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PDL 3034

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3034



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SANTELLI, GARNERO SANTANCHÈ, ALLAM

Modifiche all'articolo 116 del codice civile e all'articolo 27 della legge 31 maggio 1995, n. 218, in materia di matrimonio tra un cittadino italiano e uno straniero, nonché all'articolo 483 del codice penale, in materia di false attestazioni in atti dello stato civile rese dallo straniero

Presentata il 12 settembre 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La legislazione vigente in materia di matrimonio tra un cittadino italiano e uno straniero è estremamente rigida e presenta dei rilevantissimi limiti oggettivi quando a contrarre matrimonio sia una donna di origine musulmana, sottoposta a vincoli religiosi che la discriminano gravemente condizionando i suoi diritti e le sue libertà fondamentali.
      Nel caso, infatti, di una donna musulmana che intenda contrarre matrimonio con un non musulmano, l'ambasciata di competenza senza la conversione dell'uomo all'Islam non rilascia la certificazione. Allo stesso modo, alcuni Stati non rilasciano alcuna certificazione senza l'autorizzazione del Wali (il tutore della donna) che deve consentire alla scelta.
      È quindi opportuno rivedere la nostra legislazione sulla base della maturata convinzione che il nostro ordinamento deve garantire e tutelare le persone straniere che in regola con le nostre leggi vogliano contrarre matrimonio con cittadini italiani.
 

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      In base alle norme del codice civile vigenti, in ogni caso di matrimonio tra un cittadino italiano e uno straniero occorre un nulla osta dell'autorità competente del Paese di origine dello straniero. In un recente caso, avvenuto a Trento, un avvocato incaricato di sbloccare le pratiche di matrimonio tra un italiano e una ragazza tunisina ha fatto presente che «(...) l'ipotesi del nulla osta non è neanche presa in considerazione dalle autorità tunisine, tanto che non esistono neanche i moduli per chiederlo». Nel suo ricorso al tribunale nazionale, il legale trentino spiega che già altre volte la giurisprudenza si è occupata di casi simili stabilendo che il diniego del matrimonio viola l'articolo 19 della Costituzione che stabilisce la libertà di religione per tutti.
      È chiaro quindi che queste disparità sono ormai giunte alle «porte di casa nostra», come dimostrano anche i crescenti episodi d'intolleranza nei riguardi delle donne musulmane, che intendono affrancarsi dalla situazione di sudditanza nella quale vogliono mantenerle i loro correligionari.
      Infine, una delle difficoltà ancora poco valutate dell'integrazione delle comunità islamiche in Italia è la poligamia, considerata un reato dai codici penali di tutti i Paesi europei. Secondo stime non ufficiali l'1,5 per cento dei musulmani in Italia sono poligami e questo significa circa 15.000 casi, un dato non irrilevante soprattutto sul piano della violazione della legalità e dei diritti fondamentali della persona. Ciò avviene, da un lato, per un'interpretazione miope e burocratica del diritto internazionale che salvaguarda la legislazione del Paese di origine degli immigrati in materia di stato civile e, dall'altro, per un atteggiamento troppo accondiscendente della magistratura. La sentenza del tribunale di Bologna del 13 marzo 2003 ha, infatti, indirettamente riconosciuto il diritto alla poligamia in Italia, sostenendo che «il reato di bigamia può essere commesso solo dal cittadino italiano sul territorio nazionale essendo irrilevante il comportamento tenuto all'estero dallo straniero la cui legge nazionale riconosce la possibilità di contrarre più matrimoni».
      Resta quindi un problema di principio e di diritto irrisolto cui dobbiamo dare una risposta. Accettando che per gli immigrati valga la legge dei Paesi di origine si ledono diritti fondamentali a cominciare da quello della parità.
      La presente proposta di legge consta di tre articoli volti a superare le rigide prescrizioni vigenti e ad affermare, soprattutto, per le donne musulmane, che, allo stato, risultano essere le più discriminate, i loro diritti fondamentali e la loro dignità considerandole come persone in grado di scegliere i propri legami affettivi e di contribuire alla crescita del nostro Paese.
      L'articolo 1 modifica profondamente l'articolo 116 del codice civile stabilendo che non sono opponibili divieti al matrimonio civile in Italia tra un cittadino italiano e uno straniero, se non quelli previsti dall'ordinamento italiano. Quindi si provvede a riscrivere i divieti, estendendo quello relativo al matrimonio tra parenti ed affini. Il riferimento alla sezione VI del capo III del titolo VI del libro primo dello stesso codice civile (articoli 117-129-bis), può forse essere pleonastico, ma è bene chiarire che in ogni caso valgono le norme sulla nullità del matrimonio: violenza, errore, simulazione, incapacità temporanea e le connesse responsabilità del coniuge in mala fede. Sempre al fine di estendere le tutele dell'ordinamento italiano, il nuovo terzo comma dell'articolo 116 prevede che il nulla osta che lo straniero che intende contrarre matrimonio con un cittadino italiano deve richiedere all'autorità competente del proprio Paese non può riguardare altro che le cause ostative previste dall'ordinamento italiano. Qualora l'autorità estera non risponda è previsto un meccanismo di silenzio assenso.
      L'articolo 2 aggiunge un comma all'articolo 483 del codice penale, nella parte relativa alle false attestazioni in atti di stato civile. È prevista una specifica aggravante per il falso commesso dallo straniero in relazione ad atti di stato civile e, di conseguenza, la nullità degli
 

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atti conseguenti al falso. La portata della modifica va evidentemente al di là delle questioni concernenti il matrimonio.       L'articolo 3, infine, modifica l'articolo 27 della legge 31 maggio 1995, n. 218, sul diritto internazionale privato, chiarendo che la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio, nel caso in cui a contrarre matrimonio in Italia sia uno straniero con un cittadino italiano, sono regolate dalla legge italiana.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il secondo comma dell'articolo 116 del codice civile è sostituito dai seguenti:

      «Anche lo straniero è soggetto alle disposizioni contenute negli articoli 85, 86, 87 e 88 e nella sezione VI.
      Lo straniero che vuole contrarre matrimonio con un cittadino italiano richiede la dichiarazione di cui al primo comma all'autorità competente del proprio Paese, per le sole cause ostative indicate nel medesimo comma.
      Qualora l'autorità competente non risponda entro il termine di un mese dalla ricezione della richiesta, il nulla osta si intende concesso e il procedimento è perfezionato mediante dichiarazione presentata dallo straniero all'ufficiale dello stato civile».

Art. 2.

      1. All'articolo 483 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «Se le false attestazioni in atti dello stato civile sono prodotte dallo straniero in relazione alla propria condizione in patria o a quella del familiare relativamente al quale è resa l'attestazione, la reclusione non può essere inferiore a un anno e sono sempre nulli gli atti prodotti sulla base delle false attestazioni».

Art. 3.

      1. All'articolo 27 della legge 31 maggio 1995, n. 218, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «1-bis. La capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio, nel caso in cui a contrarre matrimonio sia uno straniero con un cittadino italiano, sono regolate dalla legge italiana».


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