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PDL 2879

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2879



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato DOZZO

Disposizioni per l'adozione di un Piano nazionale per la riduzione dei carichi azotati e per la produzione di energia da attività zootecniche, nonché per lo sviluppo di energia elettrica da fonti rinnovabili

Presentata il 9 luglio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - L'attuazione della cosiddetta «direttiva nitrati», ovvero la direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, nonostante la normativa sia in vigore da oltre un quindicennio, continua a porre gravi problemi che, di fatto, ne inficiano la piena e corretta applicazione e, quindi, anche il conseguimento degli importanti obiettivi di tutela ambientale che, con la stessa direttiva, ci si proponeva di conseguire. Tra i problemi che maggiormente hanno inciso ai fini della corretta attuazione della «direttiva nitrati», vi è, sicuramente, l'approccio più burocratico che operativo che molte amministrazioni regionali hanno ritenuto di adottare a tali fini. In particolare, sono mancate la messa a punto e l'attuazione di concreti strumenti d'intervento programmato (i pur previsti programmi di azione regionali) che avrebbero dovuto operare per consentire il controllo e l'adeguamento dei livelli di nitrati nei periodi che intercorrono tra una ricognizione e l'altra che le regioni sono tenute ad effettuare, ai fini dell'individuazione delle zone vulnerabili. In questo quadro, la situazione che si è venuta a verificare è da considerare del tutto inaccettabile in quanto - come, peraltro, sta avvenendo - si pretende, di fatto, di sopperire alle carenze programmatiche delle amministrazioni competenti attraverso la semplice - nonché semplicistica - imposizione, a carico degli agricoltori, dell'onere di mettere a punto e di rispettare un piano di gestione dell'utilizzo dei fertilizzanti (il cosiddetto «PUA», ovvero il piano di utilizzo agronomico).
      In una tale situazione, stante la necessità di dare corretta attuazione alla «direttiva nitrati» e, nel contempo, di tutelare il patrimonio socio-economico della zootecnia italiana, appare evidente che il problema del rispetto di norme di tutela
 

