;
e) il rispetto del principio di sussidiarietà delle istituzioni pubbliche nei confronti della famiglia.
1. I consultori familiari perseguono i seguenti obiettivi, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 2:
a) rimuovere gli ostacoli di ordine sociale, culturale ed economico che impediscono
b) valorizzare il principio di corresponsabilità dei genitori nei confronti della prole, garantendo il diritto alla procreazione libera e consapevole, anche attraverso l'offerta di opportunità e di idonei sostegni volti a rimuovere limitazioni dovute a infertilità o a stati di bisogno economico e di disagio;
c) realizzare una reale tutela sociale della maternità, potenziando l'assistenza sanitaria e sociale e favorendo interventi volti a prevenire e a rimuovere difficoltà economiche, sociali e familiari che, in applicazione dell'articolo 4 della legge 22 maggio 1978, n. 194, possano indurre la madre all'interruzione volontaria della gravidanza, prevedendo anche l'erogazione di fondi destinati alle donne in difficoltà economica per una gravidanza;
d) predisporre specifici programmi e percorsi di sostegno in favore di situazioni di particolare disagio, ivi comprese quelle conseguenti a provvedimenti giudiziari afferenti a separazione o divorzio;
e) promuovere attività di tutela, di assistenza e di consulenza a sostegno dei componenti del nucleo familiare, dei minori orfani o comunque privi dell'assistenza dei genitori, delle vittime della violenza anche sessuale, nonché dei minori sottoposti a maltrattamenti, abusi e abbandoni e della coppia, della madre e del bambino vittime di violenze familiari;
f) favorire e sostenere la creazione di reti di solidarietà e di mutuo aiuto tra famiglie, nonché di forme di autorganizzazione e di imprenditorialità al fine di integrare i compiti di cura familiari;
g) favorire gli istituti dell'adozione e dell'affido;
h) prevedere la formazione e l'aggiornamento degli operatori nei servizi alla famiglia.
1. I consultori familiari svolgono attività di educazione alla cultura familiare e di formazione alle responsabilità proprie della società familiare, secondo i princìpi di cui agli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione. In particolare, essi contribuiscono:
a) alla preparazione della coppia al matrimonio, alle scelte di paternità e di maternità responsabile, al rispetto della vita fin dal concepimento e all'educazione della prole;
b) alla preparazione della coppia e della famiglia all'esercizio dei doveri di solidarietà familiare e parentale, in particolare nei confronti dei minori e degli anziani;
c) alla preparazione della coppia e della famiglia all'esercizio delle funzioni sociali.
1. I consultori familiari garantiscono un servizio di consulenza e di assistenza giuridica alla famiglia, finalizzato alla risoluzione delle problematiche giuridiche relative alla società familiare. In particolare, essi forniscono:
a) consulenza e assistenza prematrimoniale;
b) consulenza e assistenza in ordine alle problematiche familiari;
c) consulenza e assistenza in ordine ai conflitti tra coniugi, anche in sede giudiziaria;
d) consulenza e assistenza in ordine agli istituti dell'affido e dell'adozione;
e) consulenza e assistenza ai coniugi nelle relazioni della famiglia con la scuola, il mondo del lavoro e le amministrazioni private e pubbliche.
2. I consultori familiari esercitano le funzioni di cui al comma 1 cooperando con le autorità giudiziarie competenti, le quali sono tenute a richiedere l'intervento consultoriale, secondo le modalità di cui all'articolo 11, nei procedimenti relativi a questioni di diritto familiare, e in particolare:
a) nei procedimenti di autorizzazione del minore a contrarre matrimonio;
b) nei procedimenti relativi alla mediazione e alla separazione dei coniugi, allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio;
c) nei procedimenti relativi all'impugnativa e alla nullità del matrimonio;
d) nei procedimenti relativi al riconoscimento dei figli naturali;
e) nei procedimenti relativi all'adozione e all'affido;
f) nei procedimenti relativi alle questioni tutelari e patrimoniali concernenti i minori, i disabili, gli anziani e le persone incapaci di intendere e di volere.
