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PDL 2066

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2066



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato INCOSTANTE

Nuove disposizioni contro la violenza sesssuale

Presentata il 14 dicembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Con la legge 15 febbraio 1996, n. 66, ormai ben dieci fa, è stata approvata la riforma dei reati in materia di violenza sessuale. L'iter legislativo che portò all'approvazione della legge abbracciò l'arco di ben cinque legislature.
      Risalgono infatti al 1979 i primi progetti di riforma; in quell'anno diversi partiti presentarono disegni di legge sulla materia (Pci, Psi, Pri), vi fu anche una proposta di legge di iniziativa popolare, presentata il 19 marzo 1980, che raccolse ben 300.000 firme in calce a un documento presentato alla popolazione da movimenti delle donne.
      Nel 1987 fu presentato un nuovo disegno di legge, ma anche questo negli anni successivi si arenò nella navetta fra Camera e Senato.
      Nel 1995 ben 67 deputate di tutti i gruppi parlamentari presentarono una proposta di legge che poi fu approvata a larghissima maggioranza.
      La legge doveva diventare occasione per un rilancio dei temi della donna e delle implicazioni complessive di tutta la normativa vigente in materia di uguaglianza e di pari opportunità fra sessi, per una crescita civile.
      Suo obiettivo era la prevenzione, avendo assunto, con coerenza, la libertà sessuale come diritto inviolabile di tutti i cittadini da ogni forma di coercizione del consenso; ma tale effetto generale preventivo, da solo, certamente, non poteva risolvere il problema della violenza nella nostra società, come hanno dimostrato i fatti di cronaca che si sono verificati negli ultimi tempi, in vari luoghi d'Italia.
      Ancora una volta, in seguito a questo proliferare del fenomeno della violenza si deve aprire un serrato e franco confronto
 

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tra uomini e donne per arrivare ad altri provvedimenti, altre leggi e in questo modo prevenire in maniera concreta e costruttiva la violenza e non solo quella sessuale.
      Prima di tutto, per combattere il dilagare di questo fenomeno dovremmo definire la violenza, senza però fermarci esclusivamente alla definizione normativa.
      Ogni atto compiuto contro la nostra volontà è «violenza».
      Non è sufficiente l'assenza di resistenza da parte di una donna perché un atto sessuale sia accettabile, occorre il desiderio da parte della donna, tutte le volte che questo manca allora quell'atto o rapporto va considerato una violenza.
      Essere private del diritto al proprio corpo è un'esperienza sconvolgente e devastante che compromette l'equilibrio psicologico della vittima. La libertà di disporre del proprio corpo è un fondamentale diritto di uomini e donne, il diritto alla sessualità è un diritto soggettivo assoluto, riconosciuto nella nostra Costituzione tra i diritti inviolabili della persona.
      Accogliendo tale considerazione, la prima e più significativa innovazione della legge n. 66 del 1996 riguarda l'inserimento dei reati di violenza sessuale fra i delitti contro la persona; dunque il bene giuridico protetto non è più la moralità pubblica, ma la persona. La vittima della violenza sessuale non ha disonori da nascondere perché la violenza non lede il suo onore, né quello della sua famiglia, ma offende la sua persona. Il punto centrale della riforma era dato dalla creazione del reato di violenza sessuale, che viene commesso da chiunque con violenza o minaccia, o mediante abuso di autorità, costringe qualcuno a compiere o subire atti sessuali; il reato può essere commesso anche attraverso una condotta di induzione, abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa, oppure traendo quest'ultima in inganno, per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
      Il codice penale Rocco del 1930, invece, aveva incentrato la definizione di violenza sessuale distinguendo le due ipotesi della violenza carnale e degli atti di libidine violenta. Oggi le due ipotesi sono unificate nell'unica fattispecie criminosa che accorpa sia la congiunzione carnale che l'ipotesi di atti di libidine violenta. Naturalmente la violenza carnale era punita più gravemente degli atti di libidine violenta, perché il coito può far perdere la verginità o dar luogo a gravidanza e quindi è fonte di maggior disonore.
      Con la nuova normativa cadeva, dunque, il mito della verginità e della sacralità dell'organo genitale; con esso sarebbero dovute cadere anche le dispute giurisprudenziali sul quantum della penetrazione necessario per realizzare la congiunzione piuttosto che gli atti di libidine; l'accento si sarebbe dovuto spostare dalla natura sessuale alla natura violenta dell'atto. Alla base vi era l'idea che non vi può essere una violenza sessuale misurabile per porzioni di corpo o per modalità di intervento, comportando sempre un'offesa all'integrità della persona, che non è necessariamente solo la sua integrità fisica e non è quindi misurabile rispetto all'organo violato.
      Può infatti verificarsi che certi atti di libidine possano essere ritenuti più gravi e offensivi della dignità della persona rispetto a una penetrazione. Pertanto l'accertamento processuale dovrebbe vertere soltanto sulla reale mancanza di consenso, senza necessità di scendere in dettagli più minuti e degradanti, senza bisogno di perizie ginecologiche e di interrogatori avvilenti.
      Purtroppo, però, nonostante gli evidenti progressi in materia di diritti, ancora oggi le violenze sommerse che le donne subiscono sono numerosissime, se si considera l'enorme percentuale delle mancate denunce delle violenze sessuali e delle tentate violenze, malgrado le Forze dell'ordine siano facilmente accessibili in caso di emergenza.
      In effetti le donne che hanno subìto violenza temono di essere sottoposte a una violenza ulteriore da parte delle istituzioni che dovrebbero tutelarle, in quanto continua ad essere diffusa la falsa credenza
 

