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PDL 2505

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2505



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SINISCALCHI, MANTOVANI, MIGLIORE, ACERBO, BURGIO, CACCIARI, CARDANO, CARUSO, COGODI, DE CRISTOFARO, DEIANA, DE SIMONE, DIOGUARDI, DURANTI, FALOMI, DANIELE FARINA, FERRARA, FOLENA, FORGIONE, FRIAS, GIORDANO, GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA, IACOMINO, KHALIL, LOCATELLI, LOMBARDI, MASCIA, MUNGO, OLIVIERI, PEGOLO, PERUGIA, PROVERA, ANDREA RICCI, MARIO RICCI, ROCCHI, FRANCO RUSSO, SPERANDIO, SMERIGLIO, ZIPPONI

Disciplina della cooperazione allo sviluppo e delle politiche di solidarietà internazionale e istituzione dell'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo

Presentata il 5 aprile 2007


      

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Onorevoli Colleghe e Colleghi! - La presente proposta di legge si ispira al principio generalissimo che le attività di cooperazione costituiscono, per la Repubblica nel suo complesso, oggetto di un dovere internazionale di solidarietà, reso oggi più che mai attuale dall'approfondirsi dei rapporti tra i popoli e tra gli Stati e dalla crescita delle disparità nelle condizioni di vita, ripetutamente evidenziata dai rapporti delle organizzazioni internazionali.
      Malgrado gli impegni presi dalla comunità internazionale, il divario tra i ricchi e i poveri del pianeta aumenta costantemente, e centinaia di milioni di esseri umani continuano a non avere accesso a diritti fondamentali come la salute, l'istruzione, il cibo, l'acqua.
      Due miliardi e ottocento milioni di persone, quasi metà della popolazione mondiale, sono costretti a sopravvivere con meno di due dollari al giorno. Questa situazione non è sempre determinata dalla povertà dei loro Paesi; negli ultimi venti anni, infatti, si è avuto un trasferimento netto di risorse finanziarie dal sud al nord
 

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del mondo, quale effetto di meccanismi economici e commerciali iniqui, nonché del peso insostenibile del debito estero.
      Questa tendenza va invertita, assicurando che il nostro Paese tenga finalmente fede agli impegni presi a livello internazionale per l'aumento e la riqualificazione dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo e per la coerenza di tutte le politiche verso i Paesi impoveriti.
      Secondo gli ultimi studi, in assenza di un maggiore impegno della comunità internazionale - stimato dalla Banca mondiale tra i quaranta e i sessanta miliardi di dollari aggiuntivi ogni anno fino al 2015 - gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio promossi nel 2000 dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) non verranno raggiunti.
      Il rischio concreto di un fallimento di portata storica per la comunità internazionale conferma la necessità e l'urgenza di dotarsi di strumenti adeguati per fare fronte alle sfide che il mondo si trova ad affrontare.
      L'Italia, per motivi culturali, storici e geografici, è chiamata a ricoprire un ruolo di primo piano nei rapporti tra nord e sud del mondo, anche attraverso una moderna ed efficace politica di cooperazione allo sviluppo.
      La cooperazione internazionale rappresenta uno strumento essenziale per la promozione della giustizia e della pace tra i popoli, oltre ad essere un dovere giuridico, previsto dagli articoli 1, paragrafo 3, 55 e 56 della Carta delle Nazioni Unite, resa esecutiva con legge 17 agosto 1957, n. 848.
      Venti anni sono passati da quando venne approvata la legge che tuttora è il riferimento principale in materia di cooperazione allo sviluppo, la legge 26 febbraio 1987, n. 49. Da allora sono intercorsi importanti mutamenti sulla scena internazionale: la fine della guerra fredda e del bipolarismo, rapidi processi di integrazione commerciale, la rapida ascesa di nuove potenze economiche, ma anche lo scoppio di inediti conflitti, massicce migrazioni, disastri ambientali, nuove emergenze sociali.
      Il nostro Paese deve misurarsi con tale nuova realtà, per questo è oggi necessaria ed urgente un'ampia riforma della cooperazione allo sviluppo.
      Come confermato anche dal peer review dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nell'Esame-Paese dedicato all'Italia, le pesanti inadeguatezze e i gravi ritardi che caratterizzano la politica di cooperazione italiana danneggiano la sua credibilità presso gli altri Paesi e le istituzioni internazionali e deludono l'opinione pubblica italiana, che è invece molto favorevole ad aiutare i Paesi più poveri.
      L'Italia non sta rispettando gli impegni presi a livello internazionale in materia di Aiuto Pubblico allo Sviluppo, in particolare al Consiglio europeo di Barcellona e alla Conferenza ONU di Monterrey sulla Finanza per lo Sviluppo, e oggi si colloca agli ultimi posti nell'elenco dei Paesi donatori.
      È dunque urgente garantire un incremento netto delle risorse destinate alla cooperazione, che permetta di raggiungere progressivamente e in tempi certi l'obiettivo dello 0,7 per cento del prodotto interno lordo (PIL).
      Inoltre, l'Italia potrebbe contribuire all'individuazione e all'applicazione di meccanismi innovativi e addizionali per il finanziamento della cooperazione internazionale, tra cui prelievi internazionali sulle transazioni valutarie o sulle emissioni inquinanti e responsabili dell'effetto serra.
      Nondimeno, una cooperazione nuova ed efficace deve fondarsi su maggiori e più profonde innovazioni qualitative, non può limitarsi ad un incremento meramente quantitativo.
      La cooperazione internazionale deve contribuire all'aumento della giustizia e dell'equità nelle relazioni tra i popoli, favorire la ridistribuzione internazionale delle risorse, rafforzare i sistemi di partecipazione e riequilibrare i sistemi di governance internazionale. Deve sostenere programmi e progetti finalizzati alla lotta alla povertà, alla prevenzione dei conflitti, alla tutela e alla rigenerazione dei beni comuni, alla protezione dell'ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità.
      Deve essere orientata ad uno sviluppo sostenibile, partecipato e duraturo, che parta dalle esigenze delle comunità locali.
 

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      In definitiva, la politica di cooperazione deve seguire un approccio allo sviluppo fondato sui diritti (rights based approach) che, secondo la definizione dell'ONU, presuppone un quadro concettuale centrato sui diritti umani e la sostenibilità socio-ambientale ed è operativamente diretto alla loro tutela e promozione.
      Ne consegue che tutti i diritti (civili, culturali, economici, politici e sociali) andranno considerati come indivisibili, interdipendenti ed universali e che i princìpi, le norme e gli standard del sistema internazionale dei diritti umani andranno integrati nei piani, nelle politiche e nei processi della cooperazione.
      L'approccio fondato sui diritti fa esplicito riferimento ai princìpi di uguaglianza, equità, non-discriminazione e attenzione ai gruppi più vulnerabili, incremento delle capacità locali, responsabilità e partecipazione.
      La politica di cooperazione deve valorizzare i beneficiari, considerandoli detentori di diritti e attori dello sviluppo, rafforzandone le capacità e le conoscenze affinché essi stessi possano cambiare la propria vita, migliorare la propria comunità e scegliere il proprio destino.
      Ciò comporta un elevato livello di partecipazione della società civile, delle donne, dei piccoli produttori, delle minoranze, delle popolazioni indigene e degli altri soggetti dei Paesi partner.
      La cooperazione deve rappresentare uno dei princìpi cardine della politica internazionale dell'Italia, per questo deve essere coerente e permeare altri ambiti quali l'immigrazione, l'ambiente, la sicurezza, i trasferimenti tecnologici, la presenza nelle istituzioni internazionali.
      La cooperazione deve caratterizzare le strategie promosse in ambito commerciale, sia in sede di Organizzazione mondiale del commercio sia a livello regionale e bilaterale, deve ispirare le scelte in ambito finanziario e nelle banche multilaterali di sviluppo, nonché gli interventi a sostegno delle nostre imprese, in particolare tramite la SACE Spa.
      In particolare, è necessario che l'Aiuto Pubblico allo Sviluppo sia sempre «slegato», vale a dire che le risorse destinate alla cooperazione internazionale non devono essere utilizzate per promuovere interessi strategici, economici o geopolitici del nostro Paese, né per favorire l'export o finanziare le imprese italiane.
      Le politiche di cooperazione dovranno, inoltre, essere nettamente distinte dagli interventi militari. L'impiego delle Forze armate non può mai coincidere con l'intervento umanitario o di cooperazione, che deve essere condotto con personale civile, a garanzia della sua neutralità e indipendenza.
      Occorre anche fare una chiara distinzione tra la cooperazione allo sviluppo e gli interventi di emergenza che seguono modalità proprie, pur in piena coerenza con la prima.
      La politica di cooperazione e di solidarietà internazionale dell'Italia deve guardare all'Europa, così da contribuire a una politica comune e coerente dell'Unione europea verso il resto del mondo. L'Unione europea è, nel suo insieme, l'attore di maggior peso nell'aiuto allo sviluppo e deve poter contare sull'impegno di tutti i Paesi membri a migliorare e a integrare progressivamente le politiche di cooperazione nazionali, così da perseguire una vera «partnership globale per lo sviluppo».
      È dunque urgente rilanciare, sulla scena europea ed internazionale, il ruolo dell'Italia, come attore responsabile e consapevole, che opera in favore della pace, della stabilità, della giustizia, della democrazia, dei diritti umani, del commercio equo e della tutela delle risorse storiche, culturali e ambientali.
      Al fine di rendere efficace ed efficiente la politica di cooperazione, occorre assicurare la gestione unitaria dei fondi, in discontinuità rispetto alla prassi corrente caratterizzata dal moltiplicarsi di centri decisionali e di procedure, con conseguenti difficoltà gestionali e di controllo. Il fondo unico, previsto dalla presente proposta di legge, comprenderà, tra gli altri, i contributi che l'Italia versa ad istituzioni internazionali, quali la Banca mondiale e le altre banche multilaterali di sviluppo. In esso confluiranno anche eventuali risorse
 

