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PDL 3079

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3079


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato RAISI

Disposizioni per il riconoscimento dell'equipollenza del titolo di specializzazione e per l'assegnazione retroattiva di borse di studio ai medici iscritti alle scuole di specializzazione negli anni accademici dal 1982/1983 al 1990/1991

Presentata il 26 settembre 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - È opportuno portare all'attenzione un breve excursus della questione che riguarda diverse migliaia di medici in Italia (iscritti alle scuole di specializzazione dal 1983 al 1991) che, tra l'altro, hanno dato vita a un aspro contenzioso presso tutti i tribunali provocando una serie di sentenze, la maggior parte delle quali in riconoscimento del diritto degli stessi.

Normativa comunitaria.

      La direttiva 75/362/CEE del Consiglio del 16 giugno 1975 (di «riconoscimento») riguardava il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportava misure destinate ad agevolare l'effettivo esercizio del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.
      La direttiva 75/363/CEE del Consiglio del 16 giugno 1975 (di «coordinamento») mirava, dal suo canto, a coordinare le varie disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative attinenti alle attività di medico.
      Entrambe le citate direttive, attualmente abrogate, erano state modificate, in particolare dalla direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982.
      Per quel che riguarda il riconoscimento dei diplomi di specialista, la direttiva 75/362/CEE distingueva tre ipotesi: 1) se la specializzazione era comune a tutti gli Stati membri e compariva nell'elenco di cui all'articolo 5 della stessa direttiva, il riconoscimento era automatico; 2) se la specializzazione era propria di due o più Stati membri e rientrava in una di quelle menzionate all'articolo 7, paragrafo 2, il

 

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riconoscimento era automatico tra loro; 3) se la specializzazione non rientrava nelle due ipotesi precedenti, lo Stato membro ospitante poteva esigere dai cittadini degli altri Stati membri il rispetto delle condizioni di formazione previste a tale fine dal suo diritto interno.
      La direttiva di «coordinamento» prevedeva, ai fini del riconoscimento reciproco di diplomi, certificati ed altri titoli di medico specialista, una certa armonizzazione dei presupposti attinenti alla formazione e all'accesso alle varie specializzazioni mediche.
      In particolare, la direttiva stabiliva che, al fine di coordinare le condizioni di formazione del medico specialista occorreva prevedere «(...) taluni criteri minimi concernenti l'accesso alla formazione specialistica, la sua durata minima, il modo ed il luogo in cui quest'ultima deve essere effettuata, nonché il controllo di cui deve formare oggetto (...)» con la precisazione che «(...) tali criteri riguardano soltanto le specializzazioni comuni a tutti gli Stati membri nonché a quelli comuni a due o più Stati membri (...)».
      L'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 75/363/CEE, come modificato dall'articolo 9 della direttiva 82/76/CEE stabiliva che la formazione che permetteva il conseguimento di un diploma, certificato o altro titolo di medico specialista rispondeva a una serie di condizioni elencate nello stesso articolo; richiedeva in particolare che detta formazione si svolgesse «(...) a tempo pieno e sotto il controllo delle autorità o degli enti competenti, conformemente al punto 1 dell'allegato (...)». Tale allegato, introdotto dall'articolo 13 della direttiva 82/76/CEE, stabiliva le caratteristiche della formazione a tempo pieno e quelle della formazione a tempo ridotto.
      Per la formazione a tempo pieno la direttiva disponeva che: «(...) essa si effettua in posti di formazione specifici riconosciuti dalle autorità competenti. Essa implica la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che lo specialista in via di formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l'intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell'anno, secondo le modalità fissate delle Autorità competenti. Tale formazione forma oggetto di una adeguata remunerazione (...)».
      Per la formazione a tempo ridotto la stessa direttiva disponeva che: «(...) essa risponde alle stesse esigenze della formazione a tempo pieno, dalla quale si distingue unicamente per la possibilità di limitare la partecipazione alle attività mediche ad una durata corrispondente perlomeno alla metà di quella prevista al punto 1 (...)». Anche per la formazione a tempo ridotto, effettuata secondo le modalità ivi stabilite, era prevista una remunerazione adeguata.

Normativa nazionale.