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ambientale e di interessi economici complessi, come quelli in oggetto, non si limita - né può essere limitato - in riferimento ai confini delle singole regioni, ma deve, necessariamente, essere esteso agli interessi e, quindi, alle competenze nazionali, come peraltro previsto dal nostro ordinamento che, come noto, classifica la materia della tutela ambientale tra quelle di competenza esclusiva dello Stato.
      Il limite fissato dalla «direttiva nitrati» riguardo al carico massimo di reflui zootecnici applicabile ai suoli è di 340 chilogrammi per ettaro (kg/ha) di azoto per le zone non classificate come vulnerabili; mentre tale limite si dimezza (170 kg/ha di azoto) per le zone individuate come vulnerabili all'inquinamento delle acque da parte dei nitrati. Ai fini della designazione delle aree vulnerabili, la situazione è particolarmente grave per la pianura padana che, stando all'applicazione letterale dei parametri indicati nella «direttiva nitrati», rischia, allo stato, di essere interamente considerata come area vulnerabile, con le evidenti conseguenze che ne deriverebbero per gli allevamenti zootecnici presenti nel suo territorio.
      Al fine di meglio comprendere l'effettiva entità degli interessi socio-economici in gioco è necessario evidenziare che, nelle quattro regioni padane (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), si concentra il 65,8 per cento della produzione nazionale di bovini da carne e da latte, il 72,1 per cento della produzione di suini e il 57,5 per cento di quella avicola che, a sua volta, è fortemente concentrata (39,5 per cento) in due sole regioni (Veneto e Lombardia, rispettivamente con il 22,9 per cento e con il 16,6 per cento della produzione nazionale).
      Appare evidente che un'ulteriore estensione delle zone vulnerabili nell'area della pianura padana (attualmente è considerato tale il 60 per cento della superficie), avendo la conseguenza di dimezzare i carichi massimi di reflui zootecnici, determinerebbe anche un'equivalente riduzione della produzione, comportando gravissime conseguenze di carattere economico-sociale, stante, inoltre, la richiamata concentrazione territoriale degli allevamenti zootecnici.
      La situazione, comunque grave, lo diverrebbe particolarmente per gli allevamenti zootecnici che presentano i maggiori livelli di concentrazione territoriale e, in specie, per quelli avicoli della Lombardia e del Veneto, peraltro già gravemente provati dalle conseguenze delle emergenze sanitarie degli ultimi anni.
      Da rilevare, infine, che il mancato rispetto degli obblighi posti dalla «direttiva nitrati» costituisce, a tutti gli effetti, una violazione della normativa comunitaria ed espone le regioni inadempienti ai rischi conseguenti all'apertura di procedure d'infrazione, primi fra tutti (in caso di condanna), il blocco degli aiuti comunitari erogati nel quadro sia della Politica agricola comune (PAC) sia delle politiche di sviluppo rurale, ossia di tutti quegli aiuti, la cui concessione - come è noto - è subordinata al rispetto della cosiddetta «eco-condizionalità». A conferma di quanto tale rischio sia reale si consideri che lo scorso anno la Commissione europea ha avviato una procedura d'infrazione contro l'Italia (procedura d'infrazione n. 2006/2013) per la non corretta attuazione della «direttiva nitrati».
      La necessità di assicurare la corretta attuazione delle norme comunitarie in materia di tutela delle acque dall'inquinamento da nitrati se, da un lato, può apparire fortemente penalizzante per la nostra zootecnia, dall'altro lato, costituisce un'importante opportunità per mettere in atto un programma integrato di interventi che consenta di realizzare il duplice obiettivo di ridurre il carico di azoto e, nel contempo, di ricavare energia da quegli stessi effluenti zootecnici che, attualmente, sono la principale causa dell'inquinamento da nitrati.
      Le attuali tecnologie consentono, per tutti i principali allevamenti zootecnici (bovino, suino, avicolo), di poter contare su soluzioni in grado di abbattere i livelli di azoto, di ottenere energia da fonti rinnovabili e, quindi, anche di rispettare le norme della «direttiva nitrati», senza dover
 