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che porta erroneamente a pensare che in qualche modo la vittima abbia potuto concorrere alla violenza.
      Inoltre esistono ancora diverse attenuanti per la violenza maschile, come, tra le tante, l'abuso di alcol.
      Siamo lontani, purtroppo, dallo sradicare gli stereotipi e i pregiudizi intorno alla violenza contro le donne, quasi ci sia una difficoltà a volere cogliere le dimensioni reali del problema, anche se secondo una recente indagine (sondaggio Swg, per conto di «Telefono rosa», effettuato nell'ottobre 2006 su un campione di 500 persone) presentata alla stampa estera a Roma, gli italiani pensano che la legge e le istituzioni non tutelano a sufficienza chi subisce una violenza sessuale. Per la maggioranza degli intervistati, inoltre, la violenza sulle donne è una vera piaga sociale che richiede come risposta una maggiore severità e un maggiore controllo sul territorio.
      Quindi è necessario un nuovo e incisivo intervento delle istituzioni che devono guardare con attenzione ai risultati di questi dieci anni di applicazione della legge n. 66 del 1996, per procedere a una modifica e a un'integrazione di una normativa che certo ha costituito una svolta, ma che non può essere considerata un punto di arrivo. La quotidiana applicazione ha reso evidente che c'è bisogno di altro, di strumenti nuovi.
      Relativamente alla certezza della pena, i punti salienti della presente proposta di legge riguardano:

          1) la modifica dell'articolo 609-bis del codice penale («Violenza sessuale»), in quanto è necessario modificare l'attuale formulazione che richiede il requisito della «costrizione» della vittima ai fini dell'imputazione, in favore di quella basata sulla «mera mancanza di consenso» all'atto sessuale, onde tutelare pienamente il diritto di libertà sessuale. L'articolo 609-bis richiede una condotta coartativa della volontà della vittima, attuata attraverso «violenza o minaccia o mediante abuso di autorità» al compimento dell'atto. E quasi come se il legislatore del tempo avesse previsto una sorta di «onere di resistenza» in capo alla vittima come presupposto dell'accesso alla tutela penale. In effetti la mancata reazione può nascere dal terrore che pervade l'aggredito oppure dalla convinzione che così si evita un male ancora peggiore. Introdurre la «mera mancanza di consenso» ai fini dell'imputazione significa rispondere a nuove esigenze di tutela;

