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PDL 1828

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1828



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

REALACCI, ACERBO, BAFILE, BANDOLI, BARANI, BENVENUTO, BENZONI, BIANCHI, BOATO, BOCCI, BOFFA, BRANDOLINI, BURTONE, CALGARO, CARRA, CASTAGNETTI, CESINI, CHIAROMONTE, CRISCI, D'ANTONA, DATO, DE ANGELIS, DE BRASI, DI GIROLAMO, DUILIO, FASCIANI, FEDI, FERRARI, FOGLIARDI, FOLENA, FORLANI, FRANCESCHINI, FRIAS, FRONER, GRASSI, IANNUZZI, LARATTA, LI CAUSI, LION, LOMAGLIO, LUSETTI, MARANTELLI, MARGIOTTA, MARIANI, META, MIGLIOLI, MORRONE, MOSELLA, MOTTA, NARDUCCI, OTTONE, PEDULLI, PELLEGRINO, CAMILLO PIAZZA, PICANO, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, PIRO, PISCITELLO, POLETTI, RAMPI, RANIERI, RAZZI, ROSSO, RUGGERI, RUSCONI, SCHIRRU, SERVODIO, SINISCALCHI, SQUEGLIA, SUPPA, TANONI, TESTA, TOCCI, TOLOTTI, VALDUCCI, VICHI, VILLARI, WIDMANN

Disposizioni per la promozione del commercio equo e solidale

Presentata il 16 ottobre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Il commercio equo e solidale è stato per molti anni un'esperienza concreta per mettere in relazione le esigenze dei piccoli produttori del «sud del mondo» con la scelta di maggiore solidarietà ed equità negli scambi commerciali e nelle relazioni tra comunità e Paesi.
      Dagli anni '50, quando naque in Olanda, il commercio equo e solidale ha saputo crescere in quantità e in qualità diventando, negli ultimi quindici anni, sia a livello globale che europeo, e soprattutto italiano, oggetto di interesse da parte dei cittadini, dei gruppi di ricerca delle università e dei decisori politici.
      Se il dato della produzione e commercializzazione di prodotti equosolidali registra un successo crescente, sia nelle scelte dei consumatori che nell'attenzione da parte dei media e dell'opinione pubblica
 

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(sono oltre 70.000 i punti vendita in tutta Europa tra «botteghe del mondo», i negozi specializzati nella vendita e nella promozione del commercio equo solidale, e grande distribuzione organizzata, con un fatturato che supera ormai i 660 milioni di euro), molta strada resta ancora da compiere. In Italia, ad esempio, solo lo 0,13 per cento del caffè venduto è stato acquistato a condizioni eque, pagandolo cioè al «giusto prezzo» al produttore (e anche per altri prodotti siamo su percentuali molto basse: dallo 0,63 per cento del tè all'appena 0,08 per cento del cioccolato).
      In gioco non sono soltanto questioni legate a dinamiche di mercato: dietro la commercializzazione di questi prodotti operano infatti realtà produttive concentrate nei Paesi in via di sviluppo che coniugano il rispetto dei diritti dei lavoratori e la tutela dell'ambiente e che fondano la loro prassi economica sulla collaborazione responsabile con i produttori. I canali di vendita garantiscono non solo, quindi, il riconoscimento di un giusto prezzo a chi li produce e la massima trasparenza per chi li acquista, ma anche il sostegno e lo sviluppo di una filiera produttiva «corta». Valori che possono «contagiare» positivamente anche i processi di globalizzazione in atto.
      Negli ultimi anni si è fatto strada, tra i parametri che regolano le leggi del mondo imprenditoriale e tra quelli che determinano le scelte dei cittadini-consumatori, un approccio alternativo alla produzione, al commercio e al consumo, incentrato sulla relazione etica.
      Si tratta di una forma di lotta alla povertà che si basa sull'accompagnamento nell'accesso al mercato e che è caratterizzata da pochi ma ben saldi princìpi: parternariato responsabile; un prezzo più equo pagato alle imprese dei produttori; salari adeguati; relazioni commerciali durature; opere sociali per le comunità coinvolte; sostenibilità ambientale dei processi di lavorazione; miglioramento qualitativo della filiera produttiva. Per fare un esempio, si pensi che oggi un produttore di caffè latino-americano percepisce circa il 3 per cento del prezzo finale del suo prodotto. Con il commercio equo lo stesso produttore e la sua comunità non solo ricevono circa il 30 per cento di quel prezzo, ma riescono anche ad accedere al mercato come attori e non solo come soggetti passivi.
      Se la responsabilità sociale delle imprese e la sostenibilità ambientale ed etica dello sviluppo sono i nuovi valori da cui partire per la rigenerazione del sistema economico globale, lo «strumento» del parametro etico deve incidere il più possibile in tutti i contesti sociali.
      Non a caso la rilevanza dell'approccio equo e solidale al ciclo delle merci è stata riconosciuta anche nelle sedi istituzionali, a cominciare da quella europea: ad esempio, il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione n. A3-0373/93 del 19 gennaio 1994, sulla promozione del commercio equo e solidale fra nord e sud, e la risoluzione n. 198/98/CE del 2 luglio 1998, sul commercio equo e solidale, che ne riconoscono il valore sociale, e lo stesso Parlamento ha invitato la Commissione europea a prendere una serie di misure volte a premiare prodotti certificati equo solidali, incoraggiando la creazione di un marchio comune e favorendo una politica di incentivi. Un'altra risoluzione sul commercio equo e solidale e lo sviluppo è stata approvata il 6 luglio 2006 dal Parlamento di Strasburgo su sollecitazione della Commissione per lo sviluppo di Bruxelles.
      Lo stesso Parlamento italiano ha approvato all'unanimità due mozioni nel biennio 2002-2003 (mozione del senatore Iovene al Senato della Repubblica e mozione dell'onorevole Fioroni alla Camera dei deputati) che indicano il commercio equo e solidale come possibile e ulteriore strumento di lotta alla povertà, con particolare riferimento ai piccoli produttori, a partire da quelli coinvolti nella filiera del caffè.
      Parallelamente, sono diverse le regioni che hanno deciso di disciplinare il settore, approvando norme sulla produzione del commercio equo e solidale. Basti ricordare, fra le altre, la legge regionale del Friuli Venezia Giulia (legge regionale
 