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aggiuntive reperite attraverso strumenti innovativi, quali una tassa sulle transazioni valutarie; questi contributi dovranno in ogni caso essere considerati addizionali rispetto all'impegno, già assunto dal nostro Paese, di destinare lo 0,7 per cento del PIL per l'Aiuto Pubblico allo Sviluppo.
      Analoga distinzione va assicurata per le risorse derivanti dalle misure adottate dall'Italia per la cancellazione o la riduzione del debito estero dei Paesi del sud del mondo, a partire da quanto previsto dalla legge 25 luglio 2000, n. 209; la cancellazione del debito, infatti, si aggiunge e non sostituisce la cooperazione internazionale.
      Una cooperazione efficace ed efficiente presuppone strumenti di controllo, verifica e trasparenza economica e gestionale. La riforma che viene proposta fa tesoro dell'esperienza accumulata nel corso degli ultimi anni e si basa sulle buone pratiche ormai consolidate a livello internazionale, che prevedono il controllo ed il monitoraggio di ogni fase e aspetto delle attività di cooperazione, sia tramite le istituzioni sia garantendo la partecipazione diretta dei beneficiari e dei soggetti che realizzano le attività di cooperazione.
      La cooperazione allo sviluppo non deve produrre nuove forme di dipendenza: ogni intervento deve quindi promuovere le capacità e le risorse umane locali, garantendo che le popolazioni destinatarie siano messe in condizione di partecipare in maniera consapevole, responsabile e trasparente.
      Per questo sarà necessario promuovere un autentico sodalizio con i Paesi destinatari e le loro popolazioni e comunità locali, secondo una logica di uguale dignità e di pari partecipazione alle decisioni e alle politiche.
      Per rilanciare la cooperazione e dare nuovo impulso alle relazioni tra popoli e Paesi, è opportuno valorizzare le nuove forze e i nuovi soggetti che sono emersi nello scenario globale, dall'associazionismo al volontariato, dalle amministrazioni locali ai grandi movimenti di solidarietà e critica alle politiche neoliberiste, nati e consolidati nei forum sociali mondiali e regionali. Proprio per permettere alla molteplicità di soggetti, che oggi fanno cooperazione, di poter accedere ai programmi di finanziamento per la cooperazione e la solidarietà internazionale, il meccanismo attuale dell'idoneità per le organizzazioni non governative verrà sostituito con un criterio di ammissibilità dei programmi, come avviene nelle istituzioni dell'Unione europea.
      Trova spazio, in questo quadro, l'attribuzione alle regioni e agli enti locali del potere di iniziativa e di attuazione nel campo della cooperazione decentrata, nel rispetto, delle finalità e degli indirizzi generali, approvati dal Parlamento e dal Governo. Tale conformità sarà valutata da un'apposita Commissione paritetica che assicurerà il coordinamento e la coerenza degli interventi di cooperazione decentrata.
      La collaborazione tra tutti i soggetti interessati in Italia dovrà andare di pari passo con il coinvolgimento delle popolazioni dei Paesi partner; pertanto, oltre a quello della società civile locale, andrà rafforzato il ruolo dei migranti, vero e proprio cordone ombelicale fra la nostra società e quelle dei Paesi di provenienza. Inoltre dovranno essere valorizzate forme innovative di finanziamento e di relazione tra comunità, quali il microcredito e il commercio equo e solidale.
      Il riordino delle politiche di cooperazione e di solidarietà internazionale presuppone una guida politica unitaria e di peso adeguato, che sappia assicurare la coerenza tra le varie politiche e azioni di cooperazione. Questa funzione può essere assolta da un Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale.
      Compito del Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale sarà quello di programmare e coordinare le attività di cooperazione internazionale che verranno attuate da un ente apposito: l'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, nella cui direzione e gestione si ricomporranno differenti e molteplici componenti, sia quelle provenienti dall'amministrazione pubblica dello Stato e delle autonomie territoriali, sia quelle di diretta espressione della società civile.
 

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      In ultimo, la presente proposta di legge si propone di realizzare un migliore coordinamento tra le politiche di cooperazione internazionale e quelle legate all'emergenza umanitaria. Pur essendo necessario mantenere la differenziazione tra le due diverse tipologie, occorre assicurare il collegamento e l'armonizzazione tra gli interventi di emergenza, in caso di crisi o catastrofe umanitaria e ambientale, e gli interventi di più lungo periodo, nell'ambito della cooperazione internazionale e dell'aiuto allo sviluppo.
      La presente proposta di legge si basa sui punti fondamentali di seguito indicati.
      Per esigenze di buona amministrazione, si è ritenuto opportuno distinguere tre momenti fondamentali: l'indicazione delle linee politiche di fondo, con l'identificazione dei Paesi e dei settori prioritari; la programmazione e l'attuazione degli interventi; il controllo e la valutazione del loro impatto.
      La presente proposta di legge consta di sei capi e di trentacinque articoli.
      Il capo I, denominato «Princìpi fondamentali e norme generali» ripropone, all'articolo 1, le finalità della politica di cooperazione allo sviluppo. Quindi, all'articolo 2, si sofferma su quelli che devono essere gli ambiti, rigorosamente definiti, della politica di cooperazione, da non confondere con quelli di altre politiche, per le quali il nostro ordinamento giuridico predispone strumenti specifici. L'articolo 3 configura il quadro direttivo della politica di cooperazione, delineando una «triangolazione» fra Governo, Parlamento ed un ente di nuova istituzione: l'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, dotato dei mezzi e delle professionalità necessari a gestire gli interventi. In particolare stabilisce che alla politica di cooperazione allo sviluppo sovrintende il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, il quale sottopone al Consiglio dei ministri, per l'approvazione, un Piano strategico triennale della cooperazione allo sviluppo, contenente gli indirizzi e le finalità di tale politica. Detto Piano è aggiornato ogni anno e viene sottoposto all'approvazione del Parlamento. L'articolo 4 prevede la definizione dei Piani-Paese. L'articolo 5 definisce le attività di monitoraggio e di controllo, fondamentali per garantire la piena trasparenza di tutte le operazioni. Gli articoli 6 e 7 sono dedicati, rispettivamente, ai soggetti beneficiari e agli esecutori dei progetti di cooperazione, mentre gli articoli 8 e 9 disegnano, rispettivamente, l'oggetto e le modalità della politica di cooperazione.
      Sull'importanza di queste ultime, in particolare, non si insisterà mai abbastanza, dato il valore strategico che assumono i Piani-Paese, nei quali inserire organicamente gli interventi. Il capo I si chiude con l'articolo 10, dedicato al necessario coordinamento tra le politiche di cooperazione allo sviluppo e gli interventi di emergenza.
      Il capo II è dedicato alla struttura e alle funzioni dell'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo (articoli 11-19), mentre il capo III (articoli 20-23) disciplina il finanziamento degli interventi, mediante un fondo unico, nel quale sono destinati a confluire gli stanziamenti finora distribuiti in vari capitoli e tabelle del bilancio statale.
      Il necessario concorso della società civile alla progettazione e all'attuazione degli interventi è oggetto del successivo capo IV (articoli 24-26), che è dedicato agli enti senza fini di lucro e allo status dei cooperanti.
      Il capo V (articoli 27-31) si sofferma, poi, su taluni fenomeni che presentano grandi potenzialità: la cooperazione decentrata, la partecipazione degli immigrati, il microcredito, il sostegno e l'adozione a distanza, il commercio equo e solidale.
      Quest'ultimo, in particolare, si presenta come elemento di costruzione di nuovi rapporti economici tra nord e sud del mondo, in quanto instaura relazioni di lunga durata tra i consumatori dei Paesi sviluppati e i gruppi di produttori dei Paesi del sud con l'obiettivo di sostenerne i processi di autosviluppo.
      La proposta di legge si conclude con un capo VI (articoli 32-35), che contiene alcune disposizioni transitorie, destinate a garantire il necessario avvio dei nuovi meccanismi.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
PRINCÌPI FONDAMENTALI E NORME GENERALI

Art. 1.
(Finalità della politica di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale).