          2) l'inasprimento della pena attraverso la previsione, all'interno dell'articolo 609-bis, di ipotesi di ulteriore punibilità. È preferibile introdurre una nuova e ulteriore ipotesi di punibilità che preveda l'aggravamento della pena se dal fatto deriva un ulteriore evento nefasto, piuttosto che aumentare le ipotesi di aggravanti.
      Il giudice, una volta accertato che si è in presenza di attenuanti e di aggravanti, dovrà procedere obbligatoriamente alla loro applicazione e al loro bilanciamento, cioè a un giudizio di prevalenza o di equivalenza (articolo 69 del codice penale). Se si ritengono prevalenti le aggravanti, non si tiene conto delle diminuzioni di pena stabilite per le attenuanti e si fa luogo ai soli aumenti di pena sanciti per le prime. Se, viceversa, sono ritenute prevalenti le attenuanti, si applicano soltanto le relative diminuzioni di pena e non si tiene conto delle aggravanti. Se poi si ritiene che aggravanti e attenuanti siano equivalenti, si applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna circostanza. Trattasi di un giudizio discrezionale, ma obbligatorio, di valore e non di quantità, ove le circostanze non si contano ma si pesano, onde non può ritenersi decisivo il maggior numero delle aggravanti rispetto alle attenuanti e viceversa.
      Occorre procedere a una valutazione unitaria della gravità complessiva del fatto e della capacità di delinquere del soggetto, in base alla quale il giudice può ritenere che una sola attenuante prevalga su più aggravanti e viceversa. Invece, prevedendo un aumento di pena, allorché derivi un ulteriore evento che viene posto a carico dell'agente per il solo fatto di essere stato causato dalla sua condotta criminosa, si eviterebbe il suddetto «bilanciamento»,

 

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facilitando anche il lavoro dei giudici che in alcuni casi in cui hanno riscontrato la volontarietà nell'agente di causare l'ulteriore evento, come nel caso di trasmissione dell'HIV, sono dovuti ricorrere al combinato disposto tra l'articolo 56 (delitto tentato) e l'articolo 575 (omicidio) del codice penale per configurare il tentato omicidio.
      Gli ulteriori eventi derivanti dalla violenza sono:

          danno alla donna in stato di gravidanza;

          danno al feto, in maniera diretta o indiretta;

          contagio di malattie gravi o gravissime;

          gravidanza;

          sindrome post traumatica da stress.

      Il riferimento «alla donna in stato di gravidanza», aggravante riconosciuta in alcune legislazioni europee, tra cui quella francese, mira anche a sopperire a una grave dimenticanza del legislatore del 1996.
      L'evento «danno al feto» e il possibile «contagio» sono previsti per facilitare il lavoro dei magistrati. Infatti, allo stato attuale, nel caso in cui si verificano tali ipotesi il giudice procede, a volte con molta difficoltà, configurando il concorso di reati attingendo al codice penale; così con il tentato omicidio nel caso di contagio o di lesione nel caso del danno al feto.
      L'attualità del disturbo post traumatico da stress (DPTS) richiede un riconoscimento esplicito all'interno della normativa in oggetto.
      Quando dieci anni fa la legge fu approvata gli studi sul DPTS non erano ancora così approfonditi e soprattutto così ben definiti. Oggi è una sindrome riconosciuta in campo psichiatrico e dunque le va individuato un suo spazio all'interno della normativa per assicurare una piena tutela della vittima;

          3) l'introduzione nel nostro codice penale dell'articolo 609-bis.1 relativo a una nuova fattispecie di reato, contenente misure per contrastare il crescente fenomeno delle «molestie assillanti» (stalking) che da recenti studi effettuati possono avere conseguenze letali. Le «molestie assillanti» si caratterizzano per una serie di azioni lesive ripetute nel tempo e dirette verso una specifica persona: seguire, telefonare ostinatamente, inviare lettere, fare regali, recarsi sul posto di lavoro, danneggiare oggetti di proprietà della vittima, appostarsi. Le azioni summenzionate non sono le uniche possibili e possono o meno essere accompagnate da minacce a cui può fare seguito un'aggressione o un omicidio, come le cronache spesso ci dicono. Le nuove disposizioni dovrebbero permettere di contrastare questo fenomeno graduando gli interventi, dapprima con misure dissuasive certe e tangibili, successivamente con misure cautelari e punitive nei confronti dell'autore o degli autori della molestia assillante. Certamente le misure devono essere immediate e pregnanti quando l'autore o gli autori della molestia assillante sono autori di reati di violenza sessuale o simili, ossia sempre nella sfera di reati violenti.

