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PDL 2596

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2596



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GIACOMONI, CRAXI, FABBRI, BALDELLI, MISTRELLO DESTRO, PELINO, PRESTIGIACOMO, LA LOGGIA

Delega al Governo per l'emanazione di un testo unico delle leggi relative alle tipologie contrattuali in materia di lavoro, denominato «Statuto dei lavori», e per il riordino della disciplina in materia di ammortizzatori sociali e di incentivi per l'occupazione e per il collegamento tra salari e produttività, nonché istituzione dell'Agenzia per le relazioni industriali

Presentata il 3 maggio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente relazione accompagna una proposta di legge diretta a delegare il Governo ad adottare alcuni decreti legislativi contenenti misure di particolare rilevanza e priorità volti a realizzare obiettivi di speciale importanza nell'ambito del processo di riforma del diritto del lavoro.
      Tali obiettivi riguardano:

          a) la redazione di un testo unico, denominato «Statuto dei lavori», in materia di disciplina delle diverse tipologie contrattuali in cui sia dedotta attività lavorativa in forma tipica o atipica, a prescindere dalla qualificazione del rapporto di lavoro e dalla denominazione utilizzata;

          b) un riordino della disciplina vigente in materia di ammortizzatori sociali e di strumenti di sostegno al reddito a base assicurativa e a totale carico delle imprese secondo criteri di autogestione;

 

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          c) la realizzazione di un sistema organico e coerente di misure volte a favorire le capacità di inserimento professionale dei soggetti privi di occupazione, dei disoccupati di lungo periodo e di tutti i soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque aventi un'occupazione di carattere precario e di bassa qualità, a promuovere la mobilità del lavoro e ad accompagnare i processi di delocalizzazione produttiva;

          d) l'istituzione di una Agenzia per le relazioni industriali, che abbia la finalità di contribuire a migliorare il funzionamento di un sistema di relazioni industriali libero e responsabile sia a livello nazionale sia a livello locale.

      A ciò si aggiunge una disciplina fiscale di favore per tutte le componenti variabili del salario, con lo scopo di incentivare e premiare gli incrementi della produttività del lavoro.

Redazione di un testo unico denominato «Statuto dei lavori» in materia di disciplina di tipologie contrattuali in cui sia dedotta attività lavorativa.

      Il diritto del lavoro, come noto, è stato recentemente attraversato da un radicale processo di riforma che ha portato profonde innovazioni volte a ridefinire un mercato caratterizzato per decenni da una progressiva dilatazione dello statuto giuridico del lavoro dipendente e, di conseguenza, da un corrispondente processo di fuga nel lavoro irregolare e sommerso.
      Le riforme operate con la legge Treu, legge 24 giugno 1997, n. 196, e i provvedimenti regolamentari ad essa correlati, con la legge Bassanini, legge 15 marzo 1997, n. 59, e il successivo decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e con la legge Biagi, legge 14 febbraio 2003, n. 30, e i relativi decreti di attuazione, hanno portato, per un verso, a un'estensione della gamma dei contratti cosiddetti «atipici» e, per altro verso, a una rimodulazione dei confini fra pubblico e privato nella gestione del mercato del lavoro e nei servizi per l'impiego, ponendo definitivamente fine alle pesanti rigidità e inefficienze del monopolio pubblico del collocamento. Questi e altri interventi - volti in primo luogo allo sviluppo della competitività, al sostegno alla ricerca e all'innovazione tecnologica, allo sviluppo imprenditoriale nelle aree depresse, al riordino della materia degli incentivi alle imprese e alle assunzioni, alla riorganizzazione del sistema di formazione professionale, e in particolare della formazione continua come strumento per massimizzare la qualità dell'offerta di lavoro - indicano con chiarezza che il diritto del lavoro, inteso come tecnica unilaterale di tutela per regolare un unico modello di lavoro dipendente, è già oggi sostanzialmente superato anche per il legislatore stesso, e non soltanto per gli operatori economici che da tempo si sono trovati a sperimentare nuovi modelli di organizzazione del lavoro e di gestione delle risorse umane.
      Il processo di riforma non può tuttavia fermarsi qui. Fenomeni costantemente richiamati da sociologi ed economisti, quali l'internazionalizzazione dei mercati e l'incessante innovazione tecnologica, unitamente a mali di antica data come l'economia sommersa e la fuga dal lavoro subordinato, impongono ora un nuovo sforzo progettuale che consenta un ulteriore ammodernamento della disciplina dei rapporti di lavoro.
      Una riforma del diritto del lavoro non può attualmente prescindere dalla considerazione che il lavoro richiede oggi regole semplici e flessibili, capaci di attenuare incertezze qualificatorie e possibili fonti di contenzioso; la compressione delle molteplici forme di lavoro nei rigidi schemi dell'autonomia o della subordinazione relega invece tutte le forme contrattuali atipiche o sui generis in una vasta area di lavoro grigio anche laddove manchino intenti fraudolenti o di evasione legale, fiscale e contributiva, e anzi lo schema negoziale risponda a reali esigenze delle imprese e dei lavoratori.

