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PDL 2017

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2017



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

ALLASIA, ALESSANDRI, BODEGA, BRIGANDÌ, COSTA, COTA, DOZZO, FAVA, FUGATTI, GARAVAGLIA, GOISIS, GRIMOLDI, MONTANI, PINI

Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché al codice penale e al codice di procedura penale

Presentata il 1o dicembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La crescente presenza di cittadini extracomunitari, nei piccoli centri di provincia o nelle più grandi aree metropolitane, si è spesso tradotta nel loro stabile e definitivo insediamento in quartieri o aree determinate, accompagnato, nelle città, dall'abbandono di tali zone da parte degli originari residenti italiani.
      A Torino e a Genova, ma anche a Milano e a Roma, come in molte altre città del centronord, vi sono ormai quartieri popolati in via quasi esclusiva da stranieri, con il conseguente controllo di quelle aree da parte di gruppi organizzati o, comunque, di soggetti dediti ad attività illecite, tanto che, nel corso di attività di indagine, gli operatori hanno spesso dovuto constatare la oggettiva difficoltà di svolgere servizi di osservazione o pedinamenti, sino al verificarsi di vere e proprie aggressioni in occasione di arresti e interventi.
      Al di là degli inevitabili conflitti connessi alle profonde differenze culturali, religiose, sociali ed economiche tra cittadini italiani ed immigrati, il punto critico
 

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che si è sviluppato in tema di immigrazione è indubbiamente legato al costante ed inarrestabile aumento di reati commessi dagli stranieri, con il diffondersi, soprattutto nelle città, di un profondo senso di insicurezza e di timore tra gli abitanti, che si sono sentiti, progressivamente, sempre meno tutelati di fronte alle quotidiane aggressioni di un piccolo drappello che, giorno per giorno, ha visto irrobustirsi le sue fila.
      Furti in esercizi commerciali, scippi, borseggi, furti in appartamento, attività connesse allo sfruttamento della prostituzione, spaccio di droga al minuto, resistenza a pubblico ufficiale, vendita di merce di contrabbando, rapine e piccole estorsioni rappresentano le attività delinquenziali che più frequentemente vengono commesse dagli immigrati.
      Sarebbe, però, riduttivo ritenere che i crimini commessi dagli stranieri siano circoscritti ai cosiddetti reati di strada.
      Attualmente, infatti, si è ormai consolidato un doppio livello di criminalità di importazione: da un lato soggetti dediti prevalentemente a reati di minore spessore; dall'altro individui che operano in contesti più ampi e organizzati.
      L'occupazione, anche violenta, di spazi abbandonati dalla criminalità nostrana da parte dei delinquenti stranieri ha proiettato questi ultimi verso i livelli apicali delle attività illecite nel settore degli stupefacenti, dello sfruttamento della prostituzione, del commercio di esseri umani.
      Si sono, cosi, sviluppate vere e proprie organizzazioni criminali, a volte irrobustite da delinquenti italiani, che sfuggono ai tradizionali schemi associativi, trattandosi anche di piccoli gruppi, spesso composti da individui provenienti dalla medesima città o villaggio stranieri, che interagiscono con altre cellule di una più ampia struttura.
      Anche la realtà delle carceri è profondamente mutata. Infatti, in tema di ingressi dalla libertà (formula utilizzata dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nei rapporti sulla popolazione penitenziaria) mentre nel 1987 su un totale di 82.718 persone entrate in carcere soltanto il 12,3 per cento (10.141) era costituito da stranieri, nel 2001 su un totale di 78.569, 28.098 erano stranieri, con una percentuale che in soli quattordici anni è salita sino al 35,8 per cento, per passare al 39 per cento nel 2004 ed al 45 per cento nel 2005.
      Nel primo semestre 2006, su un totale di 47.117 ingressi, gli stranieri sono stati 21.682, pari al 46 per cento del totale.

 
Italiani
Stranieri
%
Donne
Uomini
Donne
Uomini
    
1987 5.657 66.920 1.207   8.934     12,3
2001 3.349 47.122 2.780 25.318     35,8
2004 3.495 46.531 3.668 28.581 39
2005 3.526 45.755 5.404 35.202 45
30 giugno 2006 1.718 23.717 2.569 19.113 46

      Per quanto concerne invece il numero complessivo dei detenuti, al primo semestre del 2006, la percentuale di stranieri sul totale dei detenuti stessi era pari al 33 per cento.