      Con riferimento al momento delle indagini, la presente proposta di legge prevede:

          1) la creazione di nuclei specializzati presso gli ospedali dotati di pronto soccorso, predisposti per le vittime di violenza sessuale, in funzione ventiquattro ore al giorno, con personale preparato sul piano medico-legale e psicologico. Il nucleo specializzato è formato almeno da uno psicologo e da un ginecologo. Esso accoglie la vittima, la aiuta a superare lo choc e ad affrontare la procedura necessaria per le indagini (visita ginecologica o accertamenti medici, visita medico-legale, raccolta e adeguata conservazione dei reperti), in modo da consentire la denuncia della violenza entro i sei mesi successivi, e ogni altra attività utile. Tali centri sono presenti da tempo in Francia, in Germania e negli Stati Uniti; in Italia ve n'è uno presso la clinica Mangiagalli di Milano, che opera

 

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quale servizio sostenuto dalla sanità pubblica. L'elenco di tali nuclei specializzati sarà disponibile presso i commissariati e i posti di polizia, nonché presso i comandi dei carabinieri.

          2) le creazione di un pool specializzato di magistrati per tutti i reati legati alla sfera delle violenze, degli abusi e dei maltrattamenti sessuali, presso le procure della Repubblica, affinché il personale possa acquisire conoscenze approfondite relative al fenomeno dei reati sessuali;

          3) la relazione di un albo di avvocati specializzati per la difesa della vittima, con la previsione di fondi vincolati per il patrocinio a spese dello Stato;

          4) la modifica, per i delitti di violenza sessuale sui minori, del termine di prescrizione dell'azione penale, che deve iniziare dal giorno in cui la vittima raggiunge la maggiore età. La prescrizione dei reati sessuali su minori in Austria, Germania, Francia, Paesi Bassi, Norvegia e Spagna decorre dal giorno in cui la vittima raggiunge la maggiore età. La common law non prevede termini di prescrizione ed è quindi sempre possibile perseguire penalmente il reato. In Svezia la prescrizione decorre dal giorno in cui la vittima compie quindici anni;

          5) previsione di fondi destinati alla creazione dei nuclei specializzati e del pool e volti a favorire programmi di aggiornamento e di formazione professionale adeguati agli scopi previsti dalla presente proposta di legge.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge è volta a potenziare e a migliorare gli strumenti di contrasto alla violenza sessuale, anche al fine di attuare una maggiore tutela delle vittime dei reati sessuali.

Art. 2.
(Modifica dell'articolo 609-bis del codice penale).

      1. All'articolo 609-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il primo comma è sostituito dal seguente:

      «Chiunque costringe taluno a compiere o subire atti sessuali senza il suo consenso è punito con la reclusione da cinque a dieci anni»;

          b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «La pena è aumentata di un terzo, se da siffatta condotta del colpevole deriva:

          1) danno alla donna in stato di gravidanza;

          2) danno al feto, in maniera diretta o indiretta;

          3) contagio di malattie gravi o gravissime;

          4) gravidanza;

          5) sindrome post traumatica da stress».

 

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Art. 3.
(Introduzione dell'articolo 609-bis. 1 del codice penale).

