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PDL 2493

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2493



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MURGIA, POLETTI, BARANI, BARBIERI, BENEDETTI VALENTINI, BONO, CASTIELLO, CIRIELLI, GIULIO CONTI, DE CORATO, HOLZMANN, MAZZOCCHI, MAZZONI, PORCU, RAMPELLI, SALERNO, TREPICCIONE

Modifica dell'articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, in materia di abbonamento alle radioaudizioni

Presentata il 4 aprile 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Il regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, prevede il pagamento di un canone di abbonamento per chiunque possegga un apparecchio per la ricezione delle radioaudizioni. In particolar modo, l'articolo 1, primo comma, del predetto regio decreto-legge n. 246 del 1938 così dispone: «Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento...».
      Il legislatore, già nel 1938, aveva previsto, dunque, l'adattabilità di apparecchi diversi per la ricezione del segnale e, pertanto, aveva disposto, anche per chi ne possedesse uno, il pagamento del canone. Ciò è avvenuto per la televisione. Quello che il legislatore, però, non aveva previsto era che, nel XXI secolo, gli apparecchi con la possibilità di essere adattati alla ricezione di un segnale audiovisivo fossero, addirittura, telefoni cellulari e personal computer. Questi ultimi, oggi, in quanto strumenti dotati anche di funzioni atte alla ricezione di
 

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un segnale radiotelevisivo, rientrerebbero, secondo l'orientamento della dottrina giurisprudenziale, nei casi previsti dal citato articolo 1, primo comma, del regio decreto-legge n. 246 del 1938 e, pertanto, chiunque ne possegga uno sarebbe costretto al pagamento del canone di abbonamento.
      Infatti, alcune sentenze della Corte costituzionale e della Corte di cassazione hanno definito il canone radiotelevisivo come un'imposta e non come una tassa e, quindi, il pagamento è dovuto non in funzione della fruizione di un particolare servizio, bensì in funzione della semplice detenzione di un qualunque apparecchio astrattamente idoneo a captare l'emittenza radiotelevisiva. Alla luce dei princìpi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità deve ritenersi, dunque, che, laddove il personal computer o il «videofonino» rappresentino apparecchi astrattamente atti alla ricezione di un segnale audio-video, allora, per il possesso degli stessi, deve essere corrisposto il canone di abbonamento radiotelevisivo.
      Il problema nasce nel momento in cui ci troviamo di fronte a strumenti di uso quotidiano che sono utilizzati da tutti per usufruire di servizi che nulla hanno a che fare con la televisione.
      Un personal computer, infatti, è utilizzato per navigare su internet, per fare ricerche, per comunicare con altre persone, per esigenze di studio, per guardare un film sui supporti dvd e per giocare: appare chiaro che, nonostante l'esistenza di strumentazioni per la ricezione di un segnale audiovisivo che possono essere comodamente installate su qualsiasi computer (tv tuner), guardare la televisione su un personal computer è l'ultima cosa che verrebbe in mente a un comune utente. Tra l'altro, guardare la televisione su un monitor da 14 pollici, e quindi molto piccolo, è scomodo e, inoltre, terrebbe occupato un mezzo di comunicazione così potente per una funzione che è assolutamente delegata e assolta dal comune apparecchio televisivo: insomma, avere un computer per guardarvi programmi televisivi sarebbe come comprare un'automobile Ferrari per fare soltanto il giro dell'isolato!
      Lo stesso discorso è valido per chiunque possegga un telefono cellulare con funzioni di ricezione audio-video, che è utilizzato da tutti per telefonare e non certo per guardare la televisione; dunque, pagare un canone di abbonamento alle «radioaudizioni» solo perché si dispone di un telefono che, tra le funzioni, permette anche di guardare un breve filmato o un telegiornale su un mini-schermo da 2 pollici e mezzo (la grandezza di un comune telefono cellulare) non è assolutamente accettabile, sia per l'utilizzo occasionale che se ne fa, sia per la scomodità alla quale si andrebbe incontro nel guardare un film.
      La presente proposta di legge, dunque, dispone la modifica del citato articolo 1 del regio decreto-legge n. 246 del 1938, sostituendo, al comma 1, con il termine «apparecchi televisivi o radiofonici», che individua, chiaramente, la comune televisione e la radio, ciò che il legislatore aveva astrattamente definito, nel 1938, «apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni» disponendo, così, che il canone di abbonamento non sia corrisposto, come precisato dal comma 2 dell'articolo 1 del citato regio decreto-legge n. 246 del 1938, da chi possiede un personal computer o un telefono cellulare con caratteristiche tecniche che consentono la ricezione del segnale radiotelevisivo.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, è sostituito dal seguente:

      «Art. 1. - (Abbonamento alle radioaudizioni). - 1. Chiunque detenga uno o più apparecchi televisivi o radiofonici atti alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, in conformità alle norme di cui al presente decreto.
      2. Il canone di abbonamento di cui al comma 1 non è dovuto per la detenzione di personal computer o di telefoni mobili adattati o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni.
      3. La presenza di un impianto aereo atto alla captazione o alla trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l'impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radioelettrici, fa presumere la detenzione o l'utenza di un apparecchio radioricevente».


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