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PDL 2670

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2670



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato JANNONE

Disposizioni in favore dei risparmiatori titolari di obbligazioni di emittenti pubblici della Repubblica argentina

Presentata il 17 maggio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge riprende quella omonima presentata nella XIV legislatura dai deputati Guido Rossi e altri (atto Camera n. 4669).
      Sono ormai all'ordine del giorno gli eventi e i comportamenti dannosi nei confronti del pubblico dei risparmiatori. La gravità dei più recenti fatti, quali il caso Bipop, il caso dei bond della Cirio, i prodotti «capestro» venduti dalla Banca 121, successivamente acquisita dal Monte dei Paschi di Siena, le artificiose compravendite di azioni tra i fondi gestiti dalla SGR Sanpaolo IMI Asset Management «Fondi Azioni Italia», «Soluzione 6» e «Soluzione 7», l'eclatante caso dei bond argentini e il caso Parmalat, evidenziano le criticità del sistema creditizio e finanziario e degli organi preposti al controllo. È necessario pertanto che si intervenga al più presto per rivedere la normativa in materia e predisporre organi e strumenti di prevenzione per consentire una seria tutela del risparmio.
      Le perdite di ingenti risorse finanziarie costituite da anni di risparmio degli italiani rappresenta un danno irrimediabile, una definitiva distruzione di reale ricchezza, che poteva essere destinata ad investimenti produttivi. Non è più procrastinabile un intervento normativo di prevenzione per la tutela del risparmio!
      Il Governo è stato già sensibilizzato sulla necessità di intervenire sul sistema bancario, in concomitanza anche alle iniziative del Parlamento europeo in materia. Le problematiche sono infatti comuni, soprattutto nel caso dei bond argentini, in cui sono stati danneggiati risparmiatori e investitori istituzionali a livello europeo e internazionale.
      La presente proposta di legge intende occuparsi in particolar modo della questione
 

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dei bond argentini, vale a dire emessi da emittenti pubblici della Repubblica argentina, posseduti dalla maggior parte degli oltre 450.000 risparmiatori italiani, possessori di titoli di emittenti argentini per un totale di circa 14 miliardi di euro. Occorre ricordare come la quota posseduta dai risparmiatori italiani rappresenti circa il 15 per cento dei titoli finiti in default, cifra che rappresenta l'elevatissima incidenza italiana sul debito estero argentino, causata certamente dall'appetibilità degli interessanti rendimenti offerti, ma soprattutto da una particolare propensione del risparmiatore italiano verso un Paese come l'Argentina, a noi legato per tradizioni culturali e storiche.
      A differenza di altri casi di «risparmio tradito», i possessori di bond argentini si possono considerare in maggiore difficoltà, in quanto la controparte è uno Stato estero, che a causa della forte recessione economica, verificatasi nel gennaio del 2002, ha dovuto sospendere tutti i pagamenti sia interni che esterni. Contro l'Argentina i risparmiatori italiani non potrebbero certo instaurare una causa per frode o dolo o aggiotaggio!
      I possessori di titoli argentini hanno dunque una posizione di assoluto svantaggio poiché il loro interlocutore è uno Stato sovrano dotato di tutte le tutele politiche e diplomatiche che l'ordinamento e le consuetudini internazionali gli accordano, rispetto ad altre dolorose situazioni di insolvenza finanziaria.
      Ciò impone la necessità di individuare gli strumenti legislativi che possano in qualche modo risolvere tale disparità tra i soggetti in campo. In altre parole la tutela costituzionale del risparmio prevista dall'articolo 47 della Costituzione non può esplicitarsi, per quanto riguarda il caso «argentino», che attraverso un intervento legislativo capace di tutelare il cittadinorisparmiatore nei confronti di un'entità statuale straniera, essendo le altre soluzioni (azioni legali nei confronti dei beni statali argentini all'estero, contrattazione diretta risparmiatori-Repubblica argentina) di difficile attuazione e di incertissimo esito.
      A difesa dei piccoli risparmiatori sono sorte varie associazioni e comitati sia sul territorio nazionale, sia all'estero, per una collaborazione reciproca nella trattativa con il Governo argentino.
      Purtroppo, le trattative con l'Argentina non fanno sperare in una soluzione soddisfacente e realizzabile in tempi rapidi.
      Infatti, anche se il Fondo monetario internazionale nel settembre 2003 ha stipulato con il Governo argentino un accordo per la revisione e la proroga delle scadenze dei debiti con le organizzazioni sopranazionali, l'economia del Paese registra una incoraggiante ripresa economica (8 per cento tasso di crescita annuo) ed esistono ingenti capitali fuoriusciti dal Paese che, in caso di rientro, consentirebbero ampiamente la soluzione della crisi, le autorità argentine hanno proposto ai creditori un rimborso pari a meno del 25 per cento del valore facciale dei bond, inaccettabile se si considera che alcuni nostri connazionali hanno investito tutti i loro risparmi o la loro liquidazione nei titoli argentini!
      Si consideri pure che gli organismi multilaterali (in primis il Fondo monetario internazionale) hanno la garanzia di un rimborso integrale dei loro prestiti, tutto a discapito degli investitori privati!
      A prescindere da come possano evolversi le trattative con l'Argentina, c'è un aspetto rilevante del problema che impone una soluzione da adottare a livello nazionale: la responsabilità degli istituti di credito operanti in Italia e delle società di intermediazione mobiliare (SIM), che hanno collocato i titoli in questione agli ignari e ora disperati risparmiatori italiani in modo talvolta poco professionale, evitando di avvertire il cliente della rischiosità del titolo o, peggio, piazzandolo addirittura nei mesi precedenti il default: operazione percepita dai risparmiatori come una manovra del sistema bancario per alleggerire il proprio portafoglio da bond ormai divenuti pericolosissimi.
      Su questo ultimo aspetto dell'«alleggerimento» operato dalle banche è intervenuto inoltre con scarsa diplomazia, ma con moltissima chiarezza, il Ministro dell'economia
 

