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PDL 2886

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2886



 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa del deputato CAPEZZONE

Modifiche all'articolo 126 della Costituzione, in materia di mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta regionale e di conseguenze della cessazione dello stesso dall'incarico

Presentata il 10 luglio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, ha, indubbiamente, rappresentato uno degli eventi istituzionali di maggior rilievo dell'ultimo decennio.
      Con il nuovo articolo 123 della Costituzione, il legislatore costituzionale ha stabilito che lo statuto regionale «determina la forma di governo» della Regione. Di qui nasceva la diffusa consapevolezza che i Consigli regionali potessero divenire «legislatori costituenti», fondatori di un nuovo, più alto profilo democratico delle Regioni stesse, tale da farne con piena legittimità i soggetti fondatori della trasformazione federalista.
      A quasi otto anni dall'entrata in vigore della novellata norma costituzionale, dieci Regioni a statuto ordinario hanno provveduto a dotarsi di un nuovo statuto regionale, in tutti i casi mantenendo l'elezione diretta del Presidente della Giunta (il cosiddetto «governatore»). Prima Regione ad introdurre un nuovo statuto è stata la Puglia (legge regionale 12 maggio 2004, n. 7), cui hanno fatto seguito le altre nove, attraverso iter legislativi spesso faticosi e con non infrequenti ricorsi del Governo dinanzi dalla Corte costituzionale ex articolo 123, secondo comma, della Costituzione. Ultima dei primi, cronologicamente, è stata la Regione Abruzzo, che ha promulgato il nuovo statuto nel gennaio di quest'anno. Fra le cinque Regioni che ancora non hanno novellato la loro «Carta fondamentale» vanno invece purtroppo menzionate la Lombardia, la Campania e il Veneto.
      Discorso diverso occorre fare per le Regioni a statuto speciale. Con la legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, recante «Disposizioni concernenti l'elezione
 

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diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano», infatti, il legislatore ha modificato gli statuti delle Regioni speciali e delle Province autonome introducendo, fra l'altro, in analogia a quanto stabilito nel novellato articolo 123 della Costituzione, l'elezione diretta del Presidente della Regione.
      Va detto però che una contraddizione profonda minava alla radice la novella del 1999: lo spirito della riforma, con tutta evidenza, doveva essere quello di consentire a ciascuna Regione di adottare il sistema statutario che, nella sua autonomia, ritenesse più confacente a se stessa, con la più ampia possibilità di opzione.
      Ciò appare evidente dal tenore del nuovo articolo 122 della Costituzione, che, al quinto comma, stabilisce che «Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto». Il che significa che alla libera determinazione di ciascuna Regione è demandata la scelta anche del modo di elezione del Presidente, diretta o indiretta; ossia di quello che è il fondamento di impianti istituzionali magari radicalmente diversi od opposti tra loro.
      Qui interviene tuttavia la contraddizione, perché l'articolo 126, terzo comma, della Costituzione, prevede che l'approvazione di una mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta «eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso», costituiscano casi di scioglimento automatico del Consiglio regionale (tale meccanismo è ormai comunemente noto come «simul stabunt, simul cadent»). E questo comporta una fortissima limitazione delle reali possibilità di scelta del modello statutario.
      Ciò ha precluso tutte quelle soluzioni che mirano a un equilibrio tra un Presidente «forte», da una parte, e un'Assemblea legislativa altrettanto «forte», dall'altra. Per intenderci, rimane vietata ogni formula che si ispiri al più classico e sperimentato dei modelli di federalismo presidenzialista: quello americano. L'efficacia storicamente provata del sistema americano nasce appunto, come a tutti è noto, dal fatto che esecutivo e legislativo traggano entrambi autonomamente i propri poteri dall'elezione popolare, ma siano entrambi assolutamente indipendenti l'uno dall'altro, non legati da un reciproco «ricatto» istituzionale. Il Presidente degli Stati Uniti d'America non può sciogliere il Congresso, il Congresso non può sfiduciare il Presidente. E, ovviamente, le dimissioni del Presidente non comportano nuove elezioni parlamentari, ma semplicemente il subentro del vicepresidente, eletto di norma contestualmente al Presidente.
      L'aver previsto come obbligatoria la sfiducia al Presidente eletto quale conseguenza dello scioglimento del Consiglio, e lo scioglimento automatico del Consiglio in caso di cessazione anticipata del mandato del Presidente, da qualsiasi causa determinata, ha significato rendere obbligatorio il regime appunto del ricatto reciproco, e dunque, dell'equilibrio non fra due «forze» istituzionali, ma fra due debolezze (o, a seconda dei concreti rapporti politici e partitici, tra una forza e una necessaria debolezza), con tutti i pericoli di degrado istituzionale, politico e civile che ciò può comportare. Tale dinamica, purtroppo, si è resa sempre più evidente nel corso delle ultime legislature regionali.
      La realtà è che le vere opzioni che i Consigli «costituenti» si sono trovati aperte (o si troveranno aperte le Regioni che ancora non hanno proceduto alle revisioni statutarie) sono soltanto due: o mantenere il principio dell'elezione diretta del Presidente, ma deformata dai vincoli descritti, o tornare al precedente sistema della sua elezione da parte del Consiglio.
      In altre parole, lo statuto regionale può soltanto scegliere se il Presidente sia o no eletto direttamente, e nient'altro, poiché i rapporti tra Presidente della Giunta e Consiglio, in caso di elezione diretta del primo, sono completamente ed esclusivamente disciplinati dall'articolo 126 della Costituzione.
 

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Tutte le altre soluzioni - quella americana, ma anche, in ipotesi, quella svizzera, quella francese o le altre che si possano prospettare - sono precluse.
      Fin dal suo concepimento, tale limitazione appariva a molti osservatori profondamente incongrua. Sarebbe stata comprensibile la scelta di statuire in Costituzione l'obbligo di un'uniformità statutaria tra tutte le Regioni; ma se si adotta invece quella, assai più genuinamente ispirata a una logica federalista e sussidiarista, di consentire a ciascuno di scegliere la propria strada, non ha alcun senso poi imporre di fatto l'obbligo di scegliere fra due sole soluzioni, entrambe - a nostro avviso - negative e controproducenti.
      Per questo, a ormai otto anni dalla riforma costituzionale e alla luce della situazione di sempre maggiore svilimento della funzione del legislatore rispetto allo strapotere del Presidente della Giunta, esercitato non ultimo anche grazie all'arma del ricatto concessagli dal «simul stabunt, simul cadent», con la presente proposta di legge costituzionale si mira a rendere derogabili dallo statuto regionale - sul modello dell'articolo 122, quinto comma, che enuncia il principio (derogabile) dell'elezione del Presidente della Giunta regionale - anche le disposizioni costituzionali sulla sfiducia e sullo scioglimento automatico del Consiglio regionale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. All'articolo 126 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al secondo comma, primo periodo, dopo le parole: «Il Consiglio regionale» sono inserite le seguenti: «, salvo che lo statuto disponga diversamente,»;

          b) al terzo comma, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, salvo che lo statuto disponga diversamente».


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