 

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Italiani
Stranieri
Donne Uomini Donne Uomini
30 giugno 2006 1.581 42.385 1.342 18.879

      Infine, la serie storica 1991-2005 dei detenuti complessivamente presenti evidenzia come nell'arco di quindici anni gli stranieri sono più che raddoppiati.
      In una prima fase, i reati commessi dagli immigrati sono stati considerati, sotto il particolare profilo del trattamento sanzionatorio loro riservato, una naturale proiezione delle difficoltà di inserimento degli stessi nel tessuto sociale ed economico di una realtà lontana da quella di provenienza, una sorta di costo dell'adattamento a schemi di vita e valori estranei alla loro cultura, un sintomo delle difficoltà di reperimento di lecite fonti di sostentamento.
      Del resto, le attività delinquenziali poste in essere inizialmente dagli immigrati, per il loro modesto impatto sociale, non destavano un particolare allarme e sembravano, quindi, espressive del disagio di chi non trovava concrete possibilità alternative di un lecito inserimento nel nostro Paese.
      Si è, così, sviluppata una risposta morbida, guidata da un atteggiamento di parziale tolleranza che ha determinato, anche da parte della stessa magistratura, un insufficiente livello di attenzione al fenomeno.
      Dimenticando che l'affermarsi di qualsiasi forma di criminalità organizzata deve necessariamente far leva su una robusta manovalanza ed è sempre proiezione di un aumento del numero dei soggetti che delinquono, si sono affrontati, forse con superficialità, i singoli episodi delittuosi commessi dagli immigrati, creando un diffuso sentimento di sostanziale impunità negli individui che entravano in contatto con il nostro sistema giudiziario.
      Sappiamo che nei Paesi di provenienza di molti immigrati, sia quelli islamici sia quelli dell'Europa orientale, il trattamento sanzionatorio, le garanzie per l'imputato ed il sistema penitenziario erano - e sono tuttora - lontanissimi dai nostri princìpi di civiltà giuridica. Purtroppo, però, il delinquente di «importazione», in un sistema dove le garanzie sono state dilatate oltre ogni ragionevole principio, trova molto appetibile commettere reati per i quali spesso non sconta neppure la pena, con conseguente convincimento dell'esistenza di una sostanziale impunità.
      In questo contesto, scarcerazioni immediate dopo arresti in flagranza anche per reati gravi; pene irrogate contenute nel minimo dei minimi edittali; la totale obliterazione della recidiva; l'applicazione di misure cautelari del tutto inadeguate, quali, ad esempio, la sottoposizione all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria applicata nei confronti di chi non ha neppure una dimora, erano e sono - a volte ancora oggi - sintomi di un approccio alla questione sul quale si impone una seria riflessione.
      Sospensioni condizionali della pena ed attenuanti generiche concesse in modo indiscriminato; fenomeni di vero e proprio turismo penitenziario, relativi a soggetti che nell'arco di uno stesso anno vengono arrestati anche quattro o cinque volte ed immediatamente scarcerati, non solo creano nella collettività la convinzione dell'inadeguatezza dell'impianto preventivo e repressivo, ma determinano, altresì, negli appartenenti alle Forze dell'ordine, un diffuso senso di frustrazione ed un sentimento di globale inutilità del proprio operato.
      In un contesto siffatto occorre innanzitutto colmare alcune importanti lacune normative che gli stessi operatori della giustizia hanno più volte evidenziato.