      1. È compito della Repubblica promuovere, organizzare ed attuare una politica di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale la quale si ispiri alle seguenti finalità:

          a) la promozione di relazioni pacifiche, collaborative, eque e solidali tra i popoli, le comunità e gli Stati, anche al fine di prevenire i conflitti, in conformità alla Costituzione e alla Carta delle Nazioni Unite, firmata a San Francisco il 26 giugno 1945, resa esecutiva con legge 17 agosto 1957, n. 848;

          b) il soddisfacimento dei diritti umani fondamentali in conformità al Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, nonché al Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottati a New York rispettivamente il 16 e il 19 dicembre 1966, resi esecutivi con legge 25 ottobre 1977, n. 881, nonché alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e, in particolare, la tutela della vita umana ed il soddisfacimento dei bisogni primari, il diritto all'alimentazione, l'eliminazione della miseria, la lotta all'emarginazione sociale, la promozione e la difesa della democrazia e dei diritti civili e politici, con attenzione specifica alle categorie più deboli e svantaggiate;

 

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          c) la salvaguardia e la promozione dei diritti della donna, fin dall'infanzia, e la rimozione di ogni ostacolo alla sua piena partecipazione alla vita sociale, economica e politica;

          d) la salvaguardia e la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, come previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, e dalla Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, sottoscritta a Strasburgo il 25 gennaio 1996, resa esecutiva con legge 20 marzo 2003, n. 77;

          e) la promozione delle istituzioni democratiche, realmente rappresentative dell'insieme della popolazione e garanti delle minoranze etniche, linguistiche e religiose;

          f) la redistribuzione delle risorse e la democratizzazione della governance globale;

          g) la realizzazione di uno sviluppo basato sulla tutela dell'ambiente inteso come bene globale, la valorizzazione delle risorse naturali e umane locali e la partecipazione democratica delle popolazioni interessate, come previsto dalle deliberazioni della Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo, svoltasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992, di cui alla deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica 16 marzo 1994, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1994;

          h) la lotta all'analfabetismo, la promozione dell'educazione di base e la formazione professionale;

          i) la tutela, la rigenerazione e la promozione dei beni comuni, a beneficio delle generazioni presenti e di quelle future;

          l) il diritto di ogni popolo alla sovranità alimentare;

          m) l'attuazione degli impegni contenuti nei Piani di Azione approvati dai vertici sullo sviluppo promossi dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU);

 

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          n) il raggiungimento, entro il 2015, degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio dell'ONU;

          o) il soccorso alle popolazioni colpite da maremoti, terremoti e altre calamità naturali, ovvero vittime di guerre o di conflitti od oggetto di persecuzioni.

      2. Le politiche di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale sono parte integrante e contribuiscono allo sviluppo di un quadro coerente di azioni ed iniziative dello Stato in materia di politica estera, ambientale, sociale, di rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona, di rafforzamento dei rapporti di maggiore giustizia ed equità tra i popoli, di redistribuzione delle risorse, di prevenzione dei conflitti.
      3. La Repubblica considera con particolare favore le iniziative volte a promuovere una società multiculturale, con il contributo attivo dei migranti e delle loro associazioni ai progetti di cooperazione allo sviluppo.
      4. La Repubblica, in conformità alla risoluzione 198/98/CE del Parlamento europeo del 2 luglio 1998, sul commercio equo e solidale, riconosce il commercio equo e solidale come parte integrante di una cooperazione socialmente ed ecologicamente sostenibile, impegnandosi a sostenere le iniziative degli organismi che svolgono tale attività.

Art. 2
(Ambito di applicazione).

      1. Rientrano nell'ambito di applicazione della presente legge gli interventi che concorrono al raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 1.
      2. Non rientrano nell'ambito di applicazione della presente legge gli interventi che hanno carattere militare o di polizia, come definiti ai sensi del comma 3. Le attività di cooperazione e di solidarietà non possono avere alcuna relazione logistica, funzionale od operativa con le attività militari, nemmeno quando si tratti

 

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della prosecuzione o della continuazione di programmi in corso.
      3. Sono da considerare interventi militari o di polizia, quelli svolti in Paesi esteri da contingenti delle Forze armate e delle forze addette al mantenimento dell'ordine pubblico, anche nell'ambito di operazioni decise ed attuate nel quadro di organizzazioni internazionali.
      4. Non rientrano, altresì, nell'ambito di applicazione della presente legge gli interventi che hanno ad oggetto la promozione, l'assicurazione e ogni altra forma di sostegno del commercio o degli investimenti italiani all'estero.

Art. 3.
(Adozione del Piano strategico triennale della cooperazione allo sviluppo e istituzione dell'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo).

      1. Alla politica di cooperazione allo sviluppo sovraintende il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, che propone al Consiglio dei ministri, per l'approvazione, il Piano strategico triennale della cooperazione allo sviluppo.
      2. Il Piano strategico triennale della cooperazione allo sviluppo di cui al comma 1, deve contenere:

          a) gli obiettivi specifici, gli strumenti e i finanziamenti dell'aiuto pubblico allo sviluppo (APS), evidenziando l'entità e la ripartizione delle risorse da attribuire all'APS italiano in sede di legge finanziaria;

          b) la ripartizione dei finanziamenti tra contributi obbligatori ad organismi multilaterali, banche e fondi di sviluppo e Fondo unico per l'APS, di cui all'articolo 21;

          c) la destinazione dei contributi multilaterali obbligatori e della partecipazione finanziaria italiana alle risorse delle banche e dei fondi di sviluppo a carattere multilaterale;

          d) i Paesi destinatari della cooperazione italiana finanziata con le risorse del Fondo unico per l'APS;

 

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          e) le aree geografiche ed i Paesi prioritari; i Paesi cooperanti per i Piani-Paese; i settori e le aree destinatari di iniziative tematiche regionali;

          f) l'entità delle risorse del Fondo unico per l'APS, destinate agli interventi al di fuori dei Piani-Paese e delle iniziative tematiche regionali;

          g) per ciascuna area geografica e Paese prioritari, la ripartizione delle risorse finanziarie tra i canali bilaterale, multibilaterale e multilaterale volontario e tra gli strumenti del dono e del credito di aiuto;

          h) le condizioni di concedibilità ed i parametri di agevolazione dei crediti di aiuto, nel rispetto dei limiti e dei vincoli concordati dall'Italia nell'ambito dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE);

          i) le iniziative programmate e gli accordi a livello internazionale per la riduzione del debito estero dei Paesi cooperanti e per la loro integrazione politica ed economica nel contesto internazionale;

          l) l'entità delle risorse del Fondo unico per l'APS destinate agli interventi di emergenza;

          m) l'entità delle risorse del Fondo unico per l'APS destinate alla concessione di contributi e crediti agevolati alle organizzazioni senza fine di lucro, alle società cooperative e alle altre organizzazioni di cui all'articolo 24, nonché i criteri per la concessione di tali contributi e crediti;

          n) l'entità delle risorse del Fondo unico per l'APS destinate alla concessione di cofinanziamenti e crediti agevolati alla cooperazione decentrata di cui all'articolo 27;

          o) l'entità delle risorse del Fondo unico per l'APS destinate al funzionamento dell'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo di cui al comma 4, che non può essere inferiore al 5 per cento, né superiore al 10 per cento dello stesso Fondo unico.

      3. Il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale ha altresì il

 

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compito di esercitare il potere di controllo sull'attività dell'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo di cui al comma 4, nonché sugli interventi svolti ai sensi della presente legge per il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 1.
      4. È istituita l'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo (ACS), ente pubblico con piena capacità di diritto privato, dotato di autonomia regolamentare, amministrativa, contabile, organizzativa, patrimoniale, finanziaria e gestionale, cui è attribuito il compito di programmare, promuovere, finanziare, attuare, monitorare e coordinare gli interventi per il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 1, fatte salve le attività svolte autonomamente dalle associazioni senza fini di lucro, dalle società cooperative e dalle altre organizzazioni di cui al capo IV, nonché quelle di cooperazione decentrata di cui all'articolo 27. L'ACS opera secondo criteri di efficienza ed economicità, indicati dallo statuto e dai regolamenti di cui all'articolo 13, ed è sottoposta alla vigilanza del Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale ed al controllo di cui all'articolo 5.
      5. Il Piano strategico triennale della cooperazione allo sviluppo, contenente gli indirizzi e le finalità di tale politica, in modo da assicurare anche il coordinamento fra le attività bilaterali, multilaterali, multibilaterali e quelle attuate dall'Unione europea, dalle Nazioni Unite, dalle istituzioni finanziarie internazionali e dalle altre organizzazioni internazionali, è aggiornato ogni anno dal Consiglio dei ministri e sottoposto all'approvazione del Parlamento.
      6. Il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, di concerto con gli altri Ministri competenti, definisce le linee-guida generali ed i criteri ai quali devono attenersi i rappresentanti italiani presso le istituzioni finanziarie internazionali e le banche multilaterali di sviluppo, nonché presso gli altri organismi multilaterali commerciali o finanziari, al fine di assicurare coerenza e continuità rispetto alle strategie generali dell'APS.
 

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      7. Le regioni, le città metropolitane, le province, le comunità montane e i comuni danno attuazione agli interventi di cooperazione allo sviluppo stabiliti dal Piano strategico triennale e promuovono nei loro rispettivi ambiti territoriali la sensibilizzazione e la partecipazione organizzata della società civile. La commissione paritetica per la cooperazione decentrata, di cui all'articolo 27, detta apposite linee direttive per quanto riguarda il coordinamento e la razionalizzazione di tali interventi.

Art. 4.
(Definizione dei Piani-Paese).