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argentino Roberto Lavagna, che nel corso di un incontro a Milano il 24 marzo 2003 ha pronunciato le seguenti parole: «Molti bond argentini sono stati venduti dalle istituzioni finanziarie quando la crisi era già evidente e le istituzioni erano ben informate. Qualcuno ha quindi tratto vantaggio dalle asimmetrie informative. Le banche sapevano benissimo come andavano le cose a Buenos Aires e ad avvantaggiarsi non sono stati certo i risparmiatori, ai quali le banche hanno offerto fino all'ultimo la sottoscrizione di obbligazioni, quando già ben si conosceva il rischio Paese ed il dissesto imminente».
      Al di là delle reciproche accuse sarà comunque compito del Parlamento, durante l'iter della presente proposta di legge, capire (attingendo ai dati e alle fonti della Banca d'Italia), quale sia stata l'entità del passaggio dei bond argentini dai portafogli delle banche ai clienti, soprattutto nell'ultima fase (agosto-dicembre 2001) antecedente alla dichiarazione di insolvenza.
      La responsabilità del sistema bancario e finanziario nella vicenda permane, nonostante gli sforzi da esso dimostrati di voler contribuire alla soluzione del problema, come ad esempio l'adesione da parte di circa 500 banche e SIM all'associazione Task Force Argentina (TFA), promossa dall'Associazione bancaria italiana per rappresentare gli interessi dei risparmiatori nelle trattative.
      Tale responsabilità si può evincere anche dalla circostanza che il Governo argentino ha escluso proprio le banche italiane dalla gestione, a livello locale, della ristrutturazione del debito. Ciò può essere spiegato dal conflitto d'interesse scaturente dal fatto che le banche italiane hanno collocato tra i risparmiatori circa 14 miliardi di bond, di cui una grossa quantità detenuta in portafoglio dagli stessi istituti.
      L'offerta è poi proseguita fino agli ultimi mesi prima dei default, quando ormai lo stato di crisi dell'Argentina era evidente!
      Per le ragioni esposte, si ritiene opportuno che le medesime banche siano chiamate in causa e provvedano ad una forma di risarcimento seppur parziale dei risparmiatori italiani, vista anche la considerevole mole di introiti generati dalle commissioni percepite sulle transazioni di titoli. Aspetto, quest'ultimo, che deve impedire al sistema bancario, operante in Italia, di aumentare i costi dei servizi bancari a seguito dell'operazione di riacquisto prevista dalla presente proposta di legge.
      Del resto la disciplina in materia bancaria e creditizia è ispirata alla massima protezione della fiducia per le risorse che i risparmiatori affidano al sistema bancario.
      Infatti, oltre alla tutela della vigilanza sul credito degli organi preposti, è prevista l'obbligatorietà per le banche e per le SIM di aderire ai sistemi di garanzia, previsti dall'articolo 96 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, e dall'articolo 59 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998.
      La soluzione che si propone consiste nell'obbligo, a carico degli istituti di credito che hanno collocato obbligazioni di emittenti pubblici argentini, di riacquistare dai propri clienti sottoscrittori i medesimi titoli, liquidando il 70 per cento del prezzo a cui i risparmiatori li hanno acquistati, prevedendo tale rimborso fino ad un limite massimo non superiore a 50.000 euro.
      I risparmiatori beneficiari della presente soluzione devono avere determinati requisiti, ossia essere persone fisiche, avere la cittadinanza italiana ed essere titolari dei bond pubblici argentini alla data certa del 20 dicembre 2001, al fine di evitare un utilizzo speculativo delle presenti disposizioni.
      È data facoltà ai risparmiatori di aderire o meno al beneficio del «riacquisto parziale».
      In caso di accettazione si prevede che il beneficiario rinunci a qualsiasi azione legale nei confronti dell'istituto bancario.
 