 

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      Coerentemente con tali premesse, si rende necessario un innovativo Statuto dei lavori che, con atteggiamento pragmatico, affronti la questione dei nuovi lavori dal lato delle tutele e della loro rimodulazione rispetto a tutti i rapporti di lavoro, piuttosto che da quello delle definizioni formali e dei concetti.
      Lo Statuto dei lavori dovrà dunque avere un campo di applicazione generale, esteso alle diverse tipologie contrattuali in cui sia dedotta una attività lavorativa in forma tipica o atipica e a prescindere dalla
denominazione utilizzata: nell'attuazione della delega oggetto della presente proposta di legge, il Governo dovrà pertanto evitare nuove definizioni e classificazioni di una realtà contrattuale in rapido e continuo mutamento, per predisporre invece un nucleo essenziale, e quindi abbastanza limitato, di norme e di princìpi inderogabili, soprattutto di specificazione del dettato costituzionale, comuni a tutti i rapporti negoziali che hanno per contenuto il lavoro.
      Ciò in coerenza, anche, con la nozione costituzionale di lavoro come prestazione di indiscusso valore economico resa a favore di un'altra persona in cambio di una controprestazione e con i princìpi derivanti dal diritto comunitario.
      L'idea non è peraltro particolarmente nuova. Non solo è quanto già avveniva alle origini nella nostra materia, ma è quanto ancora oggi fanno altri legislatori, come ad esempio quello inglese. Nel Regno Unito non è infatti prevista alcuna automatica (e rigida) corrispondenza tra la fattispecie del lavoro subordinato e gli effetti del diritto del lavoro, ma è ogni legge a determinare di volta in volta il proprio campo di applicazione. Per beneficiare delle tutele del diritto del lavoro non è dunque sufficiente essere qualificati come lavoratori subordinati (il grado di tutela è calibrato dal legislatore in via tipologica, valorizzando in particolare il requisito dell'anzianità continuativa di servizio), mentre poi alcuni istituti tipici del diritto del lavoro sono di volta in volta estesi a determinate categorie di lavoratori autonomi o comunque non subordinati (si pensi alla normativa in tema di discriminazioni legate al sesso o alla razza, alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, alle trattenute retributive ingiustificate e così via).
      Al riguardo non mancano peraltro neppure significativi esempi nel nostro diritto positivo: si rifletta, in particolare, sul campo di applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza, che già oggi va ben oltre il concetto di lavoro subordinato di cui all'articolo 2094 del codice civile.
      La regolamentazione del lavoro atipico impone dunque di riscrivere, almeno in parte, le tutele tradizionali del lavoro subordinato, delineando un percorso di tendenziale riduzione delle differenze di trattamento normativo e contributivo che accompagnano i rapporti di lavoro autonomo e quelli di lavoro subordinato. Impone quindi di identificare un nucleo fondamentale di diritti applicabili a tutti i rapporti di lavoro a prescindere dalla qualificazione del contratto come autonomo, subordinato, associativo o atipico ai sensi dell'articolo 1322, secondo comma, del codice civile, e di modulare le restanti tutele e il relativo apparato sanzionatorio.
      Anche tale rimodulazione non dovrà essere dettata dai criteri tradizionali della qualificazione del rapporto, bensì da parametri potenzialmente trasversali alle diverse tipologie contrattuali, quali, ad esempio, la dipendenza economica (di cui è indice la monocommittenza), l'anzianità continuativa di servizio, la tipologia di datore di lavoro (pubblico o privato, terzo settore, organizzazioni di tendenza), la dimensione dell'impresa (da valutare tuttavia non attraverso mere soglie dimensionali ma anche in termini di fatturato), le condizioni soggettive od oggettive del lavoratore nella logica delle azioni positive e delle norme incentivanti all'assunzione, le modalità di esecuzione della prestazione dedotta in contratto. Altri, o anche differenti, parametri potrebbero essere meglio individuati dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali in sede di volontà assistita: la modulazione delle tutele potrebbe essere in effetti meglio coniugata
 

