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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 3141 |
Capo I.
Si tocca anzitutto il punto del livello delle retribuzioni e degli emolumenti a carico di soggetti pubblici. Si propone l'introduzione di un tetto generale riferito alla retribuzione del primo presidente della Corte di cassazione. Tale scelta si giustifica soprattutto per calmierare un mercato del tutto fittizio, che è quello del management pubblico. Polemiche violente hanno investito i molti casi in cui ai manager pubblici sono stati riconosciuti emolumenti e benefit paragonabili - quando non superiori - ai corrispondenti livelli del settore privato. Ma questa realtà si fonda su un assunto che in pratica non esiste: che ci sia appunto un mercato comune della dirigenza pubblica e di quella privata.
Se questo fosse vero, sarebbe del tutto comprensibile che al manager pubblico fosse corrisposto un livello retributivo adeguato a indurlo a scegliere il pubblico piuttosto che il privato. Ma qualunque azienda privata - a meno che non sia soggetta a insostenibili pressioni politiche - si guarderebbe bene dall'offrire posizioni a qualunque manager pubblico, salvo forse poche lodevoli eccezioni. Il management pubblico vive in un recinto protetto e opera su un percorso determinato non dalla capacità professionale o dai risultati conseguiti, ma dalle sponsorizzazioni politiche. E il manager pubblico che lascia l'incarico normalmente passa ad un'altra posizione di management pubblico, senza che abbia alcun rilievo la prova concretamente offerta sul campo.
Ancora nel capo I si propone un tetto al numero dei componenti del consiglio di amministrazione nelle società a totale o a prevalente partecipazione pubblica. Tale numero, infatti, viene in genere determinato non da una equilibrata considerazione delle esigenze della società che si costituisce ma, piuttosto, dalla necessità di distribuire i posti disponibili tra gli sponsor politici in modo tale da acquisire il consenso necessario alla costituzione della società. In tale modo si determina non solo una inevitabile moltiplicazione dei costi di funzionamento, ma si apre la strada all'utilizzazione della forma della società di diritto privato non per fini di efficienza dell'azione politico-amministrativa, ma per soddisfare le pressioni clientelari, che aumentano in diretta correlazione alla crescente frammentazione del quadro politico, che di questi strumenti clientelari a sua volta si alimenta.
Si propone, ancora, il divieto di norme che pongono a carico delle amministrazioni i costi per gli eventuali errori compiuti dagli amministratori e il ripristino della responsabilità per colpa lieve davanti alla Corte dei conti. Le polemiche sorte all'epoca della soppressione, con la legge n. 20 del 1994, di tale forma di responsabilità probabilmente avevano fondamento. Questa norma, unitamente alla rimozione dei limiti e dei controlli sulle attività delle pubbliche amministrazioni, di certo ha favorito lo smarrimento crescente nell'azione politico-amministrativa dei necessari criteri di rigore e di correttezza.
Capo II.
La polemica contro la legge finanziaria 2007 da parte degli amministratori regionali e locali è stata particolarmente accesa. Ben si comprende, in specie perché il potersi trovare nella necessità di aumentare la pressione tributaria locale non può certo essere una prospettiva gradita a chi amministra. Ma un dato emerge: ormai da tempo il sistema delle autonomie è anch'esso investito dalle polemiche sui costi eccessivi e sugli sprechi della politica. Le inchieste sulla stampa e sugli altri mezzi di comunicazione nazionali e locali si sono susseguite. A fronte di questo non è emerso alcun significativo ed efficace impegno volto a riportare ordine, rigore e correttezza nell'azione politico-amministrativa. E colpisce che un siffatto impegno non si sia minimamente accompagnato nemmeno alla forte protesta per la legge finanziaria 2007. Se ciò fosse accaduto, non è dubbio che la protesta stessa sarebbe stata ben più credibile.
Si avanzano dunque proposte su due punti emblematici dello spreco di risorse pubbliche in sede regionale e locale: il proliferare delle società miste e la presenza nei Paesi esteri.
Quanto al primo punto, il modello della società per azioni può apparire come una forma moderna ed efficace di rapporto tra pubblico e privato. Ma di per sé ciò non basterebbe a spiegare la straordinaria fortuna che negli ultimi anni le società miste hanno segnato, soprattutto nell'ambito del governo regionale e locale. Successo che invece si comprende appieno considerando che dall'utile apporto delle risorse e del know-how dei privati all'esercizio di funzioni pubbliche, si passa ad una forma sofisticata di gestione clientelare del consenso. Assumiamo in ipotesi che l'ente potrebbe provvedere alla cura dell'interesse pubblico attraverso la sua organizzazione e i suoi uffici, eventualmente ricorrendo al mercato per quanto necessario attraverso normali meccanismi di gara. Istituire, invece, una società mista ad hoc, per un verso, implica una utilizzazione meno efficiente delle risorse, perché una parte di quelle disponibili vengono dirottate sui costi della struttura da istituire; per un altro verso, e soprattutto, porta nell'ambito dell'influenza politica posizioni negli organi di governo della società e posti di lavoro. Al tempo stesso, si riducono la visibilità, la trasparenza e il controllo sull'uso delle risorse. Ed è così che partendo da una apparentemente ineccepibile applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale si giunge alla degenerazione clientelare dell'azione politico-amministrativa. Con il vantaggio che si tratta di una fisarmonica estensibile quasi all'infinito. Nulla impedisce di inventare all'occorrenza una nuova società, quando si tratta di placare le tensioni di una coalizione troppo frammentata e rissosa. E dunque con le risorse pubbliche si apre la via alla creazione di corpose clientele personali in capo a chi è titolare di un potere politico-amministrativo, o comunque è in grado di incidere sull'esercizio di quel potere.