      1. Per ogni Stato destinatario di interventi di cooperazione, l'ACS redige un Piano-Paese. I Piani-Paese si basano sull'individuazione di zone d'intervento specifiche, scelte in base all'indice di povertà calcolato dall'United Nations Development Program (UNDP), nelle quali concentrare le attività di cooperazione. Qualora lo ritenga opportuno e sia previsto nell'ambito delle linee programmatiche di cui all'articolo 3, comma 2, l'ACS redige inoltre piani regionali, comprendenti territori situati in più Stati.

Art. 5.
(Controllo delle attività della cooperazione allo sviluppo).

      1. In considerazione della specificità delle sue attività, l'ACS è gestita in deroga alle norme sul bilancio dello Stato, senza controllo preventivo della Ragioneria generale dello Stato e della Corte dei conti.
      2. Con procedura concorsuale, gestita dal Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, ogni tre anni sono selezionati, fra le organizzazioni riconosciute internazionalmente di eccellenza nei rispettivi settori:

          a) un organismo specializzato nelle verifiche di bilancio, che esercita i suoi controlli sia sul bilancio complessivo dell'ACS,

 

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sia su singole iniziative scelte a campione, sia su quelle il cui controllo è richiesto dal Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale o dalle Commissioni parlamentari competenti;

          b) un organismo specializzato nella certificazione di qualità, che esercita i controlli di qualità sia su singole iniziative scelte a campione, sia su quelle il cui controllo è richiesto dal Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale o dalle Commissioni parlamentari competenti.

      3. Della eventualità dei controlli di cui al comma 2 e dell'obbligo di mettere a disposizione ogni dato ed ogni informazione richiesta, nonché di permettere l'accesso ai luoghi dove si svolgono le attività, sia operative sia amministrative, è fatta menzione nei contratti e nelle convenzioni relativi allo svolgimento delle iniziative di cooperazione a chiunque affidate.
      4. Ognuno degli organismi di cui al comma 2 redige annualmente una relazione sui risultati della propria attività e la presenta al Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, che a sua volta la trasmette alle Commissioni parlamentari competenti, nonché al direttore generale dell'ACS, di cui all'articolo 12, e al collegio dei revisori dei conti dell'ACS, di cui all'articolo 15.

Art. 6.
(Soggetti beneficiari della cooperazione allo sviluppo).

      1. Possono beneficiare degli interventi previsti dalla presente legge i soggetti, pubblici o privati, residenti nei Paesi partner, nonché le popolazioni e le comunità destinatarie di specifiche previsioni di tutela e di promozione in ambito internazionale o comunque individuate nel Piano strategico triennale della cooperazione allo sviluppo, di cui all'articolo 3.
      2. Possono attuarsi, mediante i soggetti di cui all'articolo 24, interventi che abbiano

 

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come dirette destinatarie le popolazioni civili e che siano discussi, negoziati e concordati con i diretti rappresentanti di tali popolazioni.

Art. 7.
(Organismi esecutori di progetti di cooperazione allo sviluppo).

      1. Possono richiedere contributi all'ACS, per le attività di cooperazione, le associazioni senza fini di lucro, le società cooperative e le altre organizzazioni di cui all'articolo 24, le regioni, le città metropolitane, le province, le comunità montane e i comuni o loro consorzi, le università e altri enti pubblici non economici.
      2. Nella realizzazione delle attività di cooperazione l'ACS può avvalersi della collaborazione dei soggetti di cui al comma 1 e di altri soggetti, pubblici o privati.
      3. Nell'esecuzione dei progetti di cooperazione deve essere promossa la partecipazione dei soggetti appartenenti ai Paesi partner e devono essere utilizzati i mezzi e le capacità, anche organizzative, presenti in loco o in aree geografiche limitrofe. Particolare favore in questo senso deve essere attribuito alle iniziative attuate da soggetti associati che prevedono la partecipazione delle comunità e delle popolazioni locali. Ogni affidamento in subappalto deve essere esplicitamente previsto nella formulazione del progetto e le relative condizioni e modifiche devono essere specificatamente approvate dall'ACS.
      4. Non possono avere accesso ai finanziamenti e decadono immediatamente dai finanziamenti concessi gli enti e le imprese che si rendono responsabili di violazioni di norme destinate a tutelare i diritti dei lavoratori, i diritti umani, l'ambiente e la salute, nonché di gravi irregolarità amministrative e contabili. Gli enti e le imprese devono comunque garantire il rispetto dei contratti collettivi di lavoro. L'ACS è tenuta a comunicare prontamente al Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, alle Commissioni parlamentari competenti e alle autorità competenti,

 

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segnalazioni relative a presunte violazioni che fossero a conoscenza della stessa ACS, in particolare se trasmesse dai soggetti residenti nei Paesi partner, individuati ai sensi dell'articolo 6.

Art. 8.
(Oggetto dell'attività di cooperazione).

      1. Nel quadro dei rapporti di mutualità e interscambio tra i popoli rientrano, in forma prioritaria ma non esclusiva, le seguenti attività:

          a) la realizzazione di progetti di sviluppo intersettoriale in aree determinate, individuati e formulati con la partecipazione congiunta delle autorità e di rappresentanti della società civile a livello locale;

          b) lo studio, la progettazione, la fornitura e la costruzione di impianti, infrastrutture, attrezzature e servizi;

          c) la formazione di base e la formazione professionale, anche in Italia, di cittadini dei Paesi partner e del personale destinato a svolgere attività di cooperazione allo sviluppo;

          d) la realizzazione in Italia di programmi educativi e di sensibilizzazione per la cooperazione allo sviluppo e la realizzazione di iniziative volte a promuovere gli scambi sociali, culturali ed educativi fra l'Italia ed i Paesi partner, nel quadro della promozione di una cultura e di una educazione multietnica e di una mutua solidarietà tra comunità locali;

          e) la realizzazione di iniziative volte a promuovere lo scambio commerciale equo e solidale fra l'Italia e i Paesi partner, ai sensi dell'articolo 28;

          f) la realizzazione di interventi nei Paesi partner, a sostegno dello sviluppo locale di un'autonoma capacità di ricerca scientifica e tecnologica, con specifico riguardo alle esigenze locali e alla necessità di mettere a punto tecnologie appropriate

 

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ad ogni specifico contesto locale ed ambientale;

          g) le attività di microcredito volte a favorire lo sviluppo autonomo delle popolazioni locali, la lotta alla povertà, l'avviamento di attività nei Paesi partner, ai sensi dell'articolo 30;

          h) il sostegno, anche attraverso programmi di informazione e comunicazione, ad iniziative che favoriscano una maggiore partecipazione delle popolazioni e delle comunità ai processi democratici, a livello locale e nazionale, nei Paesi partner;

          i) le iniziative di cooperazione decentrata ed orizzontale che promuovano il collegamento tra regioni, città metropolitane, province, comunità montane, comuni ed altri enti locali o soggetti italiani di cui all'articolo 24 ed omologhi soggetti dei Paesi partner;

          l) il sostegno e l'adozione a distanza, nelle forme previste dall'articolo 31;

          m) l'assistenza tecnica, l'amministrazione e la gestione, la valutazione ed il monitoraggio dell'attività di cooperazione allo sviluppo, anche attraverso l'impiego di personale qualificato per tali compiti.

      2. Gli interventi di cooperazione allo sviluppo sono finanziati mediante doni e crediti di aiuto a condizioni particolarmente agevolate. I crediti di aiuto e i doni non possono essere in nessun modo condizionati all'acquisto di beni e servizi dall'Italia né associati a strumenti finanziari o a condizioni di mercato. Nelle attività di cooperazione deve essere privilegiato l'impiego di beni e servizi prodotti nei Paesi e nelle aree in cui si realizzano gli interventi. Il ricorso ai crediti di aiuto è possibile solo nell'ambito di programmi complessi che prevedano anche il ricorso a finanziamenti a dono, tenendo comunque presente la necessità di spendere in loco o nei Paesi limitrofi almeno il 50 per cento dei finanziamenti a credito.
      3. Gli interventi miranti a promuovere attività produttive, finanziati mediante crediti di aiuto, devono, in ogni caso, avere

 

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livelli di redditività tali da garantire la capacità di restituzione del debito contratto dal Paese, ma non superiori ai limiti stabiliti dall'OCSE per l'accesso ai crediti di aiuto.

Art. 9.
(Modalità delle attività di cooperazione).