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5 dicembre 2005, n. 29), la mozione della regione Marche (pubblicata nel Bollettino Ufficiale della regione Marche n. 82 del 17 ottobre 1995), la legge regionale della Toscana (legge regionale 23 febbraio 2005, n. 37), la legge regionale dell'Umbria (legge regionale 6 febbraio 2007, n. 3), la delibera della giunta regionale del Trentino-Alto Adige (n. 232 del 27 luglio 2005), la legge regionale dell'Abruzzo (legge regionale 28 marzo 2006, n. 7), i progetti di legge del Piemonte, della Liguria, della Lombardia e del Veneto.
      Molti enti locali, inoltre, hanno manifestato grande interesse per questi temi, attraverso la partecipazione alle iniziative promosse dall'arcipelago del commercio equo e solidale, come la campagna «Città eque e solidali», promossa da TransFair/Fairtrade Italia, AGICES, Coordinamento agende 21 locali italiane e Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani, con l'adesione dell'Associazione botteghe del Mondo (AssoBotteghe) Italia e dei soci dell'Assemblea generale italiana del commercio equo e solidale (AGICES), CTM Altromercato e Commercio alternativo. Una campagna che ha l'obiettivo di coinvolgere gli enti locali nella promozione delle istanze del commercio equo e solidale.
      Nonostante tutto ciò, il nostro Paese non ha ancora riconosciuto ufficialmente l'importanza di questa esperienza attraverso una legge di riordino del settore e quindi risulta ancora più importante sostenere questo processo e spingere affinché il Parlamento italiano introduca misure per la promozione e lo sviluppo del commercio equo e solidale.
      La presente proposta di legge è il risultato di un approfondito percorso di confronto all'interno del tavolo di coordinamento delle tre realtà maggiormente significative nel contesto equo italiano, AGICES, AssoBotteghe e Fairtrade/Transfair Italia (iniziativa italiana dell'Organizzazione internazionale di certificazione di prodotti del commercio equo e solidale).
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. La Repubblica, nel quadro delle politiche promosse e realizzate a sostegno della cooperazione internazionale e dell'economia sociale, e nel rispetto dei princìpi di solidarietà della Costituzione, riconosce al commercio equo e solidale una funzione rilevante nel sostegno alla crescita economica e sociale dei Paesi in via di sviluppo, nella pratica di un modello di economia partecipata, attenta alla conservazione dell'ecosistema, socialmente sostenibile e rispettosa dei diritti e dei bisogni di tutti i soggetti che sono parte dello scambio economico e nella promozione dell'incontro fra culture diverse.
      2. La Repubblica promuove la diffusione del commercio equo e solidale e della sua cultura, riconosce le organizzazioni di commercio equo e solidale e attiva iniziative di sostegno e di agevolazione alla loro attività e ai prodotti realizzati nell'ambito della loro filiera produttiva.
      3. La Repubblica favorisce e promuove la distribuzione dei prodotti del commercio equo e solidale e sostiene le organizzazioni della filiera integrale del commercio equo e solidale e quelle iscritte nella sezione speciale dell'Albo di cui all'articolo 7, mediante azioni volte a promuoverne, coordinarne e finanziarne i progetti.

