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PDL 3153

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3153



 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa del deputato ZACCARIA

Modifica all'articolo 66 della Costituzione. Introduzione della facoltà di ricorso alla Corte costituzionale contro le deliberazioni delle Camere in materia di verifica dei poteri

Presentata il 15 ottobre 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Il 7 giugno 2007 l'Assemblea della Camera dei deputati si è pronunciata sulla proposta della Giunta delle elezioni di annullare l'elezione per motivi di ineleggibilità dei deputati Sebastiano Neri (Doc. III, n. 1) e Lorenzo Bodega (Doc. III, n. 2).
      Nonostante dalle relazioni della Giunta delle elezioni emerga chiaramente come i deputati Neri e Bodega non abbiano presentato le dimissioni dalla carica di sindaco dei rispettivi comuni al fine di rimuovere la situazione di ineleggibilità (articolo 7, primo comma, lettera c), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361) entro il termine previsto dalla legge (articolo 3-bis del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 22), l'Assemblea della Camera ha in entrambi i casi respinto la proposta della Giunta.
      La decisione della Camera dei deputati costituisce l'ennesima conferma dell'inadeguatezza di un modello costituzionale che attribuisce alle Camere la verifica dei poteri senza che le deliberazioni delle stesse possano essere sottoposte al controllo di un organo terzo.
      La Costituzione sancisce che «ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità» (articolo 66) ma anche che «la legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore» (articolo 65). Tuttavia, a passare in rassegna la prassi parlamentare in merito alla verifica dei poteri, ci si accorge come la riserva di legge prevista nell'articolo 65 sia spesso vanificata dalle deliberazioni adottate da Camera e Senato.
      Basti pensare a come la Camera abbia in passato riconosciuto non configurabile l'ipotesi di ineleggibilità di cui all'articolo 10, primo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, relativa alla titolarità di
 

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concessioni radiotelevisive «in proprio», nel caso di un deputato che, in quanto proprietario della società concessionaria, non era titolare delle concessioni «in nome proprio» (XII legislatura, seduta della Giunta delle elezioni del 20 luglio 1994).
      Oppure a come la Camera abbia recentemente abbandonato la prassi in tema di cosiddetta trasformazione dei casi di ineleggibilità in ipotesi di incompatibilità, ritenendo dunque compatibile con il mandato parlamentare la carica di sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti assunta successivamente all'elezione parlamentare (XIV legislatura, seduta della Giunta delle elezioni del 2 ottobre 2002).
      Da un'analisi comparatistica risulta come nella maggior parte dei Paesi dell'Unione europea la verifica dei poteri spetti ad organi esterni al Parlamento (si vedano Svezia, Regno Unito, Portogallo, Spagna, Francia e Austria) mentre solo in Italia, Belgio, Paesi Bassi e Danimarca la verifica sia interna.
      Caso a sé è la Germania dove le decisioni delle Camere in merito sono ricorribili al Tribunale costituzionale federale (articolo 41 della Grundgesetz).
      È a questo modello che ci si intende ispirare con la presente proposta di legge costituzionale, mantenendo in capo alle Camere la possibilità di giudicare dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità, ma introducendo la possibilità di ricorso alla Corte costituzionale contro le deliberazioni delle Camere in materia.
      È un primo passo verso la riconduzione alla legalità costituzionale di quelle «zone franche» che caratterizzano il nostro ordinamento costituzionale.
      Certo, si è ancora lontani dall'introduzione nell'ordinamento italiano di un ricorso sul tipo dell'amparo spagnolo o della Verfassungsbeschwerde tedesca: il tentativo di introdurre un ricorso diretto alla Corte costituzionale per la tutela, nei confronti dei pubblici poteri, dei diritti fondamentali si è avuto in Italia ai tempi della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali nella XIII legislatura, ma una simile revisione richiederebbe un riassetto dell'intera Corte costituzionale e un dibattito politico e culturale di ampio respiro nel Paese.
      Con la presente proposta di legge costituzionale si intende intervenire sull'istituto della verifica dei poteri perché quello parlamentare appare il versante più esposto al rischio dell'arbitrio: il reiterato abuso che da parte della classe politica è stato fatto della prerogativa di cui all'articolo 66 della Costituzione impone che si introduca un correttivo all'istituto della verifica dei poteri.
      In presenza di una Costituzione che «prevede un organo giurisdizionale di garanzia costituzionale», il potere di esercizio delle proprie prerogative da parte del Parlamento deve essere «soggetto ad un controllo di legittimità»: è stata la stessa Corte costituzionale a riconoscerlo nella sentenza n. 1150 del 1988, con riferimento all'insindacabilità parlamentare.
      La Corte ha espressamente riconosciuto il proprio ruolo nel sindacare la deliberazione parlamentare «per vizi del procedimento oppure per omessa o erronea valutazione dei presupposti di volta in volta richiesti per il valido esercizio di esso»: con la sentenza n. 1150 del 1988 la Corte, come è stato detto, ha definitivamente «infranto il dogma» degli interna corporis.
      Tuttavia, con riferimento alla prerogativa parlamentare di cui si occupava in quella sede (l'insindacabilità delle opinioni ex articolo 68 della Costituzione, appunto), la Corte poteva contare sull'istituto del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato come sede nella quale pronunciarsi. Nel caso della prerogativa della verifica dei poteri osta l'impossibilità tecnica di ricorrere ad un simile istituto: una «zona franca», insomma.
      Con la presente proposta di legge costituzionale, pur riservando a una futura legge ordinaria la definizione dei «modi» e dei «termini» del ricorso, si intende introdurre uno strumento giuridico che renda possibile alla Corte costituzionale applicare quei rivoluzionari princìpi introdotti nel 1988 con riferimento all'insindacabilità parlamentare ma validi, così riteniamo, per l'intera area di azione parlamentare.
 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. Dopo il primo comma dell'articolo 66 della Costituzione è aggiunto il seguente:

      «Contro le deliberazioni di ciascuna Camera è ammesso ricorso alla Corte costituzionale da parte dei soggetti interessati, nei modi e nei termini stabiliti dalla legge».


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