      1. Gli interventi di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale devono essere predisposti nel rispetto delle previsioni contenute nei Piani-Paese elaborati dall'ACS ai sensi dell'articolo 4.
      2. Il Piano-Paese deve essere discusso con i soggetti governativi e non governativi della cooperazione italiana presenti nel Paese in oggetto, con la società civile organizzata locale e, salvo che nei casi di cui all'articolo 6, comma 2, deve essere negoziato con i rappresentanti del Governo del Paese partner. Il piano-Paese, inoltre, deve rispettare le finalità del piano generale di sviluppo del Paese partner, assicurando in particolare il coordinamento con le decisioni e le attività degli operatori internazionali.
      3. Gli interventi di cooperazione allo sviluppo devono essere discussi con i rappresentanti, eletti o designati con metodo democratico, della popolazione o della comunità direttamente destinataria dei relativi benefìci e con le organizzazioni locali della società civile, secondo il principio del consenso libero, informato e preventivo. In ogni caso, nella valutazione degli interventi, deve essere data rilevanza alla capacità di coinvolgimento partecipativo delle popolazioni interessate. Il coinvolgimento e la partecipazione predetti devono essere considerati con particolare attenzione nei casi previsti dall'articolo 6, comma 2.
      4. È istituita presso l'ACS una struttura di valutazione ed ispezione indipendente, composta da tre esperti nominati per un periodo di cinque anni. Tale struttura ha il compito di svolgere valutazioni ed esami di progetti sostenuti dalla cooperazione italiana su richiesta diretta di comunità

 

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locali coinvolte o di organizzazioni non governative locali, nonché su richiesta della Consulta di cui all'articolo 25, o di suoi singoli membri, al fine di proporre eventuali misure correttive e di migliorare le prestazioni della cooperazione italiana.
      5. Ogni intervento di cooperazione allo sviluppo deve essere sottoposto ad accertamento preventivo e a valutazione di compatibilità ambientale, da effettuare altresì in corso d'opera e successivamente, con particolare attenzione alle tecnologie utilizzate. Ogni intervento di cooperazione deve altresì essere sottoposto a valutazione di impatto di genere e a valutazione di impatto sull'infanzia.
      6. Le valutazioni di cui al comma 5, nonché ogni altra valutazione di impatto sui diritti umani, sociali e dei lavoratori o sull'ambiente, la documentazione relativa al coinvolgimento e alla partecipazione delle popolazioni dei Paesi partner e ogni altra documentazione significativa per la valutazione del progetto sono rese pubbliche dall'ACS prima dell'approvazione del progetto stesso.
      7. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, anche su proposta dell'ACS o della Consulta di cui all'articolo 25, elabora le linee guida comprendenti gli elementi necessari per realizzare le valutazioni di cui ai commi 5 e 6 e le propone al Consiglio dei ministri per l'approvazione. Il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale può disporre l'integrazione o l'aggiornamento dei criteri per la valutazione di impatto di un singolo progetto, in modo da adeguare la relativa valutazione ai migliori standard internazionali. All'eventuale aggiornamento delle linee guida di cui al presente comma si provvede con le medesime modalità previste per la loro approvazione.

Art. 10.
(Coordinamento con gli interventi umanitari e di emergenza).

      1. Gli interventi di emergenza realizzati dall'Italia in Paesi colpiti da crisi sociali,

 

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umanitarie e ambientali sono distinti dalla cooperazione allo sviluppo.
      2. Il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, d'intesa con il direttore generale dell'ACS e con le autorità competenti per gli aiuti umanitari e le emergenze internazionali, stabilisce con proprio decreto, per ogni evento che generi situazioni di emergenza sociale, umanitaria e ambientale, la durata del periodo di prima emergenza, che in ogni caso non può superare i novanta giorni, distinto da quello in cui possono svolgersi attività di ricostruzione. In tale periodo, le attività sono svolte dalle autorità competenti per gli aiuti umanitari e le emergenze internazionali. Trascorso tale periodo, le attività di ricostruzione sono svolte dall'ACS.
      3. Per assicurare il necessario coordinamento tra gli interventi di emergenza, le attività di ricostruzione e le politiche di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale e per ottimizzare la gestione delle risorse, agli incontri decisionali e organizzativi legati agli interventi di emergenza partecipano il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, o un suo delegato, e il direttore generale dell'ACS, o un suo delegato.

Capo II
COMPITI E STRUTTURA DELL'ACS

Art. 11.
(Compiti dell'ACS).

      1. L'ACS programma, promuove, finanzia, coordina, esegue e monitora gli interventi di cui all'articolo 8, comma 1, sulla base delle disposizioni previste dall'articolo 3.
      2. L'ACS svolge un ruolo di orientamento e di informazione degli operatori dello sviluppo e degli Stati, enti, organi e cittadini, italiani o stranieri, interessati alla cooperazione allo sviluppo, in conformità al principio di trasparenza dell'attività amministrativa.

 

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      3. L'ACS predispone i Piani-Paese di cui agli articoli 4 e 9 e delibera l'istituzione delle proprie unità locali di cooperazione nei Paesi partner, secondo quanto disposto dall'articolo 18, nonché delle proprie rappresentanze presso le organizzazioni internazionali.
      4. L'ACS può anche svolgere attività su mandato e con finanziamento parziale o totale di organismi internazionali, e a tale scopo può partecipare alle relative gare di aggiudicazione.
      5. L'ACS provvede alle attività di valutazione degli impatti sociali, ambientali e sui diritti umani dei singoli progetti, secondo quanto disposto dall'articolo 9, e dei Piani-Paese e dei piani regionali di cui all'articolo 4.

Art. 12.
(Direttore generale).

      1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, procede alla nomina del direttore generale dell'ACS, scelto tra persone dotate di provata e riconosciuta esperienza nel campo specifico, nonché di esperienza manageriale. La nomina è approvata dal Parlamento. Il direttore generale dura in carica tre anni e il suo incarico può essere rinnovato una sola volta.
      2. Il direttore generale sovraintende alle attività dell'ACS vigilando, sotto la propria responsabilità, sul costante perseguimento delle finalità di cui all'articolo 1 e sul rispetto dei vincoli e delle procedure previsti dalla presente legge.
      3. Il direttore generale esercita le funzioni di rappresentanza interna ed esterna, anche processuale, dell'ACS.

Art. 13.
(Statuto e regolamenti dell'ACS).

      1. Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il

 

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direttore generale dell'ACS propone al comitato direttivo di cui all'articolo 14, per l'approvazione, lo statuto e i regolamenti di funzionamento dell'ACS.
      2. Dopo l'approvazione da parte del comitato direttivo, il direttore generale dell'ACS trasmette lo statuto al Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, che a sua volta lo presenta al Consiglio dei ministri per la definitiva approvazione.
      3. Eventuali variazioni allo statuto e ai regolamenti dell'ACS sono approvate secondo la procedura di cui ai commi 1 e 2.

Art. 14.
(Comitato direttivo).

      1. Il comitato direttivo dell'ACS è composto dal direttore generale e da quattro membri, che durano in carica tre anni e sono rinnovabili una sola volta. I membri del comitato sono scelti, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, fra persone di provata esperienza nel settore della cooperazione allo sviluppo e sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, con le seguenti modalità:

          a) due su proposta del Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale;

          b) uno su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze;

          c) uno su proposta dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

      2. Il comitato direttivo opera in conformità con quanto stabilito nello statuto di cui all'articolo 13. Esso, in particolare:

          a) predispone lo statuto e delibera i regolamenti dell'ACS;

          b) delibera il programma triennale di attività dell'ACS corredato della relativa relazione programmatica;

 

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          c) delibera il bilancio di previsione annuale, le eventuali note di variazione nonché il rendiconto consuntivo, corredato dalla relazione illustrativa dei risultati conseguiti e dello stato d'avanzamento delle attività, entro tre mesi dalla chiusura dell'esercizio;

          d) approva, entro due mesi dal suo insediamento, e successivamente ogni volta che se ne presenti la necessità, la struttura organizzativa dell'ACS predisposta dal direttore generale sulla base di quanto indicato all'articolo 16;

          e) adotta le deliberazioni relative al funzionamento dell'ACS;

          f) approva i Piani-Paese predisposti dall'ACS;

          g) approva le iniziative di cooperazione finanziate, anche parzialmente, attraverso il Fondo unico per l'APS;

          h) delibera gli impegni di spesa;

          i) delibera l'apertura degli uffici periferici dell'ACS;

          l) delibera in merito ad ogni questione che il direttore generale ritenga opportuno sottoporre alla sua attenzione.

Art. 15.
(Collegio dei revisori dei conti).

      1. Presso l'ACS è istituito il collegio dei revisori dei conti, presieduto da un magistrato della Corte dei conti e composto da ulteriori cinque membri nominati, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, con le seguenti modalità:

          a) due su proposta del Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale;

          b) uno su proposta delle Commissioni competenti in materia di affari esteri del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

          c) uno su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze;

 

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          d) uno su proposta del direttore generale dell'ACS.

      2. Il collegio dei revisori dei conti vigila sul buon andamento amministrativo, finanziario e contabile dell'ACS, tenendo presenti le finalità di cui all'articolo 1.

Art. 16.
(Organizzazione dell'ACS).

      1. L'ACS è strutturata in divisioni geografiche, una divisione multilaterale, una divisione giuridica amministrativa e una divisione del personale. La struttura dell'ACS comprende inoltre gli uffici tematici di staff del direttore generale, che lo coadiuvano nell'attività di controllo sull'attuazione degli interventi di cui alla presente legge nelle distinte aree geografiche, anche sotto il profilo della coerenza con le disposizioni generali di programmazione degli interventi dell'APS.
      2. Le divisioni geografiche sono preposte alla conduzione dei negoziati bilaterali, alla formulazione delle proposte di programmazione finanziaria e tecnica, alla gestione e al coordinamento dei progetti e alla supervisione sull'attuazione della programmazione bilaterale.
      3. La divisione multilaterale è preposta ai seguenti compiti:

          a) facilitare la gestione dei rapporti con gli organismi internazionali e sovranazionali;

          b) formulare la proposta annuale per la concessione dei contributi volontari agli organismi ed agli istituti afferenti al sistema delle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni internazionali;

          c) valutare e coordinare, in costante coordinamento con le divisioni geografiche competenti, i programmi ed i progetti multibilaterali, non attribuibili ad una specifica area geografica.