Dunque, si propongono regole per circoscrivere la possibilità di istituzione di società miste ai casi in cui esse siano strumentali alle attività dell'ente e strettamente
Capo III.
Con l'articolo 11 e seguenti della presente proposta di legge si prevede la soppressione di varie strutture, il cui costo elevato non corrisponde ad un utile pubblico significativo. Si tratta di strutture riconducibili al modello dell'autorità indipendente, o comunque connotate da un elemento di forte autonomia rispetto all'esecutivo.
La separatezza rispetto al potere esecutivo, peraltro, nella forma rafforzata dell'autorità indipendente in senso stretto, o in forma più debole, si giustifica non per un generico rilievo delle funzioni svolte, ma per il fatto che si tratta di settori da sottrarre alla diretta influenza del decisore politico. Settori, quindi, politicamente sensibili, che è bene porre in una condizione di insularità rispetto agli equilibri politici contingenti. Settori che richiedono una regolazione sorretta da un sapere eminentemente tecnico.
Le strutture di cui si prevede la soppressione, per una parte, non segnalano le indicate esigenze. Tale è il caso, ad esempio, del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) o della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi. Nei primi due casi, le funzioni svolte possono utilmente essere riportate alle strutture ordinarie. Questo è evidente per il coordinamento dello sviluppo informatico delle pubbliche amministrazioni, ma anche per la COVIP non sembra dubbio che un'efficace
Capo IV.
Si prevede, conclusivamente, di modificare le norme sul finanziamento pubblico dei movimenti e partiti politici, riducendo l'ambito dei soggetti politici aventi diritto e ripristinando il collegamento con i voti espressi piuttosto che con gli elettori, come da ultimo stabilito dalla legge vigente. Inoltre, si collega il finanziamento all'adozione di una legge generale di disciplina dei movimenti e partiti politici in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione. Legge ormai urgente per riportare nel sistema politico le condizioni minime indispensabili di trasparenza e di partecipazione democratica, la cui mancanza favorisce in misura decisiva le degenerazioni alla base dell'abnorme crescita dei costi della politica.
1. Il trattamento economico onnicomprensivo dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, dei parlamentari nazionali, dei consiglieri regionali, dei dipendenti e dirigenti pubblici, dei consulenti, dei membri di consigli di amministrazione e di collegi nonché dei titolari di qualsiasi incarico, gli emolumenti dei quali sono a carico dello Stato, di enti pubblici o di società a prevalente partecipazione pubblica, non può superare quello del primo presidente della Corte di cassazione.
2. Nessun atto comportante spesa ai sensi del comma 1 può ricevere attuazione se non è stato previamente reso noto, con l'indicazione nominativa dei destinatari e dell'ammontare del compenso, attraverso la pubblicazione sul sito web dell'amministrazione o del soggetto interessato, nonché comunicato al Governo e al Parlamento.
3. In caso di violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, l'amministratore che ha disposto il pagamento, e il destinatario del medesimo, sono tenuti al rimborso in solido, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita.
1. I consigli di amministrazione delle società a capitale interamente o prevalentemente
1. È nullo il contratto di assicurazione con il quale un ente pubblico assicura propri amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali connessi con la rispettiva carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad altri enti pubblici nonché la responsabilità contabile.
1. Al comma 1 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, la parola: «grave» è soppressa.
1. Cessa al 31 dicembre 2008 il conferimento di risorse pubbliche da parte dello Stato in qualsiasi forma all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, di cui all'articolo 1, comma 460, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonché alle società da essa partecipate o controllate, fatte salve esclusivamente le risorse destinate a completare il finanziamento di progetti già definitivamente approvati alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Cessa dal 31 dicembre 2008 la partecipazione di rappresentanti dello Stato, da chiunque e in qualunque modo nominati, negli organi dell'Agenzia di cui al comma 1 e in quelli delle società da essa partecipate o controllate.
1. All'articolo 82 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 2, 4, 10 e 11 sono abrogati;
b) al comma 3, le parole: «le indennità di cui ai commi 1 e 2 non sono assimilabili» sono sostituite dalle seguenti: «l'indennità di cui al comma 1 non è assimilabile»;
c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«11-bis. Il Ministro dell'interno invia annualmente una relazione al Parlamento indicando il contenuto e le motivazioni del decreto di cui al comma 8 nonché l'ammontare della spesa relativa».