1. I consultori familiari costituiscono parte della rete di servizi destinata ad aiutare psicologicamente la famiglia, anche in ordine alla prevenzione del disagio psichico giovanile e familiare. In particolare, essi contribuiscono:
a) alla maturazione psicoaffettiva e sessuale dei membri della famiglia e, in specifico modo, dei minori, in collaborazione con le istituzioni scolastiche e con le aggregazioni giovanili in ogni campo e specificamente con gli oratori e gli enti che svolgono attività similari;
b) alla preparazione psicologica alla genitorialità nel contesto della famiglia naturale, adottiva, affidataria e allocataria, avendo specifico riguardo alla posizione del minore.
1. I consultori familiari erogano prestazioni di consulenza e di assistenza medica nel servizio alla vita, nell'educazione sanitaria della famiglia, nella procreazione responsabile, nella sterilità coniugale, nei servizi di sessuologia e di genetica familiare e in ogni altra funzione presupposta o connessa con i servizi citati. In particolare, essi promuovono:
a) la conoscenza e l'applicazione di metodiche per l'esercizio della maternità e della paternità responsabile;
b) l'istituzione di servizi alla famiglia per la consulenza domiciliare, con particolare attenzione alla formazione nel campo dell'assistenza sanitaria agli anziani e ai disabili.
2. I procedimenti e gli atti sanitari di interruzione della maternità sono esclusi dalla competenza consultoriale.
3. Il medico che rilascia il documento di cui al quarto comma dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1978, n. 194, ne dà, altresì, immediata comunicazione al consultorio familiare del luogo dove risiede la donna o ad altro consultorio da lei scelto. Tale comunicazione è effettuata con rigorosa riservatezza e ne è informata la donna, alla quale è ricordato il suo dovere morale di collaborare nel tentativo di superare le difficoltà che l'hanno indotta a chiedere l'interruzione volontaria della gravidanza. Il consultorio, ricevuta la comunicazione, prende contatto con la donna alla quale è stato rilasciato il citato documento e le offre ogni possibile aiuto al fine di favorire la prosecuzione della gravidanza.
1. I consultori familiari erogano a favore della donna in stato di gravidanza e del nascituro, qualora la donna abbia un reddito, che, ai sensi della normativa vigente in materia, non superi la soglia di povertà, un assegno mensile per un periodo di un anno, rinnovabile fino al raggiungimento del quinto anno di età del bambino, determinato ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 26, comma 3.
1. I consultori familiari svolgono attività per il coordinamento dei servizi esistenti necessari alla soluzione delle problematiche familiari loro sottoposte. In particolare, essi sono legittimati a:
a) richiedere l'erogazione di uno o più servizi esistenti a favore del soggetto o del nucleo familiare che di tale servizio necessita;
b) svolgere l'attività di pianificazione e di graduazione dei servizi necessari per la realizzazione del programma di accompagnamento richiesto e per la soluzione delle problematiche familiari.
1. Per lo svolgimento delle proprie attività, i consultori si avvalgono di personale di consulenza e di assistenza in possesso di titoli qualificati, nonché dell'abilitazione all'esercizio professionale, ove prescritta, e dell'iscrizione al relativo albo.
2. In ciascun consultorio familiare è garantita la presenza almeno delle seguenti figure professionali: consulente familiare per l'accoglienza e il coordinamento
1. Nei procedimenti giudiziari relativi alla separazione dei coniugi, al divorzio, all'adozione, all'affido, all'interdizione e all'inabilitazione e in quelli relativi, in generale, a questioni di diritto familiare, l'autorità giudiziaria può assumere le proprie determinazioni solo dopo aver acquisito il previo parere di un consultorio familiare accreditato.
2. Il consultorio provvede a rendere il parere di cui al comma 1 entro il termine di volta in volta determinato dall'autorità giudiziaria e, comunque, non oltre quattro mesi dalla comunicazione della richiesta formulata dall'autorità giudiziaria che, in mancanza, provvede in ogni caso.
3. Nei procedimenti di separazione di natura contenziosa e di divorzio, l'autorità giudiziaria, una volta esperito infruttuosamente il tentativo di conciliazione tra i coniugi e adottati i provvedimenti presidenziali temporanei e urgenti ritenuti opportuni nell'interesse dei coniugi e della
1. I consultori pubblici dipendono dai comuni o dagli enti pubblici che li hanno istituiti.
2. I consultori pubblici possono essere consorziati tra loro o con strutture cui possono partecipare le associazioni familiari e femminili riconosciute e gli enti pubblici e privati non profit che operano nel campo familiare.