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non in funzione di indicatori astratti e predeterminati, bensì in funzione dell'assetto di interessi realizzato dalle parti in sede di contrattazione collettiva o di volontà individuale assistita in sede di certificazione del rapporto di lavoro.
      Per incentivare la certificazione dei rapporti di lavoro, introdotta nell'ordinamento dalla riforma Biagi, e sostenere la volontà delle parti, è opportuno che si distingua tra un'area di inderogabilità assoluta o di ordine pubblico (relativa cioè a diritti fondamentali del lavoratore), come tale non disponibile dalle parti, pena la riqualificazione del rapporto in sede giudiziale, e un'area di inderogabilità relativa, gestibile dalle parti collettive in sede di contrattazione collettiva o dalle stesse parti individuali in sede di costituzione del rapporto di lavoro, ma, in quest'ultimo caso, solo davanti all'organo amministrativo abilitato alla certificazione (retribuzioni sopra la soglia della sufficienza, gestione dei percorsi di carriera, durata del preavviso, stabilità del rapporto, trattamento in caso di sospensione del rapporto, modulazione dell'orario di lavoro e così via).
      La predisposizione del testo unico dello Statuto dei lavori necessita naturalmente di azioni di sistema volte in primo luogo a razionalizzare e a semplificare il quadro legale vigente, anche mediante l'abrogazione di normative non compatibili, prevedendo altresì, ove opportuno, un nuovo regime di sanzioni civili e penali, valorizzando in particolare le sanzioni di tipo premiale e incentivante.
      Ciò dovrà avvenire attraverso l'abrogazione anche di alcune norme dello Statuto dei lavoratori, di cui alla legge 20 maggio 1970, n. 300, ad esclusione del titolo III, onde realizzare un riallineamento verso il basso delle tutele «forti» del lavoro subordinato: soprattutto in tema di stabilità dell'occupazione si potrebbero ipotizzare, per alcune categorie di lavoratori o per alcune tipologie contrattuali, meccanismi di tipo risarcitorio ovvero tutele crescenti a seconda dell'anzianità di servizio continuativo del lavoratore (per esempio applicando la normativa di tutela contro i licenziamenti illegittimi a quei lavoratori che abbiano maturato una certa anzianità continuativa di servizio presso lo stesso datore di lavoro, in quanto più il lavoratore è inserito in un determinato contesto organizzativo, più cresce il suo affidamento sulla stabilità del rapporto).
      La riforma, infine, anche nell'ottica di misure volte a incentivare la piena occupazione e il reimpiego dei lavoratori, dovrà altresì essere accompagnata dalla previsione di un diritto alla formazione continua durante tutto l'arco della vita, anche mediante il riconoscimento di crediti formativi e in ragione dell'attività alla quale sia effettivamente adibito il prestatore di lavoro, certificata da enti bilaterali ovvero, in loro assenza, secondo modalità previste da contratti collettivi, nazionali, territoriali o aziendali, stipulati dalle associazioni più rappresentative dei datori e dei prestatori di lavoro.
      La presente proposta di legge prevede quindi di conferire una delega al Governo affinché esso adotti - entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge - un decreto legislativo recante un testo unico contenente disposizioni anche modificative della disciplina vigente, ivi inclusa la legge 20 maggio 1970, n. 300, ad eccezione del titolo III. Il testo unico avrà come scopo quello di riordinare e revisionare la disciplina di tutte le tipologie contrattuali in cui sia dedotta attività lavorativa, in forma tipica o atipica ai sensi del secondo comma dell'articolo 1322 del codice civile, e a prescindere dalla denominazione adottata.
      Il Governo, in tale intervento non solo di riordino, ma anche innovativo, dovrà operare nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi elencati dall'articolo 1 della proposta di legge.
      In un'ottica di maggior coinvolgimento delle parti sociali, la proposta di legge prevede inoltre che nell'attuazione della delega il Governo debba tenere conto delle indicazioni fornite da un avviso comune reso da associazioni rappresentative dei datori e prestatori di lavoro su scala nazionale entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
 

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      I princìpi previsti dalla proposta di legge sono i seguenti:

          a) adeguamento ai princìpi del diritto comunitario, così come specificati in direttive e altre misure di natura non vincolante, al fine di promuovere l'occupabilità, l'imprenditorialità, l'adattabilità e le pari opportunità, quali sono definite dalle linee guida sull'occupazione;

          b) rimodulazione delle tutele e del relativo apparato sanzionatorio, ivi compreso quello riguardante la disciplina del licenziamento ingiustificato non imputabile a ragioni discriminatorie, prevedendo un congruo risarcimento e un campo di applicazione riferiti anche all'anzianità di servizio del prestatore presso lo stesso datore di lavoro, nonché il riordino e la revisione del patto di prova;

          c) estensione delle tutele fondamentali a favore dei collaboratori coordinati e continuativi, in condizione di dipendenza socio-economica da un solo committente, sotto il profilo della loro dignità e sicurezza, ricorrendo altresì ad adeguati meccanismi di certificazione;

          d) previsione di un diritto alla formazione del prestatore di lavoro, in ragione dell'attività alla quale sia effettivamente adibito, certificata da enti bilaterali, ovvero, in loro assenza, secondo modalità previste da contratti collettivi, nazionali, territoriali o aziendali, stipulati dalle associazioni più rappresentative dei datori e dei prestatori di lavoro.

Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali.

      L'articolo 2 contiene la delega al Governo, da esercitare entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della legge, per ridefinire la disciplina vigente in materia di ammortizzatori sociali e strumenti di sostegno al reddito a base assicurativa e a totale carico delle imprese secondo criteri di autogestione; nell'attuazione della delega il Governo deve attenersi al rispetto delle competenze attribuite alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro ai sensi del titolo V della seconda parte della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
      L'intervento legislativo sarà volto in primo luogo alla revisione delle tutele in caso di disoccupazione e in costanza di rapporto di lavoro, avuto riguardo alle tipologie di trattamento su base assicurativa e a quelle su base solidaristica, alle condizioni di ammissibilità al trattamento, all'intensità, alla durata e al profilo temporale dei trattamenti, anche in funzione di una maggiore corrispondenza tra contribuzioni e prestazioni.
      In particolare, l'indennità di disoccupazione ordinaria connessa agli attuali requisiti pieni sarà incrementata nella sua entità e durata prevedendo un'indennità di base che garantisca un sostegno al reddito complessivo per un periodo continuativo massimo di dodici mesi, con un meccanismo a scalare che assicuri al lavoratore il 60 per cento dell'ultima retribuzione nei primi sei mesi, per poi scendere gradualmente al 40 per cento e al 30 per cento nei due successivi trimestri, per una durata massima complessiva dei trattamenti di disoccupazione non superiore ai ventiquattro mesi (trenta mesi nelle regioni del Mezzogiorno) in un quinquiennio.
      Per quanto concerne i benefìci concessi sulla base di «requisiti ridotti», l'intervento del Governo sarà volto al rafforzamento del principio di proporzionalità tra trattamenti e periodo di contribuzione connesso a effettiva prestazione d'opera, che adegui tale istituto alle regole sulla durata massima dei trattamenti sopra definita.
      In linea con quanto previsto dalle più recenti misure in materia di ammortizzatori sociali, fra cui quelle contenute nel decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, (cosiddetto «pacchetto competitività»), i provvedimenti attuativi della delega dovranno essere volti a realizzare un assetto proattivo delle tutele in modo da non disincentivare il lavoro e