      4. La divisione del personale è preposta alla gestione del personale dell'ACS, con particolare riguardo al reclutamento, alla carriera,

 

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alle missioni e ai trasferimenti all'estero.
      5. Uno specifico ufficio dell'ACS è incaricato dei servizi di informazione interna e al pubblico, documentazione e banca dati, nonché della redazione del bollettino dell'ACS.

Art. 17.
(Personale dell'ACS).

      1. Il personale dell'ACS è inquadrato sulla base di un negoziato tra il direttore generale, a tal fine coadiuvato dalla divisione del personale, di cui all'articolo 16, comma 4, e le organizzazioni sindacali, a livello intercategoriale, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con il quale si procede all'individuazione del contratto collettivo nazionale del lavoro cui fare riferimento per il predetto inquadramento. Le contrattazioni successive sono svolte con le organizzazioni sindacali della categoria individuata a seguito della procedura negoziale di cui al primo periodo.
      2. Fino alla definizione della nuova normativa di cui al comma 1 si applicano le disposizioni contrattuali relative al personale della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri, in vigore alla data di entrata in vigore della presente legge.
      3. Lo status del personale dipendente dell'ACS deve tenere conto dell'esigenza di tutelarne e valorizzarne l'indipendenza, l'imparzialità e la professionalità.

Art. 18.
(Unità locali di cooperazione).

      1. L'ACS, sulla base delle direttive e delle indicazioni del Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, provvede all'istituzione di unità locali di cooperazione (ULC), con sede propria nei Paesi partner.
      2. I compiti delle ULC consistono:

          a) nella facilitazione della conduzione dei negoziati con le autorità centrali e

 

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locali del Paese partner relativamente alla definizione e alla realizzazione dei Piani-Paese e dei progetti di cooperazione;

          b) nel mantenimento dei rapporti attinenti alle iniziative di cooperazione con le autorità centrali e locali del Paese partner con la popolazione locale, nonché con gli altri soggetti che attuano interventi di cooperazione in loco;

          c) nella predisposizione e nell'invio all'ACS di ogni elemento di informazione utile alla gestione, valutazione e coordinamento delle iniziative di cooperazione intraprese, nonché alla redazione e modifica dei Piani-Paese o di singoli progetti;

          d) nella predisposizione di tutta la documentazione necessaria alla redazione delle linee programmatiche per la cooperazione allo sviluppo definite all'articolo 3;

          e) nella supervisione e nel controllo tecnico delle iniziative di cooperazione in atto;

          f) nello sdoganamento, controllo, custodia e consegna delle attrezzature e dei beni inviati dall'ACS.

Art. 19.
(Funzionamento e regolamenti dell'ACS).

      1. In sede di prima attuazione della presente legge, entro sei mesi dalla data della sua entrata in vigore, il direttore generale definisce le procedure relative al funzionamento dell'ACS, ivi comprese quelle di reclutamento del personale, di affidamento delle consulenze, di gestione e di valutazione dei progetti, di selezione degli esecutori degli interventi, e le sottopone all'esame del comitato direttivo per una prima approvazione. Tali procedure sono successivamente sottoposte al Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale per l'approvazione definitiva. Le procedure sono trasmesse anche alle Commissioni parlamentari competenti.
      2. Eventuali integrazioni e modifiche alle procedure adottate ai sensi del comma 1

 

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sono approvate con le modalità stabilite nel medesimo comma.

Capo III
FINANZIAMENTO DELLA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO

Art. 20.
(Autonomia finanziaria dell'ACS).

      1. Alla gestione delle attività dirette alla realizzazione delle finalità di cui all'articolo 1 si provvede in deroga alle norme sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato.
      2. L'ACS ha autonomia finanziaria, che esercita attingendo al Fondo unico di cui all'articolo 21.
      3. Per quanto riguarda gli aspetti amministrativi e contabili, l'ACS è soggetta al controllo del collegio dei revisori dei conti di cui all'articolo 15, a quello dell'organismo di verifica contabile di cui all'articolo 5, comma 2, lettera a), ed eliminare a quello delle Commissioni parlamentari competenti.
      4. La Corte dei conti esercita il controllo di legittimità in via successiva sugli atti dell'ACS, che è tenuta a inoltrarli contestualmente alla loro definizione. La Corte dei conti provvede a trasmettere copia di tutta la documentazione di cui al primo periodo alle Commissioni parlamentari competenti.

Art. 21.
(Fondo unico).

      1. Il Fondo unico per la cooperazione allo sviluppo destinato all'attuazione delle iniziative previste dalla presente legge, di seguito denominato «Fondo unico», è costituito:

          a) dagli stanziamenti quinquennali iscritti nell'apposita rubrica del Fondo;

 

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          b) dagli eventuali apporti conferiti, in qualsiasi valuta, dai Paesi partner, da altri Stati, da enti od organismi internazionali per la cooperazione allo sviluppo;

          c) dai fondi a ciò destinati da regioni, città metropolitane, province, comuni ed altri enti locali;

          d) dai fondi destinati alle iniziative bilaterali e multibilaterali da finanziare a dono, ivi inclusi e distinti quelli per le iniziative di cooperazione decentrata e quelli per le iniziative promosse dalle associazioni e società cooperative di cui all'articolo 22;

          e) dai mezzi finanziari destinati alla costituzione del fondo rotativo per il finanziamento delle iniziative bilaterali a credito di aiuto e dai relativi rientri;

          f) dai fondi derivanti dalle operazioni di conversione dei crediti commerciali di cui all'articolo 2, comma 2, lettera c), della legge 25 luglio 2000, n. 209, da gestire secondo le modalità previste dagli accordi bilaterali con i Paesi interessati;

          g) dai fondi destinati, per le sole finalità e nei limiti della presente legge, ai contributi, obbligatori e volontari, alle organizzazioni internazionali, alla partecipazione italiana al capitale di banche e fondi internazionali di sviluppo nonché alla cooperazione allo sviluppo svolta dall'Unione europea;

          h) dalle risorse del fondo rotativo previste dall'articolo 6 della legge 26 febbraio 1987, n. 49;

          i) da donazioni, lasciti, legati o liberalità delle sole persone fisiche;

          l) da qualsiasi altro provento derivante dall'esercizio delle attività dell'ACS, comprese le eventuali restituzioni comunitarie.

      2. Gli stanziamenti destinati al Fondo unico sono determinati in sede di legge finanziaria. Essi sono stabiliti per il quinquennio successivo, senza possibilità di riduzioni, al fine di garantire l'assunzione di impegni certi per la realizzazione delle

 

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iniziative di cooperazione che hanno, generalmente, durata pluriennale. L'importo dei predetti stanziamenti deve essere di entità tale da soddisfare gli impegni presi dall'Italia in sede internazionale, e in particolare l'impegno di destinare, entro il 2010 almeno lo 0,51 per cento ed entro il 2015 almeno lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo dell'Italia, alla cooperazione internazionale. Per il finanziamento di tali iniziative non è richiesta l'autorizzazione del Ministro dell'economia e delle finanze, anche nel caso in cui il finanziamento avvenga sotto forma di credito d'aiuto. I residui non utilizzati sono riportati all'esercizio successivo.
      3. Gli stanziamenti destinati dalla legge finanziaria al Fondo unico sono iscritti in apposita unità previsionale di base del bilancio dello Stato, per essere trasferiti entro trenta giorni al Fondo unico.
      4. Le risorse previste per la cancellazione e la conversione del debito estero in applicazione della legge 25 luglio 2000, n. 209, confluiscono nel Fondo unico, al fine di migliorare il coordinamento delle politiche di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale con quelle della cancellazione e della conversione del debito. In ogni caso, i fondi destinati alla cancellazione e alla conversione del debito sono iscritti in una contabilità separata, in modo da garantire la separazione, finanziaria e contabile, delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo da quelle destinate alla cancellazione e alla conversione del debito.

Art. 22.
(Servizio di tesoreria).

      1. Alla gestione finanziaria e contabile del Fondo unico provvede un istituto di credito scelto mediante gara fra quelli, presenti in Italia, che dichiarino di non operare nel settore degli armamenti e il cui statuto sia basato su criteri di equità commerciale nei rapporti fra nord e sud del mondo.

 

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      2. Ai fini di cui al comma 1, il bando di gara deve considerare, tra i requisiti per la scelta dell'istituto di credito, il non coinvolgimento nel finanziamento all'industria degli armamenti, ivi compresi il finanziamento alle operazioni di import-export e l'appoggio alle operazioni di pagamento, nonché l'assenza di succursali, filiali o controllate in Paesi considerati «paradisi fiscali» dall'OCSE o da altre istituzioni e organizzazioni internazionali. Il bando di gara deve altresì considerare l'adozione da parte dell'istituto di credito di standard ambientali, sociali e sui diritti umani per la valutazione degli impatti conseguenti ai finanziamenti effettuati.

Art. 23.
(Esenzioni fiscali e versamento della quota IRPEF).