Art. 2.
(Commercio equo e solidale).

      1. Il commercio equo e solidale è un'attività di cooperazione economica e sociale, svolta con produttori di beni o di servizi di aree economicamente svantaggiate dei Paesi in via di sviluppo organizzati in forma collettiva, allo scopo di

 

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consentire, accompagnare e migliorare il loro accesso al mercato, quando l'attività sia realizzata mediante accordi di lunga durata che prevedono i seguenti requisiti:

          a) il pagamento di un prezzo equo;

          b) misure a carico del committente per il graduale miglioramento della qualità del prodotto o del servizio realizzati dal produttore o dei suoi processi produttivi, nonché a favore dello sviluppo della comunità locale cui il produttore appartiene;

          c) il progressivo miglioramento degli standard ambientali della produzione;

          d) la trasparenza della filiera anche nei confronti dei terzi;

          e) l'obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative stabilite dall'Organizzazione internazionale del lavoro, di remunerare in maniera adeguata i lavoratori, in modo da permettere loro di condurre un'esistenza libera e dignitosa, e di rispettarne i diritti sindacali.

      2. La proposta contrattuale del committente deve essere accompagnata dall'offerta del pagamento di una parte rilevante del prezzo al momento dell'ordine. Nel caso in cui il produttore rinunci a tale offerta, l'accordo di cui al comma 1 deve darne espressivamente atto, indicandone i motivi.

Art. 3.
(Prezzo equo).

      1. Il prezzo pagato ai produttori è equo quando è definito dalle parti all'esito di un processo fondato sul dialogo, sulla trasparenza e sulla responsabilità reciproca, in cui il prezzo è proposto dal produttore ed eventualmente modificato tramite accordo tra le parti sulla base di una valutazione congiunta della sua adeguatezza a sostenere l'impresa del produttore e degli effetti che il suo livello produce sulla filiera produttiva e distributiva fino al consumatore.

 

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      2. In relazione all'entità dei prodotti venduti il prezzo deve anche essere idoneo a generare per il produttore un reddito da destinare agli investimenti e a consentire ad esso di remunerare i lavoratori in misura adeguata a condurre un'esistenza libera e dignitosa, nonché di coprire gli altri costi inerenti agli obblighi espressamente assunti dalle parti nel contratto.

Art. 4.
(Organizzazioni di commercio equo e solidale).

      1. Le organizzazioni di commercio equo e solidale perseguono la giustizia economica e sociale, uno sviluppo sostenibile nel rispetto delle persone e dell'ambiente attraverso il commercio, la crescita della consapevolezza dei consumatori, l'educazione, l'informazione e l'azione politica. Esse fondano la loro attività sulla cooperazione e promuovono una relazione più diretta tra produttore e consumatore.
      2. Sono organizzazioni di commercio equo e solidale i soggetti, organizzati in forma collettiva, democratica e senza scopo di lucro, che stipulano gli accordi di cui all'articolo 2 con i produttori, nonché quelli che svolgono un'attività diversa da quella di cui al medesimo articolo 2, quando essa consiste congiuntamente:

          a) nella distribuzione all'ingrosso o al dettaglio di prodotti o di servizi oggetto di accordi aventi il contenuto di cui all'articolo 2, se è accompagnata:

              1) dall'illustrazione della ripartizione del prezzo tra i diversi soggetti che hanno partecipato alla catena produttiva del bene o del servizio;

              2) dall'illustrazione dell'accordo di cui all'articolo 2;

              3) dall'indicazione della filiera produttiva, con particolare riguardo alla provenienza del prodotto e ai soggetti che hanno partecipato alla trasformazione;

 

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          b) nell'educazione, divulgazione e informazione sui temi del commercio equo e solidale, del divario tra il nord e il sud del mondo, dello sviluppo economico e sociale, del commercio internazionale e del consumo critico;

          c) nella formazione degli operatori e dei produttori svolta in Italia o all'estero.