 

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ridurre per quanto possibile la permanenza nella condizione di disoccupato e il lavoro non dichiarato. In questo quadro il Governo dovrà definire le condizioni soggettive per la continuità nel godimento delle prestazioni erogate dagli ammortizzatori sociali, in particolare prevedendo, coerentemente a quanto previsto nell'ambito della strategia europea per l'occupazione, un controllo periodico sulla permanenza nello stato di disoccupazione involontaria dei soggetti che percepiscono l'indennità.
      Si dovranno altresì prevedere programmi formativi a frequenza obbligatoria per i soggetti che percepiscono l'indennità, con certificazione finale del risultato ottenuto, nel quadro dei piani individuali concordati con i servizi per l'impiego, anche sperimentando a livello locale forme di bilateralità che concorrano a definire l'orientamento formativo, con previsione della perdita del diritto al sostegno del reddito nel caso di rifiuto delle azioni di formazione, di altra misura o occasione di lavoro, secondo modalità appositamente predefinite. Sarà causa di perdita del diritto al sostegno del reddito anche l'effettuazione di prestazioni di lavoro irregolare.
      La delega fa inoltre riferimento alla razionalizzazione del sistema delle aliquote preordinate al finanziamento del sistema degli ammortizzatori sociali, avendo presenti gli obiettivi di trasparenza, di semplificazione e di omogeneizzazione dei criteri di inquadramento delle aziende e di ripartizione del carico contributivo tra datori di lavoro, lavoratori e Stato. In tale ottica dovranno essere realizzate forme di contabilità separata per settore produttivo. Dovranno altresì essere definite, attraverso accordi preventivi tra le organizzazioni maggiormente rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro di ciascun settore, la contribuzione di equilibrio e una contribuzione di solidarietà destinata a concorrere al finanziamento dei settori in disavanzo, con possibilità di scegliere differenti basi imponibili per il calcolo dei contributi e di introdurre disincentivi e penalizzazioni.
      Fermo restando quanto disposto dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662, e in analogia con le disposizioni ivi contenute in materia di misure a sostegno del reddito e dell'occupazione nei processi di ristrutturazione aziendale e per fronteggiare situazioni di crisi di enti e aziende che erogano servizi di pubblica utilità, in particolare per quanto riguarda il regime fiscale e contributivo, la proposta di legge prevede l'introduzione, in via prioritaria per i settori che non usufruiscono del sistema generale obbligatorio di sostegno al reddito, di misure volte a promuovere la costituzione di fondi mutualistici bilaterali e delle relative strutture da parte di associazioni rappresentative dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, con lo scopo di gestire prestazioni integrative o sostitutive rispetto al sistema generale obbligatorio di sostegno al reddito.
      Sempre in materia di ammortizzatori sociali, la proposta di legge fa infine riferimento ai seguenti princìpi:

          a) ridefinizione dei criteri per l'attribuzione della contribuzione figurativa per le diverse tipologie di soggetti e situazioni;

          b) semplificazione dei procedimenti autorizzatori, anche mediante interventi di delegificazione, garantendo flessibilità nella gestione delle crisi e assicurando una gestione quanto più possibile anticipatrice;

          c) adozione, in favore dei lavoratori interessati da processi di riorganizzazione o di ristrutturazione aziendale, di interventi formativi, concordati con i servizi per l'impiego e certificati dagli organismi pubblici o dagli organismi bilaterali, nell'ambito di piani di reinserimento, definiti in sede aziendale o territoriale dalle associazioni comparativamente più rappresentative dei datori e dei prestatori di lavoro;

          d) monitoraggio dell'offerta formativa delle regioni rivolta ai soggetti in condizione di temporanea disoccupazione, al fine di garantire agli stessi prestazioni corrispondenti agli impegni assunti in sede di Unione europea per la definizione dei piani di azione nazionale per l'occupazione.

 

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Delega al Governo in materia di incentivi all'occupazione.