      Le direttive di «riconoscimento» e di «coordinamento» erano state trasposte nel nostro ordinamento interno con la legge 22 maggio 1978, n. 217 (successivamente abrogata per le disposizioni che rigurdavano proprio i medici); tuttavia il nostro legislatore non ha adottato, entro il termine del 31 dicembre 1982, come prescritto dalla citata direttiva 82/76/CEE, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per confermarsi alla direttiva stessa, tanto che con la sentenza del 7 luglio 1987 la Corte di giustizia delle Comunità europee aveva dichiarato che la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del Trattato istitutivo della Comunità europea.
      Solo con il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, (anch'esso successivamente abrogato) la direttiva 82/76/CEE era stata trasposta nell'ordinamento italiano.
      Tale decreto legislativo, all'articolo 6, stabiliva che «(...) Agli ammessi alle scuole di specializzazione (...), in relazione all'attuazione dell'impegno a tempo pieno per la loro formazione è corrisposta, per tutta la durata del corso, ad esclusione dei periodi di sospensione della formazione

 

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specialistica, una borsa di studio determinata per l'anno 1991 in L. 21.500.000. Tale importo viene annualmente, a partire dal 1o gennaio 1992, incrementato del tasso programmato di inflazione ed è rideterminato, ogni triennio, con decreto del Ministro della sanità (...), in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente dal Servizio sanitario nazionale».
      L'articolo 8, comma 2, del medesimo decreto legislativo precisava che le disposizioni si applicavano a decorrere dall'anno accademico 1991/1992.
      Pertanto, tale disposizione implicitamente escludeva ogni erogazione di danaro, comunque considerata, per tutti coloro che erano stati ammessi o che avevano frequentato le scuole di specializzazione medica a partire dagli anni precedenti anche nel caso in cui avessero proseguito la formazione negli anni successivi al 1991.

Le sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.

      In tale contesto normativo si erano inserite le sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee del 25 febbraio 1999 e del 3 ottobre 2000.
      Con la prima sentenza del 1999, la Corte europea aveva precisato che l'obbligo di retribuire i periodi di formazione relativi alle specializzazioni mediche, prescritto dall'articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva di «coordinamento», si imponeva solo per le specializzazioni mediche comuni a tutti gli Stati membri o a due o più di essi e menzionate dagli articoli 5 e 7 della direttiva di «riconoscimento». Spettava al giudice nazionale determinare i soggetti che appartenevano alla categoria dei medici iscritti a una di tali formazioni specialistiche e che, quindi, avevano diritto ad una adeguata remunerazione.
      Inoltre, il punto 1 dell'allegato della direttiva di «coordinamento», come modificato dalla direttiva 82/76/CEE, era esplicito e incondizionato nel senso che esigeva la partecipazione alla totalità delle attività mediche del dipartimento in cui la formazione si svolgeva, ivi comprese le guardie, talché il medico specializzato dedicava a tale formazione teorico-pratica tutta la sua attività professionale per tutta la settimana lavorativa e per tutto l'anno. Benché lo stesso punto prevedesse che le relative modalità dovessero essere fissate dalle autorità competenti, i requisiti della formazione a tempo pieno ivi elencanti erano sufficientemente precisi da consentire al giudice nazionale di individuare chi, nel periodo precedente l'anno accademico 1991/1992, avesse soddisfatto le condizioni di formazione dei medici specialisti a tempo pieno ai sensi della direttiva di «coordinamento» e della direttiva 82/76/CEE.
      Inoltre, disattendendo espressamente i pareri espressi dai Governi italiano e spagnolo e, in parte, quello espresso dalla Commissione europea, la Corte aveva individuato nella disciplina generale della materia, come delineata nelle varie direttive, un nucleo di norme minime tra le quali spiccavano «quelle attinenti alla durata minima della formazione specializzata, alle modalità di insegnamento ed al luogo in cui esso deve svolgersi, al controllo di cui deve essere oggetto nonché alla necessità che sia versata una remunerazione adeguata» (paragrafo 39 della sentenza).
      Su quest'ultimo punto, in particolare, la Corte osservava che il legislatore comunitario, insistendo sulla durata minima della formazione specialistica nonché sul fatto che essa doveva svolgersi a tempo pieno, aveva individuato in tali circostanze l'origine e la ragione giustificatrice dell'obbligo di retribuire i periodi di formazione specialistica; obbligo che, in quanto tale, era incondizionato e sufficientemente preciso (paragrafo 44 della sentenza).
      La Corte non aveva inoltre mancato di rilevare che le direttive comunitarie non contenevano una definizione della remunerazione da considerarsi adeguata, né dei metodi di fissazione di tale remunerazione, essendo sotto questo profilo deman