 

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      Un primo importante tema di riforma è quello della predisposizione di strumenti efficaci per neutralizzare la diffusa prassi dell'utilizzo delle false generalità da parte dello straniero che delinque.
      Sul fronte delle indagini, è infatti, spesso impossibile ricostruire la reale identità di un soggetto e, quindi, individuarlo.
      L'uso di plurime e false generalità ha, di fatto, consentito a delinquenti incalliti di ottenere svariate sospensioni condizionali della pena, patteggiamenti e scarcerazioni fondate sulla formale incensuratezza dell'indagato che, con altri nomi, ha, in realtà, già commesso numerosi reati e, in molti casi, è anche titolare di un regolare permesso di soggiorno. Questo perché la concessione del permesso avviene senza alcuna concreta possibilità di una preventiva verifica dell'eventuale passato criminale dello straniero che, se pregiudicato, può continuare a delinquere, utilizzando false generalità e, contemporaneamente, apparire come un onesto cittadino, esibendo, quando necessario, il permesso di soggiorno contenente le uniche generalità con le quali non ha mai fatto ingresso in un procedimento penale.
      Oggi l'articolo 5 del testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286) contiene il comma 2-bis il quale testualmente prevede: «Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici».
      Quindi non un obbligo, ma una facoltà, come la legge dispone anche per il rinnovo del permesso, che quindi può tranquillamente avvenire senza alcun fotosegnalamento quando magari, nel frattempo, il titolare ha commesso reati utilizzando nominativi di fantasia.
      L'articolo 5 citato, che disciplina il rilascio del permesso di soggiorno, deve, quindi, essere armonizzato a queste elementari esigenze, con la previsione che lo straniero che richiede il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno debba essere obbligatoriamente sottoposto a rilievi fotodattiloscopici, ai quali si propone di aggiungere i rilievi biometrici, come ulteriore efficace strumento di identificazione.
      Si propone inoltre di prevedere che il permesso di soggiorno non possa essere concesso o rinnovato allo straniero che nei cinque anni precedenti la richiesta sia stato condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, per uno dei reati di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale.
      Conseguentemente allo straniero, titolare di permesso di soggiorno, che venga condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, per uno dei reati di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, il permesso di soggiorno deve essere revocato per la durata di cinque anni dall'esecuzione della pena.
      Nella presente proposta di legge si introduce inoltre un trattamento sanzionatorio severo nei confronti dei soggetti che, in varia misura, concorrono alla realizzazione di documenti ideologicamente falsi impiegati per l'ottenimento di permessi di soggiorno, prevedendo che: «Chiunque, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero, agevola, favorisce o consente la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa di 5.160 euro per ogni straniero di cui ha agevolato, consentito o favorito la permanenza nel territorio dello Stato. Quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà».
      Un'ulteriore modifica che si propone nasce dalla considerazione che il ricorso a nominativi di fantasia costituisce, forse, il reato più diffuso tra gli stranieri che delinquono.
      Indubbiamente molti di loro provengono da Paesi che non hanno neppure un'anagrafe e che non forniscono alcuna reale collaborazione per l'identificazione dei propri cittadini, ma, al tempo stesso, sono perfettamente consapevoli dei vantaggi
 