      1. I contribuenti persone fisiche possono, mediante apposita dichiarazione allegata alla denuncia annuale dei redditi, devolvere al Fondo unico e ai soggetti di cui all'articolo 24, una quota pari all'8 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 settembre 2002, n. 250. Le relative modalità sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale.
      2. I contributi, le donazioni e le oblazioni erogati da persone fisiche in favore dei soggetti di cui all'articolo 24 sono deducibili dal reddito imponibile netto ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui al titolo I del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, nella misura massima del 2 per cento di tale reddito.
      3. Il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale ed il Ministro dell'economia e delle finanze adottano o propongono, di concerto fra loro, le norme

 

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necessarie a garantire ulteriori sgravi fiscali a beneficio delle attività di cooperazione allo sviluppo disciplinate dalla presente legge.

Capo IV
ASSOCIAZIONI SENZA FINI DI LUCRO PER LA COOPERAZIONE ALLO SVILUP- PO, SOCIETÀ COOPERATIVE E STATUS DEI COOPERANTI

Art. 24.
(Associazioni senza fini di lucro e società cooperative per la cooperazione allo sviluppo).

      1. Possono presentare all'ACS progetti volti a perseguire le finalità di cui all'articolo 1 le associazioni o i gruppi di associazioni che presentano i seguenti requisiti:

          a) essere costituite con atto pubblico ai sensi del codice civile;

          b) avere tra i propri fini statutari la prestazione di attività di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale;

          c) non perseguire fini di lucro;

          d) non risultare collegate in alcun modo con soggetti aventi fini di lucro, italiani o stranieri;

          e) poter dimostrare di avere svolto attività di cooperazione allo sviluppo negli ultimi due anni;

          f) svolgere le attività di rendicontazione e presentare i rapporti di attività richiesti dall'ACS.

      2. Possono, altresì, presentare all'ACS progetti di cooperazione, volti a perseguire le finalità di cui all'articolo 1, le società cooperative che presentano i seguenti requisiti:

          a) avere tra i propri fini statutari la realizzazione di attività di cooperazione allo sviluppo;

 

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          b) non risultare in alcun modo collegate con soggetti aventi fini di lucro, italiani o stranieri;

          c) poter dimostrare di avere svolto attività di cooperazione allo sviluppo negli ultimi due anni;

          d) svolgere attività di rendicontazione e presentare i rapporti di attività richiesti dalla presente legge;

          e) non avere al loro interno la presenza di soci sovventori;

          f) documentare che la presenza dei lavoratori non soci è inferiore a quella dei soci lavoratori, fatte salve le cooperative di consumo.

      3. I soggetti di cui ai commi 1 e 2 sono inseriti in un apposito elenco opportunamente reso pubblico dall'ACS.
      4. Possono, altresì, presentare all'ACS progetti di cooperazione le organizzazioni del commercio equo e solidale, le associazioni e le cooperative di immigrati, le organizzazioni che svolgono attività di microcredito e quelle impegnate nell'attività di sostegno e adozione a distanza secondo quanto disposto rispettivamente dagli articoli 28, 29, 30 e 31.
      5. Possono, altresì, presentare all'ACS progetti di cooperazione le organizzazioni dei Paesi partner che abbiano i requisiti definiti con apposito regolamento adottato dall'ACS.
      6. La capacità di intervento dei soggetti di cui al presente articolo è valutata dall'ACS in relazione alle specifiche caratteristiche dei progetti presentati.
      7. Le operazioni effettuate nei confronti delle amministrazioni dello Stato, delle associazioni e delle società cooperative di cui al presente articolo, che provvedono, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, all'acquisto, al trasporto e alla spedizione di beni all'estero, nonché all'utilizzo di servizi in attuazione di finalità umanitarie, ivi comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo, non sono imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. Analogo beneficio compete

 

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per l'esportazione di beni destinati alle medesime finalità, nonché all'acquisto di biglietti aerei per missioni all'estero nel quadro di progetti di cooperazione.
      8. Le attività di cooperazione allo sviluppo o che comunque rispettino le finalità degli articoli 1 e 2, svolte dai soggetti di cui al presente articolo, rientranti nel quadro di collaborazione tra l'Italia e le Nazioni Unite o l'Unione europea, sono da considerare, ai fini fiscali, attività di natura non commerciale. Le norme per l'attuazione delle disposizioni del presente comma sono dettate dal Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Art. 25.
(Consulta per la cooperazione allo sviluppo).

      1. È istituita la Consulta per la cooperazione allo sviluppo, di seguito denominata «Consulta».
      2. Della Consulta fanno parte le autonomie locali, le associazioni senza fini di lucro e le società cooperative di cui all'articolo 24, commi 1, 2, 4 e 5, le quali ne facciano richiesta e che presentino i requisiti previsti dal medesimo articolo.
      3. Possono altresì chiedere di fare parte della Consulta tutte le organizzazioni, le associazioni e le reti impegnate sui temi della giustizia ambientale, sociale ed economica globale che ne facciano richiesta. In tale caso, il comitato direttivo della Consulta, di cui al comma 4, si pronuncia entro tre mesi, con decisione motivata, in merito alla richiesta di partecipazione.
      4. La Consulta è convocata, la prima volta, dal Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. I componenti della Consulta eleggono il comitato direttivo, composto da undici membri, che rimangono in carica per un anno. I membri del comitato direttivo sono rieleggibili per un massimo di tre mandati.

 

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      5. Il comitato direttivo presenta la proposta di regolamento di funzionamento della Consulta, che deve essere successivamente approvata, con eventuali modifiche, dalla Consulta stessa, entro tre mesi dalla sua prima convocazione. Il regolamento è quindi trasmesso al Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale per l'approvazione definitiva.
      6. Allo scopo di recepire e discutere le indicazioni espresse dalla Consulta, il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale si riunisce con il comitato direttivo almeno due volte l'anno.
      7. Al fine di una valutazione generale sulle attività e sugli indirizzi, il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale convoca, una volta l'anno, una Conferenza generale sulla cooperazione allo sviluppo, a carattere consultivo, cui partecipano le associazioni, le società cooperative, le regioni, gli enti locali e gli altri soggetti che svolgono attività di cooperazione allo sviluppo.
      8. La Consulta ha diritto a propri spazi autogestiti negli strumenti d'informazione e di pubblicità previsti dalla presente legge.
      9. Il comitato direttivo della Consulta ed ogni suo membro, anche a titolo individuale, possono presentare all'ACS e al Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale osservazioni e pareri su ogni aspetto dell'attività dell'ACS, inclusi i singoli interventi.
      10. La Consulta può inoltrare all'ACS proprie indicazioni e suggerimenti per la redazione dei Piani-Paese e dei piani regionali, di cui all'articolo 4.
      11. L'ACS è tenuta ad esaminare le osservazioni, i pareri, le indicazioni e i suggerimenti di cui ai commi 9 e 10 ed a pronunciarsi in merito entro due mesi dalla loro presentazione.

Art. 26.
(Status dei cooperanti).

      1. Sono considerati cooperanti i cittadini italiani in possesso delle conoscenze

 

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tecniche e delle qualità personali necessarie, nonché della idoneità psicofisica, che stipulano un contratto avente ad oggetto la prestazione di attività di lavoro nell'ambito delle iniziative previste dalla presente legge, prescindendo da fini di lucro e ispirati ai valori della solidarietà e della cooperazione internazionale.
      2. Sono comprese tra le attività di cooperazione quelle finanziate nell'ambito dell'Unione europea, delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali.
      3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta dell'ACS, il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale adotta la «Carta dei diritti e dei doveri del cooperante», che definisce la natura e le caratteristiche particolari della qualifica di cooperante.

Capo V
COOPERAZIONE DECENTRATA E ALTRI ATTORI DELLA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO E DELLA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE

Art. 27.
(Cooperazione decentrata).

      1. Le regioni, le città metropolitane, le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti locali possono attuare in piena autonomia interventi di cooperazione allo sviluppo, nell'ambito delle strategie annuali stabilite dal Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale e approvate dal Parlamento ai sensi dell'articolo 3. L'ACS favorisce la cooperazione decentrata tra realtà locali italiane e dei Paesi partner, contribuendo finanziariamente, in tutto od in parte, ai progetti presentati, anche attraverso loro consorzi, che rispondano alle finalità di cui all'articolo 1, nonché fornendo assistenza e servizi, direttamente o mediante organismi esecutori esterni.
      2. È istituita una commissione paritetica per la cooperazione decentrata composta da dieci membri, di cui cinque

 

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nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, tre dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, uno dall'Unione delle province d'Italia e uno dall'Associazione nazionale dei comuni italiani. La commissione è presieduta dal Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale o da un suo delegato, e alle sue riunioni partecipa il direttore generale dell'ACS o un suo delegato.
      3. Nel caso di richiesta di contributo finanziario da parte dei soggetti di cui al comma 1, la commissione di cui al comma 2 discute e presenta proposte in ordine alle attività di cooperazione allo sviluppo promosse, organizzate ed attuate ai sensi dell'articolo 3, comma 7, che assicurino il coordinamento tra le attività nel pieno rispetto della loro autonomia, stabilendo, altresì, la quota del Fondo unico da destinare annualmente a tali attività.
      4. Nel rispetto della piena autonomia prevista al comma 1, la commissione paritetica per la cooperazione decentrata deve favorire l'ottimizzazione delle politiche di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale dell'Italia, con l'obiettivo di evitare la moltiplicazione di iniziative analoghe e le conseguenti dispersioni di risorse, che possano comportare una diminuzione della efficienza ed efficacia delle politiche di cooperazione.
      5. La commissione paritetica per la cooperazione decentrata può inoltrare all'ACS le proprie indicazioni e suggerimenti per la redazione dei Piani-Paese e dei piani regionali, di cui all'articolo 4.
      6. Le associazioni senza fini di lucro, le società cooperative e gli altri soggetti indicati all'articolo 24, commi 1, 2, 4 e 5, possono presentare richiesta di contributo alle regioni e agli altri enti territoriali per la realizzazione di progetti di cooperazione allo sviluppo.