3. Con provvedimento della regione o della provincia competente, i consultori pubblici possono essere trasformati in strutture consortili regionali o provinciali e operare per gli altri consultori e per le strutture di servizio alla famiglia quali consultori di riferimento, rispettivamente, in ambito regionale o provinciale.
1. Gli enti pubblici provvedono alla gestione dei servizi consultoriali nelle seguenti forme:
a) in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire un'istituzione o un'azienda;
b) in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche o di opportunità sociale;
c) a mezzo di azienda speciale, per la gestione di servizi di rilevanza economica e imprenditoriale;
d) a mezzo di istituzione, per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale;
e) a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata, anche a prevalente capitale privato, costituite o partecipate dal comune, qualora sia opportuna la partecipazione di più soggetti pubblici o privati in relazione alla natura o all'ambito territoriale del servizio;
f) a mezzo di fondazioni o soggetti riconosciuti come persone giuridiche, costituiti o partecipati dall'ente titolare del servizio.
1. I consultori istituiti o gestiti da ONLUS e quelli privati con fini di lucro sono costituiti, retti e amministrati secondo le norme del diritto privato, nel rispetto delle autonomie e delle funzioni definite nei rispettivi atti costitutivi e statuti.
2. Essi possono essere riconosciuti, accreditati e convenzionati dalle regioni secondo la normativa vigente in materia.
3. I consultori privati senza scopo di lucro, quali istituzioni sociali i cui fini, secondo quanto previsto dall'articolo 2, sono recepiti come fini pubblici, hanno struttura associativa, fondazionale o societaria.
4. L'accreditamento e il convenzionamento dei consultori di cui al comma 3 può essere richiesto e ottenuto, nel rispetto della normativa vigente in materia, per tutti o solo per alcuni dei servizi consultoriali previsti dalla presente legge.
1. È istituita l'Autorità nazionale per le politiche familiari, di seguito denominata «Autorità», con sede a Roma.
2. L'Autorità esplica le seguenti funzioni:
a) normativa;
b) di vigilanza e di controllo;
c) divulgativo-informativa;
d) consultiva;
e) sanzionatoria.
3. L'Autorità promuove:
a) la cultura familiare nell'ambito delle istituzioni pubbliche e private;
b) il rispetto della cultura familiare da parte di tutti i soggetti pubblici e privati che operano nell'ambito della società civile;
c) la compatibilità dell'esercizio delle funzioni pubbliche e private con l'esercizio delle funzioni familiari, in particolare di quelle connesse all'educazione, alla formazione e allo sviluppo dei membri della comunità familiare;
d) il potenziamento della rete consultoriale.
1. L'Autorità emana direttive, nel rispetto delle autonomie statutarie dei soggetti erogatori di servizi alla famiglia, e determina, con proprie disposizioni, i princìpi fondamentali in ordine:
a) all'esercizio, da parte dei consultori familiari, delle funzioni educative, giuridiche,
b) alla definizione delle procedure di autorizzazione, accreditamento e convenzionamento dei consultori familiari;
c) alla gestione delle risorse di cui agli articoli 24, 25 e 26 e alla loro attribuzione ai consultori familiari di enti pubblici e di ONLUS;
d) alla certificazione della qualità dei servizi destinati alla famiglia resi dai consultori familiari, sulla base di un regolamento che la stessa Autorità adotta, nel rispetto dei princìpi dell'ordinamento, entro un anno dalla sua costituzione;
e) alla determinazione di adeguati livelli di qualità nella prestazione dei servizi alla famiglia, da rendere in condizioni di economicità e di redditività, assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale;
f) alla definizione di un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori, tenuto conto della normativa comunitaria in materia e degli indirizzi di politica generale formulati dal Parlamento e dal Governo.