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che derivano dall'impiego di false generalità.
      Al fine di disincentivare realmente la pratica del ricorso ai nominativi di fantasia, è dunque necessario ridefinire, anche sotto il profilo sanzionatorio, il reato di cui all'articolo 495 del codice penale.
      La norma, introdotta in un contesto nel quale non vi era alcuna questione connessa alla criminalità di importazione, prevede una sanzione mite, proprio perché era ed è, anche oggi, molto improbabile, da parte di un cittadino italiano, l'utilizzo di false generalità, essendo agevolmente ricostruibile la sua reale identità.
      Un incremento dei limiti edittali della pena prevista per il reato di cui all'articolo 495 del codice penale, che consenta l'arresto facoltativo in flagranza e l'applicazione della custodia in carcere nei confronti di chi fornisce false generalità, costituirebbe un concreto strumento dissuasivo ed un intervento adeguato alla gravità del fenomeno nei confronti di soggetti che, per delinquere e sfuggire all'individuazione, fanno costantemente uso di nominativi di fantasia, disponendo, così, di uno strumento in più rispetto ai criminali nostrani.
      Negli Stati Uniti, il fornire false generalità non solo comporta una pena elevata, ma è anche prevista la custodia in carcere senza limiti temporali sino a quando non è accertata la reale identità della persona.
      Qui, l'introduzione di un meccanismo di controllo preventivo e successivo delle generalità all'atto della concessione o del rinnovo del permesso di soggiorno - garantito dal fotosegnalamento - e la concreta repressione dell'utilizzo di nominativi di fantasia consentirebbe di ridurre drasticamente il numero degli immigrati di cui non si conosce la reale identità e priverebbero coloro che delinquono di questo sperimentato strumento.
      In questo contesto, l'attuale sanzione penale di cui all'articolo 6, comma 3, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, norma oggetto di contrastanti interpretazioni da parte della Corte di cassazione, potrebbe essere tranquillamente abrogata. Attualmente la legge prevede una blanda sanzione per lo straniero che, controllato, non esibisca documenti, ma, soprattutto, non prevede in questi casi l'obbligo di sottoporlo a rilievi fotodattiloscopici, fissando in sole ventiquattro ore la durata massima del fermo per identificazione.
      Di fatto, lo straniero che, nel corso di un controllo, viene trovato sprovvisto di documenti subisce una denuncia a piede libero per un reato che in concreto non è punito e che, per come è formulato, non ha senso ed è di dubbia configurabilità (non è, infatti, reato la clandestinità, ma solo il fatto di non esibire i documenti) ma, soprattutto, in queste occasioni non viene neppure fotosegnalato e, quindi, realmente identificato.
      Si deve, invece, porre le Forze di polizia nelle condizioni di svolgere un immediato ed effettivo controllo in tutte le occasioni in cui lo straniero sia sprovvisto di documenti, al fine di consentire un concreto accertamento della sua identità. Introducendo in questi casi l'obbligo del fotosegnalamento e dilatando i termini dell'attuale fermo per identificazione da ventiquattro a quarantotto ore si scoraggerebbe l'uso delle false generalità in occasione dei controlli, consentendo una reale individuazione di chi ha la consuetudine di non esibire i documenti in queste circostanze.
      Con questi interventi, nell'arco di un biennio la popolazione straniera risulterebbe realmente censita e la linea di demarcazione tra chi delinque e chi legittimamente aspira ad un futuro migliore sarebbe tracciata.
      Un'efficace normativa volta a garantire l'identificazione dello straniero che delinque non può trascurare il fatto che da tempo si è diffusa una prassi volta ad impedire, a volte in modo irreversibile, la possibilità concreta di una identificazione mediante la sottoposizione dell'interessato ai rilievi fotodattiloscopici.
      Immergendo i polpastrelli delle dita nell'acido si ottiene, infatti, l'abrasione delle creste papillari che consentono la comparazione dell'impronta. E se l'operazione è svolta in modo particolarmente approfondito
 

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le creste papillari, che in caso di un più blando intervento ricrescono nel giro di un mese, non si riformeranno mai più consentendo all'interessato di sfuggire per sempre a questi controlli.
      In altri termini, i soggetti che ricorrono a questo artificio non possono più utilmente essere sottoposti ai rilievi dattiloscopici, perché l'operatore non è in condizione di effettuare le comparazioni o comunque di rilevare l'impronta in modo utile.
      Ed ecco che tutti gli sforzi volti a rendere utile il sistema di identificazione sono vanificati e chi si cancella le impronte dei polpastrelli può delinquere tranquillamente senza che di lui si possa ricostruire un'identità: così, anche se arrestato, non si saprà mai nulla del suo passato criminale e, quando verrà condannato per il reato commesso, potrà nuovamente commetterne altri senza che di quel precedente resti una traccia (purché, naturalmente, fornisca ogni volta generalità diverse).
      Di fronte a questa nuova frontiera, occorre introdurre la nuova figura di reato della «fraudolenta alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali proprie o di altri», con la previsione di pene edittali congrue e la custodia in carcere.
      Attraverso l'introduzione dei correttivi descritti, si potrebbe garantire un reale equilibrio tra gli interessi, meritevoli di tutela, dello straniero che, nel rispetto delle regole, si inserisce stabilmente nel nostro Paese e quelli, altrettanto fondamentali per uno Stato democratico, di garantire il rispetto delle regole da parte di tutti, sanzionando le violazioni commesse da cittadini stranieri che, delinquendo, sottraggono spazi e risorse ad altri immigrati che, del tutto lecitamente, intendono migliorare le loro condizioni di vita inserendosi stabilmente in Italia.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
MODIFICHE AL TESTO UNICO DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 25 LUGLIO 1998, N. 286

Art. 1.