Art. 28.
(Commercio equo e solidale).

      1. La Repubblica riconosce il valore del commercio equo e solidale in quanto

 

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forma di cooperazione volta a realizzare scambi commerciali con i produttori dei Paesi partner, che tendono a valorizzare produzioni, tradizioni e culture autoctone, con particolare riguardo alle coltivazioni biologiche e alle altre attività produttive che si indirizzano all'obiettivo dello sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale.
      2. I soggetti di cui all'articolo 24 che praticano gli scambi di cui al comma 1 del presente articolo, sono iscritti, su propria richiesta, in appositi albi o registri tenuti a livello nazionale e regionale, e beneficiano di agevolazioni fiscali ed esenzioni dai tassi di importazione, stabilite dal Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, di concerto con il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale.
      3. Negli albi di cui al comma 2 possono essere iscritte le associazioni e le società cooperative che:

          a) sono costituite con atto pubblico ai sensi del codice civile;

          b) hanno come fine statutario lo svolgimento dell'attività di commercio equo e solidale, nonché obiettivi di solidarietà internazionale e di cooperazione allo sviluppo;

          c) non risultano in alcun modo collegate con soggetti aventi fini di lucro, italiani o stranieri;

          d) possono dimostrare di avere svolto attività di commercio equo e solidale negli ultimi due anni;

          e) non hanno al loro interno la presenza di soci sovventori;

          f) documentano che la presenza dei lavoratori non soci è inferiore a quella dei soci lavoratori.

      4. Ai fini di cui al presente articolo sono valutate con particolare attenzione le iniziative che, oltre ad incrementare la partecipazione del movimento cooperativo dei Paesi partner, salvaguardano, altresì, i diritti dei lavoratori che prestano la loro opera in tali attività.

 

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Art. 29.
(Partecipazione dei migranti alla cooperazione e alla solidarietà internazionale).

      1. Le associazioni e le società cooperative di immigrati possono presentare, a parità di condizioni con i soggetti italiani, progetti di cooperazione allo sviluppo all'ACS, alle regioni e agli enti locali territoriali, in conformità all'articolo 24 ed alle normative regionali di settore.

Art. 30.
(Attività di microcredito).

      1. La Repubblica riconosce le attività di microcredito quale strumento economico innovativo che contribuisce in maniera determinante alla lotta contro la povertà e allo sviluppo autoctono dei popoli, con l'effetto di implementare meccanismi virtuosi di sviluppo e di emancipazione economica delle popolazioni più povere, escluse dai canali economici e finanziari tradizionali. Nell'ambito delle attività di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale, sono favorite le attività di microcredito aventi come scopo la creazione e lo sviluppo di attività imprenditoriali socialmente e ambientalmente sostenibili, volte in primo luogo al soddisfacimento dei bisogni essenziali delle popolazioni locali.
      2. I soggetti di cui all'articolo 24, che svolgono attività di microcredito secondo quanto previsto dal comma 1 del presente articolo, sono iscritti, su propria richiesta, in appositi albi o registri tenuti a livello nazionale e regionale, e beneficiano di agevolazioni fiscali ed esenzioni dai tassi di importazione, stabilite dal Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, di concerto con il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale.
      3. Negli albi di cui al comma 2 possono essere iscritte le associazioni e le società cooperative che:

          a) sono costituite con atto pubblico ai sensi del codice civile;

 

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          b) hanno come fine statutario lo svolgimento dell'attività di microcredito, nonché obiettivi di solidarietà internazionale e di cooperazione allo sviluppo;

          c) non risultano in alcun modo collegate con soggetti aventi fini di lucro, italiani o stranieri;

          d) possono dimostrare di avere svolto attività di microcredito negli ultimi due anni;

          e) non hanno al loro interno la presenza di soci sovventori;

          f) documentano che la presenza dei lavoratori non soci è inferiore a quella dei soci lavoratori;

          g) si ispirano nelle loro operazioni ai princìpi della finanza eticamente orientata.

      4. Ai fini di cui al presente articolo sono valutate con particolare attenzione le iniziative che, oltre ad incrementare la partecipazione del movimento cooperativo dei Paesi partner, salvaguardano, altresì, i diritti dei lavoratori che prestano la loro opera in tali attività.

Art. 31.
(Sostegno e adozione a distanza).

      1. Ai fini della presente legge, per sostegno e adozione a distanza si intende ogni atto di aiuto economicamente apprezzabile di minori residenti in Paesi in ritardo di sviluppo, rivolto al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei minori stessi nei Paesi d'origine. Tali atti devono favorire un vincolo di conoscenza e di relazione affettiva tra i soggetti interessati.
      2. I soggetti di cui all'articolo 24, che svolgono attività di sostegno e adozione a distanza secondo quanto previsto dal comma 1 del presente articolo, sono iscritti, su propria richiesta, in appositi albi o registri tenuti a livello nazionale e regionale, e beneficiano di agevolazioni fiscali ed esenzioni dai tassi di importazione,

 

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stabilite dal Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, di concerto con il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale.
      3. Negli albi di cui al comma 2 possono essere iscritte le associazioni e le società cooperative che:

          a) sono costituite con atto pubblico ai sensi del codice civile;

          b) hanno come fine statutario lo svolgimento dell'attività di sostegno o adozione a distanza, nonché obiettivi di solidarietà internazionale e di cooperazione allo sviluppo;

          c) non risultano in alcun modo collegate con soggetti aventi fini di lucro, italiani o stranieri;

          d) possono dimostrare di avere svolto attività di sostegno o adozione a distanza negli ultimi due anni;

          e) non hanno al loro interno la presenza di soci sovventori;

          f) documentano che la presenza dei lavoratori non soci è inferiore a quella dei soci lavoratori.

      4. Ai fini di cui al presente articolo sono valutate con particolare attenzione le iniziative che, oltre ad incrementare la partecipazione del movimento cooperativo dei Paesi partner, salvaguardano, altresì, i diritti dei lavoratori che prestano la loro opera in tali attività.

Capo VI
NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 32.
(Personale dell'ACS).

      1. Nei ruoli dell'ACS sono inquadrati in via prioritaria, previa loro richiesta, sulla base di procedure di reclutamento appositamente decise dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, di

 

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concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, coloro che hanno prestato per almeno quattro anni, o che prestano, alla data di entrata in vigore della presente legge, la loro opera alle dipendenze della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri.

Art. 33.
(Indirizzi programmatici).

      1. Gli indirizzi programmatici per la cooperazione allo sviluppo sono stabiliti, in sede di prima applicazione della presente legge, dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della stessa.
      2. L'ACS procede alla redazione della relazione previsionale e programmatica entro tre mesi dall'approvazione degli indirizzi di cui al comma 1.

Art. 34.
(Finanziamento del Fondo unico).

      1. Tutti gli stanziamenti destinati alla cooperazione allo sviluppo, ivi compreso il fondo rotativo di cui all'articolo 6 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, con i relativi rientri, confluiscono nel Fondo unico, all'atto della sua istituzione.

Art. 35.
(Gestione delle attività pregresse e direttive alle rappresentanze diplomatiche).

      1. Presso il Ministero degli affari esteri è soppressa la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo istituita dall'articolo 10 della legge 26 febbraio 1987, n. 49.
      2. Alle dirette dipendenze del Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale

 

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è istituito l'Ufficio di coordinamento per le politiche di cooperazione allo sviluppo, con i seguenti compiti:

          a) assicurare il completamento delle iniziative di cooperazione allo sviluppo approvate prima della data di entrata in vigore della presente legge, sino al termine delle attività operative e degli eventuali contenziosi. Per sopperire alle eventuali necessità di personale tecnico è previsto il ricorso al personale comandato da altre amministrazioni dello Stato o enti pubblici;

          b) impartire, su richiesta e in accordo con l'ACS, alle rappresentanze diplomatiche italiane nei Paesi partner, le direttive per la definizione o la revisione degli accordi quadro in merito alle procedure e alle modalità delle attività di cooperazione allo sviluppo.

      3. L'Ufficio di coordinamento per le politiche di cooperazione allo sviluppo provvede ogni anno a presentare al Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale una relazione in merito allo svolgimento delle attività di cui al comma 2, fino al completo adempimento dei compiti di cui alla lettera a) del citato comma 2. Il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale trasmette la relazione alle Commissioni parlamentari competenti.


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