 

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data ai singoli Stati membri l'adozione di specifici provvedimenti di attuazione.
      Allo stesso modo, la normativa comunitaria non conteneva alcuna disposizione che consentisse di identificare il soggetto tenuto al versamento della remunerazione adeguata, disponendo gli Stati membri di un'ampia discrezionalità in merito.
      Pertanto, concludeva la Corte, spettava al giudice di rinvio accertare se l'importo della remunerazione adeguata e l'istituzione tenuta al pagamento potessero essere determinati sulla base dell'insieme delle disposizioni di diritto nazionale, in particolare di quelle emanate al fine di trasporre la direttiva comunitaria, che sotto questo profilo dovevano essere interpretate alla luce della lettera e dello scopo della stessa direttiva, al fine di conseguire il risultato da essa voluto.
      Va precisato che l'analisi e le conclusioni riportate erano state ritenute dalla stessa Corte, con la citata sentenza del 3 ottobre 2000, applicabili anche all'ipotesi di una formazione specialistica a tempo ridotto, quindi ai medici specializzandi che dedicano alla formazione pratica e teorica «una buona parte» della settimana lavorativa; ciò in quanto la direttiva di «coordinamento», come modificata dalla direttiva 82/76/CEE, prevedeva esplicitamente che la formazione a tempo ridotto doveva essere anch'essa oggetto di un'adeguata remunerazione (sentenza 3 ottobre 2000).
      Ciò posto, il diritto dei medici in questione ad ottenere un'adeguata remunerazione deriva direttamente dalla norma nazionale di trasposizione che, come aveva ricordato la Corte di giustizia delle Comunità europee, doveva essere interpretata e applicata alla luce della lettera e dello spirito della direttiva cui faceva riferimento, così da conseguire il risultato da quest'ultima perseguito.
      Nel caso oggetto della presente proposta di legge, un'interpretazione conforme al risultato perseguito dalla direttiva comunitaria (riconoscimento di una remunerazione adeguata ai medici specializzandi a partire dall'anno accademico 1982/1983) comporta l'applicazione delle disposizioni del decreto legislativo n. 257 del 1991 a tutti i medici che dall'anno accademico 1982/1983 erano in formazione presso le varie scuole di specializzazione.
      Come stabilito dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, l'applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione di una direttiva (nel caso di specie, la direttiva 82/76/CEE) permette di rimediare alle conseguenze pregiudizievoli della tardiva attuazione di tale direttiva.
      L'ammontare dell'importo dovuto non può che essere determinato sulla base della somma attribuita (lire 21.500.000 all'anno per ogni anno di specializzazione) a tutti i medici iscritti a partire dall'anno accademico 1991/1992; un diverso trattamento sarebbe ingiustificato in relazione a soggetti che hanno svolto la stessa attività e avevano gli stessi obblighi (a volte anche superiori) e, soprattutto, un diverso trattamento violerebbe lo spirito della direttiva comunitaria.
      Va ribadito che, nelle sentenze del 25 febbraio 1999 e del 3 ottobre 2000, la Corte di giustizia delle Comunità europee aveva affermato che il disposto dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera c), nonché il punto 1 dell'allegato della direttiva di «coordinamento», come modificata dalla direttiva 82/76/CEE, imponevano agli Stati membri, per quanto riguardava i medici legittimati a fruire del sistema di reciproco riconoscimento, di retribuire i periodi di formazione relativi alle specializzazioni mediche, ove esse rientravano nell'ambito di applicazione della direttiva. Tale obbligo era, in quanto tale, incondizionato e sufficientemente preciso e quindi poteva essere fatto valere in giudizio anche in mancanza di norme interne di attuazione.
      Al giudice nazionale era riservato il compito di verificare se nel caso concreto fossero state rispettate le norme minime di formazione, oltre a quello di determinare l'importo dell'adeguata remunerazione e identificare l'istituzione tenuta al pagamento sulla base dell'insieme delle disposizioni di diritto nazionale.
      Vale la pena sottolineare che una soluzione transattiva di tutte le vertenze in atto non potrebbe che giovare a tutte le parti in causa.
 