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ridimensionare la capacità produttiva delle imprese interessate.
      Alla luce di quanto esposto, la presente proposta di legge, in riferimento alle finalità illustrate nell'articolo 1, prevede di rivolgersi alle imprese zootecniche (articolo 2) attraverso un Piano nazionale di interventi della durata di sei anni (articolo 3) che, sulla base delle indicazioni fornite dalle regioni, provvede a realizzare gli impianti ad uso comune necessari per il trattamento dei diversi effluenti zootecnici. Tali impianti, oltre ad essere finalizzati alla riduzione del carico azotato e alla produzione di energia, saranno realizzati tenendo anche presenti le possibilità di codigestione degli stessi effluenti con le colture energetiche e con la materia organica selezionata di origine agricola. È altresì previsto che nel Piano siano indicate le forme di incentivazione per la realizzazione di impianti aziendali, limitatamente alle porzioni di territorio per le quali lo stesso Piano non prevede la realizzazione di impianti ad uso comune.
      La realizzazione dei citati impianti ad uso comune è di competenza dello Stato che provvede anche alle relative spese (articolo 4). Le imprese operanti nelle aree ove è prevista la realizzazione di un impianto centralizzato sono tenute ad organizzarsi in consorzi, cui sono ceduti in concessione gli impianti ad uso comune realizzati dallo Stato. I consorzi sono responsabili delle spese di esercizio e di manutenzione degli impianti.
      L'articolo 5 contiene disposizioni finalizzate a incentivare lo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili, prevedendo che, entro il 30 settembre di ogni anno, sia fissata la percentuale di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili del territorio che i produttori di energia elettrica convenzionale sono tenuti ad immettere in rete nell'anno successivo e che tale percentuale sia aumentata di almeno 0,3 punti percentuali annui per ciascuno degli anni di attuazione del Piano. Nello stesso articolo è anche previsto che all'energia elettrica prodotta dagli impianti previsti dalla legge sia associata la concessione di certificati verdi ai quali, per l'intero periodo di operatività del Piano, è riconosciuta una valutazione superiore del 10 per cento rispetto ai certificati verdi associati alla produzione di energia da fonti rinnovabili diverse rispetto a quelle di cui alla legge. Sempre nello stesso articolo è, infine, previsto che tutte le forme di energia di origine agricola reimpiegate nell'impresa agricola che le ha prodotte o comunque utilizzate per lo svolgimento di attività agricole o di attività ad esse connesse siano esenti da ogni accisa e da qualsiasi altra imposta di fabbricazione.
      Per l'attuazione della legge è prevista una spesa (articolo 6) di 300 milioni di euro annui per sei anni, dei quali 200 milioni di euro per l'attuazione del Piano e 100 milioni di euro a sostegno delle misure per lo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili di cui all'articolo 5. A tale fine è previsto che, per il primo triennio (2007-2009) si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per quanto riguarda gli anni 2010, 2011 e 2012, si provveda con legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
      Considerata l'importanza dei temi di cui alla presente proposta di legge, se ne raccomanda la sollecita approvazione.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      l. La presente legge, nel rispetto delle competenze regionali, definisce il quadro di riferimento per la messa a punto e l'attuazione di un organico piano nazionale di interventi finalizzati a sostenere le imprese zootecniche nell'adozione delle scelte tecnologiche necessarie per adeguare i loro processi produttivi ai vincoli derivanti dalla normativa comunitaria e nazionale vigente in materia di rischio di inquinamento da nitrati delle acque nonché per sviluppare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Art. 2.
(Ambito di applicazione).

      1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle imprese agricole singole o associate operanti nel settore degli allevamenti zootecnici e, in particolare, a quelle che svolgono la loro attività in zone classificate come vulnerabili, ai sensi della direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, e successive modificazioni.

Art. 3.
(Piano nazionale per la riduzione dei carichi azotati e per la produzione di energia da attività zootecniche).

      1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, approva con proprio decreto, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Piano nazionale per la riduzione dei carichi

 

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azotati e per la produzione di energia da attività zootecniche, di seguito denominato «Piano».
      2. Ai fini della predisposizione del Piano, le regioni classificano i loro territori in aree omogenee per tipologie di impresa zootecnica e per grado di vulnerabilità rispetto al rischio di inquinamento da nitrati delle acque.
      3. Con riferimento alla classificazione di cui al comma 2, le regioni, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, indicano il numero e la tipologia di impianti ad uso comune da realizzare per il trattamento dei diversi effluenti zootecnici, finalizzato alla riduzione del carico azotato e alla produzione di energia, tenendo anche presenti le possibilità di codigestione degli stessi effluenti con le colture energetiche e con materia organica selezionata di origine agricola. Gli impianti di cui al presente comma non possono essere realizzati in aree protette e nei siti previsti dalla direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, e successive modificazioni.
      4. Nel Piano sono, altresì, indicate le forme di incentivazione per la realizzazione di impianti aziendali, da parte di imprese operanti nelle aree nelle quali le regioni non prevedono la realizzazione di impianti ad uso comune ai sensi del comma 3.
      5. In caso di ritardi da parte di una o più regioni nella trasmissione delle indicazioni di cui al comma 3, il Piano è comunque operativo e il finanziamento delle opere in esso previsto avviene in funzione della tempestività di predisposizione dei suddetti atti da parte delle regioni. Ferme restando le dotazioni finanziarie previste dal comma 6, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, provvede a integrare il piano con le indicazioni trasmesse dalle regioni ai sensi del periodo precedente, comunque non oltre tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, recante l'approvazione del medesimo Piano.
      6. Il Piano ha una durata di sei anni e ha una dotazione finanziaria di 200 milioni
 

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di euro per ciascuno degli anni compresi tra il 2007 e il 2012. Tali importi sono destinati, per tre quarti, alla realizzazione di impianti ad uso comune e, per la restante parte, all'incentivazione della realizzazione di impianti aziendali.