      1. Dopo l'articolo 609-bis del codice penale è inserito il seguente:

          «Art. 609-bis.1. - (Reato di molestie assillanti). - Chiunque, con comportamenti intrusivi e reiterati di sorveglianza, controllo, ricerca di contatto e di momenti di intimità indesiderati, pone taluno in uno stato di soggezione, di paura o di disagio emotivo, tale da ledere la altrui libertà morale o personale o la salute psichica, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000.
      Il delitto di cui al primo comma è perseguibile a querela della persona offesa.
      La persona che si ritiene offesa dalle condotte di cui al primo comma può presentare all'autorità giudiziaria competente richiesta di diffida all'autore delle stesse. In presenza di specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato da parte delle persone denunciate, l'autorità di pubblica sicurezza, su autorizzazione del pubblico ministero, diffida formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti di molestie assillanti.
      Se nonostante la diffida formale l'indagato compie nuovi atti di molestie assillanti il giudice, al fine di tutelare l'incolumità fisica o psicologica o la libertà personale della persona offesa, dei suoi congiunti o di suoi conoscenti, può prescrivere all'indagato di non avvicinarsi al domicilio o ad altri posti abitualmente frequentati dalla persona offesa o al domicilio di parenti, affini o conoscenti della stessa.
      Nel caso in cui l'indagato è il coniuge o il convivente, un parente o un affine convivente, il giudice può prescrivere all'indagato le misure cautelari di cui agli articoli 282-bis, 283 e 285 del codice di procedura penale, nonché ordinare le misure di cui agli articoli 342-bis e 342-ter del codice civile».

 

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Art. 4.
(Istituzione di nuclei specializzati).

      1. Sono istituiti, presso gli ospedali sede di pronto soccorso, nuclei specializzati per le vittime di violenze sessuali, in funzione ventiquattro ore al giorno, con personale fornito di adeguata preparazione in campo medico-legale e psicologico. Tali nuclei specializzati comprendono almeno uno psicologo e un ginecologo.
      2. Ciascun nucleo specializzato di cui al comma 1 accoglie la vittima della violenza sessuale, la aiuta a superare lo choc e ad affrontare la procedura necessaria per le indagini, comprendente visita ginecologica e accertamenti medici, visita medico-legale, raccolta e adeguata conservazione dei reperti, in modo da consentire la denuncia della violenza sessuale entro i sei mesi successivi, nonché ogni altra attività utile.
      3. Presso i commissariati e i posti di polizia di pubblica sicurezza e presso i comandi dell'Arma dei carabinieri è disponibile l'elenco completo dei nuclei specializzati di cui al comma 1.
      4. Presso ciascuna procura della Repubblica è istituito un pool di magistrati specializzato nel perseguimento di tutti i reati collegati alla sfera delle violenze, degli abusi e dei maltrattamenti sessuali.

Art. 5.
(Patrocinio a spese dello Stato e istituzione dell'albo speciale degli avvocati specializzati).

      1. Il patrocinio per le vittime di reati di violenza sessuale è a totale carico dello Stato.
      2. È istituito presso ogni tribunale della Repubblica un albo speciale in cui sono iscritti gli avvocati che si occupano di reati legati alla sfera delle violenze sessuali. Da tale albo sono tratti gli avvocati da assegnare alle vittime del reato, in caso di patrocinio a spese dello Stato.

 

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Art. 6.
(Modifica del termine di prescrizione dell'azione penale per i delitti di violenza sessuale sui minori).

      1. All'articolo 609-septies del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

          «Per i delitti di violenza sessuale sui minori, la decorrenza dei termini di prescrizione dell'azione penale inizia dal giorno in cui la vittima raggiunge la maggiore età».

Art. 7.
(Risorse finanziarie finalizzate alla formazione professionale del personale).

      1. Per la formazione e l'aggiornamento professionali del personale adibito agli interventi previsti dalla presente legge è autorizzata, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, la spesa di 200 milioni di euro.

Art. 8.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 4, pari a 200 milioni di euro per l'anno 2007, a 300 milioni di euro per l'anno 2008 e a 700 milioni di euro per l'anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 5, pari a 200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007, si provvede, per gli anni 2007, 2008 e 2009, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento

 

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iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      3. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 7, pari a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 9.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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