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      Da un lato, infatti, l'evidente posizione d'inadempienza dello Stato italiano espone al rischio reale di condanne, da parte dei vari tribunali e corti d'appello aditi, al pagamento dell'intero importo richiesto, ovvero 11.103,82 euro (lire 21.500.000 di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 257 del 1991) per ogni anno di specializzazione - da tre a cinque anni - maggiorato di rivalutazione e interessi, il che, moltiplicato per l'elevatissimo numero di istanti, porterebbe all'esborso di ingentissime somme.
      La concretezza di tale ultimo assunto si evidenzia con la recente sentenza n. 24828 del 2006, depositata in data 1o dicembre 2006 dal tribunale di Roma, che ha condannato lo Stato al pagamento dell'adeguata remunerazione a favore di 750 medici nella misura di 11.103,82 euro per ogni anno di specializzazione ciascuno, per un importo di circa 34 milioni di euro, oltre le spese legali.
      Sarebbe, pertanto, conveniente anche economicamente approvare una legge che stabilisca in maniera chiara e definitiva i termini della questione dirimendo legislativamente piuttosto che giudizialmente le cause in atto a totale risoluzione dell'annosa vicenda illustrata.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Riconoscimento retroattivo dell'equipollenza del titolo accademico).

      1. Il titolo di specializzazione conseguito dai laureati in medicina e chirurgia iscritti nel periodo tra il 1983 e il 1992 alle scuole di specializzazione istituite presso le università italiane è equipollente a quello conseguito negli altri Stati membri dell'Unione europea nel periodo di vigenza della direttiva 82/76 CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982.

Art. 2.
(Riconoscimento economico retroattivo del periodo di formazione specialistica).

      1. Esclusivamente ai medici ammessi alle scuole di specializzazione in medicina, istituite presso le università degli studi, a decorrere dall'anno accademico 1982/1983 fino all'anno accademico 1990/1991 e che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno proposto domanda giudiziale per il riconoscimento economico retroattivo del periodo di formazione e per l'adempimento dello Stato al versamento della borsa di studio e il cui procedimento è pendente in ogni stato e grado del giudizio, il Ministero dell'università e della ricerca corrisponde, per tutta la durata legale del corso, a titolo forfetario, una borsa di studio onnicomprensiva dell'importo di 7.000 euro per ogni anno di specializzazione. Non sono dovuti interessi legali né rivalutazione monetaria.
      2. Il diritto alla corresponsione della borsa di studio di cui al comma 1 è subordinato all'accertamento della sussistenza, oltre che della proposizione della relativa domanda giudiziale di cui al

 

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medesimo comma 1, delle seguenti condizioni:

          a) frequenza di un corso di specializzazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, e successive modificazioni, per l'intera durata legale del corso stesso fino all'ottenimento del relativo diploma di specializzazione presso le università degli studi dall'anno accademico 1982/1983 all'anno accademico 1990/1991;

          b) impegno di servizio a tempo pieno o a tempo ridotto rapportato al periodo di frequenza di cui alla lettera a), o, in ogni caso, secondo le direttive della scuola di specializzazione di appartenenza vigenti nel periodo di frequenza, attestato dal direttore della scuola di specializzazione o da autocertificazione ai sensi dell'articolo 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni.

      3. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, sono determinati il termine entro il quale far pervenire, a pena di decadenza, le domande di corresponsione delle borse di studio previste dal presente articolo e il contenuto delle stesse, lo scaglionamento dei relativi pagamenti, nonché le modalità d'inoltro delle domande e delle verifiche da effettuare sulle medesime a mezzo di controlli a campione non inferiori al 10 per cento delle domande pervenute.

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze

 

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per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 4.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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