Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 2613

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2613



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

PEDRIZZI, AMORUSO, BONO, CASTELLANI, CASTIELLO, CICCIOLI, CONSOLO, GIULIO CONTI, DE CORATO, HOLZMANN, MANCUSO, MIGLIORI, NESPOLI, RAMPELLI, ROSITANI, SALERNO, ZACCHERA, BARANI, BARBIERI, CARLUCCI, CARTA, D'AGRÒ, DI VIRGILIO, FORLANI, GRECO, JANNONE, LO MONTE, MISTRELLO DESTRO, OSVALDO NAPOLI, NERI, PONZO, RICEVUTO

Disposizioni per il riconoscimento di un ulteriore indennizzo ai cittadini, agli enti e alle società italiani titolari di beni, diritti e interessi perduti a seguito di provvedimenti emanati dalle autorità libiche

Presentata l'8 maggio 2007


      

torna su
Onorevoli Colleghi! - Il problema degli indennizzi ai cittadini italiani che hanno perduto i loro beni all'estero si trascina dai tempi del Trattato di pace e non è stato, fino a oggi, risolto in modo definitivo, nonostante le numerose leggi in materia (l'ultima delle quali è la legge 29 marzo 2001, n. 137, recante «Disposizioni in materia di indennizzi a cittadini e imprese operanti in territori della ex Jugoslavia, già soggetti alla sovranità italiana»).
      Considerati i tanti anni trascorsi dal verificarsi delle perdite, si pone per lo Stato italiano il problema di risolvere con equità le molte questioni ancora aperte, tra cui quella relativa alle rivendicazioni patrimoniali e non patrimoniali dei cittadini italiani espulsi dalla Libia nel 1970, previa confisca dei loro beni.
      L'atto fondamentale nella sistemazione post-bellica dei rapporti italo-libici è costituito dall'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno Unito di Libia (con relativi scambi di note) concluso a Roma il 2 ottobre 1956 con un trattato bilaterale, e successivamente ratificato dal Parlamento italiano ai sensi della legge 17 agosto 1957, n. 843.
 

Pag. 2


      Il Trattato prevedeva un accordo di collaborazione economica e regolava in via definitiva tutte le questioni fra i due Stati derivanti dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 15 dicembre 1950: inoltre, l'Italia trasferiva allo Stato libico tutti i beni demaniali e corrispondeva la somma di 5 milioni di sterline. Lo stesso Accordo assicurava la continuità della permanenza della comunità italiana residente nel Paese garantendo il libero e diretto esercizio dei suoi diritti (articolo 9).
      Il cambiamento di regime, avvenuto in seguito al colpo di Stato del 1o settembre 1969, e l'ascesa del colonnello Gheddafi al potere portarono in pochi mesi all'adozione di misure via via più restrittive nei confronti della collettività italiana, fino al decreto di confisca del 21 luglio 1970, emanato per «restituire al popolo libico le ricchezze dei suoi figli e dei suoi avi usurpate dagli oppressori», cioè da quei coloni che con il loro lavoro e il loro sacrificio, già prima dell'avvento del fascismo, promossero lo sviluppo economico e sociale di quelle regioni, recandovi il segno della civiltà e dando ai suoi stessi abitanti dignità di popolo.
      Quanto sopra avvenne in violazione del diritto internazionale e, specificamente, del citato Accordo italo-libico del 1956, nonché delle risoluzioni dell'Assemblea generale dell'ONU relative alla proclamazione di indipendenza che garantivano diritti e interessi della comunità italiana.
      Giova ricordare che, da parte del Governo italiano, non si ritenne per ragioni politiche di sottoporre ad arbitrato la situazione determinatasi con i provvedimenti adottati dalle autorità rivoluzionarie libiche a seguito degli eventi del 1969, così come prevedeva l'articolo 17 dell'Accordo italo-libico del 1956. Né il Governo italiano ritenne, per le medesime valutazioni politiche, che qui si omette di commentare, di denunciare nella sede delle Nazioni Unite quei provvedimenti delle autorità libiche così palesemente violativi della risoluzione dell'Assemblea generale del dicembre 1950.
      Neppure ritenne il Governo italiano, né ha finora ritenuto, di far valere presso le autorità libiche, e a tutela dei suoi cittadini, l'obbligo di quelle autorità di risarcire i beni, i diritti e gli interessi così illegalmente e indiscriminatamente confiscati con la citata normativa libica del 1970.
      Al di là di ogni valutazione sulle azioni od omissioni di politica estera italiana nei confronti della Libia, da quanto esposto può trarsi la conclusione dell'obbligo sostitutivo, pieno e ineludibile, del Governo italiano di risarcire, in misura integrale e comprensiva del valore degli avviamenti commerciali, degli interessi e della svalutazione monetaria, i beni, i diritti e gli interessi perduti dalla comunità italiana presente in Libia e poi espulsa con la forza.
      In questa direzione si sono avuti, com'è noto, diversi provvedimenti normativi italiani a beneficio dei cittadini rimpatriati dalla Libia (ci si riferisce alle leggi 6 dicembre 1971, n. 1066, e 5 aprile 1985, n. 135, che ha ampliato e modificato la legge 26 gennaio 1980, n. 16). Si tratta, tuttavia, di provvedimenti del tutto insufficienti, poiché la cifra globale corrisposta fino ad oggi agli aventi diritto, a più di trent'anni dalla confisca, ammonta a 288 miliardi di lire (di cui 32 miliardi circa corrisposti fra il 1972 e il 1979, in base alla legge «di acconto» n. 1066 del 1971; 86 miliardi circa corrisposti fra il 1980 e il 1985, in base alla legge n. 16 del 1980; 168 miliardi circa corrisposti fra il 1985 e il 1988, in base alla legge n. 135 del 1985 e 10-15 miliardi circa corrisposti fino al 2000, in base alla legge n. 98 del 1994).
      Giova ricordare che il Comunicato congiunto, firmato a Roma il 4 luglio 1998, ha affrontato ogni contenzioso tra i due Paesi senza minimamente porre sul tappeto la questione del risarcimento per i beni confiscati.
      Con ciò il Governo italiano ha definitivamente rinunciato a pretendere da parte libica il rispetto del Trattato violato e a esercitare la clausola arbitrale ritenendo che lo sviluppo dei rapporti bilaterali e i grandi interessi economici collegati agli investimenti nel settore energetico
 