      3. L'attività di cui al comma 2, lettera a), deve essere prevalente rispetto a quelle indicate alle lettere b) e c) del medesimo comma.
      4. L'iscrizione in un registro della filiera integrale del commercio equo e solidale, ai sensi dell'articolo 8, è condizione costitutiva della natura di organizzazione di commercio equo e solidale.

Art. 5.
(Filiera integrale del commercio equo e solidale).

      1. Nella filiera integrale del commercio equo e solidale la relazione tra produttore e consumatore è mediata dalle organizzazioni di commercio equo e solidale di cui all'articolo 4.
      2. Nella filiera integrale del commercio equo e solidale l'accordo di cui all'articolo 2 è sempre stipulato dalle organizzazioni di commercio equo e solidale di cui all'articolo 4.

Art. 6.
(Prodotti del commercio equo e solidale).

      1. Sono prodotti del commercio equo e solidale quelli realizzati, importati e distribuiti nella filiera integrale del commercio equo e solidale ai sensi degli articoli 2, 3, 4 e 5.
      2. Sono altresì prodotti del commercio equo e solidale quelli realizzati nella filiera di prodotto ai sensi dell'articolo 2, quando sono certificati da parte di un ente di certificazione iscritto nella sezione speciale dell'Albo di cui all'articolo 7, comma 3.

 

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Art. 7.
(Albo delle organizzazioni di commercio equo e solidale).

      1. Ai fini della concessione dei benefìci di cui alla presente legge, è istituito l'Albo nazionale delle organizzazioni di commercio equo e solidale, di seguito denominato «Albo».
      2. All'Albo possono aderire solo i soggetti iscritti nel registro della filiera integrale del commercio equo e solidale di un ente iscritto nella sezione speciale di cui al comma 3.
      3. L'Albo contiene una sezione speciale destinata all'iscrizione degli enti maggiormente rappresentativi delle organizzazioni di commercio equo e solidale, nonché degli enti che svolgono attività di certificazione della filiera di prodotto.
      4. Hanno diritto di essere iscritti alla sezione speciale dell'Albo gli enti di cui al comma 3 che, senza fini di lucro, hanno come scopo statutario la promozione e il sostegno del commercio equo e solidale attraverso la verifica del rispetto della filiera integrale e che non svolgono attività commerciale, se non in via limitata e residuale e al solo fine di coprire i costi di gestione. Tali enti devono possedere i seguenti requisiti:

          a) una base sociale di almeno settanta iscritti complessivamente presenti in almeno dieci regioni italiane;

          b) un registro della filiera integrale;

          c) un regolamento che disciplina la filiera integrale in conformità a quanto stabilito dagli articoli 2, 3, 4 e 5;

          d) un sistema di vigilanza interno in grado di verificare il rispetto della filiera integrale del commercio equo e solidale;

          e) una struttura democratica e aperta.

      5. Hanno altresì diritto di essere iscritti alla sezione speciale dell'Albo gli enti che, senza fini di lucro, hanno come scopo statutario la certificazione dei prodotti del

 

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commercio equo e solidale e che non svolgono attività commerciale, se non in via limitata e residuale e al solo fine di coprire i costi di gestione. Tali enti devono possedere i seguenti requisiti:

          a) una base sociale di almeno quindici enti presenti in almeno dieci regioni italiane;

          b) un registro dei licenziatari cui le imprese possono aderire solo per i prodotti che rispettano i criteri di cui all'articolo 2;

          c) un marchio registrato;

          d) un regolamento che disciplina la filiera in conformità a quanto stabilito dall'articolo 2;

          e) una struttura democratica e aperta;

          f) un'organizzazione conforme alle normative dell'Organizzazione internazionale per le standardizzazioni (ISO) stabilite per gli enti di certificazione.