1. Nell'esercizio della funzione di vigilanza e di controllo, l'Autorità:
a) detta regole di principio in ordine ai criteri da osservare nell'erogazione dei servizi consultoriali e alle misure da adottare al fine di assicurare la parità di trattamento tra gli utenti e garantire la continuità della prestazione dei servizi medesimi;
b) detta regole di principio in ordine ai criteri da adottare nella verifica periodica della qualità e dell'efficacia delle prestazioni, allo scopo acquisendo anche la valutazione degli utenti; in ordine ai metodi di divulgazione delle informazioni circa le modalità di prestazione dei servizi
c) detta direttive in ordine all'adozione di una carta di servizio pubblico, con indicazione di standard dei singoli servizi consultoriali che ciascun soggetto esercente il servizio medesimo deve effettuare in base alle direttive sui princìpi dell'erogazione dei servizi pubblici;
d) detta regole dirette a orientare l'attività relativa alla presentazione di reclami, istanze e segnalazioni da parte degli utenti, singoli o associati, in ordine al rispetto dei livelli qualitativi e tariffari da parte dei soggetti esercenti il servizio consultoriale.
1. Nell'esercizio della funzione divulgativo-informativa, l'Autorità:
a) detta regole per assicurare la più ampia pubblicità delle condizioni dei servizi;
b) studia l'evoluzione del settore e dei singoli servizi consultoriali, anche per modificare condizioni tecniche, giuridiche ed economiche relative allo svolgimento e all'erogazione dei medesimi servizi;
c) promuove iniziative volte a migliorare la modalità di erogazione dei servizi consultoriali;
d) presenta annualmente al Parlamento e al Governo una relazione sullo stato dei servizi consultoriali e sull'attività svolta;
e) detta norme per pubblicizzare e diffondere la conoscenza delle condizioni
1. Nell'esercizio della funzione consultiva, l'Autorità svolge attività di consulenza e di segnalazione al Governo nelle materie di propria competenza, anche ai fini della definizione, del recepimento e dell'attuazione della normativa comunitaria.
1. Nell'esercizio della funzione sanzionatoria, l'Autorità fissa norme in ordine:
a) alla sospensione e alla revoca dell'autorizzazione allo svolgimento del servizio consultoriale, salvo che il fatto costituisca reato, in caso di inosservanza dei provvedimenti delle Autorità regionali di cui all'articolo 22 o in caso di mancata ottemperanza da parte dei soggetti esercenti il servizio consultoriale;
b) alle richieste di informazioni o a quelle connesse alla effettuazione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni e i documenti acquisiti non sono veritieri.
1. L'Autorità è organo collegiale composto dal presidente e da dieci membri, costituiti in consiglio di amministrazione, di cui sei designati dalle associazioni nazionali più rappresentative della cultura familiare e dalle organizzazioni nazionali più rappresentative dei consultori familiari e cinque, tra cui il presidente, designati dal Ministro delle politiche per la famiglia.
2. Le designazioni effettuate dal Ministro delle politiche per la famiglia sono
1. L'Autorità istituisce in ogni singola regione, d'intesa con la regione interessata, un'Autorità regionale per le politiche familiari, di seguito denominata: «Autorità regionale», retta da un organo collegiale composto da un presidente e dieci membri, di cui sei designati dalle associazioni regionali più rappresentative della cultura familiare e dalle organizzazioni regionali più rappresentative dei consultori familiari e cinque, tra cui il presidente, designati dalla regione.
2. L'Autorità regionale, nell'ambito territoriale di propria competenza:
a) esercita la funzione normativa integrativa, nelle materie indicate all'articolo 16, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dall'Autorità;
b) adotta i provvedimenti necessari a dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 16;
c) esercita le funzioni delegate dall'Autorità.
3. Le funzioni di competenza delle Autorità regionali possono essere esercitate in via sostitutiva dall'Autorità, direttamente o tramite commissari, in caso di inerzia dell'Autorità regionale.
1. Le Autorità regionali istituiscono, ciascuna nel proprio ambito territoriale, un comitato bioetico indipendente per la valutazione dei servizi consultoriali, composto secondo criteri di interdisciplinarietà.
2. La composizione dei comitati bioetici deve garantire le qualifiche e l'esperienza necessarie a valutare gli aspetti bioetici connessi ai servizi di competenza dei consultori familiari.
3. Ai fini di cui al comma 2, i comitati bioetici devono comprendere almeno:
a) un esperto in materia di bioetica;
b) un giurista;
c) un medico legale;
d) un farmacologo.
4. I comitati bioetici valutano, in relazione alla propria competenza, la programmazione dei servizi consultoriali e vigilano, ciascuno nell'ambito territoriale di competenza, sulla conformità dei medesimi servizi ai princìpi bioetici.