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      Tale soluzione si dimostra interessante anche e soprattutto per quanto riguarda la trattativa con la Repubblica argentina al fine della ristrutturazione del debito.
      Risulta infatti evidente la maggiore forza contrattuale che può essere messa in campo da un sistema bancario come quello italiano (partecipato tra l'altro dalle più importanti banche europee) rispetto a quella di centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori indifesi e non coordinati. Le difficoltà dell'Argentina a percepire le nuove tranche di prestito da parte del Fondo monetario internazionale sottolineano la bontà di questa strategia a cui deve ovviamente contribuire l'azione decisiva dello Stato italiano, tramite il Ministero degli affari esteri e l'apparato diplomatico.
      I costi dell'operazione proposta sono posti in parte a carico delle banche obbligate, in parte a carico dell'intero sistema creditizio, compresa la Banca d'Italia. A questo proposito è da rilevare la scarsa o quantomeno poco attenta gestione della questione argentina da parte dell'istituto, sia in relazione all'enorme quantità di titoli piazzati dal sistema italiano, sia in merito alla pericolosità dello strumento obbligazionario argentino.
      Ciò sempre che tale informativa non sia stata fornita ad esclusivo utilizzo del sistema bancario e non adeguatamente pubblicizzata presso i risparmiatori.
      Pertanto, i commi 2 e 3 dell'articolo 1 dispongono un parziale sostegno economico agli istituti di credito mediante il rimborso del 20 per cento del costo sostenuto per l'acquisto delle obbligazioni, utilizzando risorse finanziarie sia dei sistemi di garanzia, sia derivanti dagli utili netti residui del bilancio della Banca d'Italia.
      In merito all'utilizzo del sistema di garanzia di cui all'articolo 96 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, le norme prevedono l'utilizzo del fondo per i rimborsi dei depositi nel caso specifico di liquidazione coatta amministrativa degli istituti di credito. Nel contempo, sono escluse dalla tutela le obbligazioni.
      Il caso straordinario della questione dei bond argentini impone una riflessione che evidenzia la necessità di rivedere l'operatività del sistema di garanzia alla luce delle seguenti osservazioni.
      In primo luogo, la destinazione del fondo ad esclusiva tutela dei depositi è coerente con le abitudini dei risparmiatori e con il modo di operare delle banche degli anni '90.
      Nell'ultimo decennio, sia a causa della riduzione dei tassi d'interesse che dell'ampliamento dell'attività di intermediazione finanziaria e di consulenza finanziaria degli istituti di credito nei confronti della propria clientela, i depositanti e i piccoli risparmiatori sono stati indotti a trasformare i propri depositi in varie forme di investimento.
      Pertanto, il risparmio degli investitori privati che si è volatilizzato in bond argentini, in altri tempi sarebbe rimasto «protetto» in semplici depositi bancari ordinari, certificati di deposito e via dicendo.
      Si ritiene dunque che la scarsa professionalità e superficialità con cui le banche hanno collocato ad ignari risparmiatori i bond argentini, creando loro un notevole danno economico, debba potersi paragonare ai danni derivanti dalla cattiva gestione degli istituti di credito, che nei casi estremi porta alla liquidazione coatta amministrativa, e giustificare pertanto il ricorso al fondo di tutela dei depositi.
      Inoltre, l'articolo 96-bis del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, al comma 1, dispone che: «I sistemi di garanzia possono prevedere ulteriori casi e forme di intervento».
      Per consentire la possibilità di utilizzare il fondo citato, con l'articolo 2 della presente proposta di legge si modifica il citato articolo 96-bis, sopprimendo al comma 4 la citazione delle «obbligazioni» fra le categorie di investimenti esclusi dal rimborso.
      Considerata la necessità di sostenere «concretamente» i risparmiatori coinvolti e di ripristinare un clima di rinnovata fiducia nel sistema bancario e finanziario, si auspica una rapida approvazione della presente proposta di legge, nella speranza
 