Art. 4.
(Realizzazione degli impianti e obblighi delle imprese).

      1. La realizzazione degli impianti ad uso comune di cui all'articolo 3, comma 3, è di competenza dello Stato che provvede alle relative spese.

      2. Le imprese che operano nelle aree ove è prevista la realizzazione di un impianto ad uso comune e che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non hanno realizzato né progettato la realizzazione di un impianto aziendale per la riduzione dei carichi azotati, sono tenute ad organizzarsi in consorzio. Le imprese che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno progettato, ma non ancora realizzato, un impianto aziendale per la riduzione dei carichi azotati hanno facoltà di non aderire al consorzio, purché diano attuazione al progetto medesimo nei tempi previsti dallo stesso. Nel caso le stesse imprese decidano di aderire al consorzio rinunciando alla realizzazione dell'impianto aziendale progettato, esse hanno diritto a un rimborso pari a un terzo delle spese di progettazione.

      3. I consorzi di cui al comma 2 ricevono in concessione gli impianti ad uso comune di cui all'articolo 3, comma 3, e sono responsabili delle spese di esercizio e di manutenzione degli stessi.

      4. In caso di produzione di energia elettrica, la stessa è distribuita dai singoli consorzi alle imprese aderenti in proporzione alla materia organica conferita e in misura comunque non superiore alle esigenze energetiche delle imprese medesime. L'energia eventualmente in eccesso rispetto alle esigenze energetiche del complesso delle imprese aderenti ai singoli consorzi è riversata nella rete.

 

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      5. Le imprese che operano in aree ove è prevista la realizzazione di un impianto centralizzato e che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno già realizzato un analogo impianto aziendale e le imprese di cui all'articolo 3, comma 4, ricevono un contributo pari al 50 per cento delle spese di realizzazione del medesimo impianto aziendale.

      6. In caso di impianti ad uso comune per la codigestione di effluenti zootecnici con le colture energetiche e con materia organica selezionata di origine agricola, gli obblighi e gli incentivi di cui al presente articolo sono estesi anche alle imprese non zootecniche che operano nella zona ove è realizzato l'impianto ad uso comune che sono interessate all'utilizzo dello stesso.

Art. 5.
(Sviluppo delle energie da fonti rinnovabili).

      1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e dello sviluppo economico, determina, entro il 30 settembre di ogni anno, la percentuale di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili che i produttori di energia elettrica convenzionale sono tenuti a immettere nella rete nell'anno successivo.

      2. La percentuale di cui al comma 1 è aumentata di almeno 0,3 punti percentuali annui per ciascuno degli anni di attuazione del Piano.

      3. Alla produzione di energia elettrica da parte degli impianti di cui alla presente legge è associato il riconoscimento di un certificato verde ogni 50 MWh/anno prodotti. Il valore dei certificati verdi di cui al presente comma è superiore del 10 per cento rispetto a quelli associati all'energia prodotta da altre fonti rinnovabili per il periodo di operatività del Piano.

      4. Tutte le forme di energia di origine agricola reimpiegate nell'impresa agricola che le ha prodotte o comunque utilizzate per lo svolgimento di attività agricole o di attività ad esse connesse sono esenti da

 

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ogni accisa e da qualsiasi altra imposta di fabbricazione.

      5. Ai fini dell'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni del periodo di operatività del Piano. Per gli anni successivi si provvede, annualmente e su base triennale, con la legge finanziaria.

Art. 6.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 300 milioni di curo per ciascuno degli anni del periodo 2007-2012, si provvede, per gli anni 2007, 2008 e 2009, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per quanto riguarda gli anni 2010, 2011 e 2012, con la legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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