2. Il comma 1 dell'articolo 85 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è abrogato.
3. L'articolo 87 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è abrogato.
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e successive modificazioni, le amministrazioni pubbliche regionali e locali non possono assumere o mantenere partecipazioni dirette o indirette, anche di minoranza, in società che hanno per oggetto la produzione di beni e di servizi non strumentali alla loro attività o non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali.
2. L'assunzione di partecipazioni deve essere autorizzata dall'organo competente con delibera motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui al comma 1.
3. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, in attuazione di quanto previsto dal presente articolo, le amministrazioni pubbliche regionali e locali cedono le partecipazioni con le modalità di cui all'articolo 13, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e successive modificazioni.
1. Non è consentito a comuni e a province, anche in forma associata, acquistare o gestire sedi di rappresentanza in Paesi esteri.
2. Non è consentita a comuni e a province, anche in forma associata, l'istituzione o la gestione in Paesi esteri di consulte, comitati, uffici di promozione economica, commerciale, turistica, culturale, o comunque lo svolgimento di attività dirette a tali fini.
1. Fatti salvi gli uffici di rappresentanza delle regioni presso gli organi dell'Unione europea, non possono essere coperte con fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato le spese sostenute dalle regioni per l'acquisto o per la gestione di sedi di rappresentanza in Paesi esteri.
2. Non possono essere coperte con fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato le spese sostenute dalle regioni per l'istituzione o per la gestione in Paesi esteri di consulte, comitati, uffici di promozione economica, commerciale, turistica, culturale, o comunque per lo svolgimento di attività dirette a tali fini.
3. Non possono essere coperte con fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato le spese sostenute da regioni ed enti locali per la partecipazione a soggetti pubblici o privati che svolgono le attività di cui ai commi 1 e 2, o per il sostegno di attività da parte di terzi nell'ambito delle fattispecie di cui ai medesimi commi.
1. Il comma 9 dell'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, è abrogato.
2. I componenti già nominati alla Corte dei conti ai sensi del comma 9 dell'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, cessano dalla carica a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Dalla medesima data termina ogni corresponsione ai medesimi componenti di emolumenti a qualsiasi titolo in precedenza percepiti.
1. L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, prevista dall'articolo 6 e seguenti del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, è soppressa.
1. La Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), di cui all'articolo 18
1. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481, e successive modificazioni, è soppressa.
2. Le funzioni dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas sono conferite all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che provvede a disciplinarne l'esercizio entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
1. Il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), di cui all'articolo 4 e seguenti del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, e successive modificazioni, è soppresso.
1. La Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, di cui all'articolo 27 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, è soppressa.
1. L'Istituto per la vigilanza sulle assicurati private e di interesse collettivo (ISVAP), di cui alla legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni, è soppresso.
2. Le funzioni dell'ISVAP sono conferite all'Autorità garante della concorrenza
1. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 13 e 16 con riferimento all'Autorità per l'energia elettrica e il gas e all'ISVAP, le funzioni già svolte dagli enti ed organi soppressi in attuazione del presente capo sono attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri o ai Ministeri competenti in ciascuna materia, in conformità ai criteri e con le modalità stabiliti con apposito regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il personale dipendente in servizio presso gli enti ed organi soppressi in attuazione del presente capo è assegnato ad altra amministrazione ai sensi di quanto previsto dal capo III del titolo II del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e con il riconoscimento delle condizioni economiche e normative applicabili presso le strutture di nuova assegnazione.
3. Decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, cessano dalla carica i commissari o i membri degli enti ed organi soppressi in attuazione del presente capo, comunque eletti o nominati. Dalla medesima data termina ogni corresponsione ai soggetti medesimi di emolumenti a qualsiasi titolo in precedenza percepiti.
1. L'Istituto per la promozione industriale (IPI), di cui all'articolo 17 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito
1. Alla legge 3 giugno 1999, n. 157, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 1, comma 5, le parole: «per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati» sono sostituite dalle seguenti: «per il numero dei voti validi espressi nelle elezioni concernenti, rispettivamente, il rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia e dei consigli regionali»;
b) l'articolo 2 è sostituito dal seguente:
«Art. 2. (Requisiti per partecipare al riparto delle somme). - 1. Hanno diritto alla ripartizione dei fondi di cui all'articolo 1 le liste che hanno conseguito, rispettivamente, almeno un candidato eletto nella regione nelle elezioni per il rinnovo del Senato della Repubblica, tenuto conto della suddivisione del relativo fondo tra le regioni in proporzione della rispettiva popolazione, e almeno due candidati eletti nelle elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati, dei membri del Parlamento
c) dopo l'articolo 8 è inserito il seguente:
«Art. 8-bis. - (Finanziamento pubblico e regolamentazione legislativa dei movimenti e partiti politici). - 1. Nelle more dell'approvazione di una legge di disciplina dei movimenti e partiti politici in attuazione del principio del metodo democratico previsto dall'articolo 49 della Costituzione, i contributi a qualsiasi titolo spettanti ai sensi della presente legge sono ridotti della metà, a decorrere dal 1o gennaio 2009».
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