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PDL 2509

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2509



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MARONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BODEGA, BRICOLO, BRIGANDÌ, CAPARINI, COTA, DOZZO, DUSSIN, FAVA, FILIPPI, FUGATTI, GARAVAGLIA, GIBELLI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LUSSANA, MONTANI, PINI, POTTINO, STUCCHI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui sequestri di cittadini italiani avvenuti in aree di conflitto e in territorio straniero

Presentata l'11 aprile 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Con la presente proposta di legge si intende istituire una Commissione parlamentare di inchiesta per accertare i fatti relativi ai sequestri di cittadini italiani avvenuti in aree di conflitto in territorio straniero e che si sono susseguiti al 2004 ad oggi. Si è trattato di vicende drammatiche, rispetto alle quali il Governo ha ritenuto di dover assumere decisioni difficili e rischiose per salvare la vita dei nostri connazionali.
      Le catture come ostaggi che hanno interessato cittadini italiani in Afghanistan, in Iraq e, più recentemente, in Nigeria, si sono talvolta concluse positivamente. Tuttavia, in alcune circostanze, si è dovuta dolorosamente registrare altresì la vile uccisione di persone indifese, che l'iniziativa del Governo non è riuscita ad evitare. È stato questo il destino, tra gli altri, di Fabrizio Quattrocchi, di Enzo Baldoni, dell'autista e dell'interprete con i quali viaggiava Daniele Mastrogiacomo,
 

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Sayed Agha e Adjimal Nashkbandi, mentre il funzionario del Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI), Nicola Calipari, ha perso la vita nel corso della complessa operazione culminata nella liberazione di Giuliana Sgrena.
      Nella XIV legislatura, maggioranza e opposizione convennero sull'opportunità di adottare una linea politica mirante, con tutto l'impegno possibile, a salvaguardare l'incolumità e ad ottenere il rilascio delle persone di volta in volta rapite e minacciate. Lo stesso atteggiamento si è altresì registrato anche in occasione del rapimento, verificatosi lo scorso autunno in Afghanistan, di Gabriele Torsello.
      Le recentissime vicende che hanno riguardato Daniele Mastrogiacomo e i suoi due collaboratori afgani sono state invece all'origine di un vivace dibattito, che si è sviluppato tanto all'interno del nostro Paese quanto nell'ambito delle alleanze internazionali di cui l'Italia è parte. Si è in particolare contestata la scelta, che il Governo italiano avrebbe compiuto, di esercitare pressioni sull'Amministrazione dello Stato islamico dell'Afghanistan guidata dal Presidente Hamid Karzai per ottenere il rilascio di alcuni noti capi del movimento politico-militare talebano, che era richiesto dai sequestratori a titolo di contropartita per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo e di Adjimal Nashkbandi, poi invece barbaramente assassinato.
      Dubbi sono stati altresì sollevati relativamente all'opportunità di privilegiare, nello svolgimento dei negoziati con gli irregolari afgani, un'organizzazione non governativa, relegando a un ruolo subalterno gli apparati di sicurezza dello Stato italiano.
      Si manifesta dunque oggi, a differenza che in passato, una divergenza sulla risposta da dare ai rapimenti, sugli indirizzi da seguire e sulle scelte che i Governi devono compiere, e ciò non soltanto all'interno del sistema politico e dell'opinione pubblica italiana, bensì anche nell'Alleanza atlantica, che in Afghanistan gestisce una complessa missione militare di stabilizzazione alla quale partecipano anche le truppe del nostro Paese.
      A questo punto, si ritiene che il Parlamento e l'opinione pubblica abbiano il diritto di acquisire conoscenze più certe sull'intera materia dei sequestri avvenuti a danno di cittadini italiani in territorio straniero e in particolare nelle aree di conflitto.
      Appare indispensabile acquisire una ricostruzione attendibile di ciò che di volta in volta ha fatto il Governo, quale è stato il ruolo svolto nelle singole crisi dalle intelligence italiana e dei Paesi alleati, quali trattative siano state intavolate e come si siano concluse.
      È evidente che occorre ridurre quanto più possibile i contrasti politici interni su questa delicata materia, costruendo un nuovo consenso bipartisan nel Parlamento italiano e nel Paese circa la gestione di queste emergenze, e ciò anche al fine di stabilire obiettivi e metodi che dovranno caratterizzare l'azione del Governo e degli apparati dello Stato qualora in futuro si ripetano evenienze di questa natura.
      La Commissione parlamentare di inchiesta che si intende istituire appare a questo riguardo uno strumento adeguato a fare luce sui fatti, sulle scelte e sulle responsabilità, ferme restando le disposizioni relative alla perseguibilità dei «reati commessi dallo straniero (...) a danno dello Stato» in territorio afgano contenute nell'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 2007, n. 38.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge, che riprende il testo del disegno di legge presentato al Senato della Repubblica dal senatore Massimo Brutti (atto Senato n. 1470), definisce analiticamente i compiti della Commissione, ne fissa la durata dei lavori in dodici mesi e prevede la presentazione di una relazione conclusiva al Parlamento.
      L'articolo 2 stabilisce la composizione e le modalità di funzionamento della Commissione. Essa, secondo l'articolo 3, procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria. Alla Commissione, limitatamente all'oggetto delle indagini
 