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che la medesima rappresenti anche un deciso ed inequivocabile segnale politico ai dirigenti e al management del settore creditizio.
      La prospettiva è che tali soggetti in futuro gestiscano i rapporti con la clientela con maggiori professionalità, correttezza e capacità informativa e che contribuiscano così anche a formare un'adeguata cultura del risparmio, idonea ad orientare il risparmiatore e a dissuaderlo da scelte tese solo al conseguimento di un utile immediato, sensibilizzandolo sulla pericolosità di investimenti del medesimo genere (ad esempio titoli di Stato di Paesi emergenti).
      Ciò anche in ragione del fatto che in futuro i risparmiatori italiani difficilmente potrebbero nuovamente beneficiare di interventi straordinari come quelli previsti nella presente proposta di legge, viste le grandezze economiche in campo.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Disposizioni in favore dei risparmiatori titolari di obbligazioni argentine).

      1. Al fine di realizzare un parziale indennizzo a favore dei titolari di obbligazioni pubbliche argentine, che ne risultano intestatari alla data del 20 dicembre 2001, coincidente con l'accertamento del primo default dello Stato argentino, gli istituti di credito, autorizzati ad operare in Italia ai sensi del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, che hanno collocato le suddette obbligazioni devono provvedere all'acquisto delle medesime nei confronti dei propri clienti sottoscrittori, secondo le seguenti modalità e disposizioni:

          a) i titolari delle obbligazioni beneficiari devono essere esclusivamente persone fisiche con cittadinanza italiana;

          b) l'operazione riguarda le obbligazioni emesse da emittenti pubblici della Repubblica argentina ed è effettuata adottando come prezzo il 70 per cento del valore di acquisto dei titoli consegnati per il rimborso dai soggetti di cui alla lettera a), fino ad un limite massimo di rimborso non superiore a 50.000 euro;

          c) i soggetti interessati hanno facoltà di aderire alla proposta di acquisto entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui al comma 4; l'adesione comporta la rinuncia automatica ad esperire qualsiasi tipo di azione legale nei confronti dell'istituto di credito acquirente.

      2. La Banca d'Italia è autorizzata a concedere, con propri provvedimenti, agli istituti di credito che effettuano gli acquisti

 

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di cui al comma 1 un rimborso dell'onere sostenuto nella misura del 20 per cento.
      3. Ai fini del rimborso di cui al comma 2, la Banca d'Italia è autorizzata ad istituire un fondo alimentato da:

          a) gli utili netti residui di cui all'articolo 39, secondo comma, dello statuto della Banca d'Italia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 dicembre 2006, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 291 del 15 dicembre 2006;

          b) una percentuale della consistenza dei sistemi di indennizzo previsti dall'articolo 59 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

          c) una percentuale prelevata dal fondo dei sistemi di garanzia dei depositanti previsto dall'articolo 96 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.

      4. La Banca d'Italia adotta idonee forme di pubblicità delle disposizioni stabilite dalla presente legge; allo scopo di consentire ai beneficiari l'esercizio della facoltà prevista alla lettera c) del comma 1, pubblica altresì nella Gazzetta Ufficiale i decreti relativi alle modalità con cui aderire alle proposte di acquisto.
      5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, è fatto divieto agli istituti di credito interessati di procedere all'aumento dei costi dei servizi bancari per un periodo di ventiquattro mesi.
      6. Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio e la Banca d'Italia, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta uno o più decreti per definire le modalità di attuazione della presente legge.

 

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Art. 2.
(Modifica all'articolo 96-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia).

      1. Alla lettera b) del comma 4 dell'articolo 96-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, le parole: «le obbligazioni e» sono soppresse.

Art. 3.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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