      6. L'iscrizione alla sezione speciale dell'Albo è consentita solo a condizione dell'espressa accettazione del potere di vigilanza dell'Autorità di cui all'articolo 9.

Art. 8.
(Registro della filiera integrale del commercio equo e solidale).

      1. Hanno diritto di essere iscritte al registro della filiera integrale del commercio equo e solidale di un ente iscritto nella sezione speciale dell'Albo di cui al comma 3 dell'articolo 7 le organizzazioni di commercio equo e solidale socie dello stesso ente che:

          a) hanno per oggetto sociale lo svolgimento delle attività di commercio equo e solidale, ai sensi degli articoli 2, 3, 4 e 5;

          b) hanno un ricavato che proviene per almeno il 70 per cento dalle attività di cui all'articolo 2 ovvero all'articolo 4, comma 2;

 

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          c) sono organizzazioni senza fini di lucro;

          d) hanno una struttura sociale a base democratica e aperta;

          e) rispettano i criteri e le norme del regolamento della filiera integrale del commercio equo e solidale dell'ente cui appartengono.

      2. Non possono essere iscritti ai registri della filiera integrale del commercio equo e solidale gli enti pubblici, i partiti, i movimenti politici e le organizzazioni sindacali.
      3. Il rifiuto di iscrizione o l'esclusione dal registro della filiera integrale del commercio equo e solidale devono essere impugnati avanti all'Autorità di cui all'articolo 9 prima di ricorrere all'autorità giudiziaria.

Art. 9.
(Autorità del commercio equo e solidale).

      1. L'Albo è gestito dall'Autorità del commercio equo e solidale, di seguito denominata «Autorità», alla quale sono attribuiti i seguenti compiti:

          a) iscrizione e cancellazione delle organizzazioni di commercio equo e solidale;

          b) verifica del mantenimento dei requisiti da parte degli iscritti;

          c) verifica della rispondenza alla legge dei regolamenti adottati dai soggetti iscritti alla sezione speciale di cui al comma 3 dell'articolo 7;

          d) vigilanza sugli iscritti e contro gli abusi dei terzi, consistenti nell'uso indebito dell'espressione «commercio equo e solidale», della qualifica di «organizzazione di commercio equo e solidale» o dell'attributo di «prodotto del commercio equo e solidale»;

          e) esercizio dei poteri sanzionatori nei confronti degli iscritti;

          f) decisione in ordine ai ricorsi contro il rifiuto di iscrizione o l'esclusione dal

 

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registro della filiera integrale del commercio equo e solidale.

      2. L'Autorità è istituita presso il Ministero dello sviluppo economico ed è composta da cinque membri, nominati dal Ministro dello sviluppo economico, di cui due scelti in una rosa di nominativi proposta dagli enti iscritti nella sezione speciale dell'Albo di cui al comma 3 dell'articolo 7.
      3. I componenti dell'Autorità durano in carica per tre anni e il loro mandato è rinnovabile una sola volta.
      4. L'Autorità può nominare un comitato tecnico composto da persone appartenenti alle organizzazioni di cui all'articolo 4 o agli enti iscritti nella sezione speciale dell'Albo di cui al comma 3 dell'articolo 7.

Art. 10.
(Tutela del commercio equo e solidale).

      1. Un ente può qualificarsi come organizzazione di commercio equo e solidale solo in presenza dei presupposti stabiliti dalla presente legge. Nessuno può qualificare i prodotti propri o altrui come prodotti del commercio equo e solidale in assenza dei presupposti stabiliti dalla presente legge.
      2. L'uso indebito delle dizioni «organizzazione di commercio equo e solidale» o «prodotto del commercio equo e solidale» è punito con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 10.000 euro e con la sospensione dell'attività fino a trenta giorni. In caso di recidiva si applica la sospensione dell'attività fino a sei mesi e la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo.
      3. Le sanzioni di cui al comma 2 si applicano anche in caso di uso indebito delle dizioni «commercio equo», «fair trade», «comercio justo» e «commerce équitable», siano esse riferite all'organizzazione o al prodotto.

 

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      4. Gli enti iscritti nella sezione speciale dell'Albo di cui al comma 3 dell'articolo 7 sono legittimati ad agire per inibire l'uso indebito della qualifica e per il risarcimento del danno che la condotta illecita ha arrecato alle organizzazioni di commercio equo e solidale.

Art. 11.
(Forma giuridica).