      L'articolo 3 contiene la delega al Governo per l'adozione, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni in materia di tutela e di sicurezza del lavoro ai sensi del titolo V della parte seconda della Costituzione e in coerenza con gli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell'Unione europea in materia di occupabilità, i princìpi fondamentali in materia di incentivi all'occupazione, ivi compresi quelli relativi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
      L'obiettivo è quello di realizzare un sistema organico e coerente di misure volte a favorire le capacità di inserimento professionale dei soggetti privi di occupazione, dei disoccupati di lungo periodo e di tutti i soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque aventi un'occupazione di carattere precario e di bassa qualità, a promuovere la mobilità del lavoro e ad accompagnare i processi di delocalizzazione produttiva.
      Al fine del raggiungimento dei predetti obiettivi, la delega fa riferimento ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) razionalizzazione degli schemi di incentivazione finanziaria o di altra natura in caso di nuova assunzione, con previsione di un regime generale avente al suo interno articolazioni e graduazioni in connessione con le caratteristiche soggettive degli interessati, con particolare riferimento ai disoccupati di lungo periodo, alle categorie a rischio di esclusione sociale e ai prestatori di lavoro coinvolti in processi di riemersione, nonché con il grado di svantaggio occupazionale delle diverse aree territoriali;

          b) articolazione e semplificazione delle misure di incentivazione finanziaria, anche in relazione alla natura a tempo determinato o indeterminato del rapporto di lavoro e all'eventuale trasformazione a tempo indeterminato del contratto inizialmente posto in essere a tempo determinato, ovvero in relazione alla trasformazione dei tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, in rapporti di lavoro subordinato, al fine di favorire la stabilizzazione delle prestazioni di lavoro;

          c) previsione di un sistema di incentivi al ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale su base volontaria, anche attraverso forme di incentivazione economica erogate direttamente al prestatore di lavoro, con particolare riferimento alle assunzioni connesse a ipotesi di espansione della base occupazionale dell'impresa ovvero in caso di impiego di giovani impegnati in percorsi di istruzione e formazione, di genitori con figli minori di sei anni conviventi, di lavoratori con età superiore ai cinquantacinque anni, di lavoratrici precedentemente occupate che rientrano nel mercato del lavoro dopo almeno due anni di inattività nonché per la trasformazione a tempo parziale di contratti a tempo pieno in relazione a procedure di riduzione di personale;

          d) collegamento delle misure di incentivazione finanziaria con le politiche di sviluppo e di riequilibrio territoriale, anche al fine di accompagnare i processi di localizzazione produttiva;

          e) coordinamento con la disciplina sulla verifica dello stato di disoccupazione e delle relative sanzioni, nonché con quella sugli ammortizzatori sociali, al fine di favorire l'inserimento dei beneficiari di questi ultimi nel mondo del lavoro;

          f) introduzione di meccanismi automatici di incentivazione a favore dei datori di lavoro e dei lavoratori che investano in attività di formazione continua, anche attraverso l'utilizzo del contributo dello 0,30 per cento di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, purché essa sia certificata dagli organismi pubblici o dagli organismi bilaterali.

 

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Istituzione dell'Agenzia per le relazioni industriali.

      L'articolo 4 della proposta di legge autorizza il Governo ad adottare un regolamento volto alla regolamentazione di una nuova «Agenzia per le relazioni industriali», con il precipuo fine di contribuire al miglioramento del funzionamento di un sistema di relazioni industriali, tanto a livello nazionale quanto a livello locale, libero e responsabile. All'Agenzia - cui è opportuno che siano contestualmente trasferiti compiti attualmente esercitati da strutture nazionali e periferiche del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, unitamente alle relative risorse finanziarie, strumentali e di personale - saranno attribuite, in particolare, le seguenti competenze:

          a) fornire un servizio indipendente e imparziale relativamente alla prevenzione e alla risoluzione delle controversie collettive e all'espletamento del tentativo di conciliazione nelle controversie individuali di lavoro. Sul punto - in coerenza con altri progetti di legge presentati in merito alle tematiche del processo del lavoro - pare opportuno ricordare che le commissioni di conciliazione, attualmente costituite in seno agli uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, non riescono - di fatto - a espletare il pur necessario filtro con finalità conciliative che era stato auspicato dal legislatore con la riforma del 1973; sicché il tentativo obbligatorio di conciliazione, anziché alleggerire il carico di lavoro dei magistrati addetti alla trattazione delle controversie di lavoro e, al contempo, offrire strumenti efficaci e veloci di risoluzione delle controversie, si è tradotto in un'inutile fase prodromica del contenzioso, con conseguente aggravio di tempi. Emblematici, a tale riguardo, i dati forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro - Divisione IV, nel rapporto sull'attività conciliativa svolta dalle direzioni del lavoro nel corso dell'anno 2004. In base ad essi, limitando l'indagine al settore privato, su 319.815 controversie instaurate nel corso dell'anno - che vanno ad aggiungersi a un carico di 259.161 già in corso a inizio anno - le vertenze individuali conciliate sono solo 77.487, quelle non conciliate 51.268, mentre quelle che non sono nemmeno state trattate ammontano a 260.708;

          b) procedere al monitoraggio della rappresentatività degli attori sociali allo scopo di garantire trasparenza e simmetria informativa nelle relazioni industriali;

          c) promuovere nuove pratiche e formulare codici di condotta relativi ai rapporti individuali e collettivi di lavoro;

          d) svolgere attività di studio, ricerca, documentazione, informazione e assistenza tecnica sulle materie che rientrano nel proprio ambito di competenza, con particolare attenzione all'evoluzione della normativa comunitaria e all'esperienza di altri ordinamenti giuridici.

Norme fiscali per incentivare il rapporto tra salari e produttività.

      L'articolo 5 della proposta di legge prospetta norme di natura fiscale in materia di redditi di lavoro derivanti da attività prestate in esecuzione di accordi sindacali integrativi o aventi natura premiale o di straordinario.
      Si propone che l'importo complessivo delle erogazioni liberali previste dai contratti di secondo livello sui quali si applica la decontribuzione in base al decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, sia elevato, prevedendo che esso non possa superare il 4 per cento - anziché l'attuale livello del 3 per cento - della retribuzione percepita in ciascun anno solare.
      Quanto agli importi erogati a titolo di straordinari, la legislazione vigente prevede per queste somme il pagamento dei contributi sulla base imponibile oltre a una maggiorazione dei contributi stessi

 

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del 5 per cento per tutte le aziende con più di quindici dipendenti, che per le aziende industriali superiori ai quindici dipendenti è elevata al 10 per cento per la parte eccedente le 44 ore, ovvero al 15 per cento indipendentemente dal numero dei lavoratori oltre le 48 ore settimanali. La presente proposta di legge, a tale riguardo, propone che i redditi derivanti da prestazioni di lavoro straordinario e da premi connessi a risultati sulla base di accordi individuali o collettivi in sede aziendale siano assoggettati a imposizione fiscale sostitutiva, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, con applicazione dell'aliquota media dell'ultimo biennio, ridotta del 50 per cento. I predetti redditi non concorrono ad alcun titolo alla formazione del reddito complessivo o dell'indicatore della situazione economica del percipiente o del suo nucleo familiare.
      Si prevede infine che non concorrano a formare reddito, sia ai fini fiscali sia a quelli retributivi, le erogazioni liberali concesse in occasione di festività o di ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti non superiori nel periodo di imposta a 313,22 euro, elevando quindi il precedente limite fissato in 500.000 lire dall'articolo 51, comma 2, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come sostituito dall'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314.
      Tutte queste disposizioni sono rivolte a incentivare sotto il profilo fiscale le componenti variabili del salario che concorrono a incrementare la produttività del lavoro e la flessibilità organizzativa dell'impresa. In questo modo i salari possono crescere oltre l'inflazione programmata ove si colleghino alla maggiore produttività e così non determinano l'aumento del costo del lavoro per unità di prodotto. Tutto ciò comporta lo sviluppo di relazioni industriali cooperative nella dimensione aziendale, in quanto le parti condividono obiettivi ed equa ripartizione dei benefìci che ne possono derivare. Appare infatti necessario superare un modello conflittuale rigido e centralizzato che impedisce maggiori salari e maggiore produttività nel nome di un'innaturale lettura classista dei rapporti di produzione. Il lavoro oggi non si realizza in termini seriali sulla base di ordini gerarchicamente impartiti, ma richiede il creativo e responsabile apporto di ciascuno alla redditività dell'impresa. Di conseguenza esso merita una remunerazione migliore che questa disciplina fiscale può incoraggiare.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Delega al Governo per la redazione di un testo unico, denominato «Statuto dei lavori», in materia di disciplina delle tipologie contrattuali in cui sia dedotta attività lavorativa).

      1. Ai fini del riordino e della revisione della disciplina delle tipologie contrattuali in cui sia dedotta attività lavorativa, in forma tipica o atipica e a prescindere dalla denominazione adottata, il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante un testo unico denominato «Statuto dei lavori», che contenga disposizioni anche modificative della disciplina vigente, inclusa la legge 20 maggio 1970, n. 300, ad eccezione del titolo III, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) adeguamento ai princìpi del diritto comunitario, così come specificati in direttive e altre misure di natura non vincolante, al fine di promuovere l'occupabilità, l'imprenditorialità, l'adattabilità e le pari opportunità, quali sono definite dalle linee guida sull'occupazione;

          b) rimodulazione delle tutele e del relativo apparato sanzionatorio, ivi compreso quello riguardante la disciplina del licenziamento ingiustificato non imputabile a ragioni discriminatorie, prevedendo un congruo risarcimento e un ambito di applicazione riferiti anche all'anzianità di servizio del prestatore presso lo stesso datore di lavoro, nonché il riordino e la revisione del patto di prova;

          c) estensione delle tutele fondamentali a favore dei collaboratori coordinati e continuativi, in condizione di dipendenza socio-economica da un solo committente, sotto il profilo della loro dignità e sicurezza,

 

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ricorrendo altresì ad adeguati meccanismi di certificazione;

          d) previsione di un diritto alla formazione del prestatore di lavoro, in ragione dell'attività alla quale sia effettivamente adibito, certificata da enti bilaterali ovvero, in loro assenza, secondo modalità previste da contratti collettivi, nazionali, territoriali o aziendali, stipulati dalle associazioni più rappresentative dei datori e dei prestatori di lavoro.

      2. Nell'attuazione della delega di cui al presente articolo, il Governo tiene conto delle eventuali indicazioni fornite in proposito dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro rappresentative a livello nazionale tramite un apposito avviso comune da rendere entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 2.
(Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di realizzare un riordino della disciplina vigente in materia di ammortizzatori sociali e di strumenti di sostegno al reddito a base assicurativa e a totale carico delle imprese secondo criteri di autogestione, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione e secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) revisione del sistema delle tutele in caso di disoccupazione e in costanza di rapporto di lavoro, avuto riguardo alle tipologie di trattamento su base assicurativa e a quelle su base solidaristica, alle condizioni di ammissibilità al trattamento, all'intensità, alla durata e al profilo temporale dei trattamenti, anche in funzione

 

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di una maggiore corrispondenza tra contribuzioni e prestazioni. In particolare:

              1) l'indennità di disoccupazione ordinaria connessa agli attuali requisiti pieni è incrementata nella sua entità e durata prevedendo un'indennità di base che garantisca un sostegno al reddito complessivo per un periodo continuativo massimo di dodici mesi, con un meccanismo a scalare che assicuri al lavoratore il 60 per cento dell'ultima retribuzione nei primi sei mesi, per poi scendere al 40 per cento e al 30 per cento nei due successivi trimestri, e ha una durata massima complessiva dei trattamenti di disoccupazione non superiore ai ventiquattro mesi. Nelle regioni del Mezzogiorno la durata massima complessiva è di trenta mesi in un quinquennio;

              2) per quanto concerne i benefìci concessi sulla base di requisiti ridotti, rafforzamento del principio di proporzionalità tra trattamenti e periodo di contribuzione connesso a effettiva prestazione d'opera, che adegui tale istituto alle regole sulla durata massima dei trattamenti come definita al numero 1);

          b) assetto proattivo delle tutele in modo da non disincentivare il lavoro e da ridurre per quanto possibile la permanenza nella condizione di disoccupato e il lavoro non dichiarato; in questo quadro, definizione delle condizioni soggettive per la continuità nel godimento delle prestazioni erogate dagli ammortizzatori sociali, in particolare prevedendo, coerentemente a quanto previsto nell'ambito della strategia europea per l'occupazione: un controllo periodico sulla permanenza nello stato di disoccupazione involontaria dei soggetti che percepiscono l'indennità; programmi formativi a frequenza obbligatoria per i soggetti che percepiscono l'indennità, con certificazione finale del risultato ottenuto, nel quadro dei piani individuali concordati con i servizi per l'impiego, anche sperimentando a livello locale forme di bilateralità che concorrano a definire l'orientamento formativo; perdita del diritto al sostegno del reddito nel caso di

 

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rifiuto delle azioni di formazione, di altra misura o occasione di lavoro, secondo modalità appositamente definite, nonché nel caso di prestazioni di lavoro irregolare;

          c) razionalizzazione del sistema delle aliquote preordinate al finanziamento del sistema degli ammortizzatori sociali, avendo presenti gli obiettivi di trasparenza, di semplificazione e di omogeneizzazione dei criteri di inquadramento delle aziende e di ripartizione del carico contributivo tra datori di lavoro, lavoratori e Stato; realizzazione di forme di contabilità separata per settore produttivo; definizione, attraverso accordi preventivi tra le organizzazioni maggiormente rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro di ciascun settore, della contribuzione di equilibrio nonché di una contribuzione di solidarietà destinata a concorrere al finanziamento dei settori in disavanzo; possibilità di scegliere differenti basi imponibili per il calcolo dei contributi e di introdurre disincentivi e penalizzazioni;

          d) fermo restando quanto disposto dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, in materia di ammortizzatori sociali e in analogia con le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 28, della medesima legge, in particolare per quanto riguarda il regime fiscale e contributivo, introduzione, in via prioritaria per i settori che non usufruiscono del sistema generale obbligatorio di sostegno al reddito, di misure volte a promuovere la costituzione di fondi mutualistici bilaterali e delle relative strutture da parte delle associazioni rappresentative dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, con lo scopo di gestire prestazioni integrative o sostitutive rispetto al sistema generale obbligatorio di sostegno al reddito;

          e) ridefinizione dei criteri per l'attribuzione della contribuzione figurativa per le diverse tipologie di soggetti e situazioni;

          f) semplificazione dei procedimenti autorizzatori, anche mediante interventi di delegificazione, garantendo flessibilità

 

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nella gestione delle crisi e assicurando una gestione quanto più possibile anticipatrice;

          g) adozione, in favore dei lavoratori interessati da processi di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale, di interventi formativi, concordati con i servizi per l'impiego e certificati dagli organismi pubblici o dagli organismi bilaterali, nell'ambito di piani di reinserimento, definiti in sede aziendale o territoriale dalle associazioni comparativamente più rappresentative dei datori e prestatori di lavoro;

          h) monitoraggio dell'offerta formativa delle regioni rivolta ai soggetti in condizione di temporanea disoccupazione, al fine di garantire agli stessi prestazioni corrispondenti agli impegni assunti in sede di Unione europea per la definizione dei piani di azione nazionale per l'occupazione.

Art. 3.
(Delega al Governo in materia di incentivi all'occupazione).