Pag. 3

e delle comunicazioni potessero valere questo sacrificio.
      Molte clausole dell'accordo sono state attuate, fra cui la costituzione della Commissione mista che a sua volta ha costituito un «Fondo speciale» per interventi a favore di libici danneggiati dalla colonizzazione. Vi è stato un frequente interscambio ai massimi livelli teso a sviluppare la cooperazione economica bilaterale, senza tuttavia riuscire a rendere operativa l'unica clausola che riguardava i rimpatriati dalla Libia: la possibilità di ottenere il visto turistico per la Libia.
      La presente proposta di legge prevede che, ai cittadini italiani, agli enti e alle società di nazionalità italiana rimpatriati dalla Libia, per i quali la legge 6 dicembre 1971, n. 1066, prima, e le leggi 26 gennaio 1980, n. 16, 5 aprile 1985, n. 135, e 29 gennaio 1994, n. 98, successivamente, hanno previsto la concessione di anticipazioni per beni, diritti e interessi perduti a opera di provvedimenti emanati dalle autorità libiche a partire dal 1o gennaio 1969, sia corrisposto un ulteriore indennizzo, sulla base di un coefficiente di rivalutazione.
 

Pag. 4


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Ai cittadini italiani, agli enti e alle società di nazionalità italiana rimpatriati dalla Libia, per i quali la legge 6 dicembre 1971, n. 1066, ha previsto la concessione di anticipazioni per beni, diritti e interessi perduti a seguito dei provvedimenti emanati dalle autorità libiche a partire dal 1o gennaio 1969, e che hanno altresì beneficiato delle disposizioni di cui alle leggi 26 gennaio 1980, n. 16, e successive modificazioni, 5 aprile 1985, n. 135, e successive modificazioni, e 29 gennaio 1994, n. 98, è corrisposto un ulteriore indennizzo.
      2. Ai fini della corresponsione dell'indennizzo di cui al comma 1 è fissato un ulteriore coefficiente di rivalutazione del  2,5.

Art. 2.

      1. Agli effetti dell'articolo 1 sono valide le domande già presentate, se confermate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, dagli aventi diritto, i quali possono chiedere anche la revisione della stima già effettuata.

Art. 3.

      1. Le pratiche respinte dalla commissione interministeriale amministrativa, di cui all'articolo 4 della legge 6 dicembre 1971, n. 1066, e all'articolo 10 della legge 26 gennaio 1980, n. 16, per carenza di documentazione sono prese in esame da una apposita commissione costituita presso il Ministero degli affari esteri, che provvede, d'intesa con la commissione mista italo-libica, ad acquisire ogni elemento

 

Pag. 5

utile integrativo della documentazione mancante. Al termine dell'istruttoria, la commissione costituita ai sensi del primo periodo rinvia alla commissione interministeriale amministrativa competente la documentazione acquisita, allegando il proprio parere in ordine alla relativa pratica.
      2. La commissione costituita ai sensi del comma 1 è composta da:

          a) un magistrato della Corte di cassazione, collocato a riposo, che la presiede;

          b) due rappresentanti del Ministero degli affari esteri;

          c) due rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze;

          d) due rappresentanti dell'Associazione italiani rimpatriati dalla Libia (AIRL).

Art. 4.

      1. La liquidazione degli indennizzi calcolati ai sensi dell'articolo 1 è effettuata dai competenti uffici del Ministero dell'economia e delle finanze.

Art. 5.

      1. Agli indennizzi corrisposti ai sensi della presente legge si applicano le disposizioni dell'articolo 11 della legge 5 aprile 1985, n. 135, e dell'articolo 1, comma 4, della legge 29 gennaio 1994, n. 98.

Art. 6.

      1. Ai fini dell'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2007 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
      2. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 50 milioni di euro per l'anno 2007 e a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009,

 

Pag. 6

si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.



Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su