      1. Alle cooperative che nel loro statuto prevedono quale oggetto sociale le attività di cui all'articolo 4, commi da 1 a 3, della presente legge si applicano le disposizioni della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, della legge 13 giugno 2005, n. 118, e del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155.
      2. Alle associazioni che nel loro statuto prevedono quale oggetto sociale le attività di cui all'articolo 4, commi da 1 a 3, della presente legge, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, e della legge 7 dicembre 2000, n. 383.

Art. 12.
(Benefìci).

      1. Lo Stato, per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 1, promuove, sostiene e coordina progetti relativi alla formazione e all'aggregazione di risorse umane, tecniche e finanziarie, a favore degli enti iscritti all'Albo.
      2. Sono in particolare finanziabili direttamente dallo Stato ovvero dalle regioni interventi concernenti:

          a) iniziative culturali e azioni di sensibilizzazione;

          b) iniziative di formazione, anche a livello scolastico;

          c) iniziative nel campo della cooperazione;

          d) investimenti in infrastrutture per le botteghe del commercio equo e solidale;

 

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          e) la costituzione di fondi di garanzia per linee di credito promossi da banche o da soggetti autorizzati che perseguono una finanza etica o di solidarietà a favore di progetti promossi da botteghe del commercio equo e solidale;

          f) la copertura fino al 15 per cento dei maggiori costi conseguenti all'inserimento nei bandi relativi alle forniture per le mense scolastiche e per la ristorazione collettiva pubblica, compresi gli apparati automatici di distribuzione e i bar interni, di criteri di priorità in favore dei prodotti del commercio equo e solidale;

          g) attività di consulenza legale e di valorizzazione sul mercato dei prodotti del commercio equo e solidale;

          h) la realizzazione di fiere periodiche del commercio equo e solidale;

          i) la copertura fino al 50 per cento dei costi sostenuti da istituti scolastici per la realizzazione di iniziative concernenti il commercio equo e solidale, rivolti agli studenti e al corpo docente e realizzati da soggetti iscritti all'Albo;

          l) la copertura fino al 50 per cento degli oneri sociali relativi al personale, costituito da dipendenti, soci lavoratori o mediante altre forme di lavoro previste dalla legislazione vigente in materia, per un massimo di 1.500 euro all'anno per singola bottega del commercio equo e solidale e per un periodo non superiore a cinque anni per addetto;

          m) iniziative di cooperazione con i produttori per l'avvio di nuove produzioni o filiere o per l'implementazione di quelle esistenti;

          n) forme di sostegno per i soggetti che intendono chiedere l'iscrizione nel registro della filiera integrale di cui all'articolo 8 per ottenere la qualificazione di organizzazione di commercio equo e solidale.

      3. Lo Stato e le regioni possono finanziare iniziative culturali e di formazione che riguardano i temi del commercio equo e solidale, del divario tra nord e sud del

 

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mondo, dello sviluppo economico e sociale, del commercio internazionale e del consumo critico, anche se tali iniziative non sono svolte da organizzazioni di commercio equo e solidale, purché esse siano realizzate in collaborazione con almeno un'organizzazione iscritta all'Albo o nella sezione speciale di cui al comma 3 dell'articolo 7.

Art. 13.
(Giornata nazionale del commercio equo e solidale).

      1. È istituita la «Giornata nazionale del commercio equo e solidale», da tenere annualmente, quale momento di incontro tra la comunità e la realtà del commercio equo e solidale.

Art. 14.
(Sostegno ai prodotti del commercio equo e solidale e disposizioni finanziarie).

      1. Le pubbliche amministrazioni che bandiscono gare di appalto per la fornitura alle proprie strutture di prodotti di consumo devono prevedere nei capitolati di gara meccanismi che promuovono l'utilizzo di prodotti del commercio equo e solidale.
      2. È istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, un fondo per la promozione del commercio equo e solidale e, in particolare, per il sostegno dell'Albo e delle organizzazioni di commercio equo e solidale di cui all'articolo 4, nonché per il monitoraggio della filiera integrale di cui all'articolo 5.
      3. Le risorse derivanti dall'irrogazione delle sanzioni di cui all'articolo 10, commi 2 e 3, sono assegnate al fondo istituito ai sensi del comma 2 del presente articolo.
      4. All'onere derivante dall'attuazione del comma 2, pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione

 

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dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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