      1. Il comma 2-bis dell'articolo 5 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «2-bis. Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e biometrici».

Art. 2.

      1. Il comma 4-bis dell'articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «4-bis. Lo straniero che richiede il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e biometrici».

Art. 3.

      1. All'articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

      «9-bis. Il permesso di soggiorno non può essere concesso o rinnovato allo straniero che nei cinque anni precedenti la richiesta sia stato condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale

 

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della pena, per taluno dei reati di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale.
      9-ter. Allo straniero, titolare di permesso di soggiorno, che sia condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, per taluno dei reati di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, il permesso di soggiorno è revocato per la durata di cinque anni dall'esecuzione della pena».

Art. 4.

      1. Il comma 3 dell'articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è sostituito dal seguente:

      «3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno, deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici, segnaletici e biometrici. Gli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza possono accompagnare lo straniero nei propri uffici e ivi trattenerlo per il tempo necessario per l'identificazione e comunque non oltre le quarantotto ore».

      2. Il comma 4 dell'articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è abrogato.

Art. 5.

      1. Il comma 5 dell'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è sostituito dal seguente:

      «5. Chiunque, salvo che il fatto costituisca più grave reato, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero, agevola, favorisce o consente la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa di 5.160 euro per ogni straniero

 

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di cui ha agevolato, consentito o favorito la permanenza nel territorio dello Stato. Quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà».

Capo II
MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE

Art. 6.

      1. Al comma 4 dell'articolo 349 del codice di procedura penale, la parola: «ventiquattro» è sostituita dalla seguente: «quarantotto».

Art. 7.

      1. L'articolo 495 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 495. - (Falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale o all'autorità giudiziaria sull'identità o su qualità personali proprie o di altri). - Chiunque, a seguito di espressa richiesta, dichiara o attesta falsamente ad un pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni o del servizio, ovvero in un atto pubblico, la propria identità o stato o altre qualità della propria o della altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.
      Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico, ovvero se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da un imputato all'autorità giudiziaria o ad autorità da essa delegata, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome».

 

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Art. 8.

      1. L'articolo 496 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 496. - (False dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri). - Chiunque, fuori dai casi indicati dagli articoli precedenti, interrogato sull'identità, sullo stato o su altre qualità della propria o della altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione fino a due anni».

Art. 9.

      1. Dopo l'articolo 495 del codice penale è inserito il seguente:

      «Art. 495-bis. - (Fraudolenta alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali proprie o di altri). - Chiunque, in modo fraudolento, altera, oblitera o, comunque, mutila, anche solo in parte, le creste papillari dei polpastrelli delle dita delle proprie o delle altrui mani o altre parti del proprio o dell'altrui corpo utili per consentire l'accertamento della propria o dell'altrui identità o dello stato o di altre qualità della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni. Nei confronti dello straniero condannato per il reato di cui al presente articolo è disposta l'espulsione perpetua dal territorio dello Stato mediante accompagnamento coattivo alla frontiera, anche in deroga alla disciplina vigente in materia di espulsione».

Art. 10.

      1. Al comma 2 dell'articolo 381 del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:

          «m-ter) falsa attestazione sull'identità o su qualità personali proprie o di altri prevista dall'articolo 495 del codice penale;

 

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          m-quater) fraudolenta alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali proprie o di altri prevista dall'articolo 495-bis del codice penale».

Art. 11.

      1. All'articolo 449 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «6-bis. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano qualora il reato per il quale è richiesto il giudizio direttissimo risulta connesso con il reato di cui all'articolo 495 o con quello di cui all'articolo 495-bis del codice penale. Se la riunione è indispensabile prevale in ogni caso il rito direttissimo».

Art. 12.

      1. Il comma 2 dell'articolo 66 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

      «2. L'impossibilità di attribuire all'imputato le sue esatte generalità non pregiudica il compimento di alcun atto da parte dell'autorità procedente, quando sia certa l'identità fisica della persona, ovvero quando la stessa, in modo fraudolento, ha impedito la propria identificazione».


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