1. Lo Stato assegna alle regioni 20 milioni di euro annui per finanziare i servizi consultoriali previsti dalla presente legge, resi da tutti i consultori accreditati.
a) il 50 per cento in proporzione alla popolazione residente in ciascuna regione;
b) il 50 per cento in proporzione al tasso di natalità e di mortalità infantile quali risultano dai dati ufficiali dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) relativi al penultimo anno precedente a quello della ripartizione.
3. Le somme non impiegate in un esercizio possono essere impiegate negli anni successivi.
4. I finanziamenti di cui al presente articolo possono essere integrati dalle regioni, dalle province, dai comuni o dai consorzi di comuni direttamente o attraverso altre forme da essi stabilite.
5. Le regioni provvedono a definire i criteri e le condizioni per la fruizione gratuita del servizio reso dai consultori familiari accreditati, stabilendo negli altri casi il pagamento di un ticket differenziato per fasce di reddito e in funzione del numero dei componenti del nucleo familiare.
1. Le donazioni di denaro o di beni mobili o immobili, effettuate da persone fisiche o da persone giuridiche in favore di consultori familiari pubblici o di consultori familiari istituiti o gestiti da ONLUS, sono esenti da ogni imposta.
2. Le persone fisiche o giuridiche che effettuano le donazioni di cui al comma 1 possono detrarre dal loro reddito annuo imponibile il 19 per cento del valore della donazione, documentato per i beni non in denaro da perizie tecniche giurate, fino a un massimo di 40.000 euro.
3. Le persone fisiche o giuridiche che prestano attività di volontariato, professionale e gratuita, in favore dei consultori
1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Fondo nazionale per l'assistenza alla maternità e per progetti di ricerca sulla famiglia, con una dotazione di 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007.
2. Il Fondo è ripartito tra le regioni sulla base dei seguenti criteri:
a) il 50 per cento in proporzione alla popolazione residente in ciascuna regione:
b) il 50 per cento in proporzione al tasso di natalità e di mortalità infantile quali risultano dai dati ufficiali dell'ISTAT relativi al penultimo anno precedente a quello della ripartizione.
3. Le regioni provvedono alla determinazione dei criteri di erogazione e di fruizione del Fondo da parte dei consultori pubblici e istituiti o gestiti da ONLUS, determinando l'entità degli assegni di cui all'articolo 8. Le regioni provvedono altresì al controllo del Fondo.
1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 24, pari a 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte
1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto
a) le procedure relative alle attività svolte dalle Autorità di cui alla presente legge idonee a garantire agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio, in forma scritta e orale, e la verbalizzazione;
b) i criteri, le condizioni, i termini e le modalità per l'esperimento delle procedure di conciliazione o di arbitrato in contraddittorio presso le Autorità di cui alla presente legge nei casi di controversie insorte tra utenti e soggetti esercenti il servizio consultoriale di cui alla medesima legge, prevedendo altresì i casi in cui tali procedure di conciliazione o di arbitrato possano essere rimesse in prima istanza alle commissioni arbitrali e conciliative istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi dell'articolo 2, comma 4, lettera a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
2. Fino alla scadenza del termine fissato per la presentazione delle istanze di conciliazione o di deferimento agli arbitri, sono sospesi i termini per il ricorso in sede giurisdizionale che, se proposto, è improcedibile.
3. Il verbale di conciliazione o la decisione arbitrale costituiscono titolo esecutivo. I ricorsi avverso gli atti e i provvedimenti delle Autorità di cui alla presente legge rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e sono proposti al tribunale amministrativo regionale ove ha sede l'Autorità interessata.
4. La pubblicità di atti e di procedimenti delle Autorità di cui alla presente legge è assicurata anche attraverso un apposito bollettino pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
5. Le Autorità di cui alla presente legge hanno autonomia organizzativa, contabile e amministrativa.
6. Il bilancio preventivo e il rendiconto della gestione delle Autorità di cui alla presente legge sono soggetti al controllo della Corte dei conti e sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.
1. Alle Autorità di cui alla presente legge sono trasferite, secondo le rispettive competenze nazionali e regionali, entro tre
1. La legge 29 luglio 1975, n.405, e successive modificazioni, è abrogata.
2. L'articolo 2 della legge 22 maggio 1978, n.194, è abrogato.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
|