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che la legge le affida, non può essere opposto il segreto di Stato né il segreto di ufficio.
      L'articolo 3 regola altresì i rapporti tra la Commissione e l'autorità giudiziaria, nonché i rapporti tra la Commissione e i servizi di informazione e sicurezza.
      L'articolo 4 disciplina l'obbligo del segreto a cui sono tenuti i componenti della Commissione, i funzionari e tutto il personale che a vario titolo collabora all'attività di inchiesta o ne viene a conoscenza.
      L'articolo 5 dispone la procedura accelerata di entrata in vigore della legge.
      Attese la rilevanza, la delicatezza e l'urgenza di affrontare gli argomenti oggetto dell'inchiesta parlamentare in esame, si raccomanda la sollecita approvazione della presente proposta di legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione e compiti).

      1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta, di seguito denominata «Commissione», con il compito di accertare ogni fatto relativo ai sequestri di cittadini italiani avvenuti in aree di conflitto e in territorio straniero, dal 1o gennaio 2001 fino alla data di entrata in vigore della presente legge.
      2. La Commissione ha il compito di accertare, per ciascuno dei sequestri di cui al comma 1:

          a) a quali vicende, interessi o strategie e quali forze militari e politiche il sequestro sia riconducibile;

          b) quale sia stata la reale dinamica dei fatti;

          c) quali indirizzi abbia seguìto e quali iniziative politiche, diplomatiche e di intelligence abbia assunto il Governo italiano;

          d) come siano state distribuite le responsabilità nell'ambito del Governo italiano per la direzione delle operazioni volte a ottenere la liberazione dei soggetti sequestrati;

          e) quali attività abbiano svolto i servizi di informazione e sicurezza italiani e quale sia stata l'autorità politica a cui essi hanno compiutamente riferito sull'andamento delle operazioni;

          f) quali disposizioni l'autorità politica abbia impartito ai servizi di informazione e sicurezza;

          g) ogni altro fatto o comportamento di soggetti italiani o stranieri connesso con il sequestro che possa aver avuto rilievo nel suo svolgimento e nel suo esito.

 

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      3. La Commissione conclude i propri lavori entro dodici mesi dalla sua costituzione, presentando al Parlamento una relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta. Sono ammesse relazioni di minoranza.

Art. 2.
(Composizione e funzionamento).

      1. La Commissione è composta da quindici senatori e da quindici deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in modo da rispecchiare la consistenza proporzionale di ciascun gruppo parlamentare e comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo costituito in almeno un ramo del Parlamento.
      2. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione tra i suoi componenti. Nell'elezione del presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggiore numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
      3. Per l'elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggiore numero di voti. In caso di parità di voti, è proclamato eletto il più anziano di età.
      4. La Commissione approva, prima dell'inizio dell'attività di inchiesta, un regolamento interno concernente il proprio funzionamento.
      5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 150.000 euro e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico dei bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della

 

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Repubblica e della Camera dei deputati, con determinazione adottata di intesa tra loro, possono autorizzare un incremento delle spese di cui al precedente periodo, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.

Art. 3.
(Attività di inchiesta).

      1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria. Per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.
      2. Alla Commissione, limitatamente all'oggetto dell'attività di sua competenza, non può essere opposto il segreto di Stato né il segreto d'ufficio. Per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. La Commissione può ottenere copie di atti e documenti relativi a indagini e richieste parlamentari, anche quando tali atti o documenti siano stati assoggettati al vincolo del segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta; in tale caso, il segreto funzionale non può essere opposto alla Commissione.
      3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e delle collaborazioni che ritenga necessarie. Può richiedere informazioni e documenti al Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI) al Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica (SISDE) e al Comitato esecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza (CESIS). Restano comunque coperte dal segreto le identità di coloro che operano nei servizi di informazione e sicurezza e le identità delle persone che hanno loro fornito informazioni.

 

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      4. La Commissione può ottenere, anche in deroga a quanto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti o documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria, la trasmissione delle copie degli atti e documenti richiesti. Il decreto ha efficacia per trenta giorni e può essere rinnovato. Quando le predette ragioni di natura istruttoria vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.
      5. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.
      6. La Commissione, a maggioranza assoluta dei propri componenti, stabilisce quali atti e documenti possono essere divulgati. Sono comunque coperti dal segreto i nomi, gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

Art. 4.
(Obbligo del segreto).

      1. I componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione stessa e tutte le altre persone che collaborano con essa o compiono o concorrono a compiere atti di inchiesta, oppure vengono a conoscenza di tali atti per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto sull'attività di inchiesta, anche dopo la cessazione dell'incarico, fatta eccezione per i contenuti delle audizioni che non siano avvenute in seduta segreta e per gli atti e i documenti che la Commissione ha stabilito possano essere divulgati ai sensi dell'articolo 3, comma 6.
      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione dell'obbligo di cui al comma 1, tramite la diffusione di informazioni in qualsiasi forma, è punita a norma dell'articolo 326 del codice penale.

 

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      3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le pene di cui al comma 2 si applicano anche a chiunque diffonde, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti prodotti o acquisiti dalla Commissione e coperti dal segreto.

Art. 5.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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