      1. Allo scopo di realizzare un sistema organico e coerente di misure volte a favorire le capacità di inserimento professionale dei soggetti privi di occupazione, dei disoccupati di lungo periodo e di tutti i soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque aventi un'occupazione di carattere precario e di bassa qualità, a promuovere la mobilità del lavoro e ad accompagnare i processi di delocalizzazione produttiva, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione e in coerenza con gli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell'Unione europea in materia di occupabilità, i princìpi fondamentali in materia di incentivi all'occupazione, ivi compresi quelli relativi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego, senza oneri aggiuntivi

 

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per la finanza pubblica e nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) razionalizzazione degli schemi di incentivazione finanziaria o di altra natura in caso di nuova assunzione, con previsione di un regime generale avente al suo interno articolazioni e graduazioni in connessione con le caratteristiche soggettive degli interessati, con particolare riferimento ai disoccupati di lungo periodo, alle categorie a rischio di esclusione sociale e ai prestatori di lavoro coinvolti in processi di riemersione, nonché con il grado di svantaggio occupazionale delle diverse aree territoriali;

          b) articolazione e semplificazione delle misure di incentivazione finanziaria, anche in relazione alla natura a tempo determinato o indeterminato del rapporto di lavoro e all'eventuale trasformazione a tempo indeterminato del contratto inizialmente posto in essere a tempo determinato, ovvero in relazione alla trasformazione dei tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, in rapporti di lavoro subordinato, al fine di favorire la stabilizzazione delle prestazioni di lavoro;

          c) previsione di un sistema di incentivi al ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale su base volontaria, anche attraverso forme di incentivazione economica erogate direttamente al prestatore di lavoro, con particolare riferimento alle assunzioni connesse a ipotesi di espansione della base occupazionale dell'impresa ovvero in caso di impiego di giovani impegnati in percorsi di istruzione e formazione, di genitori con figli minori di sei anni conviventi, di lavoratori con età superiore ai cinquantacinque anni, di lavoratrici precedentemente occupate che rientrano nel mercato del lavoro dopo almeno due anni di inattività, nonché per la trasformazione a tempo parziale di contratti a tempo pieno in relazione a procedure di riduzione di personale;

          d) collegamento delle misure di incentivazione finanziaria con le politiche di

 

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sviluppo e di riequilibrio territoriale, anche al fine di accompagnare i processi di localizzazione produttiva;

          e) coordinamento con la disciplina sulla verifica dello stato di disoccupazione e delle relative sanzioni, nonché con quella sugli ammortizzatori sociali, al fine di favorire l'inserimento dei beneficiari di questi ultimi nel mondo del lavoro;

          f) introduzione di meccanismi automatici di incentivazione a favore dei datori di lavoro e dei lavoratori che investano in attività di formazione continua, anche attraverso l'utilizzo del contributo a tal fine previsto dall'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, purché essa sia certificata dagli organismi pubblici o dagli organismi bilaterali.

Art. 4.
(Agenzia per le relazioni industriali).

      1. Al fine di favorire il funzionamento di un libero e responsabile sistema di relazioni industriali, il Governo è autorizzato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un regolamento che istituisca l'Agenzia per le relazioni industriali, di seguito denominata «Agenzia».
      2. L'Agenzia ha il compito di contribuire a migliorare il funzionamento di un libero e responsabile sistema di relazioni industriali sia a livello nazionale sia a livello locale. A questo fine l'Agenzia:

          a) fornisce un servizio indipendente e imparziale relativamente alla prevenzione e alla risoluzione delle controversie collettive di lavoro ed espleta il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali di lavoro di cui agli articoli 410 e seguenti del codice di procedura civile e agli articoli 65 e 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

          b) provvede al costante monitoraggio della rappresentatività degli attori sociali

 

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allo scopo di garantire trasparenza e simmetria informativa nelle relazioni industriali;

          c) promuove nuove pratiche e formula codici di condotta relativi ai rapporti individuali e collettivi di lavoro;

          d) svolge attività di studio, ricerca, documentazione, informazione e assistenza tecnica sulle materie che rientrano nel proprio ambito di competenza, con particolare attenzione all'evoluzione della normativa comunitaria e all'esperienza di altri ordinamenti giuridici.

      3. L'Agenzia ha una sede centrale situata presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e si articola in strutture territoriali di livello regionale e provinciale secondo quanto stabilito dal regolamento di cui al comma 1.
      4. All'Agenzia sono trasferiti, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, i compiti esercitati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale nelle materie di cui al comma 2. Sono pertanto soppresse, con il regolamento di cui al comma 1, le strutture del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, nazionali e periferiche, che svolgono le attività demandate all'Agenzia.

Art. 5.
(Incentivi fiscali per il collegamento tra salari e produttività).

      1. I redditi derivanti da prestazioni di lavoro straordinario e da premi connessi a risultati sulla base di accordi individuali o collettivi in sede aziendale sono assoggettati a imposizione fiscale sostitutiva, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, con applicazione dell'aliquota media dell'ultimo biennio, ridotta del 50 per cento. I predetti redditi non concorrono ad alcun titolo alla formazione del reddito complessivo o dell'indicatore della situazione economica del percipiente o del suo nucleo familiare.
      2. All'articolo 2, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 25 marzo 1997,

 

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n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e successive modificazioni, le parole: «tre per cento» sono sostituite dalle seguenti: «quattro per cento».
      3. All'articolo 51, comma 2, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, le parole: «lire 500.000» sono sostituite dalle seguenti